Il quadrato sacro: La chiave del Sator
Di Simone Stazi
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Il quadrato sacro - Simone Stazi
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Personaggi
Introduzione
Z: Prima voce
X: Seconda voce
Y: Terza voce
Storia
A: Andrea
T: Professor Toretti
P: Padre
M: Madre
C: Cesare
Introduzione
Parigi, domenica 18 settembre, notte.
La città brillava di luci che contrastavano con il chiarore della luna splendente alta nel cielo, la scena si spostò passando attraverso la torre Eiffel in una piccola e dismessa chiesa nella boscaglia alle spalle della città.
Tre figure misteriose vestite da frati entrarono con fare solenne nella chiesa.
Una di loro tenendo in mano una piccola torcia si fece strada tra le macerie per trovare un qualcosa.
«È qui!» si sentì esclamare con vigore.
«Ma ne sei proprio sicuro?» interruppe una seconda voce.
«Certamente è questo il punto centrale» affermò la terza.
I tre si trovavano sotto quella che una volta doveva essere la cupola principale ma ormai il suolo marmoreo era stato coperto da uno strato di polveri e sporcizie rendendo quasi impossibile distinguere la pavimentazione.
Z «In ogni caso a breve ne avremo la conferma... puliamo e vedrete, usiamo gli abiti come stracci!»
X «Ah, lascia fare... vuoi fare sempre tutto tu! Questa volta faccio direttamente io. Anzi... meglio adoperarci tutti! Y, non essere titubante e aiutaci.»
I tre pulirono alla meglio la pavimentazione e qualche incisione cominciò a mostrarsi...
Z «Eheh, ne ero sicuro... guardate che meraviglia!»
Y «Ma cos’è?»
Un cerchio, delle linee curve e una scritta che circondava il tutto cominciarono a delinearsi.
X «Z, tu che sei bravo a disegnare, mentre noi puliamo, fanne una copia il più fedele possibile!»
Trascorsero diversi minuti durante i quali X e Y pulivano e Z disegnava.
X «È completo?»
Z «Sì ma... lo vedete anche voi?»
X «È un sole?»
Z «Già, lo è... avete letto la scritta?»
Y «No caro, eravamo concentrati a pulire! Ti abbiamo lasciato la parte più divertente... ma mi è sembrato latino.»
Z «Esatto. Anche qui la scritta è palindroma e...»
Un tremito fermò Z.
X e Y avendo captato la solennità del momento si alzarono e lo guardarono fisso.
Z «Ed eccola! Come immaginavo la chiave del Sator è proprio qui, guardate...»
L’università
Roma, giovedì 15 settembre, ore 9:30.
Università La Sapienza, dipartimento di Archeologia, Stanza 10A.
La porta si aprì con fragore. Un ragazzo con capelli lunghi e raccolti a mo’ di samurai, vestito con abiti sportivi in pantaloni scuri e camicia bianca, entrò freneticamente e interruppe quello che sembrava un accurato e dettagliato studio di alcuni manoscritti su antiche tavole di legno.
A «Professore non ci crederà! Guardi cosa ho trovato!»
T «Oh, per l’amor del cielo... lasciami respirare Andrea, sono stanco delle tue stramberie!»
Il Professor Toretti, pur essendo sulla quarantina, era già saggio come un guru orientale, serio, professionale, metodico e determinato. Nonostante fosse il primo a emozionarsi di fronte a nuove scoperte, era ormai stanco dell’atteggiamento concitato di Andrea, infatti erano già svariate volte che gli si presentava con la più sensazionale scoperta del mondo coinvolgendolo in ricerche che alla fine si dimostravano solo una perdita di tempo. Facendo l’indifferente ritornò a osservare le sue tavole.
A «Stramberie? Questa le sembra una stramberia? Credo sia uno tra i più antichi misteri e sono sicuro che anche lei ne avrà sentito parlare!»
Appoggiò sopra il tavolo un foglio di carta.
T «E questo ora da dove salta fuori?»
A «L’ho trovato nel muro del bagno delle ragazze! Ma non è straordinario come una cosa del genere possa finire in un tale luogo?»
T «Oh sì... certamente straordinario! Potrei chiederti per quale motivo eri nel bagno sbagliato?»
Andrea arrossì vistosamente e imbarazzato scoppiò a ridere.
A «Eheh, sa il mistero mi affascina... avevo sentito alcune voci nel corridoio e nel momento giusto sono andato a controllare!»
Il professore abbassò gli occhiali e lanciò un’occhiata cinica.
T «Sono certo che sia andata così... comunque smettila di scaldarti tanto per ogni cosa che trovi! Capisco il tuo entusiasmo ma questo non è altro che il quadrato del Sator o anche conosciuto come quadrato magico.»
A «Ma non è fantastico? Possiamo analizzarlo e con qualche accurata ricerca trovarvi finalmente la soluzione!»
Il professore questa volta non ce la fece a non ridere e oltre ad arrossire gli scesero anche delle lacrime, era una risata davvero di cuore.
T «Ehm, ehm... ma con quale facilità sento affermare tali parole! Ma come potresti? O meglio ancora, ma cosa cerchi? Pensi ci sia una soluzione? È il quadrato più famoso della storia e oltre a esserci già innumerevoli interpretazioni non è affatto detto che vi sia qualcosa oltre da scoprirvi! A volte le cose sono semplicemente quello che sembrano, questi manoscritti sul tavolo ne sono la conferma.»
A «In che senso scusi? Tutto ha soluzione... ed esistono sempre sfumature di significato! E poi non è detto che non vi possa essere maniera per risolverlo... pur essendoci svariate interpretazioni, le leggerò tutte! Dopo di che cercherò dove non è stato cercato...»
Il professore sospirò.
T «Mi stupisce sempre il tuo entusiasmo... potresti farlo in teoria, ma come ti ho detto le cose non sono sempre come noi letteralmente le intendiamo... alcune verità sfuggendo alla nostra ragione, ci costringono ad accettare che non possiamo controllare tutto e che ci è dato sapere sempre fino a quell’effimero limite che ci viene posto. Ciò ci fa rabbia ma d’altronde qualcosa ci deve sempre ricordare che non siamo perfetti...»
Aveva pronunciato queste ultime parole con un tono di velata malinconia. Forse anche lui un tempo era simile al ragazzo ma la vita con il suo scorrere gli aveva fatto capire altro, comprimendo le sue gioie, fantasie e sogni in un piccolo spazio del cuore, lasciando troppo campo a un ragionare più freddo e distaccato. Andrea d’altro canto era ancora pura espressione di emotività.
A «Ah bene dunque anche lei lo sa!»
Toretti riemerse dai suoi pensieri e rimase un attimo spiazzato...
T «Cosa dovrei sapere?»
A «Beh, il segreto dell’essere umano!»
T «Andrea... cosa intendi dire?»
A «L’ha detto lei che la vita ci smonta per farci rendere conto che non siamo perfetti, e cosa altro potrebbe fare se non il suo lavoro con minuziosa precisione?»
T «Comincio a non seguirti...»
A «È semplice, è proprio perché non siamo perfetti che sbagliamo e continuiamo a sbagliare! Ma questo non dovrebbe scoraggiarci... a volte ci illudiamo di aver compreso tutto e la vita è costretta ad aiutarci smontandoci in un qualche modo, ma è questo processo che dà un senso alla nostra crescita personale e all’evoluzione in generale. Essendo la specie dotata di maggior coscienza siamo