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Al cuore si comanda?: Harmony Jolly
Al cuore si comanda?: Harmony Jolly
Al cuore si comanda?: Harmony Jolly
E-book149 pagine2 ore

Al cuore si comanda?: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

Ti vedo e ti amo. Il mio amore per te è nato nello spazio di un attimo, ma durerà in eterno.

Elspeth ha una mente scientifica, da futura dottoressa di successo. E secondo i calcoli che ha fatto lei non potrà mai avere il suo "e vissero felici e contenti". Quindi, perché non regalarsi una romantica e folle notte con uno sconosciuto durante un matrimonio? Basta non scoprirsi innamorata al risveglio, neppure se il suo lui è l'affascinante Fraser, il testimone dello sposo... Inaspettatamente, però, quando si ritrova catapultata tra le braccia del misterioso scozzese non solo il suo cuore non gli è indifferente come vorrebbe, ma persino i suoi sentimenti non le ubbidiscono più!
LinguaItaliano
Data di uscita20 gen 2020
ISBN9788830509801
Al cuore si comanda?: Harmony Jolly

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    Anteprima del libro

    Al cuore si comanda? - Ellie Darkins

    successivo.

    1

    «Allora, chi dei due non le va a genio, la sposa o lo sposo?»

    Elspeth aggrottò la fronte all'udire la voce di uno sconosciuto alle sue spalle. Si voltò e si rese conto che aveva già notato prima quel tizio. E come avrebbe potuto non notarlo? Si stagliava persino in quel mare di kilt. Era ben più alto e robusto della maggior parte dei presenti al Royal Botanic Garden di Edimburgo, e i suoi capelli rossi, che dovevano essere stati richiamati all'ordine in qualche modo, quella mattina stavano già mostrando segni di insofferenza.

    Con la bocca mezza aperta per dirgli di lasciarla in pace, Elspeth si rese conto tuttavia che l'uomo stava già spostando una sedia vicino a lei, con la sicurezza di chi si sente perfettamente a proprio agio indossando un gonnellino.

    «Nessuno dei due, ovviamente» rispose con un sorriso tirato, consapevole di trovarsi a quel matrimonio solo per salvare le apparenze, e chiaramente senza riuscire a essere convincente, visto che persino un perfetto estraneo si era reso conto del suo malumore.

    «Allora perché sembra così infastidita?»

    «Potrebbe essere la mia espressione abituale.»

    Non sapeva nemmeno perché gli stesse dando corda, visto che la cosa non lo riguardava affatto. Era riuscita a mantenere il sorriso per ben sei ore nella giornata più atroce della sua vita e non era certa di avere voglia di aprirsi con una persona che non avrebbe rivisto più.

    «È una lunga storia» sospirò, chiedendosi perché non avesse ancora dato un taglio a quella conversazione. Forse perché a quel ricevimento si sentiva estremamente vulnerabile, o forse perché quel giorno era annotato sulla sua agenda come il mio matrimonio e perché quello era il posto che aveva scelto per festeggiarlo, i fiori erano quelli scelti da lei e il menu quello che lei aveva gustato poco meno di un anno prima.

    In effetti tutto si stava svolgendo come la festa nuziale che aveva programmato da tempo e che aveva mandato a monte solo sei mesi prima, quando aveva rotto con il suo fidanzato.

    Ricordava di essere andata al lavoro la mattina dopo la rottura, con gli occhi rossi e gonfi per le lacrime e la notte insonne, quando Janet, il suo capo, le aveva mostrato con orgoglio un enorme solitario. E prima ancora che potesse rendersi conto di quello che succedeva, la sua responsabile si era proposta di occuparsi delle sue prenotazioni, in modo da non rimetterci la caparra, fornendole la possibilità di sposarsi il prima possibile.

    La cerimonia era più fastosa di quello che Elspeth aveva previsto, e doveva essere costata il triplo, ma nel suo insieme era la stessa cosa, perciò era stata una tortura per lei.

    Non che avesse rimpianti: non poteva permettersi di perdere i soldi della cauzione, e così aveva fatto buon viso e cattivo gioco. Se solo non avesse avuto bisogno di fare buona impressione sui colleghi nella speranza che le venisse offerto un lavoro fisso, non si sarebbe presentata. Invece la sua presenza alla festa era necessaria, ma la cosa ancora più importante era che il suo capo non si rendesse conto di quanto le pesasse trovarsi lì.

