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Pose provocanti (eLit): eLit
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E-book370 pagine5 ore

Pose provocanti (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Hell's Height 8
Luke Bellen è l'ultimo degli Hell's Height rimasto scapolo e cederà solo di fronte a una travolgente passione...

Essendo senza legami familiari, Luke è l'unico degli Hell's Eight in grado di compiere il pericoloso attraversamento dei territori Comanche, in cui si vive l'esistenza dura e spietata che lui spesso narra nei suoi romanzi. Sul punto di partire, però, si unisce all'avventura la sensuale fotografa Josey Kinder e Luke capisce subito che non avrà più un momento di pace.
Josey è una donna intelligente, formosa e provocante, con un talento innato per infilarsi in situazioni rischiose alla ricerca dello scatto perfetto. Luke è certo che non riuscirà a sopravvivere in un ambiente ostile come il West, ma sa anche che è una donna che non permette a nessuno di decidere cos'è meglio per lei... nonostante dietro ai battibecchi tra loro si celi un potente e travolgente desiderio.
LinguaItaliano
Data di uscita1 ott 2019
ISBN9788830504745
Pose provocanti (eLit): eLit
Autore

Sarah Mccarty

Esperta conoscitrice del selvaggio Texas al tempo dei pionieri.

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    Anteprima del libro

    Pose provocanti (eLit) - Sarah Mccarty

    1

    Simple, Texas, agosto 1861

    Dannazione! Un uomo che aveva vent'anni più di lui gli aveva soffiato una donna da sotto il naso. Appoggiato alla colonnina della veranda, Luke Bellen osservava il biondo e distinto vincitore che faceva sfoggio della preda. Il ranch, che normalmente era un posto tranquillo, era immerso nel caos dei festeggiamenti per le nozze di Hester con Jarl Wayfield. Proprio lì a Hell's Eight, davanti a Dio, al sacerdote e a mezza città. Nessuno l'avrebbe mai previsto.

    Però Luke doveva ammettere che, nelle ultime settimane frenetiche di panico e preparativi nuziali dell'ultimo minuto, le donne erano riuscite ad ammorbidire l'ambiente rude e virile della fattoria. Di sicuro non aveva mai visto quell'atmosfera festosa a Hell's Eight.

    Una lieve brezza accarezzava le cravatte degli uomini eleganti e faceva ondeggiare le gonne ampie delle donne e gli allegri fiocchi rosa legati a tutte le colonnine. Gli invitati sorridenti si erano agghindati con i vestiti della domenica e Luke non faceva eccezione. Però per qualche oscuro motivo quella giornata e i festeggiamenti lo mettevano di pessimo umore.

    Non importava il fatto che Jarl non fosse veramente un suo rivale o che in fondo lui fosse contento per la sposa, né che non gli facesse piacere perdere perché gli insegnamenti di suo padre erano radicati in lui. Bevve un sorso di limonata e fece una smorfia, assaporando il gusto amaro della verità. In realtà era invidioso. Se ci avesse tenuto a sufficienza, a quell'ora ci sarebbe stato lui accanto a Hester, a ringraziare gli invitati. Forse gli auguri sentiti e calorosi sarebbero riusciti a riempire il pozzo senza fondo che aveva dentro e che lo spingeva a cercare sempre qualcosa di più. Forse sarebbe stato appagato e non avrebbe provato quella smania di andare sempre oltre.

    Sarebbe stato più facile accettare di avere perso se Hester avesse scelto Jarl perché era più facoltoso e prestigioso di Luke, ma il denaro non era la motivazione che aveva spinto la donna a sposare Jarl. Hester aveva più spavalderia di sei cowboy ubriachi il sabato sera, era uno degli aspetti della sua personalità che l'aveva attratto maggiormente. Era svelta a cogliere al volo ogni occasione, ma era anche intuitiva, pragmatica; aveva capito che l'interesse di Luke non era sufficientemente solido e si era rivolta a qualcuno che potesse offrirle il suo cuore insieme alla sua mano. Luke fece roteare la limonata nel bicchiere, osservando il gioco di luce nel liquido. Perché non era stato in grado di offrire a Hester ciò che desiderava?

    L'ultimo gradino emise lo scricchiolio che gli era ormai familiare da nove mesi. Luke alzò lo sguardo e vide Ace che si avvicinava.

