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Casi clinici
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E-book794 pagine12 ore

Casi clinici

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Info su questo ebook

Traduzioni di Pietro Stampa, Celso Balducci, Jean Sanders e Leonardo Breccia
Edizioni integrali

I casi clinici raccolti in questo volume furono pubblicati da Freud in un arco di tempo che va dal 1905 al 1920. Sin dalla loro prima comparsa, hanno rappresentato, e ancora oggi rappresentano, un fondamentale punto di incontro e di confronto tecnico per gli addetti ai lavori, ma anche uno strumento importante per chiunque voglia conoscere e approfondire il percorso di riflessione scientifica del fondatore della psicoanalisi. Questo volume rappresenta, in tal senso, un’opera di riferimento imprescindibile e contiene: Il caso di Dora, Il caso del piccolo Hans, Il caso dell’uomo dei topi, Il caso di Schreber, Il caso dell’uomo dei lupi, Un caso di paranoia in contrasto con la teoria psicoanalitica della malattia e Psicogenesi di un caso di omosessualità in una donna.

«Lo studio psicoanalitico della paranoia non sarebbe in alcun modo possibile se i pazienti non avessero la caratteristica di rivelare, sia pure in forma distorta, proprio quegli elementi che gli altri nevrotici tengono celati come segreti.»


Sigmund Freud
padre della psicoanalisi, nacque a Freiberg, in Moravia, nel 1856. Autore di opere di capitale importanza (tra le quali citeremo soltanto L’interpretazione dei sogni, Tre saggi sulla sessualità, Totem e tabù, Psicopatologia della vita quotidiana, Al di là del principio del piacere), insegnò all’università di Vienna dal 1920 fino al 1938, quando fu costretto dai nazisti ad abbandonare l’Austria. Morì l’anno seguente a Londra, dove si era rifugiato insieme con la famiglia. Di Freud la Newton Compton ha pubblicato molti saggi in volumi singoli e la raccolta Opere 1886/1921.
LinguaItaliano
Data di uscita16 dic 2013
ISBN9788854124707
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    Anteprima del libro

    Casi clinici - Sigmund Freud

    Indice

    Premessa

    Nota biobibliografica

    CASI CLINICI

    «Il caso di Dora». Frammento di analisi di un caso di isteria

    Nota introduttiva

    1. Il quadro clinico

    2. Il primo sogno di Dora

    3. Il secondo sogno di Dora

    Poscritto

    «Il caso del piccolo Hans». Analisi di una fobia in un bambino di cinque anni

    1. Introduzione

    2. Analisi e storia clinica del caso

    3. Discussione

    «Il caso dell'uomo dei topi». Osservazioni su un caso di nevrosi ossessiva

    1. Estratti dell'anamnesi

    2. Parte teorica

    «Il caso di Schreber». Osservazioni psicoanalitiche sul resoconto autobiografico di un caso di paranoia (dementia para-noides)

    1. Storia clinica

    2. Tentativi di interpretazione

    3. Sul meccanismo della paranoia

    Postscriptum (1912)

    «Il caso dell'uomo dei lupi». (Dalla storia di una nevrosi infantile)

    1. Osservazioni preliminari

    2. Esame generale dell'ambiente in cui viveva il paziente e della sua storia

    3. La seduzione e le sue conseguenze immediate

    4. Il sogno e la scena primaria

    5. Qualche osservazione

    6. La nevrosi ossessiva

    7. Erotismo anale e complesso di castrazione

    8. Nuovi materiali della prima infanzia. Soluzione

    9. Ricapitolazione e problemi

    Un caso di paranoia in contrasto con la teoria psicoanalitica della malattia

    Psicogenesi di un caso di omosessualità in una donna

    1.

    2.

    3.

    4.

    Elenco delle opere di Sigmund Freud

    73

    Prima edizione ebook: dicembre 2010

    © 1994, 2007 Newton Compton editori s.r.l.

    Roma, Casella postale 6214

    ISBN 978-88-541-2470-7

    www.newtoncompton.com

    Edizione elettronica realizzata da Gag srl

    Sigmund Freud

    Casi clinici

    Il caso dl Dora, Il caso del piccolo Hans, Il caso dell'uomo dei topi,

    Il caso di Schreber, Il caso dell'uomo dei lupi,

    Un caso di paranoia in contrasto con la teoria psicoanalitica della malattia,

    Psicogenesi di un caso di omosessualità in una donna

    Edizioni integrali

    Newton Compton editori

    Premessa

    I Casi clinici di Freud costituiscono il tentativo di rappresentare in forma di saggi, tutto sommato brevi, la grande massa di materiale psichico e il complesso percorso freudiano di ricerca e d'interpretazione connessi ad alcuni rapporti terapeutici, diretti, indiretti ο semplicemente possibili.

    Narrati in una sollecitante forma letteraria, quasi romanzata, con una tecnica che permette un'estrema, calcolata partecipazione al processo di scoperta, tanto che qualcuno potè paragonarla a quella dei gialli i Casi clinici hanno da sempre assunto per gli studiosi di psicoanalisi un valore di esemplarità e di confronto.

    Soggetti e storia dei casi

    Il primo caso clinico è quello di Dora. Esso rìsale alla fine del 1900. L'analisi durò complessivamente undici settimane e il sottotitolo di frammento trova giustificazione nel fatto che il processo di terapia fu interrotto. La nevrosi isterica di cui Dora soffriva non ebbe quindi modo d'esser risolta, ma essa, si sposò e, da quanto riferisce Jones, morì a New York verso la fine degli anni Quaranta.

    Il saggio - fra il gennaio e il giugno 1900 -fu successivamente proposto per la pubblicazione a due riviste: alla rivista di Ziehen e Wernicke, Monatschrift für Psychiatrie und Neurologie e al Journal für Psychologie und Neurologie di Brodman. La seconda rivista oppose un rifiuto, mentre le preoccupazioni avanzate da Ziehen circa l'impressione che nel saggio si rivelassero delle indiscrezioni convinsero Freud a conservare il caso di Dora nel cassetto per altri quattro anni. Esso vide infatti la luce nel 1905, insieme ai Tre saggi sulla sessualità e a II motto di spirito e il suo rapporto con l'Inconscio.

    Il caso del piccolo Hans, che lo segue, è singolare per due ragioni. Innanzitutto, perché è il primo esempio di analisi infantile, d'un bambino di cinque anni. Secondo perché è il primo esempio di analisi indiretta. Freud vide solo due volte Hans. Una volta durante il perìodo di terapia e un'altra volta quattordici anni più tardi in occasione d'una sua visita. Ma era già un giovanotto e non aveva che un pallido ricordo delle vacanze a Gmunden, dove si era avuto l'episodio iniziale della sua nevrosi, e alcuna memoria della sua analisi infantile. La terapia venne condotta dal padre del bambino, allievo di Freud come la madre, che era stata da lui curata prima del matrimonio. Si trattò a detta di Freud d'un caso particolare «perché l'autorità di padre e di medico si fondevano nella stessa persona».

    Il caso fu pubblicato nel numero 1 (1909) dello Jahrbuch für psychoanalitische Forschungen, che usciva a cura di Jung. Osservazioni relative ad alcuni aspetti di questo caso si trovano in altre opere di Freud. Egli ne aveva parlato due anni prima, a proposito della curiosità sessuale dei bambini (il bambino, in quell'occasione, aveva il nome di Herbert), ne parlerà ancora un anno più tardi, a proposito del processo di scoperta della verità sul parto messo in atto da un bambino di tre anni che osserva la gravidanza della madre.

    L'uomo dei topi del terzo caso clinico è un avvocato di trenta anni che presentava sintomi ossessivi e timori, aggravatisi nei quattro anni antecedenti. Alcuni di essi si riferivano ad episodi ai quali aveva partecipato come ufficiale della riserva durante le ultime manovre militari. L'analisi iniziò il primo ottobre 1907 e durò 11 mesi. Jones ci dice che il cosiddetto «uomo dei topi», nome assunto per convenzione da uno dei suoi sintomi più rilevanti, morì durante il primo grande conflitto mondiale.

    Fu questo uno dei casi dei quali Freud pensò di render subito conto - dopo appena un mese di terapia - alla Società viennese. La cosa avvenne il 30 ottobre e il 6 novembre 1907, come si ricava dai verbali raccolti da Federn.

    I progressi del trattamento furono riferiti in due sedute successive. Quella del 22 gennaio 1908 (sulla soluzione del sintomo del pincenez) e dell'8 aprile 1908 (sulla soluzione del sintomo dell' ossessione dei topi). Il resoconto completo si ebbe, per la prima volta, sei mesi dopo, in occasione del Congresso di Salisburgo (27 aprile 1908).

