Il dossier segreto dei crimini Francesi. Dove tutto ebbe inizio. Le “marocchinate” Vol. I
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Il dossier segreto dei crimini Francesi. Dove tutto ebbe inizio. Le “marocchinate” Vol. I - Emiliano Ciotti
alleata
PREFAZIONE
Fratellanze, sorellanze, cuginanze…
Con la sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale l’Italia ha perso lo status di Nazione sovrana ed indipendente, dapprima inserita nella sfera d’influenza statunitense, infine inglobata nell’Unione Europea: un’Unione che non è quella comunità di Stati nazionali dotata della nicciana volontà di potenza
, ma una burocratica organizzazione sovranazionale ed internazionalista, priva di anima, di civiltà, di una missione
e di un primato
.
Per questi motivi la nostra Nazione non ha mai potuto avere una vera e propria politica estera e tutte le volte che si è smarcata dalle tutele internazionali, muovendosi nell’ombra con accordi fantasma nel più deleterio ed umiliante stereotipo del modo d’agire degli Italiani, ha sempre pagato pesantemente questo suo atteggiamento. Non sappiamo se per aver violato la tutela cui era sottoposta o per lo scandaloso modo con cui questi accordi venivano siglati. Accordi dove la dignità nazionale è stata troppe volte dimenticata, dettati magari da miraggi economici più che politici. Basti pensare alle umiliazioni subite, fin dai tempi di Enrico Mattei, per arrivare a Silvio Berlusconi, da un personaggio del calibro di Gheddafi. Certo, la dignità nazionale cosa è? Vuoi mettere i contratti stipulati? Quelli sì che pesano e contano!
Eppure, vi fu un tempo in cui l’Italia fu una Nazione sovrana ed indipendente. Tempi in cui la Nazione italiana, uno Stato giovane, sorto quasi per miracolo nel 1861, si trovò ad esercitare una sua funzione
. Una Nazione così giovane e così fragile, che ancora non aveva raggiunto una vera unità nazionale, dovette confrontarsi con realtà ben più radicate e potenti di lei e tentare di raggiungere velocemente le mete fissate dai profeti del Risorgimento
, con il cuore lanciato verso il mito, più che verso la realtà.
Il contesto mondiale di allora era dominato da imperi potenti: la Gran Bretagna, la Germania, la Francia, l’Austria, la Russia, gli Ottomani. L’Italia, ultima arrivata, venne vista come una cenerentola e tale, ovviamente, sarebbe dovuta restare. Una Nazione nata per fortuna
, un’espressione geografica che aveva trovato un’improbabile unità intorno al trono dei Savoia. Cosa era l’Italia se non un museo a cielo aperto, popolata da sognatori, poeti e da plebi inferiori
, indegni custodi di un passato glorioso. L’Italia era stata per secoli calpesta e derisa
, campo di battaglia di eserciti stranieri. Le grandi Nazioni se l’erano spartita, scommessa a dadi
, scambiata
come i pezzi di un puzzle, fin dai tempi della caduta dell’Impero Romano.
Ma coloro che irridevano gli Italiani mal gliene incolse, come dimostrò la famosa Disfida di Barletta del 13 Febbraio 1303, svoltasi a S. Elia di Trani, quando undici cavalieri italiani sconfissero undici cavalieri francesi.
Quella Francia che considerava gli Italiani inferiori
e non adatti al nobile mestiere delle armi e spadroneggiava sulla penisola con la sua supponenza.
Ecco, la Francia. Una Nazione potente, unita, che vedeva nella penisola solo un’appendice della sua grandezza. Più volte troveremo sul cammino dell’Italia questo Stato. Con dolorose conseguenze.
Senza perderci nella notte dei tempi, basti ricordare la discesa di Napoleone Bonaparte, un italiano di Corsica francesizzatosi, che dopo aver sconfitto le forze austro-sarde, colpì al cuore la Repubblica di Venezia (cfr. Trattato di Campoformio del 17 Ottobre 1797).
