Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Un anno diverso dagli altri
Un anno diverso dagli altri
Un anno diverso dagli altri
E-book137 pagine2 ore

Un anno diverso dagli altri

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Dodici racconti, uno per ogni mese, compongono "Un anno diverso dagli altri". Ciascun mese è un pretesto per raccontare una storia in cui il protagonista è colto in un momento particolare della sua vita. Ci sono svolte inaspettate, finali a sorpresa, situazioni paradossali. Il percorso è scandito da quattro stagioni ideali: in alcune storie l'atmosfera è ai confini del reale, in altre gli eventi della Storia sfiorano i personaggi modificandone l'esistenza, in altre ancora prevale il disincanto oppure la ricerca di un altrove. Non ci sono ripetizioni di schemi in queste invenzioni, semmai denominatore comune è una sottile vena umoristica che accompagna il lettore in un viaggio avvincente, che fa sorridere e sorprende.
LinguaItaliano
Data di uscita2 nov 2023
ISBN9788832816679
Un anno diverso dagli altri

Correlato a Un anno diverso dagli altri

Ebook correlati

Narrativa generale per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Un anno diverso dagli altri

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Un anno diverso dagli altri - bruno olivieri

    PIATTOHD_Olivieri.jpg

    - voci -

    Scatole Parlanti

    © Utterson s.r.l., Viterbo, 2022

    Scatole Parlanti

    Collana: Voci

    I edizione difitale: novembre 2023

    ISBN: 978-88-3281-667-9

    Progetto di copertina: Luca Verduchi

    Progetto grafico interni: Stefano Frateiacci

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, istituzioni, luoghi ed episodi sono frutto dell’immaginazione dell’autore e non sono da considerarsi reali. Qualsiasi somiglianza con fatti, scenari, organizzazioni o persone, viventi o defunte, veri o immaginari è del tutto casuale.

    www.scatoleparlanti.it

    A mia moglie Silvia

    Novembre – La passione di Duilio

    La fila di tram, fermi. Da una parte era arrivata alla piazza della Scala e dall’altra aveva ormai raggiunto il più lontano slargo del Broletto. Un’altra fila poi tagliava in due la piazza, dove sfociava la piccola via con la fermata di alcune linee, piegando e allungandosi in direzione sud-est verso la via Orefici e forse anche oltre. Serpentoni d’acciaio, tonnellate di materiale rotabile immobili nella luce velata di un primo pomeriggio novembrino. Duilio camminava avanti e indietro lungo il marciapiede della via stretta e breve dove era solito attendere il tram. Un’abitudine presa da ragazzo, quando lì si fermava l’unica linea utile per portarlo a casa.

    Che tempi!, pensò. Mi ricordo che non passava mai. E certi pomeriggi d’estate aspettare il tram era una vera condanna, col sole che picchiava e due tende scarse di un bar per ripararsi all’ombra. Un luogo punitivo dove non ci si poteva concedere nessuna distrazione nell’attesa.

    Perché in quella piccola via, dove praticamente passano solo i tram, qualche raro taxi o auto di servizio, allora come adesso, non c’era granché da distrarsi con le vetrine dei negozi. Un lato della strada era interamente occupato da vetrine o finestre di sportelli bancari, tristi per natura. Includendo nella tristezza i cartelloni pubblicitari che ne promuovono servizi, mutui o che semplicemente vorrebbero catturare la fiducia di risparmiatori e correntisti. Quello al pomeriggio è il lato in ombra.

