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La fidanzata del milionario: Harmony Destiny
La fidanzata del milionario: Harmony Destiny
La fidanzata del milionario: Harmony Destiny
E-book162 pagine2 ore

La fidanzata del milionario: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

A Duncan Patrick, potentissimo uomo d'affari, non piacciono gli ultimatum, a meno che non sia lui a darli. Il consiglio d'amministrazione di cui è presidente, tuttavia, esige un cambio radicale della sua pessima immagine pubblica.
E chi potrebbe aiutarlo se non la dolce Annie McCoy? Lei, con il suo carattere accomodante, lo farà apparire un vero angelo, sebbene per farle accettare il piano dovrà ricorrere a qualche diabolica macchinazione.
Ma una volta convinta Annie a svolgere il ruolo della finta fidanzata, Duncan scopre il bisogno profondo di trasformarla nella sua vera, appassionata amante.
LinguaItaliano
Data di uscita10 giu 2018
ISBN9788858983829
La fidanzata del milionario: Harmony Destiny
Autore

Susan Mallery

#1 NYT bestselling author Susan Mallery writes heartwarming, humorous novels about the relationships that define our lives—family, friendship, romance. She's known for putting nuanced characters in emotional situations that surprise readers to laughter. Beloved by millions, her books have been translated into 28 languages.Susan lives in Washington with her husband, two cats, and a small poodle with delusions of grandeur. Visit her at SusanMallery.com.

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    Anteprima del libro

    La fidanzata del milionario - Susan Mallery

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    High-Powered, Hot-Blooded

    Silhouette Desire

    © 2009 Susan Macias Redmond

    Traduzione di Giuseppe Biemmi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-382-9

    Prologo

    Duncan Patrick sbaraglia la concorrenza!

    L’amministratore delegato Duncan Patrick ha sbaragliato per l’ennesima volta la concorrenza. Il famoso miliardario chiude l’anno mettendo a segno non uno, ma due colpi a sensazione con la doppia acquisizione di una piccola società di autotrasporti europea e di una linea ferroviaria alquanto proficua in Sudamerica. Con la Patrick Industries che domina ormai il mercato mondiale dei trasporti, si potrebbe pensare che il suo ricco proprietario possa permettersi di essere brillante, ma a quanto pare non è affatto così. Per il secondo anno consecutivo, Duncan è stato infatti eletto il CEO più tirchio, cinico e intrattabile dell’intero paese. Non sorprenda dunque che il solitario milionario abbia declinato l’invito a essere intervistato per questo articolo.

    «Tutto questo è inconcepibile» disse Lawrence Patrick, sbattendo il quotidiano finanziario sul tavolo della sala del consiglio di amministrazione.

    Duncan si appoggiò allo schienale della sua poltrona e soffocò uno sbadiglio annoiato. «Volevi forse che mi prestassi a quella stupida intervista, per caso?»

    «Non è questo il punto, e tu lo sai.»

    «E quale sarebbe il punto?» chiese Duncan, spostando la sua attenzione dallo zio agli altri membri del consiglio. «Entrano troppi soldi? Gli investitori non sono contenti di tutti questi proventi?»

    «No, il punto è che la stampa non perde occasione per prenderti di mira» sbottò con durezza Lawrence. «E tu le hai appena prestato nuovamente il fianco acquistando un campo di case-roulotte, per poi sfrattare tutti i residenti, la maggior parte dei quali costituita da anziani e indigenti.»

    «Il terreno era proprio accanto a una delle principali sedi di spedizione che possediamo. Ne avevo bisogno per ampliare la struttura. Senza contare che il consiglio di amministrazione ha approvato l’acquisto.»

    «Ma non ci aspettavamo di vedere delle vecchie signore in televisione che piangevano perché non avevano un posto in cui andare.»

    Duncan alzò gli occhi al cielo. «Oh, per favore. L’accordo prevedeva che avremmo fornito loro un nuovo sito per le case-roulotte, cosa che abbiamo fatto. Le nuove piazzole assegnate sono più spaziose delle precedenti e si trovano in una zona residenziale, anziché industriale. Hanno la fermata del bus appena fuori della porta. Abbiamo pagato noi tutti i costi di trasloco. Loro non hanno speso un centesimo. Sono i mass media che non fanno che soffiare sul fuoco per creare un caso.»

    Uno degli altri membri del consiglio di amministrazione gli lanciò un’occhiataccia. «Vuoi forse negare di aver mandato in fallimento la concorrenza?»

    «Niente affatto. Se voglio acquisire una società, ma la persona che la possiede non vuole vendermela, devo trovare un modo per conseguire il mio scopo.» Duncan raddrizzò la schiena. «Un modo lecito, signori miei. Tutti voi avete investito nella mia società e siete testimoni di straordinari ricavi. Non mi importa nulla di ciò che la stampa pensa di me o della mia società.»