Scompariva così uno dei più potenti Stati italiani. Dopo 1.100 anni di storia veniva cancellata una civiltà, data in compenso all’Austria per ammortizzare la cessione dei Paesi Bassi alla Francia. Nasceva così la questione orientale italiana, un dramma epocale che per lunghi decenni scandirà l’agenda politica dei Governi dell’Italia unita, fino alla tragedia delle foibe e della scomparsa della civiltà italiana nell’Adriatico nord-orientale.
Alla fine, l’intervento di Napoleone in Italia fu funesto. Nessun anelito di libertà nazionale fu rispettato e il tradimento di Campoformido (17 Ottobre 1797), con cui la Francia cedeva agli Asburgo il Veneto e colpiva a morte la Repubblica di Venezia – generando così il drammatico inizio della questione orientale italiana – avrebbe dovuto schiarire l’idee a più di qualcuno che vedeva nell’intervento di uno Stato straniero nelle cose d’Italia
un fatto positivo. Ricordò in un suo discorso Giosuè Carducci:
«Or la storia mi porterebbe a rammentare le tante Repubbliche italo-galle che la Rivoluzione francese sparse in Italia. Repubbliche che se da una parte danno idea dello entusiasmo e del fermo animo con cui gli Italiani vogliono libertà, ci sconfortano dall’altro mostrandoci le infami arti e le invidie di una Nazione [la Francia] che ci dovrebbe esser sorella e che vien sempre a ribadirci catene e mescersi veleno nella tazza della libert໹.
Napoleone apparteneva ormai al passato quando cominciò la predicazione dei primi profeti del Risorgimento e la Francia, certamente, non era vista come un ostacolo per il sorgere della Nazione italiana, ma anzi come un esempio, Patria della libertà e delle istituzioni repubblicane.
Il vero nemico venne individuato nell’Austria, che occupava gran parte dell’Italia a Nord del Po. Ma anche in questo periodo la Francia fece il suo mestiere
. Ancora una volta fu un Bonaparte a distruggere i sogni e le speranze degli Italiani: suo il Corpo di spedizione che piegò la Repubblica Romana il 2 Luglio 1849.
Dal sangue di quei mille caduti, sorsero leggende e miti, come quella di un giovane ucciso dalle armi francesi, il suo nome era Goffredo Mameli. Con lui, nel cielo degli eroi, il Col. Luciano Manara, Emilio Morosini, il Cap. Enrico Dandolo... I più puri figli d’Italia caduti combattendo contro i Francesi…
La politica intrapresa da Napoleone III per sostenere le rivendicazioni nazionali dei popoli soggetti agli altri imperi al fine di sgretolarne la potenza, portò inevitabilmente ad un’alleanza con il Regno di Sardegna, lo Stato italiano che più si poneva in antagonismo con l’Austria.
Ma nei progetti dei Francesi non v’era certamente il miraggio della creazione di una Italia unita, ma l’intenzione di subentrare all’Impero austriaco nel dominio di un’Italia divisa.
Ed ancora una volta, le armi francesi fecero scorrere sangue italiano. È la storia di Felice Orsini, un repubblicano romagnolo che nel Gennaio 1858 volle vendicare la pugnalata mortale inferta alla Repubblica Romana lanciando contro Napoleone III delle bombe, provocando però una strage. L’attentato fallì e l’Orsini fu condannato a morte.
Paradossalmente fu proprio l’attentato di Orsini che permise un accordo sardo-francese in funzione antiaustriaca, nel quale, però, non era prevista un’Italia unita, ma una Italia tripartita
con il Nord annesso al Regno di Sardegna, uno Stato centrale indipendente e il Meridione lasciato ai Borbone.
