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Mio per una notte
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E-book400 pagine5 ore

Mio per una notte

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Info su questo ebook

Seductive Nights Series

Quando i confini tra il desiderio e l'affetto si fanno incerti, come si affronta la paura di amare?

Jack Sullivan è il magnate dei sex toys. Oltre a essere un potente uomo di successo, è così affascinante da passare per uno dei modelli dei giocattolini che produce. In poche parole, è uno degli scapoli più desiderati di tutta New York. Invece di approfittarne, però, Jack ha una seria difficoltà a legarsi a chiunque, a causa del modo tragico in cui è finita la storia con la sua fidanzata. Tutto quello che cerca è evitare il dolore. E la distrazione perfetta arriva con il passo sinuoso di Michelle Milo, la donna che incontra nel bar di un hotel. La notte che passano insieme è rovente, ma nessuno dei due è al corrente che Michelle è la psicologa incaricata dalla sorella di Jack di assisterlo. E la notte appena trascorsa ha vanificato la possibilità di una terapia. Jack, però, non è disposto a rinunciare tanto facilmente all’unica donna che gli abbia fatto provare qualcosa dopo anni, così le propone un accordo…

«Jack e Michelle sono dei personaggi davvero reali e ho potuto sentire la loro vulnerabilità e il loro legame.»
Lauren Blakely
è autrice bestseller di «New York Times», «USA Today» e «Wall Street Journal» e con i suoi libri ha venduto più di un milione di copie. La Newton Compton sta pubblicando la serie di successo Seductive Nights.
LinguaItaliano
Data di uscita15 mar 2018
ISBN9788822708731
Mio per una notte
Autore

Lauren Blakely

A #1 New York Times Bestselling author, and #1 Wall Street Journal Bestselling author, Lauren Blakely is known for her contemporary romance style that's hot, sweet and sexy. She lives in California with her family and has plotted entire novels while walking her dogs. With fourteen New York Times bestsellers, her titles have appeared on the New York Times, USA Today, and Wall Street Journal Bestseller Lists more than 100 times, and she's sold more than 2.5 million books. To receive an email when Lauren releases a new book, sign up for her newsletter! laurenblakely.com/newsletter

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    Anteprima del libro

    Mio per una notte - Lauren Blakely

    Indice

    Cover

    Collana

    Colophon

    Frontespizio

    Una notte non è abbastanza

    Capitolo Uno

    Capitolo Due

    Capitolo Tre

    Capitolo Quattro

    Capitolo Cinque

    Mio per una notte

    Capitolo uno

    Capitolo due

    Capitolo tre

    Capitolo quattro

    Capitolo cinque

    Capitolo sei

    Capitolo sette

    Capitolo otto

    Capitolo nove

    Capitolo dieci

    Capitolo undici

    Capitolo dodici

    Capitolo tredici

    Capitolo quattordici

    Capitolo quindici

    Capitolo sedici

    Capitolo diciassette

    Capitolo diciotto

    Capitolo diciannove

    Capitolo venti

    Capitolo ventuno

    Capitolo ventidue

    Capitolo ventitré

    Capitolo ventiquattro

    Capitolo venticinque

    Capitolo ventisei

    Capitolo ventisette

    Capitolo ventotto

    Capitolo ventinove

    Capitolo trenta

    Epilogo

    en

    1586

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi, marche commerciali, media e avvenimenti sono frutto dell’immaginazione dell’autrice o sono usati in maniera fittizia.

    Titolo originale: Nights with Him

    Copyright © 2014 Lauren Blakely

    All rights reserved

    Traduzione dall’inglese di Tiziana Felici (One Night with Her) e Elena Maciotti (Nights with Him)

    Prima edizione ebook: aprile 2018

    © 2017 Newton Compton editori s.r.l.

    Roma, Casella postale 6214

    ISBN 978-88-227-0873-1

    www.newtoncompton.com

    Realizzazione a cura di Corpotre, Roma

    Lauren Blakely

    Mio per una notte

    Seductive Nights

    omino

    Newton Compton editori

    Una notte non è abbastanza

    Capitolo uno

    Prime impressioni

    Piacere, oltre le fantasie più selvagge.

    «È una promessa non da poco. Alcune persone hanno fantasie piuttosto selvagge», commentò Jack dopo aver ripetuto lo slogan associato al lungo dispositivo viola, che vantava dodici diverse modalità programmate per offrire una squisita stimolazione.

