La ragazza di Recouvrance
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Anteprima del libro
La ragazza di Recouvrance - Claudio Pizzi
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Claudio Pizzi
LA RAGAZZA DI RECOUVRANCE.
Prima Edizione Ebook 2023 © R come Romance
ISBN: 9788893472319
Immagine di copertina su licenza Adobestock.com, elaborazione Edizioni del Loggione
img1.pngwww.storieromantiche.it
Edizioni del Loggione srl
Via Piave 60
41121 Modena – Italy
romance@loggione.it
http://www.storieromantiche.it e-mail: romance@loggione.it
img2.jpgLa trama di questo romanzo è frutto della fantasia dell’autore.
Ogni coincidenza con fatti e persone reali, esistite o esistenti, è puramente casuale.
Claudio Pizzi
LA RAGAZZA
DI RECROUVANCE
Romanzo
INDICE
I 7
II 9
III 11
IV 14
V 22
VI 23
VII 52
VIII 54
IX 56
X 59
XI 60
XII 63
XIII 64
XIV 66
XV 68
XVI 70
XVII 71
XVIII 79
XIX 80
XX 93
XXI 94
XXII 95
XXIII 96
XXIV 100
XXV 101
XXVI 103
L’autore 104
Catalogo 105
img3.jpgAlla mia ragazza di Recrouvance
,
ieri, oggi, per sempre…
I
«Esci anche oggi, Claude? Non mi aiuti a terminare i preparativi?»
Mia moglie è nervosa. Adora cucinare ma ogni volta che la famiglia si riunisce per le grandi occasioni diventa ansiosa.
«Lo sai che per me è difficile rinunciare alla mia solita passeggiata pomeridiana», le rispondo con tono deciso. Non vorrebbe che la lasciassi da sola a preparare la casa per l’arrivo di nostra figlia, il genero e i nipoti che non vediamo da alcuni mesi.
Françoise vive in Italia, a Milano, dove lavora nel campo della moda, mentre il marito, Enrico, è un ingegnere edile. Hanno due meravigliosi figli gemelli, Julie e Richard, che frequentano il secondo anno di un prestigioso liceo milanese. Non vediamo l’ora di rivederli. Per il momento i ragazzi rimarranno in Italia per terminare la scuola prima delle vacanze di Natale. L’altra nonna che abita nell’appartamento attiguo si prenderà cura di loro in questi pochi giorni, poi ci raggiungeranno il 24 facendo il viaggio in aereo assieme a un’amica di Françoise che ritorna a Parigi.
«Stai tranquilla, tesoro, torno presto.»
È una giornata soleggiata, meno fredda del solito, ideale per fare una bella passeggiata. Ho preso questa abitudine dopo essere andato in pensione; voglio mantenermi giovane il più possibile, e camminare, certamente, mi aiuta. Per le strade già si coglie l’atmosfera gioiosa delle feste natalizie, ormai prossime. I numerosi passanti si soffermano davanti alle vetrine; un gran viavai fuori e dentro i negozi. Non mancano i soliti turisti sorridenti e felici di trovarsi in una città così bella come Parigi, con il naso e gli occhi all’insù sempre alla ricerca di nuove cose da vedere.
Decido di non fare la solita passeggiata, ma di intraprendere un breve giro turistico. Vorrei guardare la mia città con gli occhi di un forestiero. Perché la gente che incontro è piena di entusiasmo e trasmette felicità, caricando l’atmosfera di Parigi di una magia unica. Dalla mia abitazione in Boulevard St. Michel, dopo un lungo tragitto, arrivo in plâce de la Bastille attraverso il ponte de Sully, poi in plâce des Vosges dove mi siedo su una panchina per riposarmi un momento. Osservo le mamme che fanno giocare i bambini sul prato; alcune sembrano molto giovani e mi ricordano mia moglie quando portava Françoise nei giardini pubblici.
Proseguo la passeggiata giungendo in rue de Rivoli; attraverso la Senna supero il Pont Neuf, poi mi viene voglia di visitare l’Eglise Saint Germain des-Près, una chiesa che sono curioso di rivedere. Entro e, con una piccola offerta, acquisto un opuscolo che dà spiegazioni sulla storia della Chiesa. Essa faceva parte di un complesso abbaziale benedettino, il suo nome deriva da un vescovo di nome Germano, e Près dai prati che un tempo si trovavano in zona. Il complesso contiene anche le tombe dei re Merovingi.
Uscito da lì mi reco al Cafè de Flore, anche questo posto è famosissimo non solo per le frequentazioni dei più bei nomi dell’arte, ma anche perché qualche volta è possibile ascoltare buona musica jazz. Il celebre quartiere di Saint Germain des Près mi stupisce sempre e mi affascina, con le sue piccole gallerie e il famoso Cafè Le Deux Magots, molto noto perché in passato era frequentato da tanti personaggi famosi, tra cui Hemingway.