    «Hai l'aria di avere bisogno di qualcosa di più forte» osservò l'amico. I raggi del sole fecero risplendere il whisky nella bottiglia che aveva in mano mentre si appoggiava alla balaustra del porticato dall'altro lato.

    Luke spinse all'indietro il cappello da cowboy. «Come fai a saperlo?»

    Un lampo sagace illuminò gli occhi azzurri di Ace mentre stappava la bottiglia. «Non sei uno che sappia perdere e fare buon viso a cattivo gioco.»

    Luke vuotò il bicchiere buttando la limonata da sopra la ringhiera. «L'età che avanza cambia il carattere.»

    Ace fece una smorfia e gli riempì il bicchiere di whisky. «Devi avere bevuto almeno mezza bottiglia per dire simili stupidaggini.»

    «La prossima settimana compirò trentadue anni.» E oltre a una ventina di romanzi e al suo posto a Hell's Eight, non aveva altro nella vita.

    «Vuoi dirmi che sei troppo vecchio per mettere a soqquadro il paese?»

    No, però non si divertiva più come un tempo. «La differenza è che ora impiego giorni e giorni a riprendermi.»

    Anche Ace si riempì il bicchiere. «Che tu abbia trentadue anni o no, solo uno sciocco scommetterebbe contro di te se fai a botte con qualcuno.»

    Luke scrutò Ace da capo a piedi, dal cappello Stetson malconcio alla camicia celeste, e giù lungo i pantaloni fino agli stivaletti graffiati. L'unica concessione alla festa era un cravattino sottile. Sarebbe stato inutile fargli notare che i giocatori d'azzardo erano tipi azzimati. Ace faceva a modo suo, aveva sempre fatto così e l'avrebbe sempre fatto. Però Luke si divertiva comunque a punzecchiarlo.

    «Tu, piuttosto, dopo avere annientato Jarl a poker la scorsa settimana, non potevi permetterti un vestito nuovo?»

    Ace sorrise. «L'hai saputo?»

    «Una partita ininterrotta di ventisei ore? Credevi che non fosse sulla bocca di tutti?»

    Il sorriso di Ace si trasformò in un ghigno scaltro. «Era ciò che speravo.»

    Luke sapeva che Ace lo faceva di proposito, per attirare altri polli da spennare. «Conti sull'arrivo di giocatori speranzosi di sfidarti in un duello con cinquantadue carte, eh?»

    «Esatto. Petunia vuole dei mobili nuovi. Dice che ora che abbiamo dipinto le pareti l'arredamento che abbiamo è vecchio e triste, secondo lei.» Ace bevve un sorso e scosse la testa. «Come fanno i mobili a essere tristi

    Luke ridacchiò. «Non ne ho idea. Gliel'hai chiesto?»

    Ace lo fulminò con lo sguardo. «Sarò anche sposato da poco, ma non sono stupido.»

    L'inverno prima, Ace aveva sposato la figlia di Jarl, Petunia Wayfield. Il mondo diventava piccolo quando si restava nello stesso posto troppo a lungo. Tutti finivano per conoscersi e imparentarsi tra loro.

    «Be', Petunia è una donna decisa.»

    Ace sollevò il bicchiere per esprimere il suo assenso. «Di' pure testarda

    «Senti chi parla!» L'amore tra Ace e Petunia era sbocciato anche grazie a una buona dose di compromessi. Luke non aveva mai visto due persone più determinate di loro a far valere ciascuna il proprio punto di vista, divertendosi a bisticciare. Aveva sempre dubitato che esistesse una donna capace di tenere testa ad Ace, ma Petunia l'aveva smentito perché aveva donato un certo equilibrio all'amico, e lui a lei.

    «Perché?»

    Luke lo guardò, aveva i capelli castani troppo lunghi e gli abiti sciupati. Ace era bello ma non badava all'eleganza. «Perché non sei venuto all'appuntamento con il mio sarto, per esempio.»

    «Sono un uomo impegnato.»

    Solo fino a un anno addietro Ace era uno scapolo impenitente e un giocatore d'azzardo che abitava sopra al saloon. Ora aveva una moglie, una casa e la responsabilità di una scuola per i bambini meno fortunati.

    «Non sei solo impegnato, sei la prova vivente del fatto che l'esistenza di una persona può cambiare in un batter d'occhio.» Bevve un sorso di whisky. Non era sicuro di cosa provasse a quel riguardo.

    «Non tutto cambia. Noi no» disse Ace, serio.