    Del «caso dell'uomo dei topi» ci sono singolarmente rimasti gli appunti che Freud prendeva giornalmente, dopo le sedute. Il lavoro di redazione del testo procédé rapidamente nello spazio di un mese, con qualche sofferenza per la necessità di dover condensare e ridurre «questi grandi capolavori che la natura ha creato nella sfera psichica».

    Il testo fu spedito il 7 luglio 1909 perché fosse pubblicato sul secondo numero del primo volume dello Jahrbuch.

    Il caso di Senatpräsident Schreber è un altro esempio di analisi indiretta. Questa volta effettuata sulle sue memorie autobiografiche, uscite nel 1903, ma che Freud conobbe solo nel 1910. Si ha notizia che ne discutesse con Ferenczi durante una loro comune vacanza in Sicilia. Al ritorno, Freud chiese a Stegman di Dresda notizie e dettagli maggiori sull'uomo e nello stesso dicembre 1910 il saggio fu steso per intero.

    Si tratta d'un caso di paranoia. Ed è la prima volta che la tecnica interpretativa psicoanalitica si esercita con tanta completezza di fronte ad un diffìcile caso di psicosi.

    La storia clinica di Schreber era iniziata nel 1885, con una malattia nervosa a fondo ipocondriaco curata con successo apparente in 15 anni di degenza presso la clinica di Flechsig a Lipsia. Ma due lustri più tardi e appena tre mesi dopo aver ottenuto la sua carica di Senatpräsident in Sassonia, egli si riammalò, venne curato per sei anni e alla fine fu dimesso come guarito, ma con un residuo di idee fisse deliranti.

    La stona clinica dell'uomo dei lupi è, invece, sicuramente la più lunga tra quelle seguite da Freud e dai suoi allievi. Figlio d'un rìcco proprìetarìo temerò di Odessa egli soffriva all'età di quattro anni d'una fobia dei lupi, cui seguì dai quattro ai dieci anni una nevrosi ossessiva con (a partire dai sei) impulsi alla bestemmia. Dopo i 10 anni si notano inibizioni ed eccentricità, finché a 17 anni, dopo un accesso di gonorrea, si esprime la malattia attuale. Il paziente consulta vari medici europei, Ziehen a Berlino, Kroepelin a Monaco, ma poi ritorna sfiduciato a Odessa. E là che incontra un certo dr. Drosnes, convinto assertore della psicoterapia, che lo prende dapprima in cura, ma poi - convinto della gravità del caso - si offre di accompagnarlo da Dubois a Berna. Durante questo viaggio, decidono di fermarsi a Vienna da Freud.

    Era il 1910. L'uomo dei lupi, così chiamato dalla sua fobia infantile, aveva 23 anni.

    Egli sperimentò due analisi successive presso Freud: una prima di quattro anni (1910-1914) e un'altra al suo ritorno dalla Russia, quando in seguito gli eventi rivoluzionari (1917-18) fu spogliato di tutti i suoi averi. La costipazione isterica sembrò allora cedere alla terapia in quattro mesi, dal novembre 1919 al febbraio 1920. E pare che Freud lo aiutasse negli anni successivi, molto difficili per lui, con offerte periodiche di denaro.

    Dodici anni più tardi l'uomo dei lupi rientrò in terapia, per i sintomi d'una psicosi paranoide, con un'allieva di Freud, la Mack-Brunswick (4 mesi, dall'ottobre 1926 al febbraio 1927) ed ebbe poi con lui per vari anni e a più riprese delle tranches di terapia fino al 1940. Egli ebbe modo di conservare una corrispondenza epistolare con vari allievi di Freud, fra cui Jones.

    S. Freud cominciò a scrivere il resoconto del caso tra l'inizio di ottobre e quello di novembre del 1914 e desiderava pubblicarlo sullo Jahrbuch. Tuttavia, le intevenute difficoltà della guerra fecero sì che esso vedesse la luce solo dopo la sua fine, nel 1918 e in occasione della quarta serie dei suoi Sammlung Kleiner Schriften.

    Rilievi teorici e tecnici

    Tra le scoperte teoriche e tecniche di maggior rilievo messe in evidenza da Freud nella trattazione dei suoi casi clinici vengono spesso citate per:

    - «Il caso di Dora»: il valore dell'analisi dei sogni nel procedimento analitico; una descrizione delle motivazioni cliniche dell'istersmo; il valore della «disposizione corporea» nei confronti del disturbo psichico; lo stretto rapporto fra sintomo nevrotico e perversioni sessuali rimosse.

    - Per il «Caso del piccolo Hans»: la verifica delle teorie freudiane sulla sessualità infantile (in particolare, per quanto riguarda il valore delle zone erogene extragenitali, il complesso di Edipo e la paura di castrazione); l'inseparabilità della sete di sapere dalla curiosità sessuale; le osservazioni sulla psicogenesi dell'omosessualità; il rapporto tra l'angoscia patologica e la rimozione di pulsioni aggressive rivolte verso i familiari. Freud dibatte poi l'interessante problema della presunta pericolosità - soprattutto nella terapia infantile - di portare a coscienza i contenuti rimossi.

    - Per il «Caso dell'uomo dei topi»: le forme tipiche distintive assunte dalla rimozione nell'ossessione e nell'isterismo; le difese primarie e secondarie che si formano nel corso della nevrosi; il significato della tendenza al dubbio, alla compulsione, alla superstizione; la regressione dall'azione al pensiero con erotizzazione dell'attività del pensiero; i rilievi sulla masturbazione infantile e sui rapporti fra evoluzione e destino del senso dell'olfatto.

    - Per il «Caso di Schreber»: la funzione, il valore e il significato del sintomo nella paranoia; le osservazioni sui rapporti fra paranoia e ipocondria, paranoia e omosessualità, tra i quattro deliri tipici della paranoia (di persecuzione, erotico, di gelosia, megalomanico) e i loro relativi complessi; la nevrosi e il potere di creare miti.

    - Per il «Caso dell'uomo dei lupi»: la novità tecnica che l'analista possa stabilire unilateralmente una data per il termine dell'analisi, quando questa sembra per lungo tempo non faccia progressi (dopo quattro anni di terapia, Freud decise di comunicare all'Uomo dei lupi che nel prossimo luglio 1916 l'analisi sarebbe comunque terminata); la definizione della «scena primaria»; la questione relativa alla percezione analitica dei primi traumi e delle prime fantasie (risalgono realmente ai primissimi mesi di vita ο si tratta di fantasie postume proiettate nel passato?); la soluzione omosessuale del problema edipico (l'«edipo passivo» di Marie Bonaparte) e le complesse resistenze che vi sono rivolte contro; le difficoltà nella descrizione dell'Inconscio nel bambino piccolo, per la ancora tenue differenziazione, tra i sistemi psichici.

    Abbiamo ritenuto opportuno di aggiungere i saggi «Un caso di paranoia in contrasto con la teoria psicoanalitica della malattia» e «Psicogenesi di un caso di omosessualità in una donna» per la rilevanza che hanno nell'economia generale della trattazione della materia da parte di Sigmund Freud.

    Nota biobibliografica

    Sigmund Freud nasce il 6 maggio 1856 nella cittadina morava di Freiberg, allora territorio dell’Impero austro-ungarico, dal terzo matrimonio del padre, Jakob, un modesto commerciante di lane ebreo nella zona di confine tra la Galizia russa e l’Austria, con Amalia Nathanson. Quando il piccolo Sigmund (sulla Bibbia di famiglia il padre gli ha attribuito i nomi Sigismund Schlomo) ha quattro anni, la famiglia si trasferisce a Vienna, dove il fondatore della psicoanalisi vivrà fino al 1938 e che lascerà solo per trascorrere l’ultimo anno della sua vita, da esule, a Londra. Nel 1873 il giovane Freud, dopo essere stato per sette anni consecutivi il miglior studente del suo Ginnasio (lo Sperlgymnasium), si iscrive alla Facoltà di Medicina dell’Università di Vienna e viene accolto, per le sue doti di intelligenza e perseveranza nella ricerca, prima nel laboratorio di zoologia di Carl Claus (recandosi per due periodi di studio nella stazione sperimentale di biologia marina a Trieste) e poi nel laboratorio di fisiologia di Ernst Brücke, dove comincia ad approfondire l’istologia e la fisiologia del sistema nervoso, animale ed umano.

