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Gli Ibridi Di Middleton
Gli Ibridi Di Middleton
Gli Ibridi Di Middleton
E-book192 pagine2 ore

Gli Ibridi Di Middleton

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Info su questo ebook

Noah Fletcher ha sedici anni e veramente tanto a cui pensare. Per prima cosa, è gay. Poi, il suo migliore amico è omofobo. E, quindi, lo odia. Esattamente come il resto dei suoi compagni di scuola. Ma nessuno di loro conosce la verità. Il nostro eroe può parlare con gli animali!

Però, nonostante il supporto di sua madre e dei suoi piccoli amici, non può fare a meno di sentirsi solo e triste. Almeno finché la cheerleader più popolare della città, Candy Bloom, non lo difende pubblicamente. Il ragazzo è entusiasta della sua nuova amica, anche se c’è davvero qualcosa di molto strano in lei. La biondina sembra sempre essere a conoscenza di tutto. Compreso il suo potere segreto. E niente meno che un’invasione aliena!

Come faranno due adolescenti a fermare l’imminente attacco extraterrestre? E chi si unirà a loro? 

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita27 ago 2021
ISBN9781071549179
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    Anteprima del libro

    Gli Ibridi Di Middleton - Benjamin Shepherd Quiñones

    The Gene Pull

    Gli Ibridi Di Middleton

    ––––––––

    Benjamin Shepherd Quiñones

    ––––––––

    Traduzione di Magda Pala 

    The Gene Pull

    Autore Benjamin Shepherd Quiñones

    Copyright © 2020 Benjamin Shepherd Quiñones

    Tutti i diritti riservati

    Distribuito da Babelcube, Inc.

    www.babelcube.com

    Traduzione di Magda Pala

    Progetto di copertina © 2020 Rebecacovers (Fiverr©)

    Babelcube Books e Babelcube sono marchi registrati Babelcube Inc.

    Indice

    Capitolo 1 // pagina 3

    Capitolo 2 // pagina 13

    Capitolo 3 // pagina 31

    Capitolo 4 // pagina 53

    Capitolo 5 // pagina 68

    Capitolo 6 // pagina 87

    Capitolo 7 // pagina 95

    Capitolo 8 // pagina 106

    Capitolo 9 // pagina 114

    Capitolo 1 // pagina 122

    Capitolo 11 // pagina 136

    Capitolo 12 // pagina 154

    Capitolo 13 // pagina 168

    The Gene Pull

    Gli Ibridi Di Middleton

    ––––––––

    Benjamin Shepherd Quiñones

    ––––––––

    Traduzione di Magda Pala 

    Capitolo Uno

    Non ne poteva davvero, ma davvero, più.

    Noah Fletcher si era rotto le palle. Da quando aveva tredici anni, si sentiva come intrappolato in una specie di pozzo. Uno di quelli a imbuto, con le pareti che -piano piano- si restringono. Indiana Jones, tipo. O, anche, The Ring. Aveva avuto un attimo di respiro, dopo che aveva avuto il coraggio di dirlo a sua madre. E lei aveva giurato che, ovviamente e ci mancherebbe pure, gli voleva ancora più bene. Ma non era abbastanza. Aveva sedici anni -quasi diciassette- ed era arrivato il momento di uscirci, da quel cazzo di pozzo. Doveva correre dei rischi. Insomma, doveva pur respirare! Non poteva mica stare sott’acqua, in apnea, tutta la vita!

    Sono gay.

    Voleva confessarlo già da un po’. Se lo ripeteva spesso -anche a voce alta- ma mai a un'altra persona. Una della sua età, almeno. Fino a quel momento. Perché lo aveva appena detto a Chris Cassidy, il suo migliore amico. Atletico da morire e dai fiammanti capelli rossi, che lo rendevano unico e raro. Gli altri non perdevano occasione per prenderlo in giro, a causa di quel colore.

    Mai Noah, però. Anche lui si sentiva unico, in un certo senso. Ma nessuno lo sapeva, ancora. Nemmeno il suo compagno di merende preferito. Vicini di casa, erano amici da sempre. Una volta, avevano perfino cercato di collegare le finestre delle loro camerette. A mò di ponte, avevano utilizzato una scala. Con risultati tanto catastrofici, quanto esilaranti. Andavano a scuola insieme, facevano calcio insieme, erano sempre insieme. Come fratelli.