    Luke toccò il bicchiere di Ace con il suo. «Noi no» convenne, sentendo sulle spalle il peso di quella bugia.

    Erano amici per la pelle sin da quando si erano incontrati fuori dall'edificio di una sola stanza che fungeva da chiesa, scuole e municipio del paesino al confine con il Messico in cui il padre di Luke si era trasferito con la famiglia. Erano innocenti a quei tempi, protetti dai genitori, ignari della tensione tra l'esercito messicano e i texani. Luke e Ace erano due amici che godevano delle bellezze del luogo in cui vivevano. La loro amicizia successivamente era stata messa a dura prova dalla guerra, ma nulla aveva cambiato il loro legame, né il massacro delle loro famiglie a opera dell'esercito messicano che aveva razziato il villaggio, né gli anni in cui gli otto ragazzini sopravvissuti, diventati uomini, si erano impegnati nella vendetta, costruendo la reputazione degli Hell's Eight. Neppure gli ultimi anni in cui erano passati da spietati Texas Ranger a tranquilli proprietari di ranch. Tuttavia questa stabilità stava lentamente allontanando Ace e gli altri da Luke, portandoli in una dimensione a lui non congeniale. C'era poco da fare, non si sentiva al suo posto tra gli Hell's Eight come un tempo.

    «Almeno avresti potuto lucidare gli stivali.»

    «I tuoi sono lucidi per tutti e due.»

    Luke gli porse il bicchiere ormai vuoto per farglielo riempire.

    «In teoria dovresti essere tu a versare da bere» gli fece notare Ace.

    «L'ho fatto alle tue nozze.»

    «Non conta, riempire i bicchieri a un matrimonio è compito del testimone.» Ace versò il whisky in entrambi i bicchieri, poi posò la bottiglia sulle assi di legno della veranda e assunse un'espressione seria come il suo tono quando commentò, indicando la festa con un cenno del mento: «E a te sta bene?».

    Ace si preoccupava troppo. «Perché non dovrebbe?»

    «Forse perché qualche tempo fa mi dicevi che avresti dato qualsiasi cosa pur di avere accanto a te una brava donna con cui sistemarti e mettere su famiglia.»

    Accidenti a lui e alla sua memoria infallibile! «Quando l'ho detto ero sicuramente ubriaco.»

    «Non avevi bevuto tanto.»

    Luke emise un mugugno.

    «Si diceva che ti piacesse Hester.»

    Era chiaro che Ace fosse preoccupato per lui. «Aveva del potenziale.»

    «Non è da te sottovalutare le situazioni.» Ace gli lanciò un'occhiata

    Luke posò lo sguardo sugli sposi che si tenevano per mano e si sorridevano gioiosi. Era indubbio che fossero una bella coppia felice. Avvertì l'ennesima fitta del dubbio e dell'incertezza, ma allontanò in fretta quel vago rammarico. Chiedersi cosa sarebbe successo se avesse fatto scelte diverse era solo una perdita di tempo. «La verità è che non sono mai stato veramente un concorrente temibile per tuo suocero.»

    Stavolta fu Ace a emettere un mugugno poco convinto, prima di passare a un altro discorso. «Hester è cambiata tanto, no?»

    «Ha fatto molti progressi.»

    A guardarla ora, con indosso un bell'abito rosa chiaro che creava un perfetto contrasto con i riccioli rossi, si stentava a credere che fosse stata abbandonata dal marito e costretta a prostituirsi per mantenere i figli. A Simple si erano scandalizzati tutti quando Jarl, allora suo fidanzato, aveva presentato richiesta di divorzio a nome di Hester per liberarla da qualsiasi legame con il marito, che nel frattempo si era già risposato. Era stato un gesto audace che era costato al sindaco la sua posizione e la seconda famiglia, ma Jarl Wayfield era un tipo deciso, che proteggeva ciò a cui teneva, e Luke lo rispettava per questo.

    «Dougall avrebbe dovuto comportarsi bene nei confronti di Hester invece d'infangarla.»

    Ace fece un brindisi muto ai nuovi sposi levando il bicchiere. «Un uomo che sa vendicarsi merita tutto il rispetto.»

    «Be', dovunque sia quel cretino di Dougall ora, sicuramente avrebbe preferito che Jarl fosse stato meno efficiente, perché la sua arroganza gli è costata cara.»