    Pareva proprio che stesse facendo un pessimo lavoro nel dissimulare i propri sentimenti. Per fortuna Janet aveva altro a cui pensare. Adesso doveva solo trovare un modo per liberarsi di quel tizio. L'ultima cosa di cui sentiva il bisogno era la compagnia. Doveva tenere duro fino al taglio della torta e poi sarebbe potuta tornare a casa.

    Quello di cui aveva bisogno era un drink.

    Si alzò e si diresse al bar, domandandosi se il tizio l'avrebbe seguita. La parte ragionevole di lei si augurava di no, ma quella più avventurosa e sfrontata era decisamente intrigata e aveva voglia di lasciare da parte le mille precauzioni che prendeva abitualmente.

    «Se non detesta nessuno dei due, allora cosa c'è che non va?»

    Elspeth avvertì una morsa allo stomaco e la sua vicinanza le fece rizzare i peli della nuca. Non c'erano dubbi: era contenta che non si fosse dato per vinto.

    «Non sono sicura di avere voglia di parlarne con lei» affermò sollevando un calice di champagne e portandoselo alla bocca.

    Lui le rivolse un sorriso rilassato, afferrò a sua volta un calice dal vassoio d'argento e si appoggiò a una colonna.

    «Mi permetterà almeno di aiutarla a distrarsi?»

    Oh, quando voleva.

    La sua immaginazione iniziò a cavalcare a briglie sciolte e non c'erano dubbi che fosse ben disposta.

    Lo scrutò da vicino. «E perché dovrei farlo?»

    Perché il suo corpo le stava gridando a gran voce e in maniera inequivocabile che era quello che desiderava e non c'era motivo per rinunciare a un attimo di piacere in quella giornata orribile.

    Lui era ancora appoggiato alla colonna, disinvolto e casual. «Magari perché anch'io sono qui controvoglia. Detesto i matrimoni e non capisco come si faccia a divertirsi. Pensavo che avere una complice potesse essere divertente.»

    Elspeth lo guardò con gli occhi ridotti a una fessura. Tutto quello di cui aveva voglia era andarsene, ma visto che non poteva farlo fino alla fine della festa, tanto valeva fare qualcosa di alternativo. A maggior ragione, visto che il suo sguardo era continuamente attirato dai polpacci muscolosi che spuntavano da sotto il kilt, dal modo in cui i suoi capelli continuavano a ribellarsi a ogni forma di controllo e per non parlare del modo in cui quei due grandi occhi verdi la stavano scrutando.

    «Una complice? Che cosa ha in mente?» gli chiese. «Personalmente preferirei evitare di farmi arrestare, quindi se possiamo restare nell'ambito del legale...»

    «In tal caso, che ne direbbe di ballare?»

    Elspeth gettò un'occhiata alla pista da ballo che si stava riempiendo di invitati. «Tutto qui? Sarebbe questo il suo grande piano diversivo?»

    Lui seguì il suo sguardo. «Non posso darle torto. Allora cosa ne direbbe di prendere una bottiglia di qualcosa e di sgattaiolare fuori per esplorare il giardino?»

    Elspeth si guardò intorno rendendosi conto che il bar non era sorvegliato e che i presenti erano ancora concentrati sui novelli sposi al centro della pista. Con un sorriso al suo complice, afferrò con nonchalance una bottiglia di champagne, poi nascose il braccio dietro la schiena.

    «Oh, che coraggiosa. A proposito, io mi chiamo Fraser e credo che essere complici di un crimine ci autorizzi a darci del tu.»

    Lei gli rivolse uno sguardo divertito. «Non so di cosa parli, ma credo di avere bisogno di una boccata d'aria fresca, e tu?»

    Elspeth avvertì un brivido quando Fraser le cinse le spalle con una coperta presa in un cestino e si guardò intorno per accertarsi che nessuno li stesse osservando. Ovviamente il motivo di tanta vicinanza era per nascondere la bottiglia di champagne.

    Elspeth uscì sulla terrazza e si strinse tra le braccia per proteggersi dalla fresca brezza scozzese. Sollevò lo sguardo e incontrò quello di lui, rendendosi conto solo in quel momento di quanto fossero vicini.