    Ma sai che bello passeggiare avanti e indietro seguendo la scritta la banca che cresce con te… Ci credo!, si trovò a pensare ancora Duilio. Che cresci con me, con i miei soldi che ti affido e che ormai non mi rendono niente. Le banche sono necessarie, ma il più delle volte inutili!, concluse. L’altro lato della via, quello assolato, non era molto più vivace. Partendo dall’angolo e per alcune decine di metri ancora le finestre di una banca, fortunatamente senza spazio per la réclame. Duilio aveva il vezzo di chiamarla così la pubblicità. Poi un baretto senza storia, che aveva l’unico merito di offrire riparo, con le sue tende, dal sole estivo e dalla pioggia in qualunque stagione. Quindi un barbiere e un paio di altri piccoli negozi senz’anima. Il solo negozio che avesse un suo perché, all’epoca in cui Duilio era ragazzo, si chiamava Mani di Fata, un vero paradiso per chi fosse appassionato di lavori a maglia o all’uncinetto, di ricamo a mezzo punto e tutte le possibili varianti; un luogo mitico per signore e signorine di tutta la città. Ma no, Duilio non coltivava nessuna di simili passioni né riusciva a trovare nell’andirivieni femminile soggetti che potessero suscitare il suo interesse; la sua connaturata timidezza, poi, gli avrebbe comunque impedito di approfittare di quelle vetrine per attaccare bottone. Il pensiero di attaccare bottone davanti a un negozio di filati lo scosse in una risata muta e lo riportò alla realtà dopo la breve immersione nei ricordi. Alzò lo sguardo verso il grande orologio che sporgeva dal muro in prossimità della fermata.

    Si sta facendo tardi, pensò. E i tranvieri ancora non sembrano avere neppure l’intenzione di rimettersi in movimento. Che sia uno sciopero improvviso? Duilio non capiva, provò a rivolgersi al capannello di manovratori che sembravano discutere del fatto, ma non riuscì a farsi dare retta, da tanto che erano accalorati nella discussione. Poi lui, che parlava sempre a voce bassa, figuriamoci se era in grado di interromperli. Si guardò intorno in cerca di altri interlocutori e si trovò a rileggere la targa con il nome del personaggio cui era dedicata la via:

    «Poeta e romanziere!». Le parole gli uscirono di bocca senza controllo, accennando insieme una mezza risata, e si volse intorno per verificare se qualcuno avesse sentito. Lui, quello della targa, faceva l’avvocato. Come me, dedicandosi insieme alla scrittura! Invero di gente che riuscisse a vivere solo di scrittura non ne conosceva, di persona quantomeno.

    Non che sia impossibile, ne sono certo, ma io credo che per farlo si debba passare prima per una serie di limitazioni e compromessi cui non saprei proprio assoggettarmi. Solo quando si raggiunge la notorietà si è veramente liberi di dire e fare ciò che si vuole, ma in genere a quel punto è troppo tardi e si continua così, seguendo l’onda dei desideri. Degli altri.

    Duilio si era intimamente convinto di questo per giustificare le sue timidezze anche in tema di iniziativa in quella che lui considerava la sua seconda, ma non meno importante attività. Lo studio di avvocato era il mestiere, lo scrivere l’arte.

    «Signora! Mi scusi, signora!». Provò ad alzare la voce per attirare l’attenzione di una passante e sperando ancora di ottenere spiegazioni di quella snervante attesa, di quella crescente paralisi tranviaria che ormai aveva attanagliato un ganglio vitale della mobilità cittadina. Decise quindi di spostarsi verso l’estremità della vietta in cui aveva fino a quel momento consumato l’attesa, arrivando più o meno nel punto in cui si era fermata la testa dei tre lunghi tronconi di tram in fila.

    Questo punto è un vero e proprio trivio, tranviariamente parlando, pensò Duilio osservando il complesso incrocio di rotaie e scambi. Che se uno attraversa senza fare attenzione rischia di inciampare in qualche rotaia o massello di pietra e magari finisce sotto al tram… Poi si distrasse perché la parola utilizzata, trivio, lo portò a smuovere altri ricordi. Si vede che è giornata!, fu il pensiero inframmezzato. Perché mi viene in mente un altro trivio, quello medievale delle tre arti liberali: grammatica, dialettica e retorica.

    Era quello cui si era appassionato quando, studente di Giurisprudenza, si immaginava, togato e declamante, dominare la scena in un’aula di giustizia. Rimase così, ritto al centro del triangolo di lastricato che rimaneva libero da rotaie, con una imprevedibile e atteggiata spavalderia, gli occhi chiusi nel godere il tepore interno suscitato dai resti dell’energia giovanile rievocata. Un attimo. Poi ritrovò se stesso e il tempo presente. Raggiunse il marciapiede con due salti, vedendosi travolto già da un tram. Ma no, che cosa faccio?, si corresse. Tanto sono tutti fermi. Ma perché?, tornò a interrogarsi. Fu allora che voltandosi verso un lato dell’incrocio si accorse di un capannello che sembrava circondare qualche cosa. O qualcheduno? Steso a terra. Era coperto da un lenzuolo colorato, forse la tovaglia di un bar. Un pensiero banale e tragico lo attrasse.