    Si laurea nel 1881 e nella stessa Facoltà di Medicina, grazie alle sue ricerche e alle sue pubblicazioni in campo istologico e neuropatologico, diventa nel 1885 Privatdozent, libero docente, in clinica delle malattie nervose. Di particolare significato durante quegli anni, anche per la storia successiva della nascita e dello sviluppo della psicoanalisi, è un saggio d’impostazione ancora neurologica, L’interpretazione delle afasie, che Freud dedica alle patologie del linguaggio. Subito dopo la laurea usufruisce di una borsa di studio di quattro mesi da trascorrere a Parigi per un periodo di studio presso Jean M. Charcot, il celebre medico francese esperto in psicopatologia, che aveva dato dignità scientifica alle patologie isteriche, sottraendole all’ipotesi che fossero solo recite e simulazioni. Ma già a partire da alcuni anni Freud collabora con Joseph Breuer, un medico che si occupa di malattie nervose, anch’egli di origine ebraica e con una posizione di rilievo nella comunità medica viennese.

    Attraverso Breuer Freud entra in contatto con il caso di Anna O., la giovane donna i cui gravissimi sintomi isterici vengono curati, per la prima volta, attraverso il recupero alla memoria di eventi psichici traumatici che sono stati rimossi dalla coscienza. La pratica della cura e della remissione dei sintomi non è affidata a somministrazione di farmaci o a interventi di elettroterapia sul corpo ma alla parola, alla possibilità cioè di recuperare, sotto ipnosi, alla narrazione del paziente quanto ha dovuto rimuovere e dimenticare. Si comincia così a prefigurare la specificità e l’originalità, rispetto alle terapie chimico-farmacologiche della medicina ufficiale e tradizionale, della terapia psicoanalitica quale talking cure: ossia quale terapia che si basa, appunto, solo sulla parola.

    Così è dalla consapevolezza che il malato isterico soffre, non per lesioni o patologie organiche, bensì di «reminescenze», di ricordi non elaborati, che muove l’avventura della psicoanalisi e di quella scoperta dell’«inconscio», che Freud comincia ad approfondire in termini di teoria e di pratica clinica durante gli ultimi anni dell’800, fino a giungere al libro che lo consacra come autore pienamente maturo nell’ambito di questo nuovo campo dell’esperienza umana e che è la Traumdeutung (L’interpretazione dei sogni) del 1900.

    Intanto Freud durante gli anni che vanno dal 1895 al 1900 ha abbandonato definitivamente per motivi economici la difficile strada della ricerca e dei laboratori universitari, pur mantenendo la libera docenza (che corrisponde alla possibilità di tenere corsi senza stipendio), ha accettato quindi un posto con un ruolo secondario nell’Ospedale generale di Vienna, ed infine si è risolto per la professione privata come medico di malattie nervose. Ha così potuto sposare nel 1896 Martha Bernays, una giovane di famiglia ebraica amburghese, con cui è fidanzato dal 1892 e dal matrimonio con la quale nascono nel giro di dieci anni ben sei figli.

    La strada verso l’inconscio è anche la strada della scoperta della sessualità infantile. L’Interpretazione dei sogni è infatti il libro che, attraverso l’analisi dell’esperienza onirica, pone in luce l’esistenza nella mente umana di una logica del pensare diversa da quella della coscienza vigile e normale e che si presenta come una logica del pensiero concreto e figurale. Ma nello stesso tempo è il libro che evidenzia quanto il darsi di un pensiero inconscio sia legato ad eventi e pulsioni di un mondo infantile, fin dall’inizio della vita animato e attraversato da tensioni sessuali. Del resto proprio per tale apertura sul mondo della sessualità, per il non aver trovato consenso da parte di Breuer su questa causa originariamente sessuale delle malattie nervose, Freud ha lasciato la collaborazione con il collega più anziano e ha stretto una intensa simbiosi intellettuale con Wilhelm Fliess, un medico otorinolaringoiatra di Berlino con il quale Freud avrà un intenso scambio epistolare che dura ininterrottamente dal 1887 al 1904.

    Fliess, con il quale alla fine Freud romperà irriducibilmente, è un uomo la cui cultura attraversa vari campi. È un erudito, con la passione eccentrica per la numerologia: crede infatti a dei cicli bioritmici di 23 e 28 giorni che dovrebbero regolare la vita, rispettivamente, di donne e uomini. Ritiene che il naso sia l’organo fondamentale da cui dipenda la condizione di salute e malattia. Ma soprattutto è l’amico, per non dire la figura paterna, che discute e dà credito alle idee di Sigmund, impegnato in solitaria nei nuovi percorsi delle ipotesi psicoanalitiche. Per altro lo stesso Fliess nei suoi scritti a metà degli anni Novanta tratta della sessualità infantile e introduce, ben prima di quanto farà Freud, il tema della bisessualità umana.

    Nel primo decennio del Novecento Freud approfondisce e consolida i risultati conseguiti con L’interpretazione dei sogni: l’esistenza della costellazione edipica, quale triangolo che ogni essere umano deve attraversare e superare per raggiungere la sua maturità, la natura energetico-pulsionale del corpo umano che vive del contrasto tra pulsioni libidiche e pulsioni di autoconservazione dell’Io, la teoria dei tre stadi della sessualità, i meccanismi patogeni di difesa a muovere dalla rimozione, la scissione della personalità. Pubblica così, tra molti altri scritti, la Psicopatologia della vita quotidiana (1901), i Tre saggi sulla sessualità (1905), Comportamenti ossessivi e pratiche religiose (1907), in cui riduce la fede religiosa a mera nevrosi, e alcune descrizioni di patologie particolari che diverranno i famosi «casi clinici» del piccolo Hans (1909) e dell’uomo dei topi (1909).

    Ormai Freud sta acquisendo sempre più sicurezza nell’addentrarsi nella scoperta del nuovo continente dell’esistenza umana, costituito dall’inconscio e dagli effetti della vita fantasmatica sulle pratiche, i comportamenti, gli affetti degli esseri umani. Rivendica che la psicoanalisi non sia solo indagine e terapia delle patologie della mente: per esser tale è anche – deve essere – una teoria del funzionamento normale e fisiologico della vita della psiche nella sua compresenza al corpo pulsionale e desiderante. Deve essere cioè una filosofia antropologica generale dell’essere umano ed infatti l’opera freudiana sfocia tra il 1915 e il 1917 nella stesura di una Metapsicologia, ossia di un insieme di saggi di definizione complessiva della psiche umana, al di là (come indica il prefisso meta) di riflessioni psicologiche circostanziate e legate a una finalità solo terapeutica e clinica. Ne uscirà il quadro concettuale più rigoroso e completo della cosiddetta «prima topica», cioè il quadro del rapporto mente-corpo a partire dal dualismo tra pulsioni libidiche e pulsioni di autoconservazione dell’Io.

    Per altro Freud non si limita a ciò, perché il suo progetto è quello di estendere la funzione critica della psicoanalisi dall’ambito della mente individuale a quella storica e collettiva. L’antropologia psicoanalitica è ormai in grado d’interpretare, a suo avviso, anche eventi e passaggi fondamentali della storia dell’umanità, fenomeni culturali come l’arte e la religione, movimenti sociali e politici. Di questa espansione culturale della psicoanalisi sono testimonianza testi come Totem e tabú (1912-13), Il Mosè di Michelangelo (1914), Psicologia collettiva e analisi dell’Io (1921).

    Frattanto Freud consolida «il movimento psicoanalitico» – l’insieme dei collaboratori, soprattutto medici, e dei discepoli che hanno progressivamente aderito alla rivoluzione dell’inconscio – da un punto di vista organizzativo e istituzionale.Tra i suoi allevi più fedeli basti ricordare Karl Abraham, Max Eitigon, Sandor Ferenczi, Paul Federn, Ernst Jones, Otto Rank e fino a un certo momento Alfred Adler e Wilhelm Stekel. Nel 1902 è nata, all’inizio in modo informale, la cosidetta Società del mercoledì, formata da un gruppo di giovani medici che si stringono attorno a Freud, il mercoledi sera a Vienna, per apprendere, discutere ed imparare ad esercitare la psicoanalisi. Da questo nucleo iniziale nasce nel 1908 la Società psicoanalitica viennese. Nel 1910 viene fondata l’Associazione psicoanalitica internazionale organizzata secondo sezioni nazionali, che nel giro di pochi anni comprende gruppi aventi sede in Austria, Germania, Ungheria, Svizzera, Gran Bretagna, Olanda, Russia, India e negli Stati Uniti. Dal 1908 viene pubblicata una rivista dedicata ai contributi teorici e clinici di argomento psicoanalitico, lo «Jahrbuch für psychoanalitische und psichopathologische Forschungen», cui si accompagna successivamente la pubblicazione di «Imago», un periodico che si occupa delle applicazioni della psicoanalisi nel campo più vasto delle scienze dello spirito.

