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Fiore selvaggio
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E-book232 pagine6 ore

Fiore selvaggio

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Info su questo ebook

Inghilterra, inizio XIX secolo - Alex, Visconte Stewart, è deciso a porre fine alla storia d'amore tra suo fratello Peter e la giovane Linette, che non appartiene a un casato nobile. Ma non ha fatto i conti con la caparbietà di Emma Darling, sorella della fanciulla, convinta che la felicità di una coppia non possa essere distrutta per assurde questioni di lignaggio. E ben presto si rende conto che quella donna dallo spirito indomito e indipendente lo attrae irresistibilmente. Se un'unione tra i loro fratelli è impensabile, tuttavia, quella tra lui ed Emma è assolutamente improponibile! Il vero amore, però, non è un sentimento che si possa negare a lungo...
LinguaItaliano
Data di uscita9 mar 2018
ISBN9788858979990
Fiore selvaggio
Autore

Gail Whitiker

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Fiore selvaggio - Gail Whitiker

    Immagine di copertina:

    Nicola Parrella

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Improper Miss Darling

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2011 Gail Whitiker

    Traduzione di Maria Pia Smiths Jacob

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5897-999-0

    1

    Le tre missive giunsero sulla scrivania di Lord Alexander Stewart a pochi giorni di distanza l’una dall’altra. Ognuna di esse era stata redatta nello stile distintivo del proprio autore e si riproponeva di uniformare il giudizio del destinatario a quello esposto dal mittente su una situazione del tutto inedita: l’inaspettato fidanzamento del fratello minore di Alex, Peter, con una giovane dama sconosciuta tanto alla sua famiglia che alla società.

    La lettera del padre, il conte, esprimeva la pomposità che era propria del gentiluomo; le frasi da lui usate condannavano con severità il comportamento del figlio cadetto, la cui condotta mal si accordava a quella imposta ai membri della famiglia.

    La missiva della madre aveva una formulazione più gentile, biasimava la maniera erronea in cui Peter si lasciava guidare dalla propria impulsività e pregava Alex di intervenire, prima che si verificasse una insanabile frattura.

    Il terzo messaggio, quello più commovente, proveniva dallo stesso Peter e racchiudeva non solo una disperata confessione dettata dall’amore per la donna con la quale aveva scambiato una promessa di matrimonio, ma altresì la richiesta di appoggiarlo, in vista della prevedibile disapprovazione del padre e dall’infelicità che la faccenda avrebbe causato alla madre.

    Era strano, rifletté Alex dopo aver riletto le missive, come un unico evento potesse suscitare reazioni tanto diverse e contrastanti.

    Tuttavia, disse a se stesso, era quasi scontato che ciò si verificasse. Pur non essendo il primo in ordine di successione al titolo, Peter era figlio del Conte di Widdicombe, un uomo ligio sino all’eccesso alle convenienze sociali. Mai a nessuno, infatti, era stato permesso di macchiare il nome della famiglia per aver alzato troppo il gomito, per aver giocato d’azzardo o per essere convolati a nozze con persone inadeguate. Sì, gli antenati di Alex erano sempre stati fieri della loro capacità di innalzarsi al di sopra di simili debolezze. Erano stati tutti, e per secoli, responsabili uomini di famiglia e proprietari terrieri, e a tempo debito anche Alex avrebbe seguito le loro orme, facendosi carico del ruolo per il quale era stato educato sin dalla nascita. Per quanto riguardava Peter, suo fratello avrebbe dovuto impegnarsi in campo religioso o giuridico, occupazioni viste di buon occhio per il figlio minore di un pari del Regno ed entrambi i rampolli Widdicombe avrebbero impalmato due giovani di alto lignaggio per dare, poi, vita a una prole degna di perpetuare la linea di sangue.

    O almeno tali erano state le aspettative fino a quando Peter non aveva fatto l’impensabile, fidanzandosi con una sconosciuta ragazza di provincia.

    Così adesso tutta la famiglia sembrava pendere dalle labbra di Alex per una soluzione che doveva essere trovata in tempi brevissimi, considerato che Peter stava organizzando una cena di famiglia per la settimana seguente, alla quale avrebbe fatto seguito una serata danzante, quindici giorni dopo, a Ellingworth Hall, la dimora di campagna acquistata di recente dal cadetto. E sebbene Alex non fosse affatto certo che qualcuno potesse, in così poco tempo, lisciare le penne arruffate della famiglia, si rendeva conto altresì di essere probabilmente l’unico nella posizione più favorevole per tentarvi. Se vi era, infatti, una cosa in cui eccelleva, era quella di destreggiarsi nel delirio delle emozioni e di andare dritto al cuore del problema per risolverlo, prima che ne potesse derivare qualche pericoloso danno.