    Il sole alle loro spalle era basso all'orizzonte e proiettava lunghe ombre sulla terrazza.

    Erano state previste alcune sedute fotografiche per il matrimonio, si ritrovò a pensare Elspeth. Il suo ex era appassionato di fotografia e aveva previsto degli scatti a varie ore della giornata.

    Si sforzò di non pensare ad Alex e al dolore sul suo viso quando aveva rotto il fidanzamento. In ogni caso anche lui si era ben presto reso conto che la loro unione non poteva funzionare. Insisteva perché lei scegliesse tra lui e la sua famiglia. Voleva essere in cima alla sua lista di priorità ed essere considerato prima di ogni altro familiare.

    Era stata lei a rompere, a dirgli che non poteva accettare i compromessi che cercava di imporle e che se davvero voleva stare con lei doveva imparare ad accontentarsi di quello che poteva offrirgli.

    Si allontanò di un passo, interrompendo il contatto con Fraser e raggiungendo la spaziosa terrazza.

    «Allora, ti va di raccontarmi questa lunga storia?» le chiese lui seguendola all'esterno.

    «Pensavo che volessi tirarmi su il morale. Rivangare questa storia non aiuterà nessuno dei due, credimi.»

    «Be', questa invece potrà aiutarci» ricordò Fraser infilando una mano sotto la coperta di lana in cui aveva avvolto lei e la bottiglia.

    Senza perdere tempo iniziò a stapparla.

    «Avremo bisogno di più di una bottiglia.»

    Fraser inarcò un sopracciglio e fece saltare il tappo con le dita. «È davvero così grave?»

    «Diciamo che oggi per me è una sorta di enorme e orribile déjà-vu. Qualcosa di strano.»

    «Non ti pare già strano aver rubato una bottiglia di champagne con un estraneo?»

    Lei si lasciò sfuggire un sorrisetto. «Già, questo era esattamente quello che avevo programmato: rubare da bere al mio matrimonio.»

    «Il tuo matrimonio?»

    Elspeth rise ironicamente: le bastava così poco per vuotare il sacco. A questo punto forse avrebbe fatto meglio a raccontargli quanto era successo. Tenersi tutto dentro non la stava aiutando comunque. Tanto valeva provare una nuova tattica.

    «Mi sarei dovuta sposare oggi» affermò in modo schietto, mentre il tappo della bottiglia saltava con un sonoro pop, creando un effetto quasi comico. Fraser indirizzò il liquido direttamente nei bicchieri.

    «Be', era l'ultima cosa che mi sarei aspettato» osservò, leggermente in imbarazzo e incerto su cosa dire. «Presto, bevi» aggiunse mentre le bollicine raggiungevano l'orlo del bicchiere e minacciavano di traboccare.

    Elspeth fece come le era stato detto, non trovando di meglio da fare e per poco non si strozzò. Scoppiò a ridere, per la prima volta in tutta la giornata.

    Forse Fraser non aveva tutti i torti: si sentiva già meglio. L'orecchio attento di uno sconosciuto poteva fare miracoli. E costava meno di uno strizzacervelli.

    «Mi sarei dovuta sposare qui» continuò, «ma ho annullato tutto qualche mese fa, proprio il giorno in cui la mia principale si è fidanzata, così mi ha proposto di acquistare la mia prenotazione per non rimetterci i soldi della cauzione.»

    «Era l'ultima cosa che mi sarei aspettato.»

    «Questo lo hai già detto» gli fece presente, sorseggiando ancora un po' di champagne. Vederlo così in difficoltà le dava un piacere perverso. Si era sempre mostrato così sicuro di sé. Adesso invece non sapeva più che pesci pigliare.

    «E perché hai deciso di venire? Sei una sadica?»

    «Per essere precisi, credo che questo farebbe di me una masochista» lo corresse con nonchalance, fingendo di non aver pensato alle scene di sesso che quel termine aveva fatto apparire nella sua mente. «In ogni caso spero di non deluderti, ma sono qui solo perché la sposa è il mio capo e mi ha invitato.»

    Lui annuì in maniera comprensiva, ignorando per fortuna il velato riferimento alle sue inclinazioni sessuali: la sua immaginazione stava

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