    Ma col consolidamento della dottrina freudiana e con il suo prendere corpo in una scuola di adepti e di studiosi non possono mancare di sorgere ben presto divisioni e scissioni, rispetto agli orientamenti teorici di fondo che Freud è venuto assegnando alla scienza della psiche. La più significativa delle separazioni è quella che si consuma tra Freud e Jung, il giovane psichiatra svizzero, non ebreo a differenza di quasi tutti gli altri suoi discepoli, cui Freud pensa a un certo punto come al suo più promettente erede spirituale e che invece si allontana dal maestro, proponendo una concezione dell’energia psichica non limitata alla sessualità e dando luogo a una scuola psicoanalitica di diverso indirizzo e ispirazione.

    Inoltre a segnare profondamente la vita e la riflessione di Freud giunge l’esperienza della prima guerra mondiale con i suoi sterminati massacri e con i gradi più alti raggiunti dalla crudeltà e dell’aggressività umana. Sul piano privato, Freud assiste, tra gli orrori della guerra, alla caduta in prigionia di uno dei due figli sul fronte italiano. Subisce egli stesso, in prima persona, per quanto privilegiato dalla professione e dalla fama raggiunta, le restrizioni nei consumi e il peggioramento nelle condizioni materiali di vita, cui l’Austria, e in particolare la città di Vienna, vanno necessariamente incontro dopo la sconfitta e la caduta dell’Impero austro-ungarico. Nel 1920 muore per un’influenza complicata da una polmonite l’amatissima figlia Sophie, ancora in attesa del terzo figlio. Ma come se non bastasse, nel giugno del 1923 muore per una tubercolosi miliare anche il figlio minore di Sophie, Heinele di quattro anni, adorato dall’intera famiglia dei Freud, e di cui il nonno Sigmund scrive: «Era un bambino incantevole, e per quanto mi riguarda, so di non avere mai amato un essere umano, e sicuramente mai un bambino quanto lui». Infine nel 1923 gli viene diagnosticato un cancro alla mascella e al palato e già in quello stesso anno subisce due interventi operatori.

    Ma questi eventi drammatici della biografia di Freud non bastano a spiegare la profonda rielaborazione della sua teoria, attraverso la quale, con due scritti fondamentali degli anni ’20, Al di là del principio del piacere (1920) e L’Io e l’Es (1923), egli giunge a mettere a tema come fortemente operosa nella vita di ciascun esser umano la presenza di una tendenza originaria all’aggressività e alla distruzione, che Freud chiama pulsione di morte (Todestrieb). Accanto alla potenza pulsionale dell’Eros e della libido sessuale la psiche, ora afferma Freud, è mossa da una forza originaria che spinge, non a creare unioni e legami, bensì a rifiutarli e a distruggerli. E appunto dalla teorizzazione della pulsione di morte prende avvio il passaggio del pensiero di Freud dalla prima alla seconda topica, con una conseguente rielaborazione dell’intera configurazione dell’apparato psichico.

    Ma tale passaggio non si spiega, come si è detto, con le sole vicende personali dell’uomo Freud, come pretenderebbero troppe semplicistiche interpretazioni, pronte a risolvere e a ridurre la complessità della teoria nella biografia e nella psicologia personale. Si spiegano con motivazioni più profonde che risalgono alle componenti di aggressività e di distruttività, la cui presenza già il primo Freud aveva rilevato nell’operare della sessualità e della libido.

    Infine, durante l’ultimo quindicennio della sua vita Freud continua a lavorare su più fronti. I congressi internazionali dell’Associazione psicoanalitica si susseguono regolarmente ogni due anni. Le sue opere vengono tradotte in più lingue. In particolare tra il 1924 e il 1925 esce in lingua inglese una raccolta delle sue opere, in quattro volumi, i Collected Papers. Nell’estate del 1918 è nata una casa editrice viennese, il «Verlag», che si occupa delle pubblicazioni di argomento psicoanalitico la cui supervisione è nelle mani di Freud. Così come s’intensifica la pubblicazione delle riviste psicoanalitiche. Dopo l’esperienza dello «Jahrbuch», sono iniziate le pubblicazioni della rivista in lingua tedesca, la «Internationale Zeitschrift für Psychoanalyse», nel 1926 esce in Francia la «Revue Française de Psychanalyse», nel 1932 in Italia la «Rivista di Psicoanalisi». Uno dei più fidati discepoli di Freud, Ernest Jones, dà vita in Inghilterra all’«International Journal of Psycho-Analysis». Come ininterrotta è la cura da parte di Freud della propagazione della cultura analitica all’estero: tanto che i suoi settant’anni, nel 1926, vengono ricordati e celebrati, con una citazione sufficientemente esatta della sua attività, su un gran numero di giornali esteri.

    Ma anche per quanto concerne l’attività propriamente teorica Freud continua ad essere impegnato sia nell’ambito della problematica più tipicamente psicoanalitica, qual è quella dell’indagine sui processi e le funzioni intrapsichiche, sia nell’ambito dell’applicazione della psicoanalisi alla scienze dello spirito e della cultura. Pubblica così da un lato Inibizione, sintomo e angoscia (1926), mentre sul fronte della critica del fenomeno religioso e dell’essenza della civilizzazione umana pubblica rispettivamente L’avvenire di un’illusione (1927) e Il disagio della civiltà (1930).

    Così come ancora da un duplice campo d’interesse – uno più volto verso il consolidamento dell’identità concettuale e interiore della disciplina psicoanalitica e l’altro più verso l’esposizione della psicoanalisi riguardo alla storia e agli eventi collettivi – sono le sue due ultime opere: rispettivamente il Compendio di psicoanalisi e il romanzo storico su Mosè e il monoteismo.

    Ma questi due ultimi scritti sono composti nel precipitare, di nuovo tormentato e drammatico, della vita di Freud. Negli ultimi anni ha assistito sgomento alla nascita e allo sviluppo del nazismo hitleriano in Germania, al dilagare dell’antisemitismo e alla successiva nazistificazione dell’Austria. Frattanto il cancro alla mascella si è sempre più aggravato, malgrado le reiterate operazioni e le protesi che ormai invalidano la sua vita. Sollecitato dagli amici e soccorso dall’aiuto internazionale, per sfuggire alle persecuzioni antiebraiche, va in esilio, più che ottantenne, in Inghilterra, dove trascorre l’ultimo anno della sua vita e muore il 23 settembre 1939.

    Bibliografia consigliata

    D. ANZIEU, L’autoanalisi di Freud e la scoperta della psicoanalisi, 2 voll., Astrolabio, Roma 1976.

    R. BODEI, Le logiche del delirio. Ragione, affetti, follia, Laterza, Roma-Bari 2000.

    V. CAPPELLETTI, Introduzione a Freud, Laterza, Roma-Bari 2000.

    A. CAROTENUTO, Diario di una segreta simmetria. Sabina Spielrein tra Jung e Freud, Astrolabio, Roma 1980.

    M. DE LILLO, Freud e il linguaggio. Dalla neurologia alla psicoanalisi, Pensa Multimedia, Lecce 2005.

    H. F. ELLENBERGER, La scoperta dell’inconscio. Storia della psichiatria dinamica, 2 voll., Boringhieri, Torino 1996.

    A. B. FERRARI, L’eclissi del corpo. Una ipotesi psicoanalitica, Borla, Roma 1992.

    P. GAY, Freud, Una vita per i nostri tempi, Bompiani, Milano 1988.

    E. JONES, Vita e opere di Freud, 3 voll., Il Saggiatore, Milano 1962.

    W. MCGUIRE (a cura di), Lettere tra Freud e Jung (1906-1913), Boringhieri, Torino 1980.

    P. PETRELLA, Il modello freudiano, in A.A. Semi (a cura di), Trattato di psiconalisi, vol. 1, Raffaello Cortina, Milano 1988-89, pp. 41-146.

