Carabinieri Kaputt: I giorni dell'infamia e del tradimento
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L’ordine del Ministro della difesa della Repubblica sociale, generale Rodolfo Graziani, intima ai Carabinieri di rimanere confinati nelle caserme e consegnare le armi.
In questa maniera le SS, il mattino del 7 ottobre 1943, riescono a fare prigionieri 2.000 carabinieri e deportarli nei lager.
Questo una settimana prima del rastrellamento degli ebrei romani dal Ghetto, il 16 ottobre 1943.
I Carabinieri sarebbero stati di intralcio al rastrellamento degli ebrei, come dicono senza mezzi termini i capi della Gestapo in un telegramma indirizzato al colonnello Herbert Kappler, capo delle SS a Roma.
Il racconto di quei giorni è descritto da un maresciallo dei Carabinieri che tenne un diario dettagliato degli eventi: dalla cattura fino alla liberazione dai campi di concentramento.
Ma sono soprattutto le testimonianze di alcuni sopravvissuti ancora viventi a dare forza alla vicenda drammatica vissuta da questi militari per lo più giovanissimi.
E inoltre, nelle appendici:
Il racconto di un carabiniere sopravvissuto per caso a una fucilazione.
La storie delle mogli degli ufficiali, quasi tutti trucidati alle Fosse Ardeatine che hanno contribuito alla Resistenza a Roma.
Un elenco di novanta nomi di carabinieri detenuti nel campo di concentramento di Rosenheim.
MAURIZIO PICCIRILLI giornalista, fotoreporter e inviato è stato caposervizio del quotidiano Il Tempo e si è occupato di esteri, terrorismo e criminalità nazionale e internazionale.
Ha lasciato gli studi di Biologia per inseguire la passione della fotografia e il reportage. Insignito di un award del World press photo, due volte ha vinto il Premio Baia Chia per la fotografia.
Ha pubblicato Le quaglie di Osama (2006), Shahid (2010), Il volto nascosto di Osama (2011) Ferita Afghana (2013) e l’ebook Cuccioli del jihad.
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Anteprima del libro
Carabinieri Kaputt - Maurizio Piccirilli
Ringraziamenti
Un mattino di ottobre
Un mattino di ottobre del 1943. Grigio e piovoso ma al tempo stesso mite come sa essere il clima in quel periodo a Roma. Un’atmosfera surreale avvolge la città in quell’incipiente autunno.
A luglio, prima, il bombardamento del quartiere San Lorenzo da parte degli angloamericani che ha seminato morte e distruzione. Pochi giorni dopo, il voto del Gran Consiglio che ha decretato la caduta di Mussolini e quindi il suo arresto. Avvenimenti che spianano la strada all’armistizio, l’8 settembre successivo. La fuga del re e la battaglia di Roma. Violenti combattimenti a Porta San Paolo, alla Magliana, sulla Laurentina. In prima fila, l’esercito italiano e i carabinieri.
Eppure un mese dopo, Roma città aperta vive come sospesa in quel terzo anno di guerra. Gli uffici pubblici aperti. Le Poste e Telegrafo funzionano. Si fatica a trovare da mangiare e la borsa nera prospera. Le camionette che sostituiscono i mezzi pubblici incrociano quelle militari dei tedeschi che, in verità, in quei giorni cercano di dare meno nell’occhio. Eppure si sta per annunciare un periodo drammatico.
L’ottobre del 1943 sarà il mese dell’infamia e della tragedia. Il mese delle deportazioni da parte dei tedeschi di cittadini italiani.
Ai più è noto quanto avvenne il 16 ottobre 1943 con il rastrellamento del Ghetto di Roma e la deportazione di 1.024 ebrei in un solo giorno. Meno noto è quanto avvenne il 7 ottobre, nove giorni prima: l’arresto e la deportazione di oltre 2.000 carabinieri della Capitale. Un’azione prodromica a quella contro gli ebrei, per stessa ammissione dei comandi tedeschi. Un’operazione pianificata in ogni dettaglio, in collaborazione con i comandi militari fascisti e per volontà dello stesso Mussolini.
Il 6 ottobre, il ministro della Guerra della Repubblica sociale di Mussolini, il maresciallo d’Italia Rodolfo Graziani, emette un ordine¹, indirizzato al comandante generale facente funzione, il generale di brigata Casimiro Delfini. L’ordine non ammette repliche ed è senza precedenti. Intima il disarmo dei carabinieri.