Decido di terminare il mio giro e di ritornare verso casa per non fare arrabbiare mia moglie a causa della mia lunga assenza: sono oramai due ore che cammino. Mi sento soddisfatto e in un certo senso felice. A un certo punto mi attraversa la strada un giovane militare che tiene per mano una ragazza, poi si fermano un momento e lui la bacia. In quell’istante nella mia memoria riaffiora un ricordo che ho messo in fondo ai miei pensieri. La scena suscita in me la sensazione dell’amore forte che provavo per Hélène, conosciuta a Brest mentre facevo il militare. I due giovani voltano in un’altra strada, sparendo dalla mia vista.
Continuo a camminare per un po’, poi giungo davanti al portone di casa. Distolgo subito il mio pensiero; mentre salgo per le scale immagino già i brontolii di mia moglie. Salgo sino al terzo piano velocemente. Quanto vorrei avere un ascensore in questo momento. Ancora con il fiatone, apro la porta e sento subito: «Claude, sei tu? Ma dove sei stato? È un pezzo che sei fuori!»
Non mi lascia il tempo di spiegarle che continua a dire: «Ho fatto tante cose oggi, lavato i pavimenti, steso i panni, stirato alcune tue camicie… mi sono stancata molto! Non vedo l’ora che torni Monique, così potrà aiutarmi con i lavori di casa.»
Mi chiede poi, senza curarsene molto, che cosa avevo visto fuori. Le racconto brevemente il percorso che ho fatto e lei mi dice: «Chissà quante donne che avrai guardato!»
«Le ho guardate tutte, soprattutto quelle più belle!» le rispondo con tono sarcastico, ma lei già non presta più attenzione a quello che le dico.
Le do una mano per terminare alcuni lavori di casa. Dopo cena vediamo un film in televisione; una serata come tante altre, con mia moglie che a un certo punto si addormenta in un angolo del divano e io nell’altro. Come al solito, più tardi ci svegliamoci chiedendoci reciprocamente come sia finito il film. Queste ahimè sono le classiche serate dopo cinquant’anni di matrimonio.
A letto non riesco a prendere sonno. Mi viene in mente Hélène, ancora.
II pensiero approda molto tempo addietro, quando i miei genitori mi accompagnarono alla stazione di Montparnasse per prendere il treno diretto a Brest, partivo per il servizio militare. Mentre il treno si allontanava dalla banchina, mia madre salutava commossa. Ero stato arruolato in Marina nella base navale di Brest in servizio presso l’Arsenale, era il cinque maggio del 1964.
Sarei dovuto rimanere nella città bretone per due anni.
II
Quando giunsi a Brest, era una giornata piovosa e continuò a piovere anche nei giorni seguenti, seppi che lì pioveva spesso. Essendo una base navale importante (la seconda della Francia), c’era un numero molto elevato di marinai, dai quali indubbiamente la città riceveva un supporto economico non indifferente. I primi tempi lontano da casa, era la prima volta che passavo così tanto tempo via da Parigi e dalla mia famiglia, mi sentivo pervaso da una certa tristezza; avevo dovuto abbandonare il mio lavoro, la mia compagnia, le serate divertenti che trascorrevo con amici e amiche; persino il tempo dava il suo contributo negativo, con la pioggia che conferiva una cappa di cupezza e grigiore alla città.
Finalmente, dopo una quindicina di giorni necessari per le visite mediche, il ricevimento di tutto il vestiario e l’addestramento, ci permisero di andare in libera uscita. Fu come una liberazione: eravamo in una città nuova tutta da scoprire, e la curiosità giovanile ci spingeva a visitarne ogni angolo. Di solito andavamo in centro dove era facile incontrare delle ragazze, come sempre la cosa che ci interessava di più!
Man mano che il tempo passava, dopo la desolazione iniziale, comincia a trovare Brest sempre più interessante, specialmente per il suo aspetto storico e architettonico. In particolare, mi piaceva molto il castello e le altre strutture di difesa del porto, tanto da farne spesso meta delle mie passeggiate in solitaria. Mi recavo anche ai bastioni di Vauben, costruiti alla fine del XVII secolo, dai quali si godeva una magnifica veduta dominata dal ponte di Recouvrance; una struttura imponente in metallo che viene sollevata fino a 48 metri di altezza, per lasciare libero il passaggio delle navi. Al di là della riva destra si vedeva la cinquecentesca torre de la Motte Tanguy, un museo dedicato alla storia della città.
