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Antonio Rizzi: Dall'innocenza alla cruda realtà
Antonio Rizzi: Dall'innocenza alla cruda realtà
Antonio Rizzi: Dall'innocenza alla cruda realtà
E-book184 pagine2 ore

Antonio Rizzi: Dall'innocenza alla cruda realtà

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Info su questo ebook

Antonio è un ragazzino di dieci anni spensierato e affamato di vita, ma si scontra presto con la violenza feroce di una Corleone il cui caldo non dà respiro. La mafia c‘è e detta legge in città e nella Sicilia intera, ma Antonio si ribella quando assiste impotente alle angherie del boss locale contro la sua famiglia. Ma come può contrastare un’organizzazione criminale un gruppo di ragazzini? Dieci anni dopo ritroveremo un Antonio diverso, quando a New York tenterà la scalata al crimine. Perché questo cambiamento in lui? È un desiderio di rivalsa sociale o c’è un piano di vendetta?
LinguaItaliano
Data di uscita27 dic 2019
ISBN9788893692526
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    Anteprima del libro

    Antonio Rizzi - Geremia Danti

    978-88-9369-252-6

    Capitolo 1

    Antonio Rizzi era nato il 14 luglio del 1961 a Corleone e aveva undici anni. La sua famiglia era composta dal padre Nino, dalla madre Carmela e dal fratello maggiore Michele, cinque anni più grande di lui. Antonio faceva parte di una famiglia onesta, suo padre lavorava tutti il giorno nei campi e sua madre faceva la casalinga. Ovviamente a sei anni anche Antonio venne iscritto nella piccola scuola del paese e non ebbe particolari problemi di apprendimento, era un ragazzo intelligente e non creava problemi a nessuno. Aveva degli amici ma non aveva un carattere estroverso e sicuramente preferiva di più circondarsi della sua cricca che mettersi al centro dell’attenzione. Anzi ogni volta che c’era la possibilità di starsene per i fatti suoi, la coglieva.

    Michele, al contrario, non riusciva mai a stare in silenzio, era irrequieto ma allo stesso tempo decisamente sveglio e non disdegnava mai di fare battute. I due fratelli erano in buoni rapporti anche se molto spesso Michele cercava di coinvolgerlo in attività che Antonio preferiva non fare e di conseguenza nascevano discussioni. Non che Antonio non volesse uscire la sera con il fratello e gli altri amici per gironzolare per il paese ma per lui era troppo importante avere dei momenti per stare con se stesso. Non c’erano motivi precisi, era una questione di carattere.

    Il punto critico fu quello che avvenne dopo la fine di una giornata scolastica. C’era il sole, e Antonio stava discutendo con Marco e Paolo, i suoi migliori amici, che conosceva da ormai cinque anni, quando all’improvviso gli si parò davanti Michele per invitarli.

    «Ehi, ragazzi, che ne dite di unirvi a me e agli altri? Stasera danno una festa, ci sarà da divertirsi, venite anche voi!» propose.

    «No, oggi pomeriggio dobbiamo studiare e poi ce ne andiamo a fare due tiri al pallone» rispose Antonio per tutti.

    Michele non amava per niente il calcio ed era un po’ che cercava di convincere il fratello nelle sue attività, quindi insistette.

    «Antonio, smettila di perdere tempo con il calcio, stasera ci divertiremo e poi il tuo rendimento scolastico è eccellente, non puoi lasciare perdere per una santa volta?» sbottò.

    «No, non posso. E poi non capisco perché devo fare quello che ti piace a te...»

    «E allora sei proprio un finocchio impunito. Cavolo, ci saranno un sacco di ragazze carine e vuoi restare con questi due stupidi» non si trattenne Michele.

    «Modera i termini, sono miei amici» rispose Antonio mentre gli altri due annuirono. Era molto protettivo nei loro confronti. Li conosceva praticamente da quando aveva iniziato gli studi a sei anni e condivideva molti loro interessi. Non erano solo suoi amici, erano suoi fratelli, proprio come lo stesso Michele.