    Dougall era sgattaiolato via da Simple nel cuore della notte dopo lo scandalo. Dopo che la notizia di ciò che Hester si era ritrovata a dover fare era diventata di dominio pubblico non avrebbe mai potuto mantenere uno straccio di reputazione. A maggior ragione dopo che Jarl aveva pagato a sue spese dei manifesti espliciti con su scritto RICERCATO che erano stati affissi dappertutto in zona. Jarl non aveva intenzione di dargli pace.

    Luke bevve un altro sorso di whisky ma stavolta senza fare una smorfia. Il liquore rendeva qualsiasi pensiero più sopportabile. «Ora siamo in debito con Jarl. Gli Hell's Eight lo erano già con Hester per aver protetto Petunia quando quell'ubriacone di Brian aveva tentato di ucciderla.»

    «Petunia è intervenuta solo dopo avere scoperto che Brian picchiava il figlio quando perdeva al gioco... cioè praticamente ogni sera» gli rammentò Ace.

    «Non devi difendere il suo operato» lo acquietò Luke. «Sono venuto con te a prenderlo, ricordi?» Digrignò i denti, ripensando all'aria spaventata del bambino mingherlino e vestito di stracci, quando erano arrivati alla baracca dove abitava con il padre. Certi uomini non erano degni dei propri figli. «Però ciò non toglie che, agli occhi di Brian, lei gli ha portato via il figlio.»

    «Com'era giusto che fosse» replicò con aria cupa Ace, da sempre protettore dei bambini e degli emarginati.

    «Sì, ma non so ancora se tua moglie sia stata coraggiosa o imprudente. Molti uomini eviterebbero di opporsi a Brian, che è noto per il suo caratteraccio collerico, invece Petunia non ha esitato.»

    L'espressione di Ace si addolcì leggermente, come sempre quando pensava a sua moglie. «Di certo è una temeraria.»

    «Come te» sorrise Luke.

    Ace lo guardò con la coda dell'occhio. Come previsto, la sua replica non tardò ad arrivare. «Preferisco il rischio calcolato alle azioni impulsive» sentenziò.

    Luke trattenne un sorriso divertito. «Sì, sì... Resta il fatto che il bambino sta molto meglio ed è più contento a vivere nell'orfanotrofio aperto da Petunia.»

    «Non farti sentire da Petunia che chiami orfanotrofio la sua scuola o ti rovescerà il whisky a terra.»

    Luke sospirò. «Quella donna non ha alcun rispetto per un buon liquore.»

    «Neanche un po'. Piuttosto, ti rendi conto che ora siamo in debito con Jarl che, occupandosi di Dougall, ha ricambiato al nostro posto il favore che ci ha fatto Hester?»

    «Eh, sì.» Il Texas non era posto per persone deboli. Era una terra aspra e ostile in cui era necessario allearsi con i più forti per sopravvivere. Anche se Jarl veniva dalla costa orientale ed era un uomo di città, si era dimostrato resistente e determinato quanto loro.

    Luke bevve un sorso. Il liquore gli bruciava in gola, come se cercasse di fugare la sua malinconia mentre era circondato dall'allegria degli invitati alle nozze. Assisteva alla felicità altrui, così vicina ma fuori dalla sua portata. I matrimoni erano proprio deprimenti...

    Tra le risate udì una voce femminile che si levava argentina e gli accarezzò i sensi come un guanto di seta. Quando la riconobbe ebbe un fremito. Era la fotografa, Josie Kinder. Scrutò i volti finché non la individuò. Jarl l'aveva fatta venire dall'est; il suo dono di nozze per Hester era quello di averla ingaggiata per immortalare la loro unione con le sue fotografie. Tutti gli ospiti erano entusiasti della prospettiva di avere la propria immagine stampata su una lastra di metallo, e Josie era altrettanto contenta di realizzare i ricordi di quel giorno felice.

    Chissà perché, Luke era attratto dalla fotografa. Era strano, perché a prima vista era una ragazza insicura, priva di eleganza nell'abbigliamento e dai modi goffi. Tuttavia quando tirava fuori la macchina fotografica cambiava in maniera indefinibile e il suo fascino era tanto misterioso quanto provocante. Rappresentava una sfida per Luke, e lui non si tirava mai indietro davanti a una sfida.