    "Tu sei, cosa?!" gli chiese l’altro, scioccato da morire. Era chiaro che il suo cervello stesse cercando di processare l’informazione appena ricevuta. Fallendo miseramente.

    Erano semplici parole, ma le stava trasformando in qualcosa di complesso e incomprensibile.

    Il cuore del povero reo-confesso gli martellava, furioso, in petto. Sembrava quasi un rapace, intrappolato in una gabbietta per canarini. Tutti i suoi sensi, compreso il sesto, gli stavano dicendo di scappare lontano. Abbandonare la nave, abbandonare la nave. Ma si rifiutò di ascoltare. Quell’imbarcazione era lì lì per salpare e lui aveva già un biglietto per la prima classe stretto in pugno. Era la sua occasione. Si trovavano da soli in cantina e sua madre non era ancora rientrata da fare la spesa. Doveva parlargliene. Ora o mai più.

    Hai mica bisogno di un apparecchio acustico? balbettò, infine, cercando di sorridere. Un adorabile sorriso, tutto fossette, mentre cercava di alleviare la tensione. L’ansia, mannaggia a lei, se lo stava mangiando vivo. Avere fiducia in se stessi è la chiave di tutto. Daje, cazzo! Ma quella singola, e del tutto innocente, confessione aveva il potere di rinnovare o distruggere completamente la loro amicizia. Deglutì, nervoso, prima di scandire, Io. Sono. Gay. Mi piacciono i maschi. E mi piacerebbe che tu- E si avvicinò di più al suo amico di sempre. Che -per tutto il tempo- rimase lì, impalato e rigido come un tronco. Quella era la prova del nove. Il momento catartico. Il dado era stato tratto. Le carte erano, ormai, scoperte. Poteva andare tutto per il meglio. Oppure, poteva finire a puttane. Quale delle due?

    A puttane, ovviamente. Per essere precisi, a puttanoni da competizione.

    Chris, a quel punto, avrebbe potuto benissimo trasformarsi in un lupo mannaro e sbranarlo sul posto. Visti gli occhi infuocati, iniettati di sangue, e la furia con la quale reagì.

    Minchia, Zio! Ma che schifo! esclamò, saltando in piedi. Il disgusto era tangibile. "È per questo che mi hai chiamato?! Pensavo che avessi problemi con le tipe! Stai lontano da me e non ti azzardare ad avvicinarti. Mai più!" E scappò di sopra, lanciandosi per le scale.

    Aspetta! Non è cambiato nulla! implorò l’altro, mentre si gettava all’inseguimento. Non lo voleva perdere. Affatto. Ma perché fa così? Non era mica diventato un’altra persona! Era sempre lo stesso ragazzo. Il suo amico del cuore. Come poteva buttare tutto via, così, come se nulla fosse? Dopo quanto avevano passato, dopo tutti gli anni di intensa amicizia. Non avrebbero dovuto coprirsi le spalle a vicenda? Sempre?

    "Ti ho detto di lasciarmi i coglioni in pace!"

    Quelle parole suonarono così definitive, che crearono una sorta di discrepanza nell’universo. Un lampo di energia, gialla e traslucida, riempì la stanza. E tutta l’elettricità si spense. Compreso il sistema nervoso del povero Noah. L’intero universo divenne, improvvisamente, buio.

    Quando si svegliò, accaldato da morire, si trovava all’aria aperta. La luce gli faceva lacrimare gli occhi color nocciola, ma riuscì -comunque-  a sollevare le palpebre. La prima cosa che vide fu verde. Un sacco di verde. Era sdraiato sull’erba. Sull’erba?!  Sollevò la testa e una fitta di dolore acuto gli si propagò dalla nuca al resto della testa. Poi, pannocchie. Pannocchie ovunque. Rimase in contemplazione, finché il vento non lo colpì. Dappertutto. E si rese conto di essere completamente nudo.

    Porca vacca! urlò, mentre cercava di coprirsi le parti intime. Ma dove cazzo sono finito? Che cazzo sta succedendo?