    P. RICOEUR, Della interpretazione. Saggio su Freud, Il Saggiatore, Milano 1966.

    F. J. SULLOWAY, Freud, biologo della psiche. Al di là della leggenda psicoanalitica, Feltrinelli, Milano 1982.

    S. VEGETTI FINZI, Storia della psicoanalisi. Autori, opere, teorie 1895-1990, Oscar Mondadori, Milano 1990.

    (A cura di Roberto Finelli)

    CASI CLINICI

    «Il caso di Dora»

    Frammento di analisi di un caso di isteria*

    1905 (1901)

    *Titolo originale: «Bruchstück einer Hysterie-Analyse». Pubblicato la prima volta in Monatsschrift far Psychiatrie und Neurologie, vol. 18 (4), pp. 285-310 e (5) pp. 408-67 (1950). Traduzione di Pietro Stampa.

    Nota introduttiva

    Nel 1895 e nel 1896¹ ho avanzato alcune ipotesi sulla patogenesi dei sintomi isterici e sui processi mentali che si manifestano nell'isteria; da allora sono passati molti anni, per cui, nel propormi ora di concretare queste vedute in una relazione dettagliata di un caso clinico e del suo trattamento, non posso fare a meno di introdurre alcune considerazioni preliminari, in parte con il proposito di giustificare da diversi punti di vista il passo che sto facendo, in parte per soddisfare la curiosità che esso ha creato.

    Era senza dubbio imbarazzante che io fossi obbligato a pubblicare i risultati delle mie indagini senza che ci fosse alcuna possibilità per gli altri studiosi del ramo di analizzarli e controllarli, tanto più che questi risultati avevano un carattere sorprendente e spiacevole. Sarà dunque possibile superare questo imbarazzo ora che sto cominciando a presentare parte del materiale su cui sono basate le mie conclusioni e lo sto rendendo accessibile al giudizio del mondo. Non per questo sfuggirò al biasimo: sono già stato accusato di non presentare informazioni sui miei pazienti; adesso sarò accusato di presentare informazioni che avrei dovuto tenere per me. Posso solo sperare che in entrambi i casi i critici saranno gli stessi, e soltanto avranno cambiato il pretesto per le loro recriminazioni; se le cose stanno così, posso abbandonare in partenza ogni speranza di sottrarmi alle loro critiche. Anche se io non mi curo della malevolenza di critici così gretti, la presentazione del mio caso resta per me un problema difficile da risolvere. Le difficoltà sono in parte di natura tecnica, in parte dovute anche alla natura delle circostanze. Se è vero che le cause dei disturbi isterici sono da ricercare nell'intimo della vita psicosessuale dei pazienti e che i sintomi isterici sono l'espressione dei loro desideri più segreti e rimossi, allora la completa chiarificazione di un caso di isteria implica la rivelazione di questo materiale intimo, il tradimento di questi segreti. Certamente i miei pazienti non avrebbero mai parlato se solo fosse loro venuto in mente che le confidenze che mi facevano potevano essere utilizzate a scopo scientifico; ed è ugualmente certo che chiedere loro di lasciar pubblicare i loro casi sarebbe stato abbastanza inutile. In tali circostanze persone di una certa delicatezza, ο semplicemente timorose, si preoccuperebbero innanzitutto degli obblighi del segreto professionale e si direbbero spiacenti di non potere offrire alla scienza alcuna delucidazione sui problemi di cui si occupano; ma secondo me il medico non è responsabile solamente nei confronti del singolo paziente, ma anche della scienza: e questa responsabilità nei confronti della scienza significa in definitiva niente altro che la responsabilità verso i molti altri pazienti che soffrono e soffriranno degli stessi disturbi. Quindi è dovere di un medico pubblicare ciò che egli ritiene di sapere sulle cause e la struttura dell'isteria, e il trascurare di farlo diventa da parte sua una deprecabile manifestazione di meschinità, almeno fino al punto in cui può evitare di causare direttamente un danno personale al paziente cui il caso si riferisce. Io credo di avere preso ogni precauzione per evitare che la mia paziente subisca alcun danno. Ho scelto una persona che non viveva a Vienna, ma in una remota città di provincia, e le cui vicende private debbono per questo essere praticamente sconosciute nella capitale; ho tenuto il segreto fin dall'inizio sul fatto che fosse in cura presso di me, tanto che solo un altro medico - nella cui discrezione ho completa fiducia - sapeva che la ragazza era una mia paziente. Ho anche aspettato per quattro anni interi a partire dalla fine del trattamento e ho dilazionato la pubblicazione finché non mi è giunta voce che nella vita della mia paziente era avvenuto un cambiamento di una tale portata da farmi supporre che il suo stesso interesse per gli avvenimenti e i fatti psicologici che mi accingo a riferire possa essersi indebolito.

    È inutile che dica che non ho lasciato alcun nome che potesse dare una traccia al lettore non medico; la pubblicazione del caso su una rivista strettamente scientifica e tecnica dovrebbe fornire inoltre una garanzia contro questi lettori non qualificati. Naturalmente non posso essere certo che la paziente stessa non venga spiacevolmente colpita dall'esposizione del suo caso se accidentalmente le capiterà fra le mani: ma essa non apprenderà da queste pagine niente che già non sappia, e dovrà piuttosto chiedersi chi, oltre lei, potrebbe mai riconoscerla come protagonista della storia.

    Mi rendo ben conto che - almeno in questa città - ci sono molti medici che, per quanto riprovevole possa sembrare, considerano la storia di un caso clinico come questo, non tanto un contributo alla psicopatologia della nevrosi, quanto piuttosto un roman à clef concepito per loro personale diletto. Posso assicurare i lettori di questa specie che ogni caso clinico che io potrò avere occasione di dare alle stampe in futuro sarà protetto contro la loro perspicacia da analoghe misure di segretezza, quand'anche questa determinazione comporti da parte mia severe restrizioni nella scelta del materiale.

    Ora, nell'esposizione di questo caso - il solo cui fin qui abbia consentito di superare gli ostacoli che mi erano imposti dalla discrezione professionale e in generale dalle circostanze sfavorevoli - le questioni- sessuali saranno discusse con la maggiore franchezza possibile, gli organi e le funzioni della vita sessuale saranno chiamati con il loro vero nome, sicché il lettore «benpensante» sarà convinto dalla mia esposizione che io non ho mai esitato a parlare con una giovane donna di certi argomenti e con quel linguaggio. Non mi difenderò davanti ad accuse di questo genere: chiedo soltanto che mi siano concessi gli stessi diritti di cui gode un ginecologo - ο magari, diritti anche più modesti - e aggiungo che sarebbe indice di una singolare e morbosa malizia supporre che conversazioni come quelle che presento possano costituire un valido mezzo di eccitazione e soddisfazione di desideri sessuali; e quanto al resto, sono propenso ad esprìmere la mia opinione su questo argomento con queste poche parole prese in prestito: «È deplorevole che nel lavoro scientifico si sia costretti a dare spazio a dichiarazioni e proteste di questo genere; non mi si rimproveri per questo, ma piuttosto si dia la colpa alla mentalità del tempo, che ci ha portato ad uno stato di cose in cui nessun libro serio può più essere sicuro di sopravvivere» (Schmidt, 1902, prefazione).

    Descriverò ora come ho fatto a superare le difficoltà tecniche che mi si sono presentate nella ricostruzione di questo caso. Queste difficoltà sono molto forti in quanto il medico, che deve portare avanti sei ο sette trattamenti analitici dello stesso tipo contemporaneamente, non può prendere nota delle parole del singolo paziente, per non scuotere la fiducia, disturbandolo di conseguenza nella osservazione del proprio materiale psichico. Per la verità, non ho ancora trovato una soluzione al problema di come registrare per la pubblicazione la storia di un trattamento di lunga durata. Per quel che riguarda il presente caso, due circostanze mi sono venute in aiuto: in primo luogo il trattamento non durò più di tre mesi; in secondo luogo tutto il materiale atto a far luce sul caso era raggruppato intorno a due sogni (uno riferito a metà del trattamento, l'altro alla fine). L'esposizione di questi sogni veniva da me immediatamente ricostruita dopo la seduta; in questo modo essi costituivano un sicuro punto di riferimento per la catena di interpretazioni e di collegamenti che da essi derivava. Finito il trattamento, la stesura del quadro clinico era affidata soltanto alla memoria, ma i miei ricordi sul caso erano ancora freschi ed era assai vivo il mio interesse alla sua pubblicazione. Così, se non si può dire che io abbia ricostruito ogni cosa alla lettera, si può però affermare che l'esposizione è sufficientemente precisa e particolareggiata. Non è stato alterato alcun elemento di una certa importanza, tranne in alcuni punti l'ordine con cui sono state formulate le spiegazioni, e questo allo scopo di presentare il caso in forma più organica.