    Luke la seguì con lo sguardo mentre dava indicazioni ai soggetti da fotografare affinché prendessero posto; le piume del suo cappellino adorno di nastri ondeggiavano mentre si affannava a mettere in posa gli invitati. Sembrava una bambina che dava ordini agli adulti, ma quando si girò di profilo, mostrando le sue curve procaci, la ragazzina si trasformò in una donna dal fisico voluttuoso e seducente.

    Ace seguì la direzione del suo sguardo e sollevò le sopracciglia, scostando il cappello all'indietro. «Ah, è così che stanno le cose, dunque.»

    Luke ignorò il suo sogghigno. Avere degli amici stretti significava essere conosciuto bene, anche troppo.

    «Non ficcare il naso nei miei affari, Ace» borbottò.

    «Come hai fatto tu con me?»

    «No.»

    Josie era affaccendata e Luke non poté fare a meno di guardarla mentre cercava di tenere tutti al loro posto, quando si muovevano impazienti. Qualunque cosa servisse per fare una fotografia, non era una faccenda rapida. Josie inciampò nella gonna e subito gli uomini presenti si precipitarono a sorreggerla, ma lei sembrava non curarsi delle loro attenzioni. Luke notò la loro delusione quando si aggrappò al palo per legare i cavalli e riprese l'equilibrio da sola. Tuttavia la sua esasperazione fu evidente quando si voltò e vide che la composizione perfetta della sua foto di gruppo era rovinata.

    «Non dovete muovervi!» protestò.

    Luke sorrise mentre Josie si metteva di nuovo in posizione e allontanava i soccorritori frustrati. Sarebbe stato un miracolo se fossero riusciti ad avere una foto prima del tramonto. Contemplandola con ammirazione, avvertì un certo rimescolio sensuale. Quando era irritata era ancora più carina.

    «Non credevo che fosse il tuo tipo» commentò Ace.

    Alla fine Josie si abbassò con la testa sotto la tendina attaccata alla macchina fotografica. In quella posa gli offriva un'allettante visuale del suo notevole fondoschiena. Il corpo di Luke ebbe nuovamente un fremito.

    «Tutte le belle donne sono il mio tipo.»

    Ace emise un mugugno carico di scetticismo.

    Luke rivalutò la sua decisione iniziale di non avere niente a che fare con la bella fotografa. Sarebbe valsa la pena sedurla per passare un paio di notti tra le sue braccia prima del suo ritorno a est. Non era una ragazzina; doveva avere circa venticinque anni. Il fatto che fosse venuta in Texas a fare un servizio fotografico indicava che era un tipo indipendente. Pregustare la possibilità di conquistarla lo riempì di eccitazione. Da tanto tempo non incontrava una donna in grado di suscitargli tanto interesse.

    Ace poggiò un piede sull'ultima sbarra della ringhiera che circondava la veranda e cambiò argomento. «Ti ho mai detto che ho letto i tuoi libri?»

    Accidenti! Luke detestava che si sapesse che scriveva romanzi ambientati nel selvaggio West, molto apprezzati dagli annoiati cittadini dell'est. Ancora peggio, odiava che chi lo conosceva li leggesse. La sua attività di romanziere era l'unico punto di contatto che ancora aveva con il periodo precedente al massacro, ed era lontanissima dalla vita che gli era stata imposta e che poi aveva scelto. I suoi libri lo aiutavano a tenere vivo il sogno che sua madre aveva avuto per il suo futuro.

    «No.»

    Ace scosse la testa e sospirò. «Non so perché tu sia tanto riservato al riguardo e lo tenga segreto.»

    Luke scrollò le spalle. Come avrebbe potuto spiegare il proprio imbarazzo?

    «Ti conosco da quando avevamo tre anni» osservò Ace, esasperato. «Da prima che l'esercito messicano distruggesse il nostro villaggio e la nostra vita. Ero con te quando abbiamo seppellito i nostri genitori, e tu eri con me quando ho pianto per i miei. Mi hai persino portato di peso mia moglie quando aveva puntato i piedi con ostinazione.»

    «Cosa ti aspettavi che facessi? Ti stavi sacrificando inutilmente e lei era su tutte le furie.»

    «Perciò l'hai praticamente rapita e me l'hai portata in camera?»

    «Mi è parso il modo più rapido per riportare la pace tra voi.»

    Ace scosse la testa e bevve un sorso di whisky. «Sei un tipo volitivo e sbrigativo, e una donna che voglia tenerti testa deve avere lo stesso carattere forte.»

