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Il mistero della tenuta
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E-book244 pagine3 ore

Il mistero della tenuta

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Info su questo ebook

La tenuta di famiglia a S. Andrea nasconde un segreto. Valentina ne è a conoscenza sin da bambina, ma per tanti motivi non ha mai voluto capire veramente quale fosse.
Il destino la riporterà in quel luogo, in occasione di un evento che riunirà la sua grande famiglia.
E se le persone intorno a lei non fossero come sembrano? Se nascondessero dei segreti?
Il mistero nascosto nella tenuta rivelerà delle verità non solo sulla sua famiglia, ma anche sulla complessa realtà del tempo e del legame tra l‘uomo ed energie sconosciute.
Conoscere e diventare consapevole della verità, ha sempre delle conseguenze, e Valentina è solo all’inizio di un lungo viaggio per scoprire se stessa e le forze che muovono il mondo.
LinguaItaliano
Data di uscita26 feb 2020
ISBN9788835377429
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    Anteprima del libro

    Il mistero della tenuta - Susanna Nadalini

    casuale.

    CAPITOLO 1 - 29 maggio

    Valentina scrisse sul computer l’ultimo concetto che aveva pensato. Stendere quel racconto stava diventando più complicato del previsto. Il suo professore di Italiano, Lunatici, che era anche capo redattore del giornalino della scuola, aveva indetto un concorso di scrittura per giovani talenti a tema libero, ma che riguardasse la scuola.

    Valentina, che da sempre amava scrivere, aveva deciso di partecipare, sperimentano in quel momento che cosa voleva dire il blocco dello scrittore.

    Era da sempre un vulcano d’idee, ma la parola competizione, premio, premiazione, obbligo di dover scrivere entro un termine… la bloccavano.

    Ci sarebbe stata, con la fine delle scuole, una giornata sui libri per gli adolescenti e la scrittura creativa, molto interessante, in cui avrebbero anche proclamato chi era il vincitore del concorso letterario.

    Era seduta nella biblioteca della scuola, in cerca d’ispirazione.

    Guardò l’orologio erano le quattro e ormai le sue meningi si erano spremute a sufficienza.

    Decise di appuntarsi da qualche parte come voleva continuare il ragionamento su cui avrebbe costruito la trama del racconto, altrimenti se lo sarebbe dimenticato. Una cosa era certa, sarebbe stato un giallo. La sua passione.

    Come sempre la sua penna era sparita.

    -Hai visto la mia penna? - chiese a Ilaria, sua compagna di scuola e di redazione. Seduta accanto a lei era immersa nel fare una prima selezione degli articoli che le sembravano interessanti per la prossima uscita, mentre smangiucchiava liquirizie salate dell’Ikea. Secondo lei mantenevano bassi i livelli di stress a scuola.

    - Non è che per caso l’hai vista? Scusa ma ci sono un po’ legata- non era vero, ma era l’unico modo per riaverla se qualcuno l’aveva presa per sbaglio.

    Ilaria fece cenno di no con il capo e poi tirando su la testa la guardò un attimo.

    - Devono averla presa i folletti!- disse con il suo accento meridionale.

    - I folletti?- sorrise Valentina, ma Ilaria non rideva.

    - Sì! Quando sparisce, qualcosa sono sempre stati loro, occhiali da sole, chiavi, gomme, calze…- spiego da sotto gli occhiali neri.

    - I folletti…- ripeté Valentina con poca convinzione. Aveva la netta impressione che la compagna non stesse scherzando.

    - Sì, hai presente orecchie a punta e sguardo furbo? I folletti!-

    Decise di non insistere, ma soppeso Ilaria un momento guardando le sue orecchie e il suo sguardò e pensando che forse assomigliava un po’ a un folletto.

    Era la fine della scuola e quindi erano tutti un po’ fusi, ma le stranezze di Ilaria la lasciavano sempre a bocca aperta.  Anche se non era l’unica, in giro c’era gente strana forte. 

    Ma, forse, aveva ragione la sua amica Vittoria, che le diceva che lei trovava tutti strani, forse allora quella strana era lei.

    Dopotutto era ormai difficile stabilire un confine tra ciò che è normale e ciò che non lo è. E non era lei a dover giudicare. A volte aveva l’impressione che quelli strani fossero quelli più normali.

    Erano la generazione del tutto è possibile, cresciuti in un mondo con la mentalità molto più aperta rispetto ai loro vecchi, e questo aveva portato sicuramente ad abbattere alcune barriere, ma anche a comprendere meno i limiti e le regole.

    C’era bisogno di confini per prendere una direzione, e dove tutto è possibile i confini non ci sono.

    Questo aveva creato in loro uno smarrimento.

    Più che strani tanti suoi compagni, erano smarriti.