    Cercherò ora di chiarire cosa si può trovare e cosa non si può trovare in questo scritto. Il titolo del lavoro era originariamente Sogni ed isteria in quanto mi sembrava più propriamente adatto per indicare come l'interpretazione dei sogni fosse legata alla storia di un trattamento, e come essa possa diventare una chiave per colmare le amnesie e spiegare i sintomi. Non senza buone ragioni nel 1900 ho dato la precedenza ad uno studio laborioso ed esauriente sui sogni lL'interpretazione dei sogni] rispetto alle pubblicazioni che avevo in mente sulla psicologia delle nevrosi. Incidentalmente ho anche potuto giudicare, dalla accoglienza riservata al mio libro, con quanta incomprensione questi sforzi sono valutati al giorno d'oggi da molti specialisti. Riguardo a quel lavoro non aveva alcuna validità l'obiezione che il materiale su cui io avevo basato le mie asserzioni non era stato presentato, e che era perciò impossibile verificarlo studiandolo e controllandolo; chiunque infatti può sottoporre i suoi sogni ad un esame analitico, e la tecnica dell'interpretazione dei sogni può essere facilmente appresa dalle mie istruzioni e dagli esempi che ho fornito. Debbo quindi insistere una volta di più, così come ho fatto in quella occasione, che un'approfondita indagine sui problemi del sogno è un prerequisito indispensabile per la comprensione di qualsiasi processo mentale nell'isteria e nelle altre psiconevrosi; evitare questo lavoro preparatorio significa precludersi ogni possibilità di avanzare anche di pochi passi in questa regione della conoscenza.

    Poiché dunque lo studio di questo caso presuppone la conoscenza della tecnica di interpretazione dei sogni, resterà alquanto insoddisfatto il lettore cui manchino delle basi in questo senso; egli troverà in queste pagine soltanto disorientamento al posto degli schiarimenti che andava cercando, e sarà certamente incline ad attribuire la causa di questo suo disorientamento all'autore, e a definire fantasiose le mie vedute. In realtà questo carattere sconcertante è proprio dei fenomeni della nevrosi stessa; la sua esistenza è soltanto mascherata dalla familiarità che il medico ha con i fatti, ma viene di nuovo alla luce ad ogni ulteriore tentativo di interpretazione. Questo inconveniente potrebbe essere completamente eliminato se potessimo seguire a ritroso ogni elemento della nevrosi fino a giungere ai fattori con i quali abbiamo già dimestichezza; ogni cosa al contrario tende a dimostrarci che nello studio della nevrosi noi saremo portati ad accettare l'esistenza di molti aspetti nuovi, che diventeranno gradualmente argomento di conoscenza più solida. Ciò che è nuovo ha sempre suscitato perplessità e resistenza.

    Ma, al di là di queste considerazioni, sarebbe sbagliato pensare che i sogni e la loro interpretazione occupino in tutte le analisi una posizione altrettanto importante che in questa. Sebbene il caso che abbiamo di fronte sia particolarmente ricco per quello che riguarda l'utilizzazione dei sogni, sotto altri aspetti si è rivelato più povero di quanto non mi aspettassi; ma il suo breve svolgimento è legato alle stesse circostanze concrete che ne hanno permesso la pubblicazione (come ho già detto, per circa un intero anno non ho saputo come comportarmi con il materiale che la storia clinica del trattamento appena terminato mi offriva). La presente storia clinica, che copre un arco di tempo di appena tre mesi, potrebbe essere ancora riveduta e corretta, ma i suoi risultati restano comunque incompleti da più punti di vista: il trattamento, infatti, non fu portato a termine come avrebbe dovuto, ma fu interrotto per iniziativa della paziente quando aveva raggiunto una certa fase di sviluppo. In quel periodo, alcuni problemi che il caso presentava non erano ancora stati affrontati, e altri dovevano ancora essere messi a fuoco; e io sono convinto che, se il lavoro avesse potuto seguitare, avremmo senza dubbio fatto luce su tutti i particolari che ancora non erano emersi. In definitiva, mi vedo costretto a presentare nelle pagine che seguono soltanto un frammento di analisi.

    I lettori che hanno una qualche dimestichezza con la tecnica dell'analisi così come era esposta negli Studi sull'isterìa² saranno forse sorpresi dal fatto che in tre mesi di trattamento non è stato possibile trovare una soluzione definitiva almeno a quei sintomi che erano, per così dire, a portata di mano. Questo punto sarà meglio compreso quando avrò chiarito che dal tempo della pubblicazione degli Studi, la tecnica psicoanalitica è stata completamente rivoluzionata. A quel tempo il lavoro di analisi prendeva l'avvio dai sintomi, e mirava a renderne esplicita la natura affrontandoli uno dopo l'altro. Questa tecnica è stata in seguito abbandonata, essendosi rivelata del tutto inadeguata ad affrontare la complessa e macchinosa struttura delle nevrosi; adesso io lascio che il paziente stesso scelga di volta in volta l'argomento della seduta, in modo che il lavoro parta proprio da quegli elementi superficiali che il suo inconscio sceglie di sottoporre alla nostra attenzione in quel momento particolare. È chiaro che con questo metodo gli elementi che concorrono alla chiarificazione di un certo sintomo emergono in modo frammentario, intessuti in contesti differenti, distribuiti in periodi di tempo anche molto lontani l'uno dall'altro. A dispetto di questo apparente svantaggio, la nuova tecnica si è rivelata molto superiore alla primitiva, e non c'è dubbio che sia anche l'unica veramente adeguata ad affrontare il problema della nevrosi.

    Di fronte alla incompletezza dei risultati delle mie analisi, non ho avuto scelta: ho dovuto seguire l'esempio di quei ricercatori la cui massima soddisfazione consiste nel riportare alla luce del sole le inestimabili - anche se ormai mutile - vestigia delle antiche civiltà: così ogni volta ho cercato di recuperare ciò che era stato seppellito, servendomi dei modelli più convincenti che ho potuto ricavare dalle altre analisi, e, da buon archeologo, non ho mai trascurato di indicare con precisione in ogni singolo caso in che punto dell'opera le strutture non sono più quelle originali, e cominciano invece i miei restauri.

    C'è poi nei miei risultati un'imprecisione di natura differente, che ho introdotto intenzionalmente quando ho deciso di non riprodurre per intero il processo di interpretazione a cui le associazioni del paziente e le sue confidenze sono state sottoposte, ma soltanto i risultati di questo processo. A parte i sogni, dunque, la tecnica della psicoanalisi non è qui esposta che in alcuni punti: l'obiettivo di questa storia clinica era infatti di chiarire l'intima struttura di un disturbo nevrotico e la formazione dei sintomi relativi, e un mio tentativo di esaurire nelle stesse poche pagine anche questo difficile compito non produrrebbe che confusione e perplessità. Prima che le regole di carattere tecnico, molte delle quali sono state determinate empiricamente, possano essere correttamente codificate, sarebbe necessario raccogliere molto materiale da un gran numero di casi clinici; ciononostante, una certa brevità prodotta nel caso in questione dalla mancata esposizione della tecnica non deve essere sopravvalutata, in quanto proprio le tecniche più difficili non vennero mai applicate con la paziente, e non si arrivò, durante il breve trattamento, alla formazione del fattore «transfert», che pure viene preso in considerazione nell'ultima parte dello scritto.

    Di una terza carenza che si trova in questo resoconto, non è responsabile né la paziente né l'autore; al contrario, è ovvio che una singola storia clinica, se anche fosse completa e inattaccabile dal dubbio, non potrebbe contenere la risposta a tutte le domande che possono sorgere sul problema dell'isteria; non posso dare un'introspezione di tutte le forme di questo disturbo, né di tutte le possibili strutture della nevrosi, né di tutte le possibili relazioni psicosomatiche che l'isteria presenta. Non è ragionevole aspettarsi da un caso più di quanto esso può offrire.

    Infine, chi si sia finora rifiutato di credere che nella isteria agisce in generale e senza eccezione un'etiologia psicosessuale, difficilmente si lascerà convincere dalla lettura di un solo caso clinico: farà meglio, io credo, a sospendere il giudizio finché la sua stessa esperienza non lo avrà portato a convincersene.

    ¹ [Cfr. Studien über Hysterie (in collaborazione con J. Breuer); trad. it. «Studi sull'isteria», in S. Freud, Opere 1886/1921, vol. I Roma, Newton Compton editori, 1992,e «Sull'etiologia dell'isteria», ibidem.]