    Forse Ace lo conosceva veramente troppo bene. Tutti gli Hell's Eight si erano sistemati e avevano una vita tranquilla, da Caine al più selvaggio di tutti, Shadow. Tutti tranne Luke.

    «Avere un carattere volitivo non consente spesso di avere un comportamento accettabile.»

    «Luke, ci sono mille modi diversi d'interpretare ciò che è accettabile per ognuno di noi. Devi solo trovare una donna che la pensi come te. Hester è una brava persona, ma tutto ciò che vuole è una graziosa casetta e bere una limonata in veranda con un uomo che l'ama. Tu non sei fatto per questo.»

    «Avrei potuto impegnarmi per volerle bene.» Luke non sapeva perché insistesse a dare torto all'amico. Forse perché non voleva che Ace avesse ragione, oppure semplicemente desiderava essere convinto da lui.

    Ace scrollò le spalle. «Forse avresti finito per volerle abbastanza bene, ma lei non avrebbe potuto amarti come tu vuoi.»

    «Cosa te lo fa credere?»

    «Il fatto che mi abbia mandato da te.»

    «E perché? Sta baciando suo marito!»

    Ed era vero. Hester stava baciando Jarl con tutto il trasporto con cui Luke avrebbe voluto essere baciato dalla sua donna e che avrebbe voluto provare ma non aveva mai sentito nel cuore. A volte si chiedeva se non fosse morto dentro, un fantasma di se stesso, un vuoto simulacro.

    Ace prese dalla tasca un biglietto e glielo porse. «Mi ha chiesto di darti questo.» Luke prese il foglio piegato con cura e, mentre lo apriva, Ace aggiunse: «Come scrive lei, hai bisogno di qualcuno che possa amarti così come sei».

    Luke sollevò un sopracciglio. «L'hai letto?»

    Ace non parve neanche imbarazzato. «Certo.»

    Certo. A volte era uno svantaggio avere dei legami d'amicizia tanto forti. «Allora dovrò mettermi subito alla pari con te.»

    Lesse il biglietto di Hester, poi lo piegò.

    «Non poteva darti ciò di cui hai bisogno» disse Ace in tono indulgente.

    Luke annuì, spostando lo sguardo oltre i festeggiamenti, oltre il ranch, verso gli ampi spazi aperti con le montagne sullo sfondo. «Lo so.»

    L'irrequietezza contro cui lottava da mesi si risvegliò dentro di lui e alimentò una trepidazione incontenibile. Era da tanto tempo che non viveva un'avventura delle sue. Ora che Ace era sposato e Hester era fuori dalla sua portata, aveva ben pochi motivi per restare a Simple. Anzi, praticamente nessuno.

    Tornò a puntare lo sguardo su Josie che, tirata fuori la lastra dalla macchina fotografica, correva al carretto dove teneva la sua attrezzatura. Quando non era impegnata a fotografare non era un tipo che si notasse. Era tanto timida che Luke non sapeva ancora di quale colore avesse gli occhi, ma quando utilizzava quel trabiccolo di legno emergeva la vera Josie. Spariva la fanciulla che arrossiva e balbettava e al suo posto c'era una donna che sapeva ottenere ciò che voleva.

    Era una contraddizione affascinante. Intravedere la sua forte personalità sotto la timidezza era come intuire un intreccio inatteso nella trama di un romanzo con un mistero da risolvere. Josie rappresentava una tentazione, una sfida nascosta dietro un'apparenza insignificante. L'intuito di Luke gli diceva che la sua riservatezza era solo costruita e che sotto c'era molto di più. Avrebbe voluto parlare con lei, scoprire se la sua mente fosse tanto attraente quanto il suo fisico, ed era sicuro di sì.

    La seguì con lo sguardo mentre inciampava salendo sul carretto. Sapeva che si sarebbe voltata a guardarlo con sospetto, come se fosse sua la colpa della propria goffaggine. Forse era così, forse si era accorta di essere fissata, così come Luke sospettava che anche lei avesse sbirciato nella sua direzione un paio di volte.

    Al pensiero di partire per una nuova peripezia fu colto da una fitta di rammarico. In quel modo Josie sarebbe stata un'esperienza mancata; non aveva né il tempo né la pazienza di avere un'avventura. La giovane salì sul carro con piglio deciso e Luke tornò improvvisamente sulla sua decisione. Certe sfide dovevano essere colte al volo.