    «Va bene, sfigato. Ci vediamo a casa» e Michele se ne andò.

    Quella sera Antonio tornò a casa leggermente più tardi del solito, la partita con Marco e gli altri era stata lunga ma lui si sentiva soddisfatto, quando gli capitavano occasioni simili le sfruttava e dopotutto visto il suo rendimento scolastico non doveva pensare sempre e solo allo studio.

    La cena fu piacevole, Carmela sua madre era una cuoca eccellente, del resto lo faceva sin da piccola come diceva sempre ad Antonio e quindi ormai i suoi primi piatti erano conosciuti in tutta Corleone. Fare la casalinga non la portava a fare molto oltre, quindi era una persona abbastanza tranquilla e questo si scontrava nettamente con il carattere del marito Nino. Forse era il lavoro duro nei campi ma ogni volta che vedeva tornare Antonio, ma non Michele subito, si faceva sempre prendere dall’ansia e non mancava di chiedere notizie di dove fosse suo fratello. Di sicuro Corleone non era la città tranquilla che sembrava e durante la notte si sentivano spesso diverse urla e rumori strani e Antonio non era sicuro che si trattasse solo di qualche ubriacone o qualche fuori di testa, quindi non poteva biasimare del tutto suo padre.

    Poi c’era il fatto che Nino era una persona con cui era difficile discutere, del resto non aveva moltissimi interessi e si occupava del suo lavoro tutto il giorno. Il suo più grande interesse era leggere il giornale che parlava dei traffici economici che venivano importati in Sicilia, del resto era il suo campo e se c’era un argomento che affrontava con la moglie e i figli, quando non era troppo stanco, era proprio il suo lavoro. Quella sera aveva lavorato parecchio ma in compenso aveva portato patate e pomodori e sua moglie, grazie alle sue grandi abilità, aveva preparato un’ottima zuppa. Non si poteva certo dire che era il piatto preferito di Antonio ma almeno stava passando una bella serata in famiglia e la frutta compensava il tutto. Ovviamente, fosse stato per lui, avrebbe mangiato i cannoli dalla mattina alla sera, ma delle volte si poteva anche accontentare, ogni tanto il troppo storpio. Era stata comunque una buona giornata.

    «Antonio, come va la scuola?» gli chiese suo padre all’improvviso.

    «Perché?» gli rispose un po’ sorpreso.

    «Perché ultimamente te ne sei stato molto per i fatti i tuoi e a me e tua madre ci stai raccontando poco» gli rispose.

    «No, sto bene, forse vi ho detto di meno perché oltre allo studio ho bisogno di distrazioni e di stare con i miei coetanei, sono felice di avere amici con cui passare il tempo. E questo era vero, i momenti liberi con lo studio erano pochi e non poteva certo riempirli stando sempre a casa, tra l’altro era anche arrivata la bella stagione.

    «Tu sei un bravo ragazzo, Antonio, invece Michele è fuori controllo, è sempre stato estroverso ma ora frequenta brutte compagnie» rivelò sua madre. Nino annuì deciso.

    «Non esagerate, io li conosco i suoi amici, si fanno qualche birra ma poi finisce là» cercò di spiegare Antonio, ma forse non ne era convinto neanche lui» Comunque, papà, vedo che nei campi sta crescendo un sacco di roba, si vede che sta arrivando la bella stagione, guarda che tavola!» disse cercando di cambiare discorso e alludendo alle primizie di stagione che abbellivano i cesti.

    «Antonio, ti assicuro che se l’unico problema di questo paese fossero i periodi in cui non cresce niente vivremo molto meglio» gli disse il padre, poi prese il suo piatto e si alzò.

    «Scusa, ma che intendi?» gli chiese Antonio perplesso.           

    «Lascia perdere».

    Antonio guardò sua madre ma dal suo sguardo capì che la discussione era chiusa.  

