Il guinzaglio
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Anteprima del libro
Il guinzaglio - Maria Messina
INDICE
Maria Messina
La scrittura
Le Autrici della Letteratura Italiana
Opere
Novelle
Romanzi
Letteratura per l’infanzia
Altro
Bibliografia
IL GUINZAGLIO
«Stelle cadenti»
Miss Eliza
La storia di Burgio
Gente che passa
Incontro
Una giornata di sole
La bimba
Il miracolo di don Luciano Zimmardo
Il guinzaglio
L’avventura
La Mèrica
Don Lillo
Solo-Pane
Lunarò, pittore…
Note
Maria Messina
Il guinzaglio
Il presente ebook è composto di testi di pubblico dominio.
L’ebook in sé, però, in quanto oggetto digitale
specifico,
dotato di una propria impaginazione, formattazione, copertina
ed eventuali contenuti aggiuntivi peculiari (come note e testi introduttivi),
è soggetto a copyright.
Immagine di copertina: Mercie Cutting Flowers, di Edmund Charles Tarbell, 1912.
This work is in the public domain in its country of origin and other countries and areas where the copyright term is the author’s life plus 70 years or less.
This work is in the public domain in the United States because it was published (or registered with the U.S. Copyright Office) before January 1, 1924.
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Mercie_Cutting_Flowers,_by_Edmund_Charles_Tarbell,_1912,_oil_on_canvas_-_Currier_Museum_of_Art_-_Manchester,_NH_-_DSC07900.jpg
Elaborazione grafica: GDM.
Maria Messina
Maria Messina (Palermo, 14 marzo 1887 – Pistoia, 19 gennaio 1944) è stata una scrittrice italiana (zia di Annie Messina, figlia del fratello di Maria, Salvatore).
Nacque ad Alimena, in provincia di Palermo, da Gaetano, ispettore scolastico, e Gaetana Valenza Traina, discendente di una famiglia baronale di Prizzi. Cresciuta a Messina, trascorse un’infanzia isolata, con i genitori ed i fratelli. Durante l’adolescenza, viaggiò molto nel Centro e Sud dell’Italia, per via dei continui spostamenti del padre, finché, nel 1911, la sua famiglia si stabilì a Napoli. Maria Messina si autoeducò e fu, in seguito, incoraggiata dal fratello maggiore a iniziare una carriera come scrittrice.
All’età di ventidue anni, iniziò una fitta corrispondenza con Giovanni Verga, e tra il 1909 e il 1921, pubblicò una serie di racconti. Grazie all’appoggio di Verga, inoltre, una sua novella uscì sull’importante rivista letteraria, La Nuova Antologia
; un’altra, La Mèrica, uscita su Donna
, vinse il premio Medaglia d’Oro.
Fatta esclusione per i fratelli, la corrispondenza con Verga rappresentò l’unico contatto amichevole e l’unico legame con il mondo letterario. In totale, questa scrittrice produsse diversi volumi di racconti brevi, cinque romanzi e una selezione di letture per bambini, che le diedero una modesta fama. Nel 1928, uscì il suo ultimo romanzo, L’amore negato, mentre la sclerosi multipla, che le era stata diagnosticata a vent’anni, si stava complicando. Maria Messina morì, a Pistoia, nel 1944, a causa di questo male.
Visse molti anni a Mistretta, città in provincia di Messina, nel cuore dei monti Nebrodi, dove ambientò molti suoi racconti. Le sue spoglie mortali, assieme a quelle della madre, sono state traslate, il 24 aprile 2009, proprio a Mistretta, considerata come una sua seconda patria. Maria Messina è divenuta cittadina onoraria
dell’antica capitale
dei Nebrodi.[1] Inizialmente non era molto conosciuta come autrice, soltanto successivamente venne riscoperta da Leonardo Sciascia[2] che ripubblicò numerose opere di Maria Messina in case editrici di prestigio.
La scrittura
La scrittura di Messina si concentrò soprattutto sulla cultura siciliana e, come temi principali, l’isolamento e l’oppressione delle giovani donne siciliane.[3] Inoltre, la sua scrittura si focalizzò sulla dominazione e sub missione inerente alle relazioni sentimentali tra uomini e donne.[4] Per di più, una delle sue novelle più riconosciute, La casa nel vicolo, segnò un punto di svolta nella scrittura di Messina, verso lo sfruttamento delle condizioni psicologiche.[5] Nella sua narrazione, Messina ritrasse l’oppressione delle donne come inevitabile e ciclico nella sua scrittura e, a causa di questo, alcuni sostengono che lei non fu una femminista.[3]Ciononostante, le donne che ritrasse furono la rappresentazione di potenti dichiarazioni di atteggiamento di sfida.[6]
Le Autrici della Letteratura Italiana
Maria Messina è tra le scrittrici basilari della storia della letteratura italiana del primo Novecento; è quindi censita in Le Autrici della Letteratura Italiana.
Opere
Novelle
Pettini fini e altre novelle, Sandron, Palermo, 1909; Sellerio, Palermo, 1996
Piccoli gorghi, Sandron, Palermo, 1911; Sellerio, Palermo, 1988
Le briciole del destino, Treves, Milano, 1918; Sellerio, Palermo, 1996
II guinzaglio, Treves, Milano, 1921; Sellerio, Palermo, 1996
Personcine, A. Vallardi, Milano, 1921; Sellerio, Palermo, 1999
Ragazze siciliane, Le Monnier , Firenze, 1921; Sellerio, Palermo, 1997
Casa paterna (1944), Sellerio, Palermo, 1981 (con una nota di Leonardo Sciascia).
