La Promessa di un Cowboy: La Promessa di un Cowboy
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Una promessa infranta.
Un amore indissolubile.
La cosa più difficile che Cody Wilde abbia mai dovuto fare è stata mantenere la promessa che aveva fatto a suo padre in punto di morte: stare lontano dai guai. Crescere in una cittadina rurale del Texas ed essere vittima di bullismo da parte del figlio dello sceriffo ha reso quasi impossibile controllare il famigerato carattere di Wilde. Solo il supporto della sua cara amica Cassie e della sua famiglia ha reso il compito sopportabile.
Cassie Strong non ha mai capito il motivo per cui la gente ce l'avesse con Cody. Era dolce, sexy e aveva un lato divertente che mostrava solo a lei. Quando una tragedia colpisce la sua famiglia, Cody è al suo fianco e la loro amicizia sboccia in qualcosa di più.
Ma quando il nemico di tutta la vita minaccerà l'unica cosa che potrebbe fargli infrangere la sua promessa, Cody rischierà di perdere Cassie o sarà abbastanza forte da rispettare l'ultimo desiderio di suo padre?
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Anteprima del libro
La Promessa di un Cowboy - L.G. Castillo
Cody
1980
La sedia di plastica gialla mi stava torturando il sedere. Lo zio Mike aveva avuto una buona idea, ma non si era preso la briga di sedersi su una delle sedie che fiancheggiavano la parete spoglia. Camminava per la sala d'attesa del penitenziario del Texas con gli stivali da cowboy che riecheggiavano contro il pavimento bianco lucido. Col suo corpo alto e muscoloso misurava ogni passo con precisione, facendo attenzione a non toccare le fughe nere che delineavano le piastrelle.
«Calpesta la crepa e tua madre crepa. Calpesta la crepa e tua madre crepa,» mormorò.
I miei occhi sfrecciarono per la stanza, facendomi chiedere se qualcun altro l'avesse sentito ripetere la strana filastrocca.
Una sola guardia carceraria era ferma sull'uscio e fissava lo spazio vuoto, le sue palpebre si chiudevano come se fosse mezzo addormentato. Una donna con dei bigodini rosa grandi e spugnosi tra i capelli era seduta in fondo all'angolo con una bambina che si dimenava tra le braccia, intervallando il tentativo di nutrire la piccola col sistemarsi i capelli. Le infilò in bocca un biberon, ma la bimba paffuta lo colpì con una mano, gettandolo a terra con un tonfo. La signora con i bigodini gemette e si chinò a raccoglierlo. Sembrava un ciclo infinito di ficcare, manate, tonfi, risatine e gemiti. Non era la prima volta che lo zio Mike si comportava così. Non lo faceva spesso. Succedeva solo in presenza di estranei. Penso che stare con gente sconosciuta lo rendesse nervoso. Di solito ci voleva un po'prima che si sedesse. Ma forse se avessi detto qualcosa, avrebbe smesso di comportarsi in modo strano.
«Zio Mike, che diavolo stai facendo?»
Trasalì, il suo piede scivolò e la punta dello stivale toccò la fuga del pavimento. «Merda!»
La signora coi bigodini lo guardò con aria truce prima di riportare la sua attenzione sulla bambina.
Lo zio Mike non se ne accorse o forse non gliene importava. Difficile a dirsi. Non mostrava mai ciò che provava. Era l'esatto contrario di suo fratello minore, cioè mio padre. Papà non si era mai fatto mettere i piedi in testa da nessuno.
Una volta mi disse che vivere in una piccola città come Koppe portava la gente a pensare di potersi impicciare dei fatti altrui. Le sue parole erano state: «Il fatto che alcune persone possiedano più cose, non significa che abbiano il diritto di dire agli altri come vivere.»
Mio padre non era un tipo che le mandava a dire, specialmente quando si trattava di difendere me e mia madre. E se non funzionava, non esitava a spaccare la faccia.
La settimana scorsa, dopo aver litigato con Seth Baker per aver definito mia madre una poligama, qualunque cosa significasse, pensai che zio Mike sarebbe stato orgoglioso di me. Cavolo, Seth aveva dodici anni ed era più alto di me di una spanna, ma ero riuscito a rompergli il naso.
La mamma si era spaventata vedendo il mio occhio nero. Lo sapevo. Era tipico delle madri. Ma zio Mike aveva scosso la testa e bofonchiato Bisogna stroncarli sul nascere
o qualcosa del genere.