    Quella nottata Antonio non dormì bene, quello che gli aveva detto Nino lo aveva lasciato nel dubbio, sì anche lui viveva a Corleone da quando era nato, ma la famiglia del padre fu una delle poche ad avere le radici nel piccolo comune. Forse per questo che Nino sapeva per filo e per segno tutto quello che accadeva o che comunque era successo a Corleone. A dire il vero non riuscì a prendere sonno per un’ora e quando ci riuscì sognò che si trovava in uno scantinato sconosciuto e poteva notare che diverse persone venivano torturate. E la cosa particolare è che quello che chiedevano i sequestratori ai malcapitati era sempre la stessa cosa, i soldi. Quando Antonio si svegliò sudava freddo e subito fu preso dal dubbio che poteva esserci una qualche correlazione con il discorso che aveva fatto la sera prima con i suoi genitori.

    Era molto ansioso, ma poi notò che attorno a lui c’era solo buio e silenzio. Accese la luce. Erano le 4:30 e dopo un po’ si tranquillizzò. Diamine, meno male che mi sono svegliato, e si riaddormentò subito dopo.

    La mattina Antonio si svegliò tranquillamente, il resto della notte l’aveva passato bene e non c’era in lui più il dubbio che era successo qualcosa di grave. Appena però si ricompose cambiò subito idea, perché sentiva la voce inconfondibile di sua madre che urlava e quella di suo padre che sembrava un ululato. Antonio si vestì e arrivò in cucina dove l’aspettava una scena raccapricciante.

    I suoi genitori stavano effettivamente urlando ma non tra di loro ma con Michele, che era ricoperto di lividi e sangue in ogni parte del corpo. Antonio badò a nascondersi bene per origliare.

    «Ora basta, sei pieno di botte, devi solo dirmi chi è stato» gridava Nino.

    «Te l’ho detto papà» cercava di rispondergli Michele con la bocca impastata di sangue» Io e gli altri ci stavamo rincorrendo e non mi sono accorto di un palo, così l’ho preso in pieno.

    «Non raccontarmi queste sciocchezze, Michele. Hai dei lividi, e non sono causati da un palo!» esplose la rabbia di Nino. Era furioso, suo figlio era stato massacrato di botte, eppure si rifiutava di dirgli la verità, come se avesse paura.

    «Michele, dicci chi è stato, non ce l’abbiamo mica con te, non devi aver paura» lo implorò la madre. Lei era meno ansiosa di suo marito, ma stavolta era preoccupata.

    «E va bene, sono stati dei ragazzi ubriachi... Ora siete soddisfatti!?» urlò.

    «Adesso noi andiamo dai carabinieri. E tu vieni con noi» gli disse Nino, che tentò di prenderlo per la manica.

    «Lascia perdere, pensi che a quelli gli interessi qualcosa? Siamo in Sicilia, papà, comunque non è niente, ora vado a lavarmi la faccia e poi me ne vado a letto» gli rispose il figlio. «Non dormo da ore» sbadigliò.

    «Ti aiuto io, tesoro, vieni...» lo coccolò Carmela, pulendogli la faccia.

    Nino era rosso dalla rabbia ma si limitò a guardare Carmela e suo figlio, poi la madre condusse il figlio al bagno per medicarlo meglio. Antonio aveva assistito a tutta la scena senza farsi notare e quando decise di andarsene non poteva nascondere a se stesso di avere un filo di paura. Suo fratello era molto forte e più ci pensava e più riteneva assurdo che dei semplici ragazzi ubriachi gli avessero dato tutte quelle botte.

    Poi c’era il fatto che suo padre nascondeva qualcosa. Ed era evidente tutto ciò. Era una brava persona e per questo lui lo aveva sempre rispettato, forse ancora di più quando si arrabbiava perché se si alterava con lui o con Michele sicuramente lo faceva per il loro bene. Però era anche una persona che amava la famiglia e quindi in caso ci fossero stati problemi economici avrebbe fatto di tutto per guadagnare soldi. Quindi il succo è che avrebbe preso soldi anche da uno strozzino se ce ne fosse stato bisogno. E se Michele lo avevano ridotto in quello stato per la stessa ragione, cioè una questione di soldi?