    «Godfrey, ho per caso degli impegni importanti, nelle prossime settimane?» domandò al suo amministratore.

    Il gentiluomo dall’aspetto impeccabile sfogliò una grossa agenda rilegata in cuoio. «Niente che un paio di lettere di scuse non possano annullare, milord. Perché?»

    «Sembra che sia richiesta la mia presenza in campagna per qualche tempo.»

    «In campagna? Adesso?»

    «Purtroppo mio fratello non è interessato agli avvenimenti mondani. Senza alcun dubbio gli sarà sfuggito il fatto che a breve si inaugurerà la nuova Stagione.»

    «Senza alcun dubbio» replicò l’altro, poco convinto. «Suppongo non vi sia la possibilità di un ripensamento da parte sua.»

    «Supposizione corretta.»

    L’uomo chinò il capo. «Molto bene. Troverete le lettere pronte per la firma questa sera stessa.»

    «Grazie.» Alex, corrugò la fronte e fece una piccola pausa. «Per quando è previsto il rientro di Lady Glynnis?»

    «Per il ventiquattro, milord. Venerdì della prossima settimana.»

    Venerdì. Il giorno dopo la cena in occasione della quale il fratello avrebbe presentato alla famiglia la giovane che intendeva sposare. Peccato, la presenza di Lady Glynnis Pettle avrebbe di certo calmato le acque agitate di quel primo incontro. Suo padre aveva grande simpatia per lei e approvava di cuore l’intenzione di Alex di farne la sua sposa. Di certo, se lei fosse stata presente, il conte sarebbe stato meno incline a perdere il controllo o a mettere Peter in imbarazzo di fronte agli ospiti.

    Anche se vi era pur sempre un altro modo per esercitare sul genitore un’azione calmante, rifletté. Uno per il quale aveva un vero e proprio debole...

    «Godfrey, sapete se in cantina abbiamo il whisky preferito dal conte?»

    «Credo di sì, milord.»

    «Ottimo. Fatene caricare una cassa in carrozza, insieme ai miei bagagli.»

    «Provvederò all’istante.»

    Meglio prepararsi a ogni eventualità, rifletté Lord Stewart chiudendo a chiave il cassetto dentro il quale aveva fatto scivolare le tre lettere. Se il liquore non fosse riuscito ad addolcire l’umore del genitore, avrebbe comunque contribuito a migliorare il suo. Si sarebbe potuto sedere a guardare il resto della famiglia battagliare, mentre lui ringraziava la buona sorte e il fato che l’amore non lo avesse scelto come sfortunato bersaglio per le importune frecce di Cupido.

    Se vi era una cosa cui Emma Darling anelava più di ogni altra, era l’armonia, la beata assenza di conflitti emotivi in grado di sconvolgere l’esistenza e di rendere le persone più assennate capaci di commettere le azioni più irragionevoli. Come testimoniava il caso di sua zia Augusta. Nelle ultime tre settimane Emma aveva alloggiato presso di lei a Bath, sorbendosi i racconti del matrimonio infelice della figlia, le lamentele sull’inadatta sposa del figlio e le recriminazioni sulla propria solitudine e sulla supposta relazione scandalosa che il consorte intratteneva con la vedova della porta accanto.

    Poi, senza una parola di spiegazione, Augusta aveva fatto i bagagli ed era partita affermando che sarebbe andata a stare presso un’amica a Newport e che non sarebbe tornata più!

    Incerta sul da farsi, Emma aveva scritto in fretta e furia ai cugini, avvertendoli della partenza della madre e suggerendo loro di contattarla il prima possibile. Successivamente aveva redatto una nota per lo zio, con il medesimo contenuto, aggiungendo che anche lei, il giorno seguente, avrebbe lasciato Bath per tornare a casa, nello Hampshire.