    La stava fissando. L'uomo elegante con le spalle ampie e lo sguardo di sfida la stava guardando. Josie sentiva addosso i suoi occhi come dita che le sfioravano sensualmente la pelle, cercando una reazione che non tardò ad arrivare, perché le tremavano le mani e aveva i muscoli irrigiditi. Se l'avesse toccata avrebbe sentito il calore del suo corpo, avrebbe notato le sue guance arrossate. Dio, forse poteva accorgersene anche da lì. Chinò il capo per coprire il volto con l'ombra della cuffietta e non rivelare il proprio rossore.

    Per quanto lo implorasse mentalmente di distogliere lo sguardo da lei, lui continuava a mantenerlo. Era ancora più confusa e a disagio, soprattutto perché conosceva l'identità di quell'uomo. Luke Bellen, uno dei famigerati Hell's Eight, uomini rudi e coraggiosi, che vivevano nel pericolo e facevano collezione di donne. A quel pensiero un brivido le percorse la schiena. Non voleva essere uno dei tanti fiori colti da un Hell's Eight.

    Bugiarda, l'accusò una voce interiore.

    «Traditrice» bisbigliò alla propria coscienza. L'ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento era una tentazione che la distraesse dal lavoro che era venuta a fare, sopportando anche un lungo viaggio per arrivare fin lì. Era venuta a commemorare le nozze dello zio Jarl. Robusto, imponente, aitante e forte uomo d'affari, Jarl Wayfield le era caro; non era suo parente di sangue, ma era la persona più simile a una figura paterna che avesse mai avuto. Tra loro si era sviluppato un legame sin da quando aveva corteggiato sua madre. Anche al termine della loro relazione era rimasto presente nella vita di Josie, che aveva ormai smesso di desiderare che fosse veramente suo padre e aveva accettato la sicurezza che le offriva.

    Probabilmente era l'unico che avesse colto il desiderio di avventura che si celava dietro la sua forte timidezza, e l'aveva stimolata a farlo emergere, portandola via dall'ambiente angusto della cittadina in cui era nata e dalla soffocante presenza della sua autoritaria genitrice. Senza il suo invito non avrebbe avuto quell'occasione di vedere le terre del West e dare libero sfogo alla sua passione per la fotografia. Gli doveva molto, troppo per permettere alla tentazione rappresentata da quell'uomo alto e bruno, dalle spalle possenti e dai fianchi snelli, di distoglierla dal suo incarico. Sentendo ancora su di sé il peso dello sguardo di Luke Bellen, si affrettò verso il carro, rischiando di far cadere la lastra del ferrotipo.

    Il carretto era stato un acquisto estemporaneo, ma non aveva molto tempo a disposizione per sviluppare le immagini e, per esperienza, sapeva che in una casa nessuno avrebbe rispettato la sua necessità di oscurità: c'era sempre qualcuno che le faceva luce durante quel procedimento delicato. Quelle fotografie, però, erano troppo importanti e non poteva correre rischi. Per lei contava moltissimo l'opportunità che le aveva dato Jarl affidandole l'incarico di realizzare le sue foto di nozze. La fiducia che riponeva nella sua capacità di catturare per sempre quei momenti preziosi aveva dato la spinta necessaria alla sua vacillante sicurezza.

    Essere stata piantata in asso dall'uomo con cui credeva di essere fidanzata con discrezione da cinque anni era stato un duro colpo, una vera vergogna. Era stata sciocca e ingenua a farsi convincere da Jason a tenere segreto il loro fidanzamento. In tal modo era stata sua complice nell'umiliazione che aveva subito quando lui aveva annunciato il suo fidanzamento con un'altra e, ancora peggio, aspettandosi che lei capisse. Ma lei non era stata affatto comprensiva; avrebbe voluto ucciderlo.

    Con una smorfia, aprì lo sportello posteriore del carretto da ambulante e vi salì, ma le scivolò un piede e sbatté il ginocchio sul bordo di metallo. Trattenne un grido e le lacrime. Detestava essere emotiva, ma ancor più le dava fastidio essere maldestra. Era decisamente goffa quando si sentiva osservata, perciò in realtà era tutta colpa di Luke Bellen.

    Tenendo stretta la lastra, girò la testa per dare un'occhiata da sopra la spalla alla causa del suo turbamento. Luke la fissava senza neanche avere la decenza di dimostrare il minimo rimorso. Era lì in veranda, appoggiato con disinvoltura

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