Gente che passa, Sellerio, Palermo, 1989
Dopo l’inverno, a cura di Roswitha Schoell-Dombrowsky, Sellerio, Palermo, 1998
Romanzi
Alla deriva, Treves, Milano, 1920
Primavera senza sole, Giannini, Napoli, 1920
La casa nel vicolo, Treves, Milano, 1921; Sellerio, Palermo, 1982
Un fiore che non fiorì, Treves, Milano, 1923
Le pause della vita, Treves, Milano, 1926
L’amore negato, Ceschina, Milano, 1928; Sellerio, Palermo, 1993
Letteratura per l’infanzia
I racconti di Cismè, Sandron, Palermo, 1912
Pirichitto, Sandron, Palermo, 1914
Cenerella, Bemporad, Firenze, 1918
I figli dell’uomo sapiente, Sandron, Palermo, 1920; Mondadori, Milano, 1939
II galletto rosso e blu e altre storielle, Sandron, Palermo, 1921
II giardino dei Grigoli, Treves, Milano, 1922
I racconti dell’Avemmaria, Sandron, Palermo, 1922
Storia di buoni zoccoli e di cattive scarpe, Bemporad, Firenze, 1926
Altro
Un idillio letterario inedito verghiano: lettere inedite di Maria Messina a Giovanni Verga, a cura di Giovanni Garra Agosta, introduzione di Concetta Greco Lanza, Greco, Catania, 1979
Bibliografia
Giovanni Garra Agosta (a cura di), Un idillio letterario inedito verghiano: lettere inedite di Maria Messina a Giovanni Verga, Greco, Catania, 1979
Lucio Bartolotta, Maria Messina, Il centro storico, Mistretta, 2009
Maria Messina
IL GUINZAGLIO
«Stelle cadenti»
La storia di rapine che si andava svolgendo sul telaio interessava tutta la platea; ma gli «intellettuali» erano venuti, come le altre sere, per sentire Marullo – o meglio il maestro Marullo – che suonava all’«Edison» per l’ultima volta. Anche dalle poltrone certuni battevano le mani, col ritorno della luce e del silenzio, mentre i ragazzi applaudivano le figure della pellicola: e gli applausi smorzati dai guanti si staccavano dagli ardenti applausi delle palme nude.
Parevano dire tutti, a scroscio:
— Fai male, fai male, a lasciarci…
Così gli aveva detto Grillini, il direttore dell’«Edison»; e stringendogli la mano, per l’ultima volta, lì nel corridoio, aveva ripetuto, con la sua aria d’autorità:
— …ero pronto a crescere lo stipendio, se…
Calogero Marullo aveva crollato il capo, sdegnosamente:
— Lei sa che non si tratta di questo!
— Capisco… Quasi un senso di superbia… Capisco… — aveva borbottato Grillini, allontanandosi.
Superbia? Forse lasciava per superbia quel posticino davanti al pianoforte, che aveva dato due anni di pane a lui e ad Anna Rosa? E la dignità?
Grillini non voleva dunque capire che le cose erano proprio cambiate?
Quando Calogero era capitato nella piccola città di provincia, assieme ad Anna Rosa – con la speranza che un amico, impiegato in un cinematografo, l’avesse aiutato a buscarsi da campare – si era offerto al direttore dell’«Ideal» e al direttore del «Grandioso-Film». Anche il direttore dell’«Edison» – l’ultimo dei tre cinematografi – si era fatto pregare e ripregare.
— Marullo si contenta di poco — aveva insistito l’amico. — La lascerà contento.
L’«Edison» si apriva solo la domenica, per sgomitolare vecchie e scolorite pellicole davanti a un pubblico scarso: ma come lui sedette al pianoforte, le cose cominciarono a cambiare.
Qualche signora che si intendeva molto di musica, tornò; le poltrone si riempirono; nei salotti parlarono dell’«Edison».
Certo, lui doveva pane e fama al cinematografo, ma il cinematografo doveva a lui la fortuna.
Il debito era pagato.
Il locale riattato, aperto ogni sera, diventò il ritrovo preferito delle signore e dei giovanotti per bene che non avevano altro svago dopo la passeggiata nel Corso o nei monotoni viali dei Giardini.
L’«Ideal» e il «Grandioso-Film» avevano un bell’annunziare a grandi lettere colorate: «Sensazionale avvenimento d’arte!». Il pubblico «elegante» era chiamato da un piccolo avviso messo in fondo ai cartelloni dell’«Edison»: «Dirigerà l’orchestra il maestro Marullo».
Lo stipendio fu aumentato: Anna Rosa – che non poteva uscire di casa, tanto era sprovveduta! – si fece qualche abito nuovo, e la stanzetta al quarto piano ebbe un pianoforte a nolo perché Calogero potesse suonare, quando volesse.
Il Paradiso in terra! diceva Anna Rosa.
Calogero faceva grandi giuramenti alla sua compagna, le portava ogni notte i cialdoni con la panna e suonava per lei sola la Serenata di Pierrot.
Improvvisamente diventò taciturno, pigro e sgarbato.
Anna Rosa, ingelosita, gli mandò dietro un ragazzo del secondo piano, per sapere dove andasse quando usciva troppo presto, e frugò nelle carte, ma non poté saper niente: chi aveva cambiato Calogero era nascosto dentro i tasti del pianoforte.
A furia di sentirsi applaudire, di esser chiamato Maestro, nel suo petto cominciò a crescere, come una smania, un desiderio nuovo.
Finalmente annunziò:
— Rosanna! Io sto componendo un’opera!
La chiamava Rosanna, ché Anna Rosa gli pareva nome plebeo.
Poi le disse:
— La mia opera supererà i Pagliacci e la Cavalleria Rusticana.
— Non te lo mettere in mente!
— Perché?
— Perché… quelli sono… capolavori.
— Creati da uomini come me!
Anna Rosa sorrise senza