    «È proprio per quel motivo che facciamo questa promessa», rispose Casey saltando sul bordo della scrivania e incrociando le gambe, facendo poi oscillare distrattamente il piede avanti e indietro come fosse un pendolo. «Perché questo ragazzaccio mantiene le pro-mes-se. Che storie potrei raccontarti», fece lei, e Jack subito alzò la mano in segno di stop.

    «Dovrò fidarmi di te in proposito».

    Casey alzò al cielo gli occhi blu burrascosi, dello stesso colore di quelli di Jack. «Non fare lo schizzinoso con me».

    «Non ha nulla a che vedere con l’essere schizzinoso», rispose lui scuotendo la testa. «Aggiungilo alla lista di cose che non voglio sapere – storie su mia sorella e il nostro prodotto più recente».

    «Non devi fidarti di me quando parliamo del Selvaggio», disse lei afferrando il giocattolo e cullando l’ultimo vibratore della gamma tra le mani, accarezzandolo amorevolmente. «Fidati del focus group del nostro prodotto, anche noto come Le donne più felici del mondo».

    «Se ne vanno forse in giro con l’espressione beata, la bocca spalancata e lo sguardo glassato?», la prese in giro Jack, spalancando la mascella come esempio. Non stava affatto facendo il sarcastico, naturalmente. Jack era un grande ammiratore di quel delizioso sguardo appagato che le donne avevano dopo l’orgasmo. Orgasmi multipli, solitamente. Almeno per quanto lo riguardava.

    Casey fece schioccare le dita. «Permettimi di citare alcuni commenti da parte di una delle nostre donne campione. "Il Selvaggio è come una linea diretta col palazzo del piacere dentro di me, di cui non conoscevo nemmeno l’esistenza". Ora che ci penso, dovremmo ribattezzarlo Il Mago, perché nessun dispositivo è mai venuto così vicino al fare magie». Casey fece una pausa e attese un attimo. «L’hai capita? Venuto?».

    Lui annuì e un piccolo sorriso gli tirò gli angoli delle labbra. «L’ho capita. Non era poi così dura da comprendere», rispose Jack battendosi la tempia con un dito.

    «Hai visto? Anche tu hai preso familiarità con i doppi sensi. Dura da comprendere», ripeté lei.

    «Gestisco quest’azienda con te da cinque anni, Casey. Conosco bene il tuo stile. E con la magia salgono le vendite».

    «Abracadabra», rispose lei, facendo finta di agitare una bacchetta magica. «Estasi a Domicilio».

    Era quello il nome della società che gestivano – Estasi a Domicilio – e tra un’ora Jack doveva incontrare il maggiore rivenditore di prodotti per il piacere della città, Eden. L’elegante esercizio commerciale dell’Upper East Side, opportunamente situato sopra un club privé di bdsm, anch’esso gestito da Eden, aveva attivamente pubblicizzato un altro prodotto, il Delfino Danzante. Questo vibratore tascabile a velocità tripla, virtualmente silenzioso e terribilmente eccitante, aveva riscosso un certo seguito tra le legioni di lettori di letteratura erotica, che lo elogiavano in quanto compagno perfetto mentre leggevano un libro, spesso di bdsm, poiché teneva occupata una sola mano. Lo stile di vita dominazione/sottomissione non era il genere di Jack, ma questi accoglieva favorevolmente qualunque cosa stuzzicasse la fantasia altrui al punto da fargli aprire il cassetto del comodino per prendere un giocattolino.

    Già, gli affari andavano bene grazie al fatto che la letteratura erotica era diventata la moda del momento, travolgendo non solo il Paese, ma il mondo intero, e rendendo più accettabile il fatto di accogliere in camera da letto una terza parte, anche se essa funzionava a batterie. "Non c’è nulla di sbagliato nell’autogratificazione o nel chiamare rinforzi tra le lenzuola", ragionò Jack.

    «Hai intenzione di portarlo con te stasera all’incontro con Henry e Marquita?». Casey gli porse il Selvaggio, ma Jack subito scosse il capo.

    «Lo hanno già visto. Dobbiamo semplicemente finalizzare i documenti per la nuova fornitura. La fase della conversazione in cui ridacchiamo esaminando il dildo è stata già superata».

    «Ma è sempre bello vedere gli strumenti del piacere. Soprattutto poiché andranno alla conferenza sulla sessualità al Pierson, giusto?»

