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Poesie zen
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E-book147 pagine1 ora

Poesie zen

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Info su questo ebook

Introduzione di Rossana Campo
A cura di Lucien Stryk e Takashi Ikemoto

Lievi come petali di rosa o sferzanti come frustate, queste composizioni brevi, essenziali e liriche al tempo stesso, sono il luogo in cui si realizza l’essenza dello Zen: il raggiungimento del koan, il vertice della meditazione.
La poesia, nella ricerca di questi grandi maestri, è una luce che, squarciando il velo della vita quotidiana, indica un percorso verso l’illuminazione. Spazio e Tempo si identificano in un attimo lirico d’intensa profondità spirituale, coinvolgente ed emozionante spiritualità.
Mille e cinquecento anni di storia e di poesia rivivono in un’antologia che, dagli antichi maestri cinesi e giapponesi fino agli autori contemporanei, ospita un Estremo Oriente affascinante e sconosciuto. I maestri dello Zen, nato nell’antica Cina della dinastia T’ang come prodotto del Buddismo e del Taoismo, furono monaci o laici e, sebbene anche poeti, s’imposero innanzitutto come guide di una rigorosa disciplina filosofica. In questo contesto, le poesie Zen diventano arte della contraddizione, gusto del paradosso, ode ironica alla volontà di non prendersi mai troppo sul serio.

«Un albero senza radici,
foglie gialle disseminate 
oltre l'azzurro;
non una nube, non una macchia.»
Sozan-Kionin
LinguaItaliano
Data di uscita16 dic 2013
ISBN9788854124103
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    Anteprima del libro

    Poesie zen - A cura di Lucien Stryk e Takaschi Ikemoto

    61

    Titolo originale: Zen Poetry

    © by Lucien Stryk e Takaschi Ikemoto, 1977/1981

    Traduzione di Adriana Ziffer Gallo

    Prima edizione ebook: gennaio 2011

    © 1983, 2008 Newton Compton editori s.r.l.

    Roma, Casella postale 6214

    ISBN 978-88-541-2410-3

    www.newtoncompton.com

    Edizione elettronica realizzata da Gag srl

    Poesie zen

    A cura di Lucien Stryk e Takaschi Ikemoto

    Prefazione di Rossana Campo

    Newton Compton editori

    Quando cammini, cammina. Quando muori, muori

    Una volta, diversi anni fa, ho letto qualcosa, parlava del come vivere e del come morire. Del come mangiare e come camminare. È qualcosa che molti conoscono, almeno le persone che hanno letto cercato trovato, che si sono interessate al pensiero del Buddismo Zen. Diceva, questa frase: «Quando cammini, cammina, quando mangi, mangia, quando muori, muori».

    Non sono certo un’esperta di Zen. Non vi aspettate lunghe e complicate riflessioni sullo Zen, o sulla poesia o sulla poesia Zen. Voglio tentare di portarvi accanto, un po’ vicino a quello che io ho percepito come lo spirito Zen. Un famoso maestro giapponese diceva: «Se sei in riva al fiume, e se senti la bellezza del fiume, se riesci a fare tutt’uno col fiume, allora stai agendo intuitivamente con il tuo spirito Zen, col tuo spirito illuminato». E fare questo non è niente di straordinario, è nella nostra natura farlo. Il fatto è che spesso la nostra vera natura è ricoperta da idee ricevute, paure, pensieri economici, aspettative, piccoli film mentali. Dall’idea che dobbiamo essere efficaci, belli, perfetti. «Quando noi siamo staccati dalla nostra vera natura», diceva il maestro Zen, «allora abbiamo paura. Quando intuiamo che invece siamo una cosa sola col fiume, col cielo, con l’universo, lì siamo in pace».

    Io ho provato un po’ di tempo anche a praticare la meditazione Zen. Ho provato diverse volte a stare seduta per qualche ora a fare zazen. Ci ho provato, non è stato un successo. Ma non importa. Importa invece che ci ho provato. Questo importa moltissimo. Che ci sono andata, un pomeriggio di febbraio di quasi quindici anni fa in un centro zen di Parigi, la città dove vivevo. Era in rue Keller, se mi ricordo bene, undicesimo arrondissement, quartiere Bastille. Una zona di Parigi che bazzicavo soprattutto per i bar, per girovagare, per andare al cinema. Ma in quel periodo avevo letto un incredibile poetico libretto di Shunryo Suzuki, maestro giapponese della scuola Zen Soto che viveva negli Stati Uniti da molti anni. Il libro era una raccolta di trascrizioni di suoi discorsi e si intitolava Esprit Zen, esprit neuf, (in italiano è stato tradotto con Mente Zen, mente da principiante).

    Una cosa secondo me importante è che quando diciamo mente, parlando del Buddismo e dello Zen, dobbiamo cercare di non pensare alla mente come al nostro cervellino ragionevole, la mente che fa i calcoli, che guida l’auto o che controlla se abbiamo pagato le bollette. La mente, per le filosofie orientali è sempre una questione di mente-cuore-vita.

    È testa, sì, ma unita a intuizione percezione emozione. Respiro, poesia. È sentire con la mente. Volare con la mente. Vibrare con il cuore stando radicati nella terra. Dentro la nostra piccola vita. Con le bollette da pagare, la spesa al supermercato, la persona di cui mi sto innamorando. Tutto questo e allo stesso tempo qualcosa di più vasto di tutto questo, che comprende tutto questo, che è ed esiste forse proprio a partire da tutto questo. Percepire il miracolo normale del vivere. La vita non intesa solo come il mio nome e cognome. La vita proprio la vita grande che impregna tutte le cose, la vita che sta dentro di me, piccola donna, piccolo uomo, e dentro il cielo, le stelle, il filo d’erba, dentro la mucca, il mio gatto, lo scoglio, il panino, la mia vecchia vicina di casa. Mio padre e mia madre e mio fratello. Il presidente della Repubblica. Il duomo. Rino Gaetano. Michelangelo.

    Degli insegnamenti Zen la cosa più esplosiva trovo che sia questo fatto del richiamarsi sempre, con costanza, allo spirito del principiante. L’innocenza delle prime domande che facciamo da bambini. L’innocenza del cuore aperto, della mente meravigliata. La mente l’occhio il cuore del princi- piante. Questo è il punto a cui mirare. Questo è quello a cui tendono i maestri Zen (che per motivi che adesso mi sono difficili da spiegare io sento sempre molto vicini ai grandi pugili. Sto parlando dei grandi mitici pugili del passato).

    Prendiamo per esempio la calligrafia Zen. La calligrafia Zen consiste nello scrivere nel modo più diretto possibile, così, giù, senza abilità, proprio come farebbe un principiante assoluto, un absolute beginner. O un bambino. O un matto. Scrivere così, senza mirare, nel modo più assoluto, a dar prova di abilità, a mostrare la bellezza, la grazia, l’accortezza del tracciato. Senza ricercare la nostra piccola gloria. Ma semplicemente standoci dentro, completamente dentro. Essendo totalmente immersi nell’atto. In quel gesto. Stando lì pieni d’attenzione, come se quella fosse la prima volta che prendiamo in mano il pennello (la penna) e scriviamo la parola. La prima parola. Uva. Oca.

    Se noi riusciamo a metterci in questo stato d’animo, allora la nostra natura profonda si esprimerà completamente in quell’atto.

    Pensate alla pittura di Jean Dubuffet.

    Lo scopo della pratica Zen, mi sembra, è proprio questo: conservare, allenare, lucidare ogni giorno il nostro spirito da debuttante. Spirito mente e cuore del principiante. Stare aperti,

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