Avendo le spalle coperte, Cavour fece di tutto per provocare un conflitto con l’Austria e fu la Seconda Guerra di Indipendenza. Dopo le importanti vittorie di Solferino e San Martino, per le unità sardo-francesi si aprì la strada per Milano.
Era fatto, il grande sogno di unire tutta l’Italia Settentrionale sotto un’unica bandiera sembrava così realizzarsi. Ma anche questa volta la Francia mancò. L’opinione pubblica francese costrinse Napoleone III a defilarsi e a firmare un Armistizio. Con questo l’Austria cedeva ai Francesi la Lombardia, che essi avrebbero poi rigirato al Regno di Sardegna. Con lo stesso trattato si siluravano
i patrioti che erano insorti a Firenze, Modena, Parma e nelle Legazioni pontificie di Bologna e delle Romagne.
Tuttavia, quest’ultimo accordo non fu di facile attuazione, in quanto gli insorti proclamarono subito l’annessione all’Italia. Ciò permise a Cavour di mercanteggiare con Napoleone III e, per far digerire quest’ultime annessioni, non esitò a cedere ai Francesi la Savoia e il Nizzardo, la Patria di Giuseppe Garibaldi!
In queste terre iniziò subito una francesizzazione forzata che portò, in specie nel Nizzardo, alla cancellazione integrale della cultura italiana…
Nizza, città natale di Garibaldi, era stata svenduta dal Regno di Sardegna alla Francia il 24 Marzo 1860 e, dopo un plebiscito forzato
nei risultati, annessa all’Impero di Napoleone III. Iniziò, quindi, una progressiva deitalianizzazione dell’antica Contea che portò, nel giro di pochi decenni, alla scomparsa di ogni riferimento alla originaria cultura. Furono chiusi i giornali italiani e francesizzati persino i cognomi dei residenti. Il Nizzardo fu ceduto, insieme alla Savoia – la terra di nascita della dinastia di Vittorio Emanuele II! - in virtù di vili accordi diplomatici che prevedevano il sostegno della Francia alla creazione di un Regno unitario nell’Italia settentrionale. Nonostante la beffa dell’Armistizio di Villafranca (11 Luglio 1859), con cui Napoleone III poneva fine improvvisamente al conflitto con l’Impero asburgico e, di conseguenza, imponeva il fermo
anche al Regno di Sardegna, la Francia reclamò subito il suo compenso
. Cavour pensò che il sacrificio
fosse sopportabile: per gli Italiani della regione iniziò l’esilio... Scrisse Oriani:
"I rivoluzionari reclamavano contro il vinto Ministro [Cavour] colla nobiltà della loro fede unitaria e democratica: essi non avevano creduto in Napoleone III, il carnefice di Roma, l’uomo del 2 Dicembre, ed avevano avuto ragione. Avevano sempre proclamato che la formula monarchica tradirebbe l’Italia, e il fatto dava loro fin troppa ragione, giacché il Piemonte stesso veniva diminuito. La Lombardia non valeva Nizza e Savoia e il vassallaggio francese".
Anche in Corsica vi era stata una forzata francesizzazione a discapito della cultura italiana. Opera intrapresa quando, nel 1768, quest’isola era stata svenduta alla Francia dalla Repubblica di Genova. Da allora era stata inglobata nello Stato francese come base strategica per il controllo della penisola italiana e del Mediterraneo².
Questa sorella
che si faceva ben pagare le sue prestazioni, indusse Cavour a cercare alleanze più concrete:
Fu proprio con i primi due Governi del liberale filo-inglese Cavour (1852-1859) che i rapporti tra il Regno di Sardegna e la Gran Bretagna si fecero sempre più stretti. Primo chiaro sintomo di questa nuova intesa
fu l’interruzione dei rapporti finanziari privilegiati che, fino ad allora, il Piemonte aveva avuto con la Francia.³.
Anche la generosa Spedizione dei Mille fu attentamente osservata da Napoleone III e Cavour poté intervenire a sostegno di Garibaldi solo dopo l’assenso francese che gli vietava, comunque, di agire contro il Lazio papale.