Tre mesi prima, il comandante generale dell’Arma, generale Azolino Hazon, era morto nel bombardamento di San Lorenzo. Un nuovo comandante generale era stato nominato il 4 ottobre nella persona di Archimede Mischi, proveniente dalla polizia confinaria. Fascista convinto, indossava spesso la camicia nera, ma in quei giorni era a rapporto da Mussolini a Rocca delle Caminate. L’ordine di Graziani quindi arriva a Delfini. È draconiano e non privo di insulti nei confronti dell’Arma.
In conseguenza delle dichiarazioni fattemi dal generale Delfini alla presenza del Ministro dell’Interno Eccellenza Buffarini e dal Segretario del Partito Fascista Repubblicano Eccellenza Pavolini sull’inefficienza numerica, morale e combattiva dell’Arma dei CC.RR. in Roma ordino:
1) Entro questa notte tutti i Carabinieri reali siano disarmati: le stazioni a cura della P.A.I (polizia Africa italiana, ndr) che sostituirà i Carabinieri nei rispettivi servizi; i reparti accasermati a cura del generale Delfini che mi risponde personalmente della esecuzione integrale.
2) I militari dell’Arma resteranno disarmati nei rispettivi posti: quelli delle stazioni sotto la responsabilità della P.A.I., quelli delle caserme sotto la responsabilità del generale Delfini e dei rispettivi comandanti.
3) Gli ufficiali resteranno nei rispettivi alloggiamenti sotto pena, in caso di disobbedienza, di esecuzione sommaria e di arresto delle rispettive famiglie. Firmato il Maresciallo d’Italia, Ministro della Guerra Rodolfo Graziani.
I fascisti non vogliono rischiare e per questo non esitano a mettere nero su bianco i termini della rappresaglia contro i carabinieri che disobbediranno. Pistola puntata alla testa degli ufficiali e delle loro famiglie. E che non sia solo un avvertimento ne fa fede la storia del maresciallo Graziani, già protagonista di feroci rappresaglie in Libia e in Etiopia contro i civili e con l’uso di gas letali. Graziani, per costringere gli stessi ufficiali dei carabinieri a disarmare i propri uomini e i colleghi di grado inferiore, aveva minacciato di passare per le armi i disobbedienti e di effettuare rappresaglie sulle famiglie degli ufficiali e sottufficiali, che tra l’altro abitavano negli alloggi demaniali delle caserme. Così i carabinieri – gli ordini vincolavano gli ufficiali superiori al segreto assoluto – furono presi in trappola e credettero di essere stati traditi.
Il giorno della cattura fummo fatti cadere in un tranello tesoci dai tedeschi e dai non meno crudeli repubblichini. Eravamo un ingombro, un ostacolo per i nazifascisti, eravamo testimoni da eliminare, eravamo l’unica protezione per le popolazioni avvilite e stanche e decisero di disfarsi di noi
così ricorda quel giorno il maggiore Alfredo Vestuti, uno dei deportati.
Il disarmo e l’arresto dei carabinieri arriva per volontà dello stesso Mussolini, da pochi giorni tornato in libertà grazie all’azione delle SS agli ordini di Otto Skorzeny.
In una lettera² inviata a Claretta Petacci, giunta alla donna il 10 ottobre 1943, come ella stessa ha vergato in alto sulla missiva, Mussolini lo scrive chiaramente. Ripercorrendo gli ultimi avvenimenti, la sua epurazione, l’arresto suo e quello della stessa Petacci, il Duce scrive alla sua amante parole che non lasciano dubbi sul fatto che sia stato lui a dare l’ordine contro l’Arma.
… I Carabinieri sono stati dovunque lo strumento raffinato e crudele del regime badogliesco. Dopo l’assassinio di Muti³, il sano popolo li odia. Io li ho disarmati e concentrati per una severa selezione: non hanno opposto la minima resistenza.
Di me, probabilmente sai tutto. Sin dal primo giorno, sentii che il re e soci si proponevano di consegnarmi alla Gran Bretagna. Churchill lo ha confessato ai Comuni. In caso di evasione, i Carabinieri dovevano uccidermi.
Il piano era concordato con i tedeschi che ritenevano il disarmo dei Carabinieri necessario per attuare la deportazione degli ebrei di Roma. Un telegramma, intercettato dall’intelligence Usa, spedito l’11 ottobre da Ernst Kaltenbrunner dal comando della Gestapo di Prinz Albrecht Strasse a Berlino e diretto a Herbert Kappler, ne è la prova. Il capo della Polizia di sicurezza (Sipo) del Terzo Reich, alle dirette dipendenze di Himmler e Hitler, respinge la proposta di Kappler di rinviare ancora il rastrellamento degli ebrei romani⁴.