    «Giusto. Henry ha detto che avrebbe partecipato a delle sessioni pomeridiane. Tuttavia, dammi pure dello stupido», continuò lui, facendo una pausa per strofinarsi il mento, «non credo di voler mettere in bella mostra su un tavolo del Pierson Hotel un batacchio finto di ventidue centimetri. È un albergo di classe».

    «E probabilmente tutti gli ospiti fanno scivolare tra le lenzuola a 1200 fili di quel posto di lusso il loro amico di plastica viola. È per questo che al Pierson si sentono così tante grida acute», rispose Casey alzandosi dalla scrivania e battendo il palmo sul tavolo per enfatizzare la battuta finale. Con l’altra mano lanciò a Jack il loro ultimo giocattolino e i capelli biondi le scivolarono sul viso per il movimento. «Prendilo, Jack. Forse Henry vorrà portare un regalino a casa per la moglie».

    «Di certo non ne vorrà uno che è già stato usato».

    «È per questo che esiste lo sterilizzante per il giocattolino», rispose lei, allungando la mano per prendere una bottiglietta di antibatterico dal bordo della scrivania per poi lanciargliela. Jack l’afferrò con facilità, prendendola a mezz’aria.

    «A proposito, dà un abbraccio a Marquita da parte mia. Di’ a lei e Henry che li saluto».

    Casey uscì dall’ufficio con passo rilassato e Jack rise, scuotendo la testa giocosamente. Per nessun motivo al mondo avrebbe portato con sé il dispositivo, e il motivo non era affatto l’imbarazzo, ma che preferiva viaggiare leggero. Non era tipo da usare borse; non voleva portare il laptop all’incontro, insieme al giocattolino nella tasca laterale. Portafoglio, telefono e chiavi erano tutto ciò che gli occorreva, perciò lasciò tutto il resto e si alzò in piedi, passandosi bruscamente una mano tra i capelli scuri e infilandosi il cellulare nella tasca dei pantaloni. Afferrò la cravatta color rosso mirtillo che era appoggiata sullo schienale della sedia e la avvolse attorno al collo facendo un nodo perfetto. Doveva essere elegante per il team di Eden. New York era ancora una città in cui tutti giravano in giacca e cravatta, e così Jack indossò l’uniforme d’ordinanza.

    Stava per uscire dal suo ufficio quando Casey si affacciò di nuovo, con uno sguardo intenso e serio negli occhi. «Non dimenticare il tuo appuntamento di domani alle due».

    Jack sporse le mani in avanti allargandole e borbottò: «Lo so».

    Lei gli puntò un dito contro e inasprì le labbra, appoggiandosi contro la porta d’ingresso. «È importante».

    «Sì, mamma».

    «Oh, ha, ha, ha. Ma ne hai bisogno», rispose lei, e aveva ragione. Jack non era stato più lui da quando aveva perduto la sua fidanzata un anno fa e aveva bisogno di rimettere la testa in ordine. Correzione. Il suo cuore. Aveva bisogno di farsi sistemare quell’organo antipatico.

    Sempre se fosse stato possibile.

    Quello era il fulcro della questione.

    Ma stasera la sua mente era concentrata sugli affari, puri e semplici, così si incamminò verso il Pierson per concludere il contratto.

    Michelle Milo aveva il sesso per la testa.

    Sesso spinto, sfrenato, appiccicoso. Sesso in limousine. Sesso in ufficio. Sesso nei bagni di un nightclub all’ultima moda.

    Sfortunatamente, nessuna di queste immagini erano positive, perché non avevano nulla a che fare con la sua vita sessuale, bensì col marito libertino della sua paziente.

    Era tentata di gridare "Lascialo".

    Voleva urlarlo, dipingerlo sul muro con vernice arancione, inginocchiarsi e implorare. Ma Shayla aveva bisogno di tempo per arrivare a capirlo da sola, anche se sembrava palesemente e dannatamente ovvio che non solo avrebbe dovuto mollare quel mascalzone del marito, ma anche prenderlo ripetutamente a calci nelle palle.

    «Continuo a ripensare al Gufo. Ha queste luci soffuse, quasi blu, e il bagno è piastrellato in nero, e conservo ricordi così piacevoli delle volte che ci siamo stati», raccontò Shayla, riferendosi al club di Los Angeles in cui il marito era stato scoperto a fare sesso con la sua assistente il mese scorso. «Era il nostro posto», disse lei, asciugandosi una lacrima che aveva già sbavato il mascara dalle ciglia, facendo colare un’irregolare riga nera sulla guancia di porcellana. «Be’, quando ancora avevo voglia di fare sesso con lui».