Fu con l’assenso di Napoleone III che venne fondato il Regno d’Italia. Una Nazione non ancora unita, con le Venezie e il Veneto saldamente in mano dell’Austriaco e il Lazio papale sotto protezione francese. E quando Garibaldi tentò una spedizione contro lo Stato Pontificio trovò la strada sbarrata dalle armi di Vittorio Emanuele II, che non voleva assolutamente inimicarsi il prepotente vicino d’Oltralpe (cfr. lo scontro sull’Aspromonte del 29 Agosto 1862).
I Francesi non furono certamente soddisfatti dall’aver spinto gli Italiani a spararsi fra di loro: imposero al Regno di Sardegna il riconoscimento dell’intangibilità dei confini pontifici e il trasferimento della Capitale da Torino a Firenze, come garanzia della rinuncia a Roma.
Fu solo grazie ad un’alleanza con la Germania di Bismark - che allora sorgeva nello scenario geopolitico europeo come nostra naturale alleata - che l’Italia poté scatenare la sua Terza Guerra di Indipendenza contro l’Impero austriaco. Ma la vittoria delle armi tedesche fu offuscata dalle dolorose sconfitte italiane di Lissa e Custoza, cosa che costrinse Vittorio Emanuele II ad accettare solo l’annessione del Veneto, congelando la liberazione delle Venezie fino al 1918.
Rimaneva insoluta la questione del Lazio papale sotto protezione francese, cui il Regno d’Italia aveva formalmente rinunciato. Non la pensava così Garibaldi che, nell’Autunno 1867, tentò nuovamente un attacco.
Questa volta non trovò le armi francesizzate
di Vittorio Emanuele II a sbarrargli la strada ma, come nel 1849, direttamente quelle di Napoleone III. E fu la dolorosa sconfitta di Mentana del 3 Novembre 1867.
Fu solo nel Settembre 1870, dopo la traumatica sconfitta francese nella Battaglia di Sedan per mezzo delle armi Germaniche e il conseguente crollo del Secondo Impero Francese, che Vittorio Emanuele II considerò nulli gli accordi sottoscritti e decise di attaccare Roma. Il 20 Settembre 1870 i Bersaglieri sfondavano a Porta Pia.
Ora che, bene o male, la penisola era stata unificata, gli Italiani potevano cominciare a guardare oltre, al Mediterraneo, all’Africa Settentrionale, in specie alla Tunisia dove viveva una numerosa e fiorente comunità italiana. Ma ancora una volta la Francia intervenne con un’arroganza e una prepotenza unica negli annali diplomatici.
Nel 1881, ignorando i chiari interessi italiani nella regione, procedeva all’occupazione dell’intera Tunisia. Fu il cosiddetto Schiaffo di Tunisi:
Tunisi chiave del Mediterraneo
, la Cirenaica, la Tripolitania, furono le terre che Mazzini indicò per l’invasione colonizzatrice
italiana, terre dove garrirono al vento i vessilli di Roma, quando il Mar Mediterraneo era Mare Nostro
. Indugiare oltre nell’azione, avrebbe esposto queste zone agli interessi altrui, francesi in primis. E così fu: nel Maggio 1881, la Francia, anticipando qualsiasi ipotetica azione italiana, occupò Tunisi e la fece propria. Le rimostranze italiane furono forti e non solo perché in Tunisia vi lavoravano 25.000 Italiani, contro i soli 300 Francesi... Ancora una volta, le armi democratiche e massoniche d’Oltralpe si ponevano contro le aspirazioni della Nazione italiana: così a Roma nel 1849 e nel 1867, così a Tunisi nel 1881. Anche tra gli uomini della Sinistra, che da sempre vedevano nella Repubblica di Francia un simbolo di libertà
e di progresso, vi furono molti ripensamenti, con lo stesso Garibaldi – massone ed estimatore delle libertà
francesi – che avrebbe dato ben volentieri la parola al cannone... L’occupazione della Tunisia e le fortificazioni di Biserta costituirono per i decenni a seguire una pistola [francese] puntata al petto dell’Italia
. Una seconda pistola
, se si pensa al possesso francese della Corsica... L’Italia era stata accerchiata
⁴.