    Emma dubitava che la comunicazione potesse interessarlo, considerato che lo aveva veduto di rado nelle tre settimane dal suo arrivo alla stazione termale. Se avesse conosciuto la situazione che si sarebbe trovata ad affrontare in casa della zia prima di salire in carrozza, di certo non si sarebbe messa in viaggio. L’unica ragione che l’aveva indotta a recarsi a Bath era stata l’altra sorella del padre, Dorothy, che durante la consueta visita semestrale a Dove’s Hollow – la residenza dei Darling – aveva annunciato che Augusta non stava bene e suggerito che, forse, vedendo il volto sorridente della nipote, le si sarebbe risollevato lo spirito.

    Consapevole, con il senno di poi, che per risollevare lo spirito della zia dall’abisso nel quale era precipitato ci sarebbe voluto un complicato sistema di pulegge, Emma chiuse gli occhi e sospirò, sollevata al pensiero che presto sarebbe arrivata a casa, dove la vita scorreva, il più delle volte, tranquilla e priva di complicazioni. La mattina, quando fosse scesa dabbasso, non avrebbe più trovato una donna di mezza età intenta a piangere sulla tazza di tè, ma il padre che, seduto a tavola e con ai piedi i vecchi spaniel Rory e Ranger, leggeva il The Times del giorno precedente. Con lui avrebbe conversato placidamente fino all’arrivo di Linette, la sorella minore, la quale avrebbe riempito la stanza di chiacchiere sulla moda e di pettegolezzi uditi durante i suoi giri per i negozi locali.

    A quel punto Mr. Darling sarebbe sparito nello studio con il suo quotidiano per il resto della mattinata e avrebbe lasciato le figlie a discutere degli ultimi eventi londinesi e a disquisire su chi si stava sposando per amore e chi per migliorare la propria condizione sociale.

    Emma, propensa a credere che tutti si maritassero per ragioni economiche, avrebbe terminato il suo tè, augurato alla sorella una buona giornata e si sarebbe dedicata alle proprie occupazioni. Durante la stagione estiva si sarebbe recata in giardino a raccogliere fiori da disporre in composizioni sui tavoli o si sarebbe sistemata in qualche angolo ombreggiato per leggere un libro. In autunno, invece, avrebbe indossato l’abito da cavallerizza e si sarebbe goduta una vivace passeggiata per le strade coperte da un tappeto di foglie o avrebbe raccolto mele nel frutteto. In inverno, quando l’aria si fosse fatta gelida, avrebbe attaccato Bess al calesse e si sarebbe recata al villaggio per l’acquisto di stoffe o, se il freddo fosse stato troppo intenso, avrebbe ricamato di fronte al caminetto.

    Dal momento che era primavera, però, avrebbe scelto la pittura. Con i pennelli a portata di mano si sarebbe avventurata in giardino, cercando di replicare i meravigliosi trionfi di colore che la circondavano.

    Che settimane terribili aveva trascorso insieme a zia Augusta!

    Grazie al cielo si era lasciata tutto alle spalle e, con il fratello a Oxford e Linette impegnata nelle attività giornaliere, si sarebbe potuta godere una quotidianità senza scossoni imprevisti. Finalmente la carrozza si fermò di fronte alla vetusta casa di pietra ed Emma quasi contò i minuti che la separavano dalla possibilità di rifugiarsi nella quiete del giardino, munita di cavalletto e pennelli...

    «Emma cara, bentornata a casa!» gridò zia Dorothy dal cortile non appena si aprì la portiera della vettura. «Ti sei trovata bene a Bath?»

    Lei aggrottò la fronte. Cosa ci faceva la zia ancora lì? «Non proprio. E voi?» Smontò dalla carrozza. «Ero convinta foste tornata a Londra da almeno un paio di settimane.»

    «Era ciò che avevo intenzione di fare, infatti, sennonché, in seguito a qualche interessante sviluppo, tuo padre mi ha chiesto di trattenermi un altro po’.»

    Sviluppo? Quella parola preannunciava guai. «A cosa alludete?»

    «Lo saprai presto. Tuo padre ti sta aspettando nello studio.»

    Emma si fermò, colpita dall’espressione della donna. «Zia Dorothy, avete l’aria del gatto che ha appena mangiato il canarino. Che sta accadendo?»

    «Te lo direi volentieri, mia cara, ma tuo padre insiste a volerlo fare di persona. Tuttavia, una volta al corrente della situazione, raggiungici pure in soggiorno, dove ti daremo volentieri le informazioni che lui, con tutta probabilità, si sarà dimenticato di fornirti.»