    Michelle allungò la mano per prendere un fazzoletto di carta dalla scatola posta accanto a lei, lo porse alla sua paziente bisettimanale e attese mentre quest’ultima cancellava ogni prova di tristezza. Shayla sprofondò ancor di più nel divano, racchiuso tra due quadri astratti, appesi sulla parete alle sue spalle degli uffici sulla Lexington Avenue, dove Michelle aveva il suo studio di psicoterapeuta. «Cos’è che ti ferisce di più? Che sia andato con un’altra donna, che lo abbia fatto in un luogo in cui voi facevate sesso in passato o qualcos’altro ancora?».

    Shayla si morse il labbro e distolse lo sguardo, forse perché non voleva affrontare la possibilità di quel qualcos’altro, che era il motivo principale per cui era andata lì. Non che fosse colpa sua se il marito aveva un uccello da mettere sotto chiave e spedire dritto in galera, considerato l’occhio lungo che si ritrovava. ogni. volta.

    Shayla si trovava ad affrontare ben altre sfide, ed era questo che Michelle doveva aiutarla a fare. Pungolò delicatamente la sua paziente, che sedeva immobile come una statua e teneva la mascella serrata, come se sentisse la necessità di tenersi dentro tutte le sue paure. «O forse è perché pensi sia colpa tua se lui non è fedele?», chiese Michelle cauta.

    «È colpa mia», insistette Shayla con voce stridula. «Non ho più voluto fare sesso da quando abbiamo avuto i bambini».

    «E pensi che questo ti renda responsabile dei suoi tradimenti?»

    «Non è così?».

    Michelle scosse la testa. «Assolutamente no. Lui è responsabile delle sue azioni, e solo tu puoi decidere se vuoi chiedergli conto di questo suo comportamento. Ma dobbiamo anche cercare di arrivare alla radice del perché ti senti così. Passiamo molto tempo a concentrarci su di lui e sulle sue azioni, ma dobbiamo addentrarci nel perché tu non vuoi fare sesso con lui. Nel perché hai perso interesse ben prima che lui cominciasse a tradirti», affermò Michelle. È per questo che Shayla era lì, per concentrarsi sui propri problemi legati all’intimità, poiché questa era la specialità di Michelle, aiutare i pazienti a superare le sfide legate alle relazioni e alla paura dell’intimità. I problemi di Shayla erano complessi perché il marito era un vero stronzo. Ma bisognava procedere con ordine. Ci sarebbe stato tempo di pensare a lui in seguito.

    «Parliamo del perché…».

    Quarantacinque minuti più tardi, Michelle fece un piccolo sorriso a Shayla, lieta che la sua paziente stesse facendo dei piccoli progressi. Alcuni giorni i progressi erano lentissimi, mentre altri faceva passi da gigante. La cosa importante era che Shayla sembrava andare avanti. Michelle la salutò, poi controllò sul laptop gli appuntamenti del giorno dopo. Avrebbe avuto un’altra giornata piena, e anche un appuntamento con un nuovo paziente. La serata che aveva davanti sarebbe stata altrettanto impegnativa – doveva fare una presentazione a una conferenza sulla sessualità, condividendo con gli altri psicoterapeuti alcune delle sue ricerche sul sesso e la dipendenza da esso. Aveva esperienza in quell’area, avendo aiutato diversi pazienti a navigare nell’agonia della dipendenza fino al recupero, e il presidente della sezione newyorkese dell’Associazione degli Psicologi Esperti di Relazioni Intime l’aveva invitata. Carla Kimberly era stata il suo mentore negli anni e aveva indirizzato da lei alcuni pazienti, perciò era un onore doppio che le avesse chiesto di fare un intervento quella sera.

    Michelle si passò una mano sulla gonna a tubino, aggiustò il colletto della camicetta bianca perfetta, e si sfilò dai piedi le pianelle per indossare le décolleté nere. Afferrò il cellulare di lavoro che giaceva tra le carte che ingombravano la scrivania, ma la batteria era quasi scarica.

    Merda.

    Avere due cellulari, un iPad e un laptop si stava rivelando un gioco di prestigio quando si trattava di mantenerli tutti in carica. Impostò il trasferimento di chiamata dal cellulare di lavoro al suo telefono personale, nel caso un paziente l’avesse cercata. Uscendo, si fermò nella toilette dell’ufficio per lavarsi i denti e ritoccare il rossetto.

    Ecco. Ora era pronta per una toccata e fuga al Pierson.

    Rise tra sé e sé. Toccata e fuga. Peccato che non fosse di altro genere. Era passato del tempo da quando aveva fatto una di quelle. Aveva frequentato un attore per alcune settimane a fine primavera, e conservava un bel ricordo delle uscite con Liam. Lui era estroverso, attraente e piuttosto abile con le mani, quindi si erano dati parecchio da fare, ma nulla che si avvicinasse a una sveltina.

    Il problema era che, anche quando il suo corpo era premuto contro quello di Liam, lei pensava a Clay. Il suo migliore amico, che si dava il caso fosse anche l’uomo di cui era follemente innamorata da dieci anni. Clay, l’avvocato dello spettacolo attraente, sexy, intelligente, e il migliore amico di suo fratello.

    Oh, ma c’era un piccolissimo problema con questo fiume in piena di sentimenti che provava per Clay: lui non era innamorato di lei, non sapeva nemmeno ciò che lei provava per lui. E per aggiungere il danno alla beffa, era felicemente innamorato di un’altra donna. Un mese fa l’aveva sposata a Las Vegas.

    Già, Michelle Milo, uno degli psicoterapeuti più richiesti di Manhattan, vera specialista di intimità e rinomata per curare i cuori infranti, era l’archetipo dell’amore non corrisposto. Tanto valeva schiaffarsi una bella P di perdente in fronte. Dio, che idiota che era, nonché la vera definizione di ossimoro: passava le giornate a dare consigli agli altri, e le notti a desiderare un uomo che non poteva avere.

    Stava facendo del suo meglio per andare avanti e allontanare Clay dal cuore, idealmente verso un’altra galassia. Negli ultimi due mesi si era sottoposta alla sua stessa medicina, suonando a tutto volume, nel suo appartamento, le canzoni contro l’amore della sua cantante preferita, Jane Black, andando a giocare a bowling con i colleghi, dilettandosi con le lezioni di spagnolo e infine allenandosi per la maratona di 10 km completata il mese scorso. Non era mai stata una patita della corsa, ma aveva cominciato ad appassionarsi perché sentire l’implacabile martellare delle suole contro l’asfalto sembrava anestetizzare i sentimenti che provava per il suo buon amico.

    La cosa migliore per lasciarsi tutto alle spalle, però, era il lavoro e Michelle adorava il lavoro sopra ogni cosa. Immergersi nelle pene degli altri era la sua passione più profonda; la possibilità di aiutare una persona a cambiare e diventare più positiva era la sua più grande gioia. Uscì per andare alla conferenza, impaziente di tuffarsi nel lavoro per il resto della serata e condividere gli esiti delle sue ricerche all’incontro.

    Il Pierson era a pochi isolati di distanza e dieci minuti dopo era già arrivata al lussuoso hotel, un esercizio esclusivo che aveva il duplice ruolo di essere un ritrovo per il peccato e per gli affari, con il bar della lobby immerso nella luce al neon blu, drink serviti in bicchieri alti e sottili, e la musica trendy in sottofondo.

    Mentre attendeva l’ascensore, non poté fare a meno di notare un uomo dal fascino mozzafiato seduto al bar dell’hotel, che chiacchierava animatamente con le altre persone sedute al suo tavolo. Michelle catalogò velocemente le sue caratteristiche – petto ampio, capelli scuri leggermente ondulati, occhi blu cristallini come l’oceano e un sorriso che era semplicemente… accattivante.

    Forse Michelle indugiò troppo a lungo, o forse per il tempo necessario, perché l’uomo lanciò un’occhiata dall’altro lato del bar della lobby, oltre i tavoli, e il suo sguardo sembrò posarsi su Michelle.

    O quantomeno era quello che lei voleva credere fosse accaduto mentre entrava in ascensore e le porte si chiudevano. Avrebbe cercato di ricordarsi il suo viso per dopo. Non guastava mai attribuire un volto a una delle sue fantasie, mentre era sola a letto con i suoi giocattolini.

    Capitolo due

    Le parti preferite

    Non avevano chiesto di vedere il Selvaggio, ma non ce n’era stato bisogno.