Solo a questo punto i Governi italiani decisero di reagire e iniziarono a guardare all’unica Nazione che poteva garantire un’alleanza senza compravendite, compromessi al ribasso e tutele limitanti la sovranità: la Germania. Ma guardare alla Germania voleva dire scendere a patti con il decennale nemico: l’Austria-Ungheria. Davanti alla prepotenza francese, però, non si indugiò ulteriormente: nacque così la Triplice Alleanza (1882).
Crispi fu il primo a denunciare pubblicamente l’ingerenza della Francia negli affari d’Italia, provocando scandalo nella Sinistra democratico-giacobina italiana accecata dalla propria ideologia, e si preparò a una guerra contro l’invadente e supponente sorella latina
. Sua una proposta alla Germania, risalente all’Ottobre 1887, di un impegno congiunto tra i due Stati per una guerra contro la Francia. L’Italia avrebbe attaccato sulle Alpi occidentali e contribuito allo sforzo germanico inviando sul Reno sei Corpi d’Armata e tre Divisioni di Cavalleria. Bismarck accettò. Curioso, ma emblematico, è che questa strategia sarà riproposta dall’Italia alla Germania alcuni decenni dopo, nel 1940, durante la Seconda Guerra Mondiale...
A ben vedere, era stato il tracotante atteggiamento ostile della Francia a spingere l’Italia nelle braccia degli Asburgo. La secolare invidia francese nei confronti degli Italiani, che si era espressa in un’opera di denigrazione sistematica di tutto ciò che era italiano e in offesa continua del popolo della penisola, si era trasformata in un’opera di sabotaggio continuo delle legittime aspirazioni degli Italiani quando questi tentavano di sorgere come Nazione:
Da Carlo VIII a Napoleone III, ogni uomo di Stato francese aveva sognata la grande ora del suo Paese e l’aveva cercata a danno dei Paesi vicini. E sulla strada della grandezza francese l’Italia, ragionava Crispi, era da sempre un ostacolo da eliminare, un concorrente da sottomettere
.
La Francia non poteva tollerare il sorgere di uno Stato concorrente
nel bacino mediterraneo, tanto più se questo era lo Stato dei pezzenti
italiani. Se gli Asburgo occupavano de iure et de facto i territori orientali dell’Italia, non meno la Francia aspirava a esercitare un’opera di tutela sulla penisola, un’opera più subdola, poiché mascherata e accettata da non pochi Italiani, in specie quelli della Sinistra, che vedevano nella sorella
latina la regina della libertà
e degli immortali principi
. La costituzione del Regno d’Italia fu uno smacco che la diplomazia francese cercò di combattere con ogni mezzo. Nel corso dei decenni, la subdola ostilità della Francia si manifestò chiaramente durante ogni tentativo di espansione politico-economico-militare italiana. Nel 1849, era stata la Francia a far fallire la rivoluzione siciliana e a decretare la morte della Repubblica Romana; nel 1859, a Villafranca, era stata sempre la sorella latina
a decretare la fine della Seconda Guerra di Indipendenza; nel decennio 1860-1870, la Francia aveva esercitato una tutela politica sul Regno d’Italia. Nel 1862 e nel 1867, Corpi di spedizione francesi erano intervenuti nella penisola sparando sui patrioti italiani, imponendo il silenzio al Governo sabaudo. E così fu negli anni seguenti. Le tensioni tra Italia e Francia assunsero livelli drammatici dopo che, il 18 Agosto 1893, a Aigues-Mortes, una