    In effetti ora che ci pensava aveva sentito delle voci a Corleone su un tipo che veniva definito dalla gente come un grandissimo imprenditore, Francesco Cilli. Ovviamente non lo aveva mai conosciuto di persona ma dalle voci che sentiva si trattava di un esportatore di olio di oliva che si guadagnava da vivere grazie a questi affari. Antonio sapeva che quest’uomo viveva in una villa appena fuori Corleone, accuratamente protetta da numerose guardie armate; un po’ esagerato per uno che ha degli affari perfettamente legali, no?

    Comunque grazie a ciò era molto ricco e questo gli permetteva di vivere nel lusso, una bella vita senza dubbio, ma Antonio aveva la sensazione che Francesco Cilli aveva ben altri affari, del resto se hai dei traffici legali puoi fare soldi aveva la sensazione che quell’imprenditore fosse ben altro che un esportatore di olio d’oliva.

    Cosa c’entrava tutto ciò con Michele? Beh, questo Antonio lo ignorava eppure sapeva che suo fratello in fondo era una brava persona e soprattutto non si sarebbe fatto mettere sotto così da dei delinquenti. Aveva dei vizi, gli piaceva andare dietro alle belle ragazze ma si sa le donne vogliono vedere anche la grana e Michele era uno che se si metteva in testa di procurarsi dei soldi non ci pensava molto sopra, quindi forse ne aveva prese tante di botte proprio per soldi ma non dalle persone che diceva.

    Ovviamente anche a scuola, quello che aveva subito Michele non poté passare inosservato, la gente lo guardava e gli chiedeva cosa gli era successo, ma lui si limitava a raccontare le scuse più improbabili, come per esempio che aveva sbattuto su un palo o che era caduto dalla bici, tutte cose che insospettivano Antonio, sempre più convinto a far confessare il fratello di chi fosse stato a pestarlo. Così appena finì la lezione mentre si avviavano tutti in direzione casa, Antonio decise di parlargli.

    «Michele, si può sapere che ti è successo?» attaccò.

    «Non sono fatti tuoi e comunque l’ho già spiegato a mamma e papà» gli rispose, decisamente infastidito.

    «Col cavolo se non sono affari miei, sei mio fratello!» gli disse Antonio» E poi non inventarti scuse come quelle che ti hanno picchiato alcuni tizi ubriachi, sei talmente tosto che per metterti ko ci vorrebbero come minimo tre adulti.

    «Allora forse mi sono fatto prendere alla sprovvista, può capitare». Era evidente che Michele non volesse dirgli niente ma Antonio non voleva demordere.

    «E se ti dicessi che è stato un ordine di Francesco Cilli quello di ridurti così? Quel tizio non mi convince, gli hai chiesto soldi?» azzardò Antonio.

    «Tu sei fuori, ti pare possibile che uno che esporta olio d’oliva è uno strozzino? Mi hai stancato con queste teorie, non devo risponderti per forza» gli disse Michele che ora si stava arrabbiando per davvero.

    «Beh, come vuoi, lo dico per te, ci vediamo a casa.»

    «Seeeee, come no...» gli rispose l’altro.

    Antonio era decisamente preoccupato, era insolito che un ragazzo come lui lo fosse. Aveva dodici anni, andava a scuola e come molti ragazzi della sua età aveva degli amici con cui godersi i suoi passatempi, ma amava anche la sua famiglia e non poteva accettare che qualcuno facesse del male a suo fratello. Suo padre gli diceva sempre che una volta diventato grande doveva cercare di andarsene da Corleone, doveva cercarsi un bel lavoro e vivere una vita felice lontana dalla Sicilia. Era strano che lo dicesse proprio chi era natio di quel paese ma evidente Nino sapeva che a Corleone non tutti erano persone brave e oneste, ma Antonio era molto affezionato al paese e non voleva andarsene per nessuna ragione al mondo e se succedeva qualcosa a Corleone

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