    A Emma non sfuggì l’uso del plurale da parte della zia. «Linette è forse coinvolta in questi... sviluppi?»

    «Sì, ma non insistere, perché di più non posso dirti.» Dorothy baciò con orgoglio una guancia della nipote, che percepì un vago odore di menta e sherry, e la precedette in casa. Emma la seguì, chiedendosi quale evento improvviso avesse avuto la capacità di trattenerla così a lungo a Dove’s Hollow, considerato che la zia soggiornava sempre mal volentieri in campagna e contava i giorni che la separavano dal suo rientro a Londra.

    Quale genere di sviluppo avrebbe non solo potuto trattenerla, ma anche renderla felice di trovarsi a Dove’s Hollow?

    «Linette è fidanzata?» ripeté Emma, dopo aver appreso la notizia dal padre. «Con chi?»

    «Non indovini?»

    «Non saprei davvero. L’unico gentiluomo sul quale si è espressa con favore è Mr. Taylor, ma non riesco a immaginare che lui...» Emma non completò la frase. «Non ditemi che ha chiesto la sua mano?»

    «Sì, e in maniera molto dolce, a sentire il racconto di tua sorella.»

    «Ma... è il cadetto del Conte di Widdicombe! Perché mai dovrebbe chiedere la mano di Linette?»

    «Per la ragione consueta, immagino. Sembra che sia follemente innamorato di tua sorella e che non riesca a immaginare un futuro senza di lei.»

    «Buon Dio!» Emma si accasciò quasi sulla prima poltrona che le capitò a tiro. «Davvero ha fatto una simile affermazione?»

    «Proprio così. E ovviamente tua sorella fluttua nell’aria. Tra un paio di settimane vi sarà un ballo per festeggiare il fidanzamento.»

    Emma sgranò gli occhi. «Non qui!»

    «Santi numi, no! Non disponiamo di spazio sufficiente. La soirée si terrà a Ellingsworth Hall. Credo che sarà Lady Widdicombe a sovrintendere all’organizzazione. Ecco perché ho chiesto a Dorothy di restare. Ho pensato che Linette potesse apprezzare la compagnia di una donna adulta. Una che... ha esperienza del matrimonio e che può consigliarla in merito. Tu capisci, no?»

    Oh, se capiva! L’educazione al matrimonio era un compito che di norma spettava alla madre o alla sorella maggiore che avesse già convolato a nozze, ma in assenza di entrambe, il padre aveva deciso di affidarlo alla sorella vedova. «Quando è successo?» si informò. «Mi sono assentata solo tre settimane.»

    «Qualche giorno dopo la tua partenza.»

    «E perché non me lo avete scritto?»

    Il padre ebbe la buona grazia di mostrarsi imbarazzato. «Abbiamo creduto meglio non farlo, perché sapevamo che saresti voluta tornare subito e Dorothy preferiva che tu restassi con Gussie.» Si tirò il lobo di un orecchio, chiaro segno di disagio. «So che ha dei... problemi familiari.»

    «Lo potete ben dire!» borbottò Emma, astenendosi tuttavia dall’entrare nei dettagli. «Avete avuto notizie di Lord e Lady Widdicombe?»

    «Non ancora. Si trovano a Londra e di certo saranno molto impegnati con la Stagione. Confido, tuttavia, che si faranno sentire presto.»

    «Vorrei proprio sapere cosa pensano di questo fidanzamento» rifletté Emma ad alta voce. «Linette è la fanciulla più dolce del mondo, ma la disparità sociale tra lei e Mr. Taylor è innegabile. Ero pronta a giurare che avrebbe rappresentato un ostacolo insormontabile.»

    «Ne ero convinto anch’io» concordò il genitore. «Al giovanotto, però, pare non importare e su Linette non vi è nulla da obiettare. È deliziosa come una giornata di primavera e dolce come una torta alla crema, anche se con un pizzico di ingenuità.»

    Molto più di un pizzico, fu tentata di replicare lei. Vi era una profonda differenza tra la vita a Dove’s Hollow e quella che avrebbe dovuto condurre in veste di padrona di casa di Ellingsworth Hall. Linette non aveva mai frequentato l’alta società. Era stata a Londra una volta soltanto e il ritorno a casa l’aveva resa più felice della partenza. Le sue uniche frequentazioni mondane, da allora, si erano limitate alle riunioni e alle serate danzanti di Little Moreton.

    Che evento sconvolgente, dