La vita parigina sotto Luigi XVI: Traduzione di Stefano Franchini
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La vita parigina sotto Luigi XVI - François Cognel
DIGITALI
Intro
Il giovane François Cognel (1762-1844) scrisse diligentemente, su fogli di carta gialla, questo prezioso diario di viaggio. Il manoscritto, dimenticato per decenni in un cassetto, venne pubblicato postumo per i tipi di Calmann Lévy soltanto nel 1882. Si tratta di una rarissima testimonianza della vita parigina alle soglie della Rivoluzione Francese (1789).
PREFAZIONE
Il giovane François Cognel (1762-1844) scrive diligentemente, su fogli di carta gialla, questo diario di viaggio. Il manoscritto, dimenticato in un cassetto, sarà pubblicato postumo per i tipi di Calmann Lévy soltanto nel 1882.
Se la vicenda editoriale è curiosa, il contenuto è ancor più interessante. Si tratta di una rara testimonianza della vita parigina alle soglie della Rivoluzione. Siamo nel 1787 e tutto sembra normale. È strano che un testo tanto prezioso non abbia avuto una traduzione in lingua italiana. Una spiegazione io la cercherei nel fatto che, nell’Ottocento e Novecento, molti Italiani istruiti conoscevano la lingua francese. Ora non è più così, pertanto ho pensato sia cosa utile presentare questa versione.
François Cognel in compagnia di due amici parte da Nancy, in Lorena, per la grande avventura: un viaggio a Parigi e in Normandia fino a Le Havre. I tre amici vedono la famiglia reale in una cerimonia ufficiale poi incontrano Maria Antonietta in un incontro casuale. Certe pagine, con l’aggravante della verità, potrebbero far invidia a un romanziere affabulatore.
François Cognel scrive un rigoroso memoriale: ciò che vede, ciò che fa, ciò che mangia, quanto costa il pranzo, l’albergo, il cavallo.
I nostri viaggiatori hanno un particolare gusto per il teatro ma anche per l’arte e la storia. Data l’età sono anche attratti, pur con provinciale impaccio, dal passeggio delle peripatetiche.
A parte le prostitute che ancora esistono, François Cognel ci invita in un mondo scomparso. Prezioso invito.
Uniamoci a questa comitiva che viaggia a piedi, a cavallo, in diligenza o in battello fluviale.
Nel tradurre ho aggiunto 290 note: troppe, non leggetele.
Stefano Franchini
LA VITA PARIGINA SOTTO LUIGI XVI
Siamo ¹ partiti da Nancy per Parigi il sette maggio 1787 a mezzogiorno con la diligenza perché il tempo, brutto da otto giorni, ci impediva di viaggiare a piedi come avevamo progettato. C’era, sulla diligenza, un Inglese e un frate Bernardino ² sciocco e noioso. L’Inglese invece, dotto e brillante, ci ha deliziato durante il viaggio conversando di vari argomenti. Al Château-Carré ³ abbiamo fatto salire il signor Plessis che andava a Parigi per affari e che, con gran disponibilità, si è offerto di darci alcune informazioni che potevano esserci utili.
A mezza lega da Toul ⁴ è salito anche il signor de Gerbeville, ufficiale che andava a raggiungere il suo reggimento. È un uomo tanto onesto quanto giudizioso. Soltanto inizialmente apparve freddo e distaccato.
Abbiamo affrontato la salita di Fouc ⁵ con un tempo detestabile che faceva temere che la diligenza si rovesciasse. A Void, ⁶ ove abbiamo cambiato i cavalli, si è aggiunto a noi un bellissimo ufficiale, il signor de la Framboisière, signore di una terra nelle vicinanze. ⁷ In un primo momento fu scostante e pieno di sufficienza, diventando poi più cortese quando si accorse che noi, pur non essendo del suo rango, eravamo persone ben educate.
Vicino a Void abbiamo visto Remivals, abbazia dei Prémontés, ⁸ che ci ha suggerito una chiara idea della prudenza monacale: il convento infatti, pur costruito sulla strada, non ha su quel lato neppure una finestra e guarda dalla parte opposta forse per impedire ai monaci la vista dei viaggiatori… e soprattutto delle viaggiatrici!
A Saint-Aubin ⁹ siamo stati sorpresi dalla notte. I cavalli di questa stazione di cambio rifiutavano di partire. Credevamo di non riuscire ad uscire dal villaggio che lasciammo solo dopo mezz’ora di lotta e bestemmie. Arrivammo a Ligny ¹⁰ alle undici di sera sotto una pioggia battente. Siamo scesi all’ultimo albergo all’estremità della città ove inizia la strada per Parigi. Siamo stati trattati bene spendendo poco e mangiando eccellenti trote. Il giorno dopo ci siamo alzati alle tre del mattino e abbiamo percorso Ligny vedendo vie larghe e case molto belle costruite in pietre scalpellate. Ce n’è una con dodici finestre sulla facciata. Ligny è reputata per l’ottima vita sociale e per la passeggiata nel parco che costeggia il ruscello ¹¹ con tante squisite trote.