    Marquita, partner di Henry sia negli affari che nella vita, si era orgogliosamente vantata del fatto che per poco i vetri delle finestre dell’edificio dove abitava non si erano infranti quando aveva utilizzato il Selvaggio la settimana scorsa. Jack sorrise semplicemente e disse: «Ho piacere che tu abbia provato piacere».

    «Non sai quanto piacere», ribadì lei, piantando poi un bacio sulla guancia di Henry, un preludio al fatto che quella notte sarebbero seguiti ben altro che baci tra loro. Questo era uno dei vantaggi, per così dire, di operare in questo settore. Non era quello di dover assistere ai suoi soci d’affari che si baciavano, bensì che le persone con cui aveva a che fare non avevano troppi tabù sessuali. Naturalmente si imbatteva anche in qualcuno che gli faceva fin troppe confidenze. Alcuni davano per scontato che, poiché Jack vendeva giocattoli sessuali, volesse anche essere reso partecipe di come questi venivano utilizzati, e lui decisamente non voleva sapere di ogni singola bravata. Ma, ehi, faceva parte del gioco. Inoltre, con questi due ormai ci aveva fatto l’abitudine – erano stati soci in affari da quando lui e Casey avevano avviato Estasi a Domicilio. Erano di famiglia.

    «Sono lieto che ti senta meglio, Marquita», disse Jack, perché per gran parte dell’anno precedente quest’ultima aveva combattuto una malattia seria.

    «E il Selvaggio aiuta», rispose Marquita con un sorriso luminoso.

    «E ora c’è un’altra questione di cui dobbiamo parlare», intervenne Henry intrecciando le dita e poggiando il mento sugli indici stesi, assumendo al tempo stesso un tono serio mentre faceva cenno a una persona di unirsi a loro al bar — un uomo in abito elegante, capelli scuri e cravatta a strisce blu e rossa. Solo i politici indossavano cravatte del genere. Jack entrò in tensione; la politica non era il suo terreno preferito.

    «Jack, voglio presentarti il fratello di Marquita, Paul Denkler. È candidato come consigliere comunale dalle nostre parti e si sta concentrando sulla sicurezza delle strade, delle scuole e un budget bilanciato. Ma in qualche modo il suo oppositore è riuscito a stravolgere il suo messaggio, ha deciso di giocare sporco e ha attaccato la nostra attività commerciale. Se Paul non venisse eletto, gli affari potrebbero andare male», spiegò Henry, e le orecchie di Jack si drizzarono sentendo le parole "gli affari potrebbero andare male". Quelle parole non gli piacevano. Nemmeno un po’. Preferiva la versione affari a gonfie vele, pertanto se questo tipo era dalla parte dei buoni, avrebbe ascoltato cosa aveva da dire.

    «Sputa il rospo», disse Jack, e l’incontro per vendere il Selvaggio divenne ben presto tutt’altra cosa.

    Il contratto era stato firmato. Il nuovo prodotto avrebbe ricevuto una collocazione di primo piano sia nei negozi che online, e Jack aveva promesso una scorta extra per la riserva personale di Marquita e Henry. La parte su cui era in dubbio? La sua opinione di Denkler. Come si sentiva all’idea di essere coinvolto con la politica? Jack non aveva un passato spinoso con i politici; non aveva un padre senatore che detestava. Seguiva semplicemente i notiziari e sapeva che la politica si combatteva su un terreno sporco e scivoloso. Jack aveva servito il suo Paese per sei anni e lì finiva l’interesse per le questioni di Stato. Questa storia con Denkler, però, non era una questione di Stato quanto una questione d’affari, e soprattutto di affari personali. Jack provava grande affetto per Henry; l’uomo era suo socio, e l’anno prima aveva passato l’inferno mentre la moglie sconfiggeva un cancro al seno.

    Ciò che lo mandava in bestia erano le tattiche dell’oppositore, e come l’altro tizio avesse preso di mira Paul Denkler tramite l’attività commerciale di suo cognato, che non aveva nulla a che vedere con la corsa elettorale. Era stata una mossa subdola e a Jack non andava giù.