    «Proprio qui sta il problema» gli disse suo zio. «Perché a noi importa. E, al pari tuo, purtroppo la Patrick Industries ha una pessima reputazione.»

    «Entrambe sono immeritate.»

    «Lasciamo stare. Questa non è la tua società, Duncan. Tu ci hai tirati dentro quando avevi bisogno di liquidità per rilevare la quota del tuo socio. Il nostro accordo prevede che tu renda conto a noi.»

    A Duncan non piaceva la piega che stava prendendo la conversazione. Era lui quello che aveva trasformato la Patrick Industries da una modesta attività che si teneva a malapena a galla in un impero a livello mondiale. Lui... non loro.

    «Se per caso mi state minacciando...»

    «No, non ti stiamo minacciando» intervenne un altro membro del consiglio. «Duncan, noi capiamo che c’è una certa differenza tra cinico e senza scrupoli. Ma il pubblico no. Ti chiediamo solo di giocare pulito nei prossimi mesi.»

    «Prendi questa lista» disse suo zio, sventolandogli un pezzo di carta sotto il naso. «È quasi Natale. Devolvi una cifra a favore degli orfani, trova una nobile causa da sposare. Adotta un cucciolo abbandonato. Esci con una bella ragazza, per una volta. Accidenti, non ci interessa che tu cambi veramente. Ciò che conta è quel che si percepisce di una persona. E tu lo sai.»

    Duncan scrollò il capo. «Quindi, non vi importa se sono il più grande bastardo sulla faccia della terra, basta che non lo dia troppo a vedere?»

    «Esattamente.»

    «Uno scherzo da ragazzi» affermò lui, alzandosi in piedi.

    Li avrebbe assecondati per qualche mese, intanto che metteva insieme il denaro necessario per rilevare le quote degli altri componenti del consiglio d’amministrazione. Poi non avrebbe più dovuto curarsi di ciò che la gente pensava di lui. Il che rappresentava precisamente la sua filosofia di vita.

    1

    Annie McCoy poteva accettare una foratura. L’auto era vecchia e avrebbe dovuto sostituire gli pneumatici già la primavera scorsa. Poteva sopportare anche che il piccolo Cody avesse mangiato della terra in cortile durante la ricreazione per poi vomitare sulla sua gonna preferita. E non si sarebbe lamentata per l’avviso che aveva ricevuto dalla società elettrica nel quale le si faceva presente, in modo estremamente educato, che era in ritardo un’altra volta con i pagamenti e che, di conseguenza, le avrebbero aumentato le tariffe. Il problema era che tutto questo era accaduto nello stesso giorno. Possibile che l’universo non riuscisse a concederle un attimo di tregua?

    Standosene in piedi davanti al portico della facciata di casa, controllò rapidamente il resto della posta. Nessun’altra bolletta, a meno che la lettera proveniente dalla UCLA non fosse una tassa scolastica. La nota positiva era che sua cugina Julie frequentava il primo anno in quel prestigioso college. Quella cattiva era l’entità delle rette. Pur vivendo a casa, i costi erano comunque enormi.

    «Un problema di cui mi occuperò in un altro momento» si disse Annie mentre andava verso la porta d’ingresso e la apriva. Una volta dentro, posò la borsa sul tavolino accanto alla porta e lasciò cadere la posta nel contenitore fatto di pasta spruzzata di vernice color oro creato l’anno prima per lei dai bambini della sua classe all’asilo. Quindi si spostò in cucina a controllare la lavagna magnetica cancellabile appesa alla parete.

    Era mercoledì.

    Julie aveva una lezione serale. Jenny, la gemella di Julie, stava svolgendo il suo abituale lavoro part-time presso un ristorante a Westwood. Kami, la studentessa di Guam che ospitavano nell’ambito di un programma di scambi culturali, era andata al centro commerciale con degli amici. Annie aveva dunque tutta la casa per sé... almeno per un paio d’ore. Un paradiso.

    Puntò verso il frigorifero e ne tolse una bottiglia di vino bianco. Dopo essersene versata un bicchiere, si sfilò le scarpe e camminò a piedi nudi fino al cortile sul retro.

    L’erba era fresca sotto i piedi. A ridosso della recinzione era un tripudio di piante e cespugli fioriti. Los Angeles era così. Si poteva far crescere qualsiasi cosa, purché non ci si curasse troppo della bolletta dell’acqua. Annie se ne curava, eccome, ma amava le sue piante. Le ricordavano sua madre, che aveva sempre praticato il giardinaggio con passione.