    Nel tentativo di scoprirlo, si tirò in piedi. Ma non è che servì a molto. Le spighe erano più alte di lui e non poteva vedere al di là del proprio naso.

    Non ne era sicuro, ma sperava vivamente di trovarsi nel terreno vicino al campo di calcio. Quello enorme, proprio nel centro della città. Gli sarebbe stato di grande conforto, sapere di essere in un luogo conosciuto.

    Allungò la mano per afferrare il cellulare e andò nel panico. Niente vestiti. Quindi, niente tasche. Di conseguenza, niente telefono. Nessun problema. Posso sempre gridare aiuto. Ma mentiva, sapendo di mentire. Oggettivamente, gridare aiuto?! Era nudo come un verme, che caspio gridare aiuto! L'ultima cosa che si vuole, in caso di nudità estrema, è attirare l'attenzione. Tutti sanno. Sarebbe stato, come minimo, un suicidio sociale. Non voleva nemmeno immaginare cosa sarebbe successo, nell’eventualità che un suo compagno di scuola lo avesse davvero visto così. Lo avrebbero preso per il culo a morte. Non esiste proprio, farmi etichettare come maniaco.

    Morale della favola, aveva urgente bisogno di vestiti. Ma tutta quell’agitazione lo stava facendo andare in iperventilazione. Si premette le mani sullo scalpo e, inspira-espira, finché il cuore non smise di martellargli in petto. Riusciva a essere razionale anche in condizioni estreme. Va’ là, quanto sono tosto. Chi m’ammazza, ammè!

    Sì, certo, come no. Ma chi voleva prendere in giro?! Dopo due miseri minuti di vagabondaggio coatto, si sentiva -di nuovo- intrappolato. Non dentro un pozzo, ma in un campo di grano. Il che è pure peggio, diciamocelo.

    Non c'era una spiegazione logica. L'ultima cosa che ricordava, dopo aver rincorso Chris -e quello preferiva dimenticarlo- era un bagliore di luce gialla. Tipo un cazzo di episodio di, Ai Confini Della Realtà.

    In preda alla paranoia più totale, immaginava che un pazzo col forcone o un bambino demoniaco si stessero nascondendo tra il fitto della vegetazione. Pronti per ucciderlo. Okay, è ufficiale. Mai più film Horror.

    All’improvviso, un rumore. Era lontano, ma il ragazzo si bloccò ugualmente. Attento, in ascolto. Qualunque cosa fosse, sembrava fosse sulle sue tracce. Mentalmente, si interrogò sul da farsi. Meglio allontanarsi e rischiare di essere beccato, o restare fermo lì e sperare in un miracolo? Magari, non si sarebbero accorti di lui. Magari, poteva scamparla. O, magari, no.

    Col senno di poi, avrebbe dovuto prendere i piedi e andarsene -e di corsa- da lì.

    Gridò, con tutto il fiato che aveva in gola, quando qualcuno lo afferrò al collo e lo sbatté a terra. Si trattava del suo ex-migliore amico. E, udite udite, anche lui era completamente nudo!

    Che cazzo mi hai fatto, frocio di merda? gridò il nuovo arrivato. Così pieno di rabbia che  -apparentemente- non gliene poteva fregare di meno di trovarsi a cavalcioni su un altro maschio. Nudo.

    Non ho fatto nulla!

    "Un cazzo! Prima cerchi di pomiciare con me e dopo mi ritrovo in mezzo al niente! E col culo di fuori, per di più! E- ma che schifo!" Il rosso si era, alla buon’ora, reso conto di essere pelle a pelle col suo -ormai non più- migliore amico. E a quella checca stava pure piacendo una cifra, poco ma sicuro. O almeno, così pensava l’atleta. Quindi, saltò in piedi alla velocità della luce. Ma non prima di avergli dato il cazzotto del secolo. Aderì perfettamente alla sua mascella, aggiungendo altro dolore a quello che il poveretto già provava.

    Lo giuro! Non ho fatto niente. Ne so tanto quanto te! Era più che onesto. Si teneva il mento dolorante, in un disperato tentativo di mascherare il fatto che, No vabbè, Chris è nudo davanti a me! Non poteva distogliere lo sguardo dalle parti basse dell’ex-compare. Una zona che non aveva, ovviamente, mai visto prima. Ma su cui fantasticava, spesso. E non avrebbe dovuto farlo, Diobono, mai nella vita.