    Un incidente! Ecco perché sono tutti fermi. Ma facessero qualcosa, perdiana! Cosa aspettano? Il tram? E qui represse una risata che gli era affiorata spontanea e surreale, volgendo il viso per nasconderlo al gruppetto radunato intorno al lenzuolo e…

    Il mio cappello! Ecco dov’era finito! Lo vide a terra, ciancicato e sporco e fece subito tre passi nella direzione per raccoglierlo, toccandosi il capo e stupendosi di non aver sentito il minimo freddo in quel lasso di tempo in cui era rimasto senza.

    Si chinò verso terra per raccoglierlo e non ci riuscì. Si avvicinò allora di mezzo passo, si chinò e fece ancora per afferrarlo, mettendo nel gesto maggiore energia, ma niente, di nuovo la mano risalì vuota dell’oggetto. Duilio era sbigottito e improvvisamente si sentì privo di energia. Fece per riprovare ma si fermò.

    Era nuovo!, pensò. Guarda come si è ridotto. Ma nel pensarlo si accorse che in fondo non gli importava, sentì in quel momento di non avere più bisogno del cappello. Ecco, era come se sentisse di non avere più bisogni.

    Che strano, pensò e aggiunse a voce alta: «Scusate, ma si può sapere che cosa è successo?» rivolto ancora al capannello di tranvieri, che però non gli prestarono la minima attenzione, anzi, non lo sentirono proprio. «Adesso basta!» disse Duilio, e si avvicinò deciso alla forma coperta dal lenzuolo colorato, provò a sollevarlo, ma niente, non gli restò in mano, come con il cappello.

    Ma cosa mi sta succedendo? Sono improvvisamente diventato disabile?, si fermò un momento. Ah, ma guarda! Non è un lenzuolo colorato, è proprio una tovaglia del bar e sotto c’è un… Non riuscì a finire la frase, non riuscì a dirlo. Non poteva vedere cosa, o chi, ci fosse sotto quella tovaglia, ma lo sapeva, era come se lo vedesse. Ecco, in quel momento sentì freddo. C’era ancora un po’ di sole, novembre era iniziato da poco, ma Duilio sentì freddo. Non me l’aspettavo fosse così, pensò. Dove vado adesso? Cosa faccio? Torno a casa? Ma se i tram sono tutti fermi… massì, vado a piedi, tanto, che fretta c’è?

    Lo faceva spesso, da ragazzo. Quella che allora era semiperiferia ora era semicentro. Una passeggiata di trenta o quaranta minuti, a seconda di quanto veloce avesse scelto il passo. Da solo o con gli amici; per divertimento o per qualche commissione, l’andare in centro era sempre un piacere, un modo per prendere possesso della città nella sua interezza, per viverla nel suo complesso, per sentire che non solo il tuo quartiere ma tutta la città erano il tuo territorio di riferimento. Per questo, nel corso degli anni, Duilio aveva traslocato più volte, scegliendo sempre una zona diversa della città. Un suo modo per affermare di possederla, senza distinzioni o preferenze. Tutta mia la città… quella canzone all’epoca gli era piaciuta proprio per questo, sembrava affermare i suoi sentimenti. Anche lo studio, a costo di perdere dei clienti, lo aveva spostato più volte. Non sopportava la fissa dei suoi colleghi di avercelo per forza a due passi dal tribunale. Anche se poi, alla fine, dopo alcune varianti, era tornato a scegliere un piccolo bilocale alle spalle del palazzo di Giustizia. Il suo ultimo cambio di domicilio invece aveva avuto una genesi decisamente diversa e particolare. Camminando verso casa Duilio prese a rievocare il percorso che lo aveva portato a scegliere quell’appartamento e a insediarvisi.

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1