    ² [Breuer e Freud, cit.]

    1. Il quadro clinico

    Nella mia Interpretazione dei sogni, pubblicata nel 1900, ho avuto modo di dimostrare che i sogni in generale possono essere interpretati, e che, a lavoro ultimato, si possono riconoscere in essi delle costruzioni mentali perfettamente coerenti, cui è possibile assegnare un ruolo ben preciso nella dinamica della vita psichica; nelle pagine che seguono offrirò un esempio dell'unica applicazione pratica che la tecnica di interpretazione dei sogni sembra avere.

    Ho già detto nel mio libro in che termini mi sono posto il problema del sogno, che mi si presentò quando mi sforzavo di curare le psiconevrosi con l'applicazione di particolari metodi psicoterapeutici: i miei pazienti mi parlavano, tra le altre esperienze della loro vita psichica, anche dei loro sogni, che ad un certo punto mi parvero richiedere una collocazione precisa nella lunga catena di connessioni che si snoda tra un sintomo del disturbo e la sua ragione patogenetica. In quella occasione io spiegai come si poteva tradurre il linguaggio del sogno in forme di espressione proprie dei nostri normali procedimenti di pensiero, che possono essere compresi direttamente, senza un aiuto supplementare. Devo aggiungere che questo tipo di conoscenza è essenziale per lo psicoanalista, in quanto il sogno è uno dei canali attraverso i quali la coscienza può essere arricchita di materiale psichico che, a causa della resistenza opposta alla sua soddisfazione, è stato espulso dalla coscienza stessa e rimosso, divenendo così patogeno. In breve il sogno è una delle vie per cui la rimozione può essere elusa, e uno dei principali strumenti impiegati dalla psiche; attraverso la sua corretta interpretazione è possibile conoscere il mezzo indiretto con cui una rappresentazione giunge ad affermarsi nell'Io.

    Il seguente frammento, tratto dalla storia clinica del trattamento di una ragazza isterica, intende mostrare in che senso l'interpretazione dei sogni può giocare una parte essenziale nel lavoro di analisi; allo stesso tempo mi sarà concessa una prima opportunità di pubblicare con estensione sufficiente a prevenire ulteriori fraintendimenti alcuni miei punti di vista sui processi fisici dell'isteria e sulle sue componenti organiche. Non credo di dovermi scusare ulteriormente per la brevità dell'opera, essendo ormai chiaro a tutti che i problemi posti dall'isteria a medici e ricercatori possono essere affrontati solamente con spirito estremamente sereno e sgombro da qualsiasi forma di disprezzo e di falsa superiorità; infatti

    Nicht Kunst und Wissenschaft allein

    Geduld will bei dem Werke sein!³

    Se io mi accingessi a presentare al lettore una storia clinica completa e organica, creerei una situazione ben diversa da quella in cui si trova ad operare un osservatore scientifico qual è il medico. Le informazioni dei genitori del paziente, - nel presente caso io ne ebbi dal padre di questa ragazza di diciotto anni - in genere ci offrono un quadro estremamente confuso del decorso della malattia. Io inizio perciò il trattamento chiedendo al paziente di raccontarmi per intero la storia della sua vita e quella della sua malattia; ma le informazioni che ne ricavo non sono mai sufficienti a lasciarmi anche soltanto intravedere una via per raggiungere la soluzione del caso. Questa prima relazione che il paziente mi fa è paragonabile ad un fiume impraticabile, la cui corrente sia continuamente interrotta da secche, scogli, banchi di sabbia; sicché non posso non meravigliarmi di come certe autorità in materia riescano a produrre documentazioni di casi di isteria così pulite e precise, mentre è un fatto che i pazienti sono incapaci di fornirci dati attendibili su loro stessi. Essi possono certamente offrire al medico una serie di notizie circostanziate su questo ο quel periodo della loro vita, ma a questo seguiranno delle zone di vuoto mnestico, in cui ci scontreremo con grosse lacune e grossi problemi irrisolti, e ancora delle zone completamente in ombra, prive di qualsiasi utile elemento di documentazione; i nessi, anche i più elementari, sono per la maggior parte incoerenti, e imprecisa è la successione delle singole situazioni. Tracciando la storia della propria vita, i pazienti si troveranno a correggere continuamente date, nomi, particolari, e spesso, dopo qualche incertezza, torneranno ad una versione precedentemente già espressa e poi abbandonata. Il fatto che il paziente non sia in grado di darci della propria vita che un resoconto così disorganico e scarsamente utilizzabile per la conoscenza della 3 [«Non solo arte e scienza ma anche pazienza vi sia nel lavoro!», Goethe, Faust, I 6.] sua malattia non è semplicemente una caratteristica della nevrosi ⁴, ma possiede anche grande valore teorico.

    Ecco la spiegazione che possiamo dare a questa incapacità del paziente: in primo luogo egli intenzionalmente e consapevolmente evita di parlare di determinati aspetti ed episodi della sua vita - che pure conosce perfettamente - perché non ha ancora superato un intimo senso di pudore e di vergogna (o magari di discrezione, quando nelle vicende di cui dovrebbe parlare allo psicoanalista siano coinvolte altre persone); questo è l'ostacolo posto all'analisi dalla malizia cosciente del paziente. In secondo luogo parte della conoscenza mne stica che il paziente aveva a disposizione in periodi precedenti della sua vita scompare nel momento in cui racconta la sua storia, ma questo senza l'intervento di una resistenza cosciente; questo è l'ostacolo che ci viene opposto dalla sua malizia inconscia. In terzo luogo ci sono effettivamente delle autentiche amnesie, dislivelli nella memoria in cui non soltanto cadono le vecchie formazioni mnestiche, ma anche quelle più recenti, e forme di paramnesia, derivanti da un processo secondario, che vanno a riempire i vuoti e i dislivelli ⁵. Quando gli eventi stessi sono stati registrati nella mente lo scopo che sta alla base del processo della dimenticanza può essere raggiunto facilmente attraverso la distruzione di un nesso che viene attuata attraverso l'alterazione cronologica della successione dei fatti: questa dunque si dimostra sempre la componente più vulnerabile della memoria, e quella che più frequentemente diviene oggetto di un processo di rimozione; e ancora, noi ci imbattiamo in molti ricordi che si trovano in quello che potremmo chiamare un primo stadio della rimozione: regolarmente li troviamo circondati da un alone di dubbio, che in un periodo più avanzato si trasformerà e sarà sostituito ο da una lacuna ο da una formazione sostitutiva, falsa ⁶.

    Questo stato di cose esiste in modo particolare riguardo ai ricordi che si riferiscono alla storia della malattia del paziente, ed è un correlato necessario dei sintomi che è anche fondamentale assunto teorico.

    Più avanti nel corso del trattamento il paziente riesce a recuperare alla memoria quei fatti che, sebbene a lui noti per un determinato periodo, aveva allontanato da sé e non era più riuscito a richiamare alla coscienza: le paramnesie si dimostrano insostenibili, e i dislivelli creatisi nella memoria vengono finalmente colmati. È solo alla fine del trattamento che noi abbiamo di fronte una storia clinica consistente, organica, comprensibile.

    Mentre lo scopo pratico del trattamento è di eliminare tutti i possibili sintomi che si manifestano, sostituendoli progressivamente con pensieri consci, dobbiamo anche prendere in considerazione un secondo scopo, che ha grande valore teoretico, e cioè il ripristino della normale situazione mnestica del paziente. I due scopi, in definitiva, coincidono, e quando è raggiunto l'uno, è raggiunto anche l'altro: la medesima via porta ad entrambi.

    Dalla natura delle circostanze che concorrono alla formazione del materiale da sottoporre all'analisi, consegue che noi siamo obbligati a prestare nella compilazione della storia clinica altrettanta attenzione alla situazione umana e all'inserimento sociale del nostro paziente che ai dati somatici e ai sintomi stessi del disturbo. Prima di tutto il nostro interesse sarà orientato verso l'analisi familiare del soggetto, e non soltanto, come vedremo tra breve, con l'intenzione di studiare quelle che sono le componenti ereditarie della malattia.

    L'ambiente familiare della ragazza di diciotto anni che è oggetto di questo studio includeva, oltre naturalmente lei, i suoi genitori e un unico fratello che aveva un anno e mezzo più di lei.