Nell’interesse dell’attuale situazione politica e, in generale, della sicurezza in Italia, gli ebrei italiani devono essere immediatamente e totalmente eliminati. Rinviare l’espulsione dei suddetti ebrei al completamento delle operazioni di disarmo dell’Arma dei Carabinieri e dell’esercito italiano è un’ipotesi che non può essere presa in considerazione, così come quella di destinarli al lavoro coatto sotto la direzione delle autorità italiane, una possibilità che finirebbe per rivelarsi poco utile. Prolungare l’attesa significa permettere agli ebrei – che sono indubbiamente al corrente delle misure previste per la loro deportazione – di nascondersi nelle case degli italiani filosemiti e di scomparire del tutto. L’Italia è stata istruita a eseguire gli ordini del Reichsführer-SS (Himmler), ovvero a procedere con gli arresti dei giudei senza ulteriori ritardi.
Kaltenbrunner sarà poi processato a Norimberga e condannato a morte per impiccagione.
Anche il colonnello delle SS Kappler aveva interesse all’allontanamento dei carabinieri dalla Capitale prima di mettere in atto la deportazione degli ebrei dall’Italia, perché i carabinieri si erano rivelati per la maggior parte antitedeschi. Avevano combattuto contro di loro dopo l’8 settembre e avevano sistematicamente boicottato gli ordini del Comando tedesco, quando questi colpivano la popolazione. Di qui il giudizio di inaffidabilità. Kappler temeva che il rastrellamento degli ebrei avrebbe potuto innescare una rivoluzione come qualche giorno prima a Napoli.
In quei giorni di ottobre tutto si stava compiendo secondo il programma dei nazisti. Effettuare il rastrellamento nel Ghetto con ottomila carabinieri, che avrebbero potuto anche reagire, sarebbe stato un azzardo. Kappler, quindi, chiede e ottiene che siano disarmati e trasferiti.
L’ordine del maresciallo Graziani viene recepito dal generale Delfini, massima autorità in comando dell’Arma, il quale a sua volta emette un’ulteriore disposizione diretta a tutti i comandi territoriali di Roma. Un ordine riservato nel quale il generale Delfini elenca le modalità del disarmo. Per conoscenza, invia l’ordine anche al generale Graziani e al generale Umberto Presti, a dimostrazione della sua ottemperanza ai comandi ricevuti e la disponibilità verso le autorità tedesche. Il disarmo dovrà concludersi entro le 8,15 del 7 ottobre. Le armi dovranno essere trasportate presso la caserma Castro Pretorio (sede delle autorità tedesche).
Queste le procedure del disarmo:
1. Saranno riuniti tutti i militari, ufficiali compresi, nelle rispettive caserme, anche quelli sposati e domiciliati fuori delle stesse; subito dopo saranno disarmati.
2. 10 ufficiali, alle 5 del mattino del 7, saranno prelevati dalla caserma Podgora e condotti dalla PAI a Ponte Milvio, dove si troverà un’autocolonna di 30 autocarri tedeschi. Essi dovranno trasferire tutti i carabinieri presso le caserme Podgora, Lamarmora, Pastrengo, Vittorio Emanuele e Giacomo Acqua. Tra le 8,45 e le 11 verrà comunicato il numero preciso dei militari disarmati e delle armi confiscate; le autorità tedesche provvederanno alla consegna di viveri per la giornata.
3. Al fine di poter portare a termine l’operazione nei limiti di tempo prestabiliti, durante la notte verranno soppressi tutti i servizi prestati dai carabinieri in città.
4. Concluse le operazioni di trasferimento alle ore 8,15, saranno posti di guardia davanti alle caserme reparti di paracadutisti tedeschi con l’ordine di far fuoco contro chiunque tentasse di evadere.
Il generale chiama a rapporto i tre comandanti di Legione, i comandanti delle caserme e quelli dei ministeri della Marina, dell’Aeronautica e della Guerra. La motivazione del disarmo, palesemente proditoria, a dire del maresciallo Graziani, è la necessità del reimpiego dei carabinieri di Roma a Zara, alle dirette dipendenze della PAI e dei tedeschi. Il generale Delfini è consapevole che quello del trasferimento a Zara è solo un diversivo e che il fine ultimo è l’allontanamento dei carabinieri da