Lo zio Mike fissò nella direzione della donna coi bigodini, o meglio lo spazio vuoto accanto a lei. La sua mascella barbuta era sempre in movimento masticando uno stuzzicadenti. Un attimo dopo, emise un respiro pesante.
«Va bene, continuo,» borbottò tra sé. Con cautela, appoggiò gli stivali logori al centro di una delle piastrelle e ricominciò la filastrocca, battendo un dito sulla coscia a ogni parola.
Sospirai. Almeno aveva smesso di camminare in cerchio. Stava cominciando a innervosirmi.
Mi dimenai sulla sedia e tirai fuori il mio nuovissimo portafoglio di pelle, un regalo di compleanno di mia madre, e diedi un'occhiata alle dieci banconote da un dollaro che mi aveva regalato lo zio Mike.
«Una per ogni anno in cui il tuo culo secco mi è stato alle calcagna,» aveva detto consegnandomi i soldi. Diceva sempre cose divertenti. Adoravo stare con lo zio Mike, soprattutto da quando papà era stato sbattuto in prigione.
Nascosta tra due banconote c'era una piccola foto di mio padre. I bordi erano logori e alcune grinze formavano una croce nel punto in cui l'avevo piegata due volte. La gente diceva che gli somigliavo. Avevamo gli stessi capelli castano chiaro striati di biondo per le tante ore passate all'aria aperta e luminosi occhi blu.
Il bel viso di papà mi fissava. Avrei dovuto sistemare la foto in una di quelle cornici eleganti che mia madre aveva in giro per casa, ma tenerla con me, me lo faceva sentire vicino. Non passava un giorno in cui non la guardassi. Mi mancava così tanto.
Anche mia madre sentiva la sua mancanza. Ne ero consapevole, anche se non sapevo il motivo per cui era venuta a trovarlo solo una volta. Ricordavo quel giorno. Era tornata a casa con gli occhi e il viso gonfi per il pianto. Quella era stata la prima e l'ultima volta che era andata a trovarlo.
Sapevo che si amavano. Non riuscivo a ricordare un momento in cui non si toccassero o baciassero. Si erano persino baciati al Piggly Wiggly, proprio tra gli scaffali del ketchup e le zampe di maiale in salamoia! E non si era trattato di un bacio fugace come quello che le altre donne davano ai loro mariti. Era stato un bacio lungo, un bacio a bocca aperta con la lingua e tutto il resto. Era stato imbarazzante.
Ma darei qualsiasi cosa per essere imbarazzato di nuovo in quel modo.
Quando mia madre mi aveva chiesto un paio di settimane fa cosa volessi per il mio decimo compleanno, le avevo risposto che volevo recarmi in prigione.
Non lo aveva trovato divertente, infatti mi aveva detto: «La prigione non è un posto adatto ai ragazzini.» Ma era una stupida scusa.
Non mi ero arreso però. Avevo continuato a chiederglielo ogni giorno fino a quando lo zio Mike l'aveva convinta a farmi venire.
«Cody diventerà presto un uomo. Il ragazzo ha bisogno di vedere suo padre prima che sia troppo tardi,» aveva detto. Lo zio Mike aveva menzionato qualcosa riguardo al fatto che papà avesse preso il cancro
. Non sapevo cosa significasse. Tutto quello che sapevo era che fosse davvero malato. La mamma aveva pianto per giorni quando glielo aveva detto. Mi ero spaventato nel vederla così. L'unica volta che l'avevo vista piangere per così tanto tempo era stato quando gli agenti dello sceriffo avevano trascinato via mio padre dalla nostra roulotte.
Pensavo che sarebbe venuta con me e lo zio Mike a trovare papà, ma non so perché non lo aveva fatto. Ci disse che doveva lavorare e non poteva prendere un giorno libero. Credo che desiderasse davvero venire con noi. I suoi occhi castani erano cerchiati di rosso e aveva delle chiazze rosa sul collo, come ogni volta che era arrabbiata. Ma tutto ciò che aveva fatto era stato salutarci mentre andavamo via col pick-up blu navy di zio Mike.
Guardai la foto e poi di nuovo mio zio. Erano decisamente fratelli. Avevano gli stessi occhi blu e i capelli castani, ma quelli di papà erano più lunghi, mentre lo zio Mike aveva un taglio corto. E poi c'era la fossetta sulla guancia sinistra. Lo zio Mike mi aveva detto che