Frida Kahlo
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Frida Kahlo, una volta, dichiarò: «Non ho mai dipinto sogni. Ho dipinto la mia realtà». Il nostro spettacolo parte proprio da questa frase per raccontare un ritratto privato, autentico e doloroso, di Frida: non la Frida icona dell’arte e della moda, ma la Frida donna, la Frida vera, la Frida messicana della prima metà del secolo. In due anni di repliche sempre sold out, lo spettacolo ha commosso e emozionato migliaia di spetattori proponendo una biografia di Frida lontana dall'agiografia ricorrente di “grande artista sfortunata”, di donna “innamorata del suo uomo”. Frida fu molto più di questo e, in un certo senso, molto meno: fu una donna che riuscì a imporre un'immagine pubblica diversa da quella privata, un'artista che elaborò il suo stile con lentezza e in maniera non del tutto consapevole. La drammaturgia, attenta ai documenti e alle testimonianze, mette in evidenza la complessa personalità di Frida, in cui convivevano idee e sentimenti contrastanti: voleva mostrarsi al pubblico come una donna libera e rivoluzionaria, ma in privato restava ingabbiata nel ruolo della moglie devota che tutto sopporta; voleva essere una pittrice affermata, ma rinunciava a proporre al pubblico le sue opere.
Il testo dello spettacolo è stato scritto rielaborando le testimonianze di Frida Kahlo, di Diego Rivera, e delle persone che li conobbero, dedicando grande spazio alle lettere di Frida, al suo diario privato, e all'autobiografia di Rivera. Ampio spazio, ovviamente, è dedicato al rapporto di Frida con Diego: i due pittori si videro per la prima volta nel 1922, quando lei era una ragazzina minuta e ribelle. Si sposarono sette anni dopo, divorziarono nel 1939, si risposarono nel 1940. Tutta la loro storia coniugale è inframmezzata da continui tradimenti e colpi di scena. Frida Kahlo morì nel 1954, poche settimane dopo aver partecipato a una manifestazione politica accanto a Diego Rivera. Dopo la sua morte il pittore scrisse: «il 13 luglio 1954 è stato il giorno più tragico della mia vita: avevo perso per sempre la mia amata Frida. Ho capito troppo tardi che la parte più bella della mia vita era il mio amore per lei». Ma nel tempo è, al contrario, rimasta famosa un frase di Frida molto diversa: «Ho avuto due gravi incidenti nella mia vita: il primo è quando il tram mi ha investita, l'altro è Diego».
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Anteprima del libro
Frida Kahlo - Mirko Di Martino
Indice
Frontespizio
Copyright
Personaggi
Il testo
I dipinti citati nel testo
Autoritratto giovanile
Ford Hospital
Il mio vestito è appeso lì
Qualche piccola coltellata
Le due Frida
La colonna spezzata
Arbol de la esperanza
L'autore
logo-libridellosso-150px1ª edizione, febbraio 2018
Il seguente testo è un'opera di prosa registrata alla SIAE.
Per qualunque richiesta di rappresentazione, rivolgersi agli uffici territoriali competenti.
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Via Port'alba 30, Napoli
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Personaggi
FRIDA KAHLO
DIEGO RIVERA
nota:
lo spettacolo è stato rappresentato per la prima volta presso il Nuovo Teatro Sancarluccio a Napoli dall'8 al 15 dicembre 2016 con il seguente cast: Titti Nuzzolese (Frida Kahlo), Peppe Romano (Diego Rivera), regia di Mirko Di Martino, produzione Teatro dell'Osso.
La scena è al buio. Un cono di luce si accende ad illuminare Frida Kahlo, che si rivolge al pubblico.
FRIDA cominciò tutto con un dolore alla gamba destra, dall'alto in basso lungo il muscolo. Avevo sei anni. In una piccola vasca, i miei genitori lavavano la mia gamba con acqua di noci e panni bollenti. I dottori non ebbero dubbi: poliomielite. Per nove mesi restai chiusa nella mia camera. Fu allora che sperimentai per la prima volta l'amicizia immaginaria con una bambina della mia età. Avevo alitato sul vetro della finestra della mia cameretta e con un dito avevo disegnato una porta. Piena di gioia e di urgenza, varcai quella soglia con l'immaginazione. Attraversai la pianura che avevo di fronte e arrivai a una fattoria chiamata Pinzòn
. Entrai attraverso la O
di Pinzòn e scesi in fretta nel cuore della terra dove la mia amica immaginaria mi stava aspettando. Era allegra, rideva molto, e danzava come se il corpo non avesse peso. La seguivo in tutti i suoi movimenti e le raccontavo i miei problemi segreti. Non ricordo quali, ma lei sapeva tutto di me. Ritornando alla finestra, rientrai dalla stessa porta disegnata sul vetro. Quanto tempo avevo passato con lei? Non so. Forse un secondo, forse migliaia di anni. Ero felice. Annebbiavo la finestra con la mano e la porta scompariva. Correvo con il mio segreto e la mia gioia nell'angolo più remoto del cortile di casa mia e, sempre nello stesso posto, sotto un albero di cedro, piangevo e ridevo, sorpresa di essere sola con la mia felicità immensa e con il ricordo così vivo di quella bambina. Quando guarii, la gamba rimase sottile. Gli altri bambini mi chiamavano pata de palo, gamba di legno. All'inizio pensai che gli scherzi non mi ferissero, ma poi mi accorsi che non era così. Imparai molto presto che la mia unica vera amica sarebbe rimasta per sempre soltanto lei: quella piccola bambina felice, quella piccola Frida. Lei. L'altra.
Si abbassa la luce su Frida mentre si alza quella su Diego Rivera, che si rivolge al pubblico.
DIEGO sono grasso, sono grosso, sono enorme. Sono Diego Rivera. Sono il pittore del popolo, dei contadini con i sombreros, delle donne di Tehuantepec. Sono il Michelangelo del Messico, sono il pittore più famoso al mondo. Sono cresciuto sulle montagne di Guanajuato, allevato nella foresta da un'india otomi. A sei anni ero la mascotte dei bordelli di Plaza Mayor;