    Qualunque cosa avesse deciso di fare, l’avrebbe fatta col consenso di Casey. Loro due erano una squadra, e lo erano sempre stati, pertanto avrebbe dovuto mettere da parte la richiesta di Henry fino a quando non avesse parlato con la sorella, spiegandole il tutto. Per il momento accantonò ogni pensiero di politica, campagna elettorale e ripercussioni. Henry e Marquita erano andati a una cena d’affari e Jack era rimasto solo, pertanto si sedette al bar e ordinò un vodka tonic, controllando il cellulare mentre attendeva il suo drink.

    Jack aveva in programma di vedersi col suo buon amico Nate stasera, ma quest’ultimo aveva dovuto lavorare fino a tardi su un affare dell’ultimo minuto. Avevano concordato di vedersi il mattino seguente per tirare a canestro prima del lavoro. Significava che i piani di Jack per il resto della serata erano semplici – un drink veloce e poi avrebbe guardato una parte della partita degli Yankees seduto comodamente nel suo salotto. Quelle due attività lo avrebbero aiutato a dormire, e aveva di certo bisogno di una buona nottata di sonno prima dell’appuntamento che Casey gli aveva fissato il giorno dopo alle due. Il solo pensiero di dover affrontare i casini che giravano per la sua testa gli provocava il mal di fegato, ma sapeva che Casey lo avrebbe preso a calci se non avesse fatto un tentativo.

    Casey voleva che Jack ricominciasse a frequentare qualcuna. Gli aveva suggerito che l’imminente evento di beneficenza che avrebbero sponsorizzato il mese successivo per la ricerca sul cancro al seno sarebbe stato il momento perfetto per tornare sul mercato, o quanto meno per liberarsi dei rimpianti del passato. Come se quello fosse stato possibile. Ma Casey si era fissata. Sembrava pronta e impaziente a farlo tornare sulla scena, a giudicare dal link che gli aveva appena inviato tramite email. La nota era intitolata Gli scapoli d’oro di New York.

    Guarda! Sei sulla lista! Il magnate dei giocattoli erotici, Jack Sullivan, è in cima alla lista di quest’anno degli scapoli più ambiti nel mondo degli affari. Non pensate anche voi che abbia bisogno di una donna che lo aiuti a rimettere insieme il suo cuore infranto? Fa quasi venire ancora più voglia di accaparrarselo.

    Jack alzò gli occhi al cielo e rispose: La profondità delle loro intuizioni non smetterà mai di stupirmi.

    Impostò la suoneria di quel dannato aggeggio su silenzioso. Stasera poteva di certo fare a meno dei promemoria che gli ricordavano tutto, come la donna che aveva perduto, o il fascino che certi giornali scandalistici sembravano nutrire per la sua vita sentimentale, o assenza di essa – come era stato nell’ultimo anno – e degli artigli che alcune donne volevano affondare su di lui, grazie alla crescita repentina di Estasi a Domicilio. Mentre era a cena con Casey la settimana precedente aveva ricevuto delle avances da una giovane donna che aveva detto di essere a caccia di un imprenditore scapolo.

    Magari Jack era di vecchio stampo, ma la prossima volta che avesse avuto una relazione sarebbe stato con una donna che teneva a lui, anziché al tipo di lavoro che faceva, alla società che gestiva o alla sua precedente vita sentimentale.

    Oppure sarebbe stato con la brunetta mozzafiato che gli stava passando davanti e che – ringraziando la sua buona stella – si stava sedendo all’altra estremità del bar. Era la stessa donna che aveva attirato la sua attenzione quando era entrata in ascensore quella sera. I capelli erano raccolti a conchiglia, lasciando scoperto il collo. Aveva un paio di gambe fantastiche, forti e muscolose, e un girovita affusolato, mentre la camicetta e la gonna a tubino che indossava le davano quell’aria esteriore di timida e riservata, tanto che Jack si domandò se non fosse riservata e timida anche dentro.

    Michelle non si aspettava certo quella raffica di domande, ma dopo il suo intervento aveva incontrato un gruppo di specialisti davvero entusiasti. Non si era mai sentita così richiesta come questa sera, quando era stata quasi presa d’assalto dai suoi colleghi psicoterapeuti mentre aveva tentato di allontanarsi dal leggio. L’avevano subissata di domande sul tipo di trattamento e orientamento da offrire a chi soffre di dipendenza affettiva e dipendenza dal sesso, e lei aveva risposto, felice, a tutti loro al meglio delle sue possibilità. Poi aveva raccolto gli appunti ed era scesa nella lobby. Si era aggiustata la cinghia della borsa ed esalato un respiro profondo, soddisfatta del lavoro della serata. Condividere conoscenze e intuizioni era la sua vera passione, e stasera aveva avuto la possibilità di farlo con i colleghi.