    Suo padre era la figura dominante in questa situazione, e ciò sia per la sua intelligenza e il suo carattere, sia per le circostanze stesse della sua vita, che fecero da cornice all'infanzia e alla malattia della ragazza. Nel periodo in cui io iniziai il trattamento, egli era prossimo ai sessant'anni ed era un uomo dotato di grande talento e spirito di iniziativa, imprenditore, con una situazione economica confortevole. Sua figlia gli era teneramente affezionata, e proprio a questo bisogna attribuire la colpa del fatto che le sue condizioni critiche - giunte a maturazione alquanto presto - subirono da lui - cioè dal suo comportamento e da certe caratteristiche del suo carattere - i colpi più duri. L'affetto della figlia per lui fu ulteriormente accresciuto dalle molte gravi malattie di cui egli soffrì fin da quando lei aveva sei anni. In quel tempo egli si era ammalato di tubercolosi, e tutta la famiglia si era di conseguenza trasferita in una piccola città dal clima mite situata in una delle nostre province meridionali. Qui la malattia del padre migliorò rapidamente, ma a causa delle precauzioni che erano ancora considerate necessarie, entrambi i genitori e la ragazza continuarono per circa dieci anni a risiedere in questa località, che io chiamerò B...

    Quando la salute del padre fu finalmente buona, egli prese l'abitudine di allontanarsi periodicamente per visitare le sue fabbriche. Nel periodo più caldo dell'estate la famiglia si spostava in genere in una stazione climatica di collina. Quando la ragazza aveva dieci anni, il padre dovette sottoporsi ad un trattamento in camera oscura, a causa del distacco di una retina; il risultato di questa disgrazia fu la menomazione permanente della vista. La sua malattia più grave si verificò però due anni più tardi: egli fu colto da una forma di attacco confusionale, seguita da sintomi di paralisi e lievi turbe mentali. Un suo amico (che gioca nella storia un ruolo di cui ci occuperemo più tardi - [cfr. la nota 16]) lo persuase, dal momento che le sue condizioni non accennavano a migliorare, a recarsi a Vienna da me insieme al suo medico curante. Per lungo tempo io fui in dubbio se diagnosticare ο no una forma di taboparalisi, ma alla fine individuai una infezione vascolare diffusa; e quando il paziente ammise di aver contratto prima del matrimonio un'infezione specifica, io gli prescrissi un energico trattamento antiluetico, con il risultato che tutti i disturbi passarono. Non c'è dubbio che fu grazie a questo mio fortunato intervento se egli quattro anni più tardi mi portò sua figlia che aveva sviluppato nel frattempo dei disturbi di carattere inequivocabilmente nevrotico e me la presentò; due anni dopo, me la riportò perché le praticassi una psicoterapia.

    Nel frattempo avevo anche fatto conoscenza a Vienna di una sua sorella che era leggermente più anziana di lui, e mostrava segni evidenti di una grave affezione psiconevrotica senza alcun sintomo di carattere isterico; dopo una vita resa infelice da un matrimonio sfortunato, morì di uno stato marasmatico che si era rapidamente sviluppato, e i cui sintomi, di fatto, non vennero mai completamente chiariti.

    Un fratello maggiore del padre della ragazza, che ebbi una volta occasione di incontrare, era un vecchio scapolo ipocondriaco.

    Le simpatie della ragazza, che, come ho già detto, divenne mia paziente all'età di diciotto anni, si erano sempre orientate, nell'ambito della famiglia, dalla parte del padre, e da quando si era ammalata, aveva preso come modello quella zia di cui abbiamo appena fatto menzione. Non c'è dubbio che la ragazza avesse tratto dalla famiglia di suo padre non solo le sue doti naturali e la sua precocità intellettuale, ma anche la sua predisposizione alla malattia. Non ho mai fatto conoscenza con la madre, ma dalle descrizioni che mi fecero la ragazza e suo padre fui portato ad immaginarmela come una donna non molto colta, e soprattutto non molto intelligente, che aveva concentrato tutti i propri interessi sugli affari domestici, specialmente da quando il marito si era ammalato ed era stato costretto a disinteressarsene; presentava, in fondo, le caratteristiche di quella che potremmo chiamare la «psicosi della massaia»: non mostrava alcuna comprensione per gli interessi più vivi e reali dei suoi figli, ed era indaffarata da mattina a sera a pulire e rassettare la casa, a riordinare il mobilio e le suppellettili, al punto che era impossibile goderne ο addirittura farne uso. Questa condizione psicologica, di cui spesso riscontriamo tracce anche nelle donne di casa più equilibrate, indubbiamente ci richiamava alla mente certe forme ossessive di pulizia del corpo: ma certe donne, e questo evidentemente si applica anche alla madre della paziente, sono completamente prive della coscienza della loro malattia, così che viene a mancare una caratteristica essenziale della nevrosi ossessiva. I rapporti fra la ragazza e sua madre erano stati scarsamente amichevoli per diversi anni; la figlia guardava la madre dall'alto in basso, era solita muoverle critiche pesanti e si era completamente liberata dalla sua influenza ⁷.

    Durante i primi anni di vita della ragazza, il suo unico fratello, che aveva un anno e mezzo più di lei, era stato il modello che essa si era sforzata di imitare; ma, negli ultimi tempi, i loro rapporti si erano allentati. Il giovanotto cercava di tenersi il più lontano possibile dalle dispute familiari, ma quando era obbligato a prendere una posizione, tendeva a parteggiare per la madre: ecco così tracciato il solito schema dell'attrazione sessuale all'interno della famiglia - padre e figlia da un lato, madre e figlio dall'altro.

    La paziente, che d'ora in avanti chiamerò «Dora», aveva fin dall'età di otto anni cominciato a sviluppare sintomi nevrotici; in quel periodo, ella divenne soggetta ad una dispnea cronica con occasionali accessi in cui il sintomo si aggravava improvvisamente. La prima manifestazione del disturbo comparve dopo una gita in montagna e fu di conseguenza attribuito a sforzo eccessivo; nel corso dei sei mesi durante i quali essa fu tenuta a riposo e fu coscienziosamente curata, questo disturbo sparì gradualmente. Il medico di famiglia non mostrò alcuna esitazione nel diagnosticare il disturbo come puramente nervoso e nell'escluderne qualsiasi causa organica: egli evidentemente considerava questa diagnosi compatibile con l'etiologia di surmenage.

    La bambina passò attraverso tutte le solite malattie infettive dell'infanzia senza riportarne alcun dnnno particolare e senza strascichi di alcun genere. Come lei stessa mi disse - e le sue parole erano portatrici di un messaggio più profondo - suo fratello era sempre il primo ad ammalarsi e sempre in forme molto leggere; poi seguiva lei, ma in forme più gravi. Quando aveva dodici anni cominciò a soffrire di dolori alla testa, che erano in sostanza emicranie, e di attacchi di tosse nervosa; all'inizio questi due disturbi comparvero insieme, ma più tardi presero strade differenti, in quanto l'emicrania divenne sempre più rara, e quando la ragazza aveva all'incirca sedici anni era praticamente scomparsa, mentre la tussis nervosa, che senza dubbio aveva preso l'avvio da un normale catarro, continuò, tanto che quando Dora mi fu portata per il trattamento, ancora tossiva in maniera caratteristica.

    E' impossibile determinare il numero di questi attacchi, ma essi duravano dalle tre alle cinque settimane, e in una occasione durarono invece alcuni mesi; il sintomo peggiore durante la prima metà di uno di questi attacchi, per lo meno negli ultimi tempi, era una completa afonia. La diagnosi che questo disturbo fosse di origine nervosa era stata fissata da tempo, ma i vari metodi di trattamento che si adoperano in questi casi, compresa la idroterapia e l'applicazione locale di elettrodi, non avevano prodotto alcun risultato.

    In questa situazione la bambina, che era divenuta ormai una giovane donna dal carattere indipendente, era abituata a ridere degli sforzi dei dottori, e alla fine a rinunciare al loro aiuto; per di più era stata sempre contraria a sottoporsi alle visite, sebbene non avesse alcuna particolare avversione per il medico di famiglia. Ogni proposta di consultare un nuovo medico incontrava la sua resistenza, e fu solo la pressione dell'autorità di suo padre che la indusse, alla fine, a venire da me.

    Io la vidi la prima volta quando aveva sedici anni all'inizio dell'estate; soffriva di una forma di tosse con raucedine, e fin da allora proposi di sottoporla ad un trattamento psicoterapeutico. La mia proposta non venne seguita perché l'attacco in questione, sebbene si fosse protratto più del solito, passò spontaneamente. Durante l'inverno seguente, la ragazza venne a stare a Vienna con lo zio e le cugine, dopo la morte della zia cui era così affezionata. Qui Dora cadde

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