Ricordo ancora il profumo di mare che si respirava nell’aria e quelle innumerevoli passeggiate in centro dove non ci stancavamo mai di trascorrere la nostra libera uscita. Non mancavo di visitare anche le numerose mostre d’arte di Brest, conosciuta come città di cultura. Ricordo come fosse adesso le migliaia di imbarcazioni provenienti da ogni parte del mondo che vidi giungere a Brest un giorno di metà luglio per la Festa del Mare; tantissima gente si era ritrovata sulle rive del fiume Penfeld e lungo i moli per ammirare le imbarcazioni, in particolare gli yacht turistici. Durante la festa, nella zona commerciale del porto venivano organizzati degli spettacoli con concerti e sfilate di bande musicali. Non potrò mai dimenticare la bellezza e l’affascinante scenografia delle centinaia di imbarcazioni colorate che riempivano il porto. Questa manifestazione, che si verificava ogni quattro anni, è chiamata Lestonneres.
Naturalmente, quando eravamo fuori dall’Arsenale, il nostro obiettivo primario era rimorchiare le ragazze. Spesso, tuttavia, la nostra delusione era grande, perché le ragazze, diffidenti verso i marinai, non si lasciavamo avvicinare e non erano disposte a scambiare neppure una parola. Povere, bisognava capirle, Brest era invasa dai marinai sempre alla ricerca di avventure! Ma noi non ci arrendevamo, anzi io avevo dentro di me la certezza che un giorno avrei conosciuto una ragazza speciale proprio lì.
Questo accadde agli inizi di maggio del 1965, dopo un anno che ero di stanza a Brest. Ero insieme al mio amico Victor Legrand, anche lui militare come me. Passeggiavamo in rue de Siam quando vedemmo passare due ragazze molto carine, una bionda e una mora; quest’ultima era la più bella. Istintivamente mi accostai alla mora e lui all’altra, cercammo di dire qualche battuta simpatica poi ci presentammo: la mora si chiamava Hélène mentre la bionda, Danielle; ci dissero di essere colleghe di lavoro senza aggiungere altro. Le accompagnammo sino all’autobus dove ci lasciarono senza farci nessuna promessa sul rivederci.
III
Mi rigiro ancora nel letto incapace di prendere sonno; sono stupito come quei ricordi siano vividi nella mia mente, anche se sono trascorsi oltre cinquantasei anni. Continuo ancora a pensare al militare poi i pensieri si fanno confusi e mi lascio abbandonare a un dolce sonno, mia moglie già dormiva pesantemente accanto a me.
Il suono della sveglia mi fa aprire gli occhi alle otto in punto; subito mi balena in mente che da lì a qualche ora arriverà Françoise con suo marito Enrico. La giornata si presenta impegnativa perché devo sbrigare alcune commissioni prima di recarmi a Roissy dove c’è l’aeroporto Charles de Gaulle. Non vedo l’ora di trascorrere la giornata in loro compagnia, ma non rinuncerò alla solita passeggiata quotidiana in solitaria, a cui non rinuncerei mai. Ogni volta che Françoise torna a casa sembra che il tempo non sia mai trascorso e che lei viva ancora qui come da ragazzina. Abbiamo tante cose da dirci, io e mia moglie non facciamo altro che chiacchierare con lei di tanti argomenti.
Il giorno dopo come mi sono ripromesso, mi ritaglio il tempo per la mia passeggiata, ogni volta un itinerario differente. Mi trovo a camminare in Quai de la Tournelle dove mi soffermo davanti a un bouqiniste, attratto dalla copertina di una vecchia rivista. Tra le cartoline per i turisti, noto la famosa foto del bacio davanti all’Hotel de Ville. Ritorno di nuovo con la mente a Hélène. Ricordo quanto mi fu difficile rivederla il giorno dopo averla incontrata; avevo camminato su e già per rue de Siam e in altre strade vicine, nella speranza di rivederla, ma non ebbi fortuna.
Deluso, ritornai verso l’Arsenale; ero triste per non aver incontrato Hélène e infastidito dalla pioggia fine e dal vento che soffiava come fossimo in autunno. Per strada decisi di comprarmi un libro per tirami su di morale; a Brest non mancavano di certo le librerie, essendo una città culturalmente vivace. Nella zona del porto c’erano numerose trattorie dove si poteva mangiare piatti tipici a prezzi accessibili anche per un militare come me. Così, vi andavo spesso in compagnia di amici. Come bevanda servivano soprattutto vino di sidro, che a me non piaceva affatto, così, di solito, prendevo birra. I nostri piatti tipici preferiti erano le gallettes
e le crèpes
. Spesso gustavo anche del pesce. Andavo matto per i granchi - la specialità di Brest - solo che per mangiarli bisognava usare un attrezzo scomodo ma fondamentale per rompere la durissima crosta superiore.
I locali da ballo non mancavano, ma essendoci un numero troppo elevato di militari in confronto al numero delle ragazze, non ci si divertiva, anzi, si ritornava in caserma delusi e con la divisa impregnata