    Stasera. La parola le risuonò dentro e uscendo dall’ascensore sentì una lieve fitta rammentando che era giovedì. Lei e Clay spesso si incontravano per bere qualcosa il giovedì sera. Sebbene si vedessero ancora di tanto in tanto, insieme a Davis, il fratello di Michelle, questi raduni erano stati dimezzati da quando Julia era andata a vivere con Clay. Comprensibile. Ormai Clay era un uomo impegnato, e ora anche sposato. Non era stata Julia a separarli; infatti la rossa era adorabile e Michelle era stata al bar di Julia alcune volte. Ma era dura per Michelle vederli insieme così spesso, e così, pur rimanendo nel loro circolo di amicizie, si era imposta una severa dieta di Clay-e-Julia.

    Mantenere le distanze era una necessità, ma sentiva la mancanza dei giovedì sera. E le mancavano i drink, a dire la verità. Di certo sarebbe potuta andare a concludere la giornata col bicchiere della staffa. Michelle si era sempre sentita a suo agio nella propria pelle e in compagnia di se stessa, pertanto fare un salto al bar non era nulla di eccezionale.

    Seguì la musica e si sedette al bancone in metallo lucido, ordinando un vodka tonic che arrivò velocemente e tirando fuori l’iPad. C’era un feed su Tumblr che voleva consultare, ma lo avrebbe fatto solo una volta tornata nella privacy della propria casa e del proprio letto, poiché era un feed davvero malizioso. C’era un articolo che voleva finire di leggere, e poi un romanzo in cui immergersi che parlava di un truffatore, e aveva persino scaricato una nuova App per esercitarsi nelle frasi in spagnolo, in parte perché la voce maschile della App era deliziosamente sexy. Forse sarebbe stato meglio ascoltarla una volta rientrata nel suo appartamento, pensò lei, mentre sollevava il bicchiere per portarselo alle labbra e bere il primo sorso. Alzando gli occhi, notò lo stesso uomo che aveva visto prima. Era seduto all’altro capo del bar e beveva anche lui ciò che sembrava essere un vodka tonic. Il bicchiere toccò le labbra di lui nello stesso momento, imitando le mosse di Michelle. Gli occhi blu dell’uomo sembrarono illuminarsi di un accenno di maliziosa delizia.

    Stesso cocktail, stesso momento, stesso identico uomo mozzafiato che aveva individuato un’ora prima. A un solo sgabello di distanza. Una volta poggiato il bicchiere, Michelle disse: «Malocchio».

    «Malocchio», ripeté Jack.

    «Significa forse che mi devi da bere?», domandò lei, e poi per poco non si tappò la bocca con la mano. Invece continuò: «Scusa è la frase da rimorchio più sdolcinata mai sentita».

    Le labbra di Jack si incurvarono a formare un sorriso. «Significa forse che stai cercando di rimorchiarmi?».

    Michelle rise e scosse la testa. La superficie argentea del bar rivelò un improvviso rossore che le pervase le guance mentre rispose: «No».

    Non stava cercando di rimorchiarlo, vero? Quelle parole le erano sfuggite accidentalmente e non perché lo aveva visto prima e ne aveva memorizzato i lineamenti, né perché dopo aver dato una rapida occhiata a Mr Tranquillo, Calmo e Rilassato lo aveva aggiunto all’arsenale delle possibili munizioni notturne che avrebbero alimentato la sua fervida immaginazione.

    Estremamente fervida, e lei la alimentava regolarmente, tramite Tumblr, usando giocattoli erotici e con immagini di piacere selvaggio.

    «Allora è un peccato», disse lui. Aveva una voce profonda e lievemente roca, come una stoffa di velluto dal bordo ruvido. E quella ruvidità le aveva provocato dei brividi lungo tutta la schiena. O forse erano state le parole stesse che aveva pronunciato, l’allusione che contenevano.

    «Lo è davvero? Un peccato?», domandò lei inclinando il capo da un lato e mutando il linguaggio del corpo, consapevole al cento per cento che stava sfoggiando le sue doti di seduzione.

    «Non solo un peccato. Sarebbe assolutamente una tragedia».

    Michelle si mise la mano sul cuore, stando al gioco. «Che tristezza. Non vorrei mai essere responsabile

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