A Bar-le-Duc ¹² Jacquinot ebbe l’idea di andare dal signor Arnould detto Bichinosa, assessore della città, per riallacciare la conoscenza con la sua governante: domestica civettuola… e non solo.
Jacquinot desiderava molto rivederla. Ma l’assessore, che vigilava gelosamente su questa sua donzella, non gradì l’intrusione e gli fece sentire che questa sua galante visita non era gradita. In pratica noi tutti perdemmo un suo invito a cena praticamente certo dato che avevamo una lettera di presentazione proprio per questo signor Arnoult detto Bichinosa la cui cantina è reputata tanto ben fornita quanto la sua biblioteca.
Bar è divisa in due parti. La città alta, vista dal basso, è uno spettacolo piacevole. Anche le case della città bassa sono molto belle. Abbiamo visto quel pendio dei Padri Antonini, ¹³ religiosi di Sant’Antonio, che produce quel vino, giustamente famoso, offerto dal Cardinale di Lorena ¹⁴ per captare il consenso dei cardinali del Concilio di Trento.
Siamo arrivati a Saint-Dizier ¹⁵ dove la diligenza è stata perquisita e dove abbiamo cenato all’Albero d’Oro. Siamo stati trattati molto bene spendendo venticinque soldi. Le vie di Saint-Dizier sono larghe e pertanto la città sembra deserta ¹⁶ La strada da Saint-Dizier a Vitry è alberata e bellissima. ¹⁷
Abbiamo fatto una breve sosta a Vitry. Appena un’ora per cambiare i cavalli. Ma quel breve tempo è bastato per darci un’idea della seducente civetteria delle donne che addirittura si voltavano per guardarci. Essendo noi passati due volte davanti alla casa della signora Delroche costei, una delle più note della città, si mise alla finestra e vi rimase fino alla nostra partenza quando ci salutò lanciandoci uno sguardo talmente intenso che il nostro compagno Thiry, ragazzo pronto ad invaghirsi, avrebbe voluto restare.
A Châlons ¹⁸ siamo scesi all’hotel Palais-Royal dove ci hanno fatto pagare molto cara una pessima cena. Qui ci siamo, con rammarico, separati dai nostri compagni di viaggio. La loro presenza era stata piacevole. L’unica cosa degna di nota a Châlons è il Municipio il cui ingresso è presidiato da quattro leoni di pietra ¹⁹ Il teatro è piccolo e la cattedrale molto semplice. ²⁰ I viali per le passeggiate sono ben sviluppati e ben curati. Ma le donne sono proprio brutte e vestite male. Osano anche associare i semplici abiti della mattina ad importanti pettinature a chignon. Qui, come anche a Saint-Dizier e Vitry, la maggioranza delle case è di legno. Per questo le vie sono molto tristi e, tra l’altro, sono anche male pavimentate.
La Marna attraversa un lato della città. I ponti sono tutti in cattivo stato. Ci sono molte barche nel porto e un battello sul quale ci si imbarca per Parigi.
Noi siamo rientrati al nostro albergo per pranzare e ne siamo usciti maledicendo la proprietaria e la sua cucina. Immaginando le strade poco praticabili a causa delle piogge, abbiamo preso un cabriolet per farci portare a Sézanne ²¹ e, poiché il tempo sembrava bello, alla partenza abbiamo tolto la capote del cabriolet.
Vedendo l’aridità e la desolazione del paesaggio abbiamo subito capito che eravamo in quella parte della Champagne che viene comunemente definita Pouilleuse (miserabile, N.d.t.).
Abbiamo percorso quattro leghe in strade deserte senza mai vedere né un albero né una casa e ci siamo fermati per rinfrescarci a Ville-Vanneuse: villaggio che, come gli altri nella regione, ha tetti di canne ed è costruito in pietre calcaree.
Uscendo abbiamo trovato una pioggia che non ci ha più lasciato e ci ha inzuppato fino alle ossa. I viaggiatori non dovrebbero mai dimenticare la capote del loro cabriolet. A parte la pioggia abbiamo anche, più d’una volta, corso il rischio di rovesciarci.
Le strade, rovinate dal cattivo tempo, presentavano in continuazione solchi profondi. Era pertanto difficilissimo rimettersi in carreggiata.
A Fère-Champenoise, bellissima borgata con case allineate, siamo scesi al Lion d’Or ²² dove abbiamo mangiato benissimo spendendo poco. C’era una festa solenne per l’anniversario di un incendio che aveva distrutto quasi completamente quel paese. Così abbiamo abbandonato la Fère il giorno dieci alle sette del mattino. La padrona dell’albergo, molto loquace quanto premurosa, ha fatto coprire il cabriolet con un telo che ci ha protetti dalla fitta pioggia. Così, senza bagnarci, siamo arrivati a Sézanne. Ci siamo fermati dal signor Maury, zio di Jacquinot, che ci ha ospitato molto gentilmente e poi, la sera, ci ha accompagnati allo spettacolo. Si rappresentava L’Enfant prodigue e La Laitière. ²³ Gli attori, praticamente degli straccioni, recitavano come bambini che recitano una favola. Un fienile fungeva da teatro e soltanto dei teli lo separavano da una scuderia. Si