    Me la pagherai, per questo. E molto cara, pure! Fidati di me. Non avrebbe potuto essere più serio di così. Poi, fuggì tra il grano. E scomparve.

    Noah non pensava affatto di lanciarsi all’inseguimento dell’altro ragazzo. Ma avrebbe pur dovuto uscire da lì! Decise di incamminarsi. Non vedendo un beneamato accidente, causa pannocchie giganti a perdita d’occhio, si orientò col suono delle auto. Significava che si trovava vicino a una strada. Buono. L’intera città di Middleton -quindi- l’avrebbe visto come mamma l’aveva fatto, diciassette anni fa. No buono. Si domandò, come caspiterola ci fosse riuscito -Chris- a scappare.

    Merda, merda, merda, merda. Il poveraccio sbirciò fuori, nascosto da alcuni steli. Non voleva farlo, ma doveva. Dopotutto, che alternative c’erano? Ma io dico, non potevo essere almeno un pochino più alto, un pochetto più muscoloso e un piccolo poco più gnocco di così?! Si sarebbe vergognato meno, a farsi vedere nudo. Come se il pudore fosse tutta questione di prestanza fisica.

    Trattenne il respiro. Si fece coraggio, un bel respiro profondo, e scattò in avanti.

    "Vai, cazzo, vai!" si incoraggiò, a denti stretti.

    E fu fuori. Passo svelto. Sguardo basso. Mani in posizione, calcio di punizione. Perché non voleva certo che i suoi gingilli rimbalzassero a destra e a manca. Anche se poco importava, visto che tutta la città lo stava -comunque- fissando a bocca aperta. Qualcuno urlò, ma lui continuò a marciare. Imperterrito, nonostante tutto. Si ripeteva che, se avesse continuato a camminare veloce, nessuno avrebbe davvero potuto vederlo. E comunque, eventualmente, come avrebbe mai potuto giustificarsi?!

    Scusate il déshabillé?! Non era nemmeno colpa sua. Non si era certo spogliato perché ne aveva voglia! Non era affatto giusta, quella pubblica gogna. Per tutta risposta, uno scuolabus zeppo di bambini apparve di fronte a lui. E tutti quei marmocchi lo indicarono e risero a crepapelle. Maledetti.

    Lui, l’autobus, non l’aveva mai preso. Viveva proprio in centro, a neanche mezzo chilometro di distanza. Ma in quel momento, la solita passeggiata di pochi minuti gli sembrò molto più lunga. Secoli più lunga. Odiava essere al centro dell’attenzione, quando si trovava in condizioni normali. Starci nudo era da ricovero. Tutti lo stavano giudicando. Tutti vedevano tutto di lui. E si illuminò d’immenso. Ecco perché la gente indossa strati e strati di vestiti!

    Quando -finalmente- vide casa sua, l’adrenalina lo pervase. Casa significava sicurezza. Sempre che sua madre non lo uccidesse appena varcata la soglia, ovvio. Poteva solo immaginare, cosa tutto stesse pensando in quel momento. Ma non gli impedì di -contemporaneamente- lanciarsi sui gradini, bussare e suonare il campanello. Aveva le guance in fiamme. Dal sole e, soprattutto, dall’imbarazzo.

    Noah! Si può sapere dove sei stato? E dove sono i tuoi vestiti?! chiese la donna, trascinandolo dentro. Dove hai dormito ieri notte? Se la mamma di Chris non mi avesse detto che -sicuramente- voi due eravate assieme, avrei chiamato la polizia! E stamattina Evelyn mi ha detto che lui è sceso a fare colazione, come nulla fosse e- Si bloccò. Lo sguardo fisso. Gli occhi, due fessure. "Non è che stavate facendo roba, vero?"

    Il ragazzo voleva morire. Va bene che sua mamma sapeva della sua omosessualità, ma parlare di certe cose era completamente off-limits. Si trattava pur sempre della sua genitrice. Che ca- MAMMA!

    Ma quando mai! rispose, piccato, senza guardarla negli occhi. Anche se, Minchia, magari. Ma si riprese subito.

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