    Si era appena sistemata sulla vecchia e cigolante altalena di legno accanto alla buganvillea quando udì il suono del campanello. Per un attimo pensò di ignorarlo, poi si rese conto di non poterselo permettere. Tornò dentro, aprì la porta e fissò l’uomo che se ne stava in piedi sotto il portico.

    Era alto e prestante. Il completo di sartoria non gli nascondeva i muscoli delle spalle e del torace. Avrebbe potuto benissimo arrotondare lo stipendio facendo il buttafuori. Aveva i capelli scuri e gli occhi grigi più freddi che avesse mai visto. E pareva decisamente contrariato.

    «E lei chi sarebbe?» le domandò senza nemmeno salutare. «La sua fidanzata? Tim è in casa?»

    Annie fu tentata di mettere le mani a forma di T, tanto per chiedere un time-out. Per fortuna, si rammentò che stava stringendo un bicchiere di vino e riuscì appena in tempo a evitare di rovesciarlo.

    «Salve» disse invece, rimpiangendo di non aver bevuto un buon sorso prima di aprire la porta. «Sono sicura che era così che avrebbe voluto esordire.»

    «Come?»

    «Dicendo buongiorno.»

    L’espressione dell’uomo si incupì. «Non ho tempo per i convenevoli. È in casa Tim McCoy?»

    Il tono non era cordiale e le sue parole non la fecero affatto sentir meglio. Posò il bicchiere sul piccolo tavolo all’ingresso e si preparò al peggio.

    «Tim è mio fratello. Scusi, ma lei chi è?»

    «Il suo capo.»

    «Oh.»

    Non prometteva niente di buono, pensò lei, spostandosi di lato per invitare a entrare il suo interlocutore. Tim non aveva parlato molto del suo impiego relativamente nuovo e Annie non aveva osato fare domande. Tim era... inaffidabile. Poteva essere dolce e premuroso, ma aveva un sesto senso per cacciarsi nei guai.

    L’uomo entrò e diede un’occhiata al soggiorno. Era modesto e un po’ malconcio, ma confortevole, considerò lei. O almeno, questo era quello che si ripeteva sempre.

    A una parete c’erano dei tacchini di carta rimasti dal Giorno del Ringraziamento. Sarebbero spariti non appena avesse cominciato a occuparsi seriamente delle decorazioni natalizie.

    «Io sono Annie McCoy» si presentò, tendendo la mano. «La sorella di Tim.»

    «Duncan Patrick.»

    Si strinsero la mano. Annie cercò di non sussultare quando le grandi dita di lui inghiottirono le sue. Per fortuna, l’uomo non strinse eccessivamente. A giudicare dall’aspetto, avrebbe potuto sbriciolarle le ossa.

    «O macinarle per farne del pane» mormorò lei.

    «Prego?»

    «Oh, no. Niente. Un semplice flash dal mondo delle fiabe. La strega di Hansel e Gretel. Non era lei quella che voleva macinar loro le ossa per farne del pane? O forse era il gigante di Jack e il Fagiolo Magico? Non ricordo bene. Dovrò andare a controllare.»

    Duncan la fissò perplesso e indietreggiò di un passo.

    Lei non poté trattenersi dallo sghignazzare. «Non si preoccupi. Non è niente di contagioso. A volte mi capita di pensare cose strane ad alta voce. Non si beccherà niente per il solo fatto di essere nella stessa stanza con me.» Annie smise di blaterare e si schiarì la gola. «In quanto a mio fratello, non abita qui.»

    Duncan corrugò la fronte. «Ma questa è casa sua.»

    Fra lei e Duncan, chi era quello tardo di comprendonio? «Non abita qui» ripeté lei, scandendo bene le parole. Forse era solo muscoli. Troppo sangue nei bicipiti e non abbastanza nel cervello.

    «Ho afferrato il concetto, signorina McCoy. Dunque, è solo proprietario della casa?»

    Ad Annie non piaceva la piega che stava prendendo la conversazione. Andò verso la poltrona accanto alla porta e si aggrappò allo schienale. «No. Questa è casa mia.» Si sentiva prossima a un attacco di panico e avvertiva una certa agitazione chiuderle lo stomaco. «Perché me lo chiede?»

    «Sa dov’è suo fratello?»

    «Al momento, no.»

    Era una brutta faccenda, pensò terrorizzata. Intuiva che doveva trattarsi di qualcosa di molto spiacevole. Duncan Patrick non pareva il genere d’uomo che si faceva vivo per capriccio. Il che significava che stavolta Tim doveva aver combinato qualcosa di particolarmente stupido.

    «Mi dica un po’» buttò lì lei. «Che cosa ha fatto?»

    «Ha sottratto indebitamente

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