    Non era facile costruirsi il buon senso delle cose per saltarci fuori, se il mondo intorno a loro era permissivo e comprensivo, e non gli dava nessuna regola.

    Capire la differenza tra tutto è possibile e tutto è comprensibile, ma non è detto che sia giusto, non era così semplice da adolescenti.

    Su questo, facevano molta confusione.

    Era proprio il buon senso, quello che t’insegna la famiglia e la scuola, spesso a mancare tra molti suoi coetanei.

    E come diceva il suo amico Michele, lo smarrimento e la confusione, portava a chiudersi in se stessi, almeno così ci si sentiva al sicuro.

    Un giorno avrebbe scritto un libro la normalità non esiste.

    Per ora si accontentava di prendere appunti e a volte ridere sotto i baffi.

    Una volta, per il giornalino, avevano deciso di creare un test, sulla falsa riga di un noto test d’intelligenza al cui interno c’erano delle domande di comprensione su quale fosse la cosa migliore da fare in alcune situazioni.

    Poi avrebbero raccolto i risultati e scritto una specie di ricerca statistica.

    Erano domande tipo: Che cosa fai se trovi un portafoglio per strada?, lasciando la possibilità di rispondere quasi qualsiasi cosa. Nel leggere le varie risposte Valentina era scoppiata a ridere perché tanti ragazzi non avevano la minima idea di come ci si dovesse comportare in determinate situazioni. Un ragazzo alla domanda cosa fai per orientarti se ti perdi all’interno di un bosco? aveva risposto: appicco un incendio

    Perfetto aveva pensato, futuro piromane.

    Erano anche una generazione di creativi, però, e veramente competenti e sensibili dal punto di vita emotivo. Sapevano cogliere e capire le sfumature dell’altro, questo perché, erano cresciuti sui come ti senti, raccontami cosa provi tu e cosa sente il tuo amico. Domande fatte da genitori, insegnati e fratelli. In passato non era così adesso era tutto un grande mondo affettivo.

    Questo complicava il loro mondo interiore e affrontare le relazioni era un casino. Molto sensibili, tanto che era meglio stare da soli.

    Comunque il suo più caro amico, Michele, compagno di banco e di avventure, era quello che si dice un personaggio.

    Osservatore silenzioso, sguardò profondo, era una di quelle persone che aspettava che tutti finissero di parlare per dire la sua e chiudere la conversazione raccogliendo tutto ciò che era stato detto prima.

    Un bel ragazzo, molto simpatico, ma molto riservato.

    Aveva un pessimo rapporto con il padre, sua madre non c’era più, e per questo tante cose non gliele avevano insegnate, aveva imparato ad arrangiarsi da solo. 

    A volte si perdeva anche nelle cose più banali, il che lo rendeva assolutamente ridicolo e imbranato agli occhi di Valentina, che era l’unica, assieme a Vittoria, cui chiedeva consiglio.

    Si conoscevano da bambini perché sua madre era molto amica con il padre di Michele quando erano giovani. Michele aveva due anni in più di lei. Il fatto che fosse abbandonato a se stesso, spesso si traduceva in mancanza di gestione di semplici cose di vita quotidiana.

    Un pomeriggio, lui dieci anni e lei otto, le aveva telefonato e le aveva chiesto come si doveva fare esattamente con il collutorio, una cosa che tutti sanno, anche i bambini. Il suo dentista gli aveva detto di usarlo, ma in famiglia non lo usava nessuno e comunque nessuno si sarebbe preso la briga di spiegarglielo.

    Lei gli aveva consigliato quello che era solita fare, dei risciacqui con un tappo di collutorio e al limite, un po’ d’acqua, senza ingerire, infine sputare. Il problema era stato che Michele aveva preso alla lettera quello che lei gli aveva detto. L’aveva richiamata disperato dicendo che fare i risciacqui era davvero dolorosissimo, perché il tappo sbatteva da tutte le parti in bocca. Valentina non poteva credere che il suo amico così sveglio, si perdesse in cose così sciocche. Ma gli voleva bene anche per questo, sapeva che nessuno gli insegnava le cose e si occupava di lui.

    Spesso si era trovato a fare cene improbabili da solo in casa, con salame e pan di stelle, perché il frigo era vuoto.

    Suo padre non faceva mai la spesa e se non lavorava, stava al bar con gli amici. A volte se lo portava con sé. Michele beveva birra, praticamente da quando era neonato.

    Non andavano d’accordo lui e suo padre.

    Spesso si scontravano per le scelte di Michele e il padre gli contestava ogni iniziativa, il che era un contro senso perché, aveva cercato di crescerlo autonomo e indipendente da piccolo e adesso che era un adolescente, lo trattava come un bambino.

    Pensare a lui le fece tornare in mente che le aveva promesso di accompagnarla alla festa di compleanno di un caro amico di famiglia per il ponte del due giugno. I suoi genitori e sua sorella sarebbero partiti prima e fare il viaggio da sola in treno le scocciava, doveva andare sino in Toscana.

    Miranda, sua sorella maggiore, voleva a tutti i costi che lei ci fosse, nonostante andassero tutti loro, in rappresentanza.

    -E poi la nonna ci tiene tanto!- aveva detto Miranda al telefono durante l'intervallo. No la carta della nonna no, aveva pensato Valentina appoggiando la testa alla finestra.

    - Ho il racconto da scrivere, oltre che i compiti e poi è tanto che non vengo più a S Andrea - rispose.

    -Guarda che puoi raccontarla a tutti, ma non a me. Io so perfettamente perché tu non vuoi venire-.

    Silenzio.

    - Ti prometto che ci penso ok?-

    E aveva riattaccato.

    Raccolse le sue cose decisa a buttarsi in una sessione di corsa e sudore, doccia e cena.

    Maldestra perché era sovrappensiero, le scivolo un libro che cadde per terra. Ilaria si alzò per aiutarla a raccoglierlo.

    Da una pagina sguscio un post i.t. rosa.

    Compleanno, 1 giugno, Podere di S. Andrea, Toscana lesse la compagna ad alta voce.

    -Allora sei in partenza?- le chiese.

    Era il 29 maggio.

    -Non ho ancora deciso se andare-, rispose secca ricacciando velocemente il foglietto nel libro.

    -Parenti serpenti?- le sorrise

    -È una lunga storia-. Disse semplicemente.

    Ergo non ho voglia di parlarne.

    -Tranquilla anche i miei non sono semplici da gestire- riflette tra se.

    - Pensa che mia nonna che vive in Puglia, quando viene a trovarci porta sempre in regalo un bel sacchetto pieno di parmigiano già grattugiato- sorrise nervosa, mostrando le dimensioni del sacchetto con le mani.

    - E noi siamo in Emilia, capito? Non ci arriva proprio… che è da qui che arriva il parmigiano reggiano-.

    Valentina scoppio a ridere. Allora le stranezze erano un problema di famiglia. Però Ilaria era adorabile.

    - Un giorno ti racconterò di S. Andrea, ma adesso ho bisogno di un po’ di sport- le mise una mano sul braccio, la bacio e si salutarono.

    L’aria frizzantina di Maggio la avvolse mentre percorreva le vie del centro in bicicletta.

    CAPITOLO 2 - Il mistero della tenuta

    Dopo un’ora di corsa nel parco cittadino, i pensieri e ricordi legati all’ultima volta che era stata in Toscana si fecero più lucidi e meno dolorosi. A quell’ora tante persone della città, si riversavano lungo le vie del parco per tenersi in forma, per scaricare lo stress, per prendere una boccata d’aria. 

    Correre aiutava anche lei a scaricare la tensione e ricaricare la mente. Era una passione che le aveva trasmesso sua madre, che andava a correre costantemente tutti i giorni. 

    Per un periodo aveva anche fatto atletica, raggiungendo buoni risultati. Poi le avevano proposto la carriera agonistica, triplicando gli impegni settimanali e anche la tensione ansiosa per le gare.

    Non aveva retto il carico e aveva deciso che non voleva rinunciare alla sua vita, lo studio, la lettura, la scrittura e gli amici, quindi si era ritirata.

    Non si pentì mai di quella decisione.

    A Valentina era rimasta la voglia di correre ed era uno sport economico, sano, e che permetteva di stare all’aria aperta.

    Durante l‘inverno si era iscritta in palestra con sua sorella Miranda, amante del fitness e sport e stile di vita sano. Cambiava regime alimentare ogni mese, a seconda di quello che leggeva essere il trend più sano del momento.

    Aveva eliminato l’olio di palma prima che le aziende lo togliessero dai prodotti industriali, come fosse veleno, poi la carne; poi di nuovo molta carne e molte proteine e nessun carboidrato, poi vegetariana, una piccola fase vegana, adesso era nel periodo crudista. Beveva centrifugati come se non ci fosse un domani.

    Per i rigidi freddi invernali, era stato un buon compromesso iscriversi con lei, ma Valentina non si sentiva proprio nel suo ambiente naturale.

    Adorava l’estate e per lei l’inverno era veramente troppo lungo.

    Comunque sua sorella l'aveva convinta a fare un abbonamento per qualche mese, e Valentina aveva cercato di non mollare come per tutti gli ultimi corsi a cui si era iscritta, spinning, aquagym, pilates.

    Era più una tipa da divano in realtà.

    Sua sorella invece era una roccia e seguiva alla lettera tutto il percorso preparatogli dal personal trainer Giuseppe, per cui secondo Valentina, aveva una mezza cotta.

    15 minuti di tapis roulant, 15 di cyclette ecc… il tutto era registrato su di una chiavetta che dovevi inserire nella macchina e poi i dati venivano scaricati nel computer centrale, dove Giuseppe controllava le tue prestazioni.

    Una volta l'aveva beccata che aveva inserito la chiavetta per registrare i suoi dati e aveva acceso la velocità al massimo.

    Poi era scesa ed era stata per mezzora a leggere una rivista di moda intanto che il tempo passava e venivano registrati i miglioramenti, in modo che risultasse che aveva corso follemente per un’ora. Il tutto per ricevere grandi complimenti da Giuseppe che l'aveva poi finalmente invitata una sera, a ballare i latino americani.

    Miranda lo trovava così affascinante, mentre a Valentina non piaceva.

    Era esagerato e si sentiva il più bello del mondo. Si metteva in mostra nella sala di pesistica, mentre faceva sforzi per tirare su pesi ed emetteva dei forti suoni strani, per essere ancora più plateale. Una cosa tipo psuuuuu, psuuuuu, psuuuuu, psuuuuu sembrava stesse gonfiando un canotto.

    Valentina scuoteva la testa perplessa, mentre un nugolo di ragazze, tra cui Miranda, ammiravano la sua forza. 

    Miranda e Giuseppe erano una coppia molto improbabile, lui tutto palestra, steroidi e machismo, lei intellettualoide e vita sana.

    Chiuse il cancelletto del cortile di casa ed entrò, incrociando Antonio, il suo vicino, anche chiamato Toscanini, per le sue nascenti doti musicali.

    Era un ragazzo di diciassette anni appassionato di musica classica e suonava il pianoforte.

    Purtroppo era reduce da una recente delusione perché aveva cercato di entrare in conservatorio, ma non era stato ammesso.

    Con le prime tiepide temperature di maggio, le finestre erano tenute più aperte lasciando filtrare le dolci note, che provava al piano. Per Valentina era bravissimo.

    Le venne da sorridere quando vide com’era vestito.

    Da quando si era messo in testa di diventare un grande compositore e musicista, aveva anche iniziato a vestirsi, come lui credeva si vestissero gli artisti di quel genere. Come se interpretasse una parte.

    Aveva i capelli scuri riccioli lunghi e gonfi che gli ricadevano in un ciuffo ribelle sulla fronte.

    Con qualunque clima o temperatura, metteva sempre i pantaloni eleganti a cui alternava varie camicie, la giacca lunga di tweed e il foularino.

    Il caldo aveva iniziato a farsi sentire e lui probabilmente stava cuocendo sotto la sua divisa, ma non accennava a modificare lo stile per non perdere la sintonia con il personaggio.

    Se qualcuno gli chiedeva se sentiva caldo, lui si ritraeva indietro come se avessero nominato il diavolo.

    Probabilmente, lì sotto, grondava di brutto.

    Aveva la pelle pallida e due belle occhiaia sotto gli occhi. Valentina sapeva che suonava giorno e notte.

    Era tenace e non avrebbe mollato, sino quando non fosse riuscito ad ottenere ciò che desiderava.

    Questa era una capacità che gli invidiava.

    - Ciao, sei andata a correre?- le chiese cortesemente.

    Valentina annuì- E tu hai suonato tutto il pomeriggio?-.

    - Sì ma stasera esco, perché ho bisogno di ossigenarmi il cervello-.

    Valentina avvertì una sensazione strana. Antonio le stava mentendo, ne era certa, quando aveva quella sensazione, era sempre così.

    Decise di fare finta di niente.

    - Fai bene a distrarti un po’- lo confortò mentre iniziava a tirarsi i muscoli duri dopo la corsa.

    - Già- rispose soltanto abbassando lo sguardò.

    Probabilmente non aveva una gran vita sociale.

    - Ti va di … di fare un giro, cioè di uscire…con me?- Le chiese balbettando.

    - Ti ringrazio ma stasera non posso- rispose pensando al suo racconto. - Mi sono iscritta a un concorso letterario della scuola e stasera devo farmi venire qualche idea geniale…Magari un’altra volta… - vide che lui ci era rimasto male

    - Perché non vai allo Shakespeare Caffè, c’è un bel concerto stasera! - suggerì.

    Il suo viso s’illuminò -Si ottimo grazie... e in bocca al lupo per il racconto… ti capisco- le disse.

    In quel momento comparve su a sorella Miranda in pantaloncini da jogging e felpa grigi.

    -Sei andata a correre?- le chiese sorpresa come se le avesse rubato l’idea.

    Valentina fece cenno con le braccia che era evidente.

    - Mi potevi chiamare- disse risentita

    - E la palestra?-

    - Archiviata.  Giuseppe tiene un corso di nord walking al parco, per cui cammino un po’ e poi mi unisco al gruppo- spiegò Miranda.

    Era strano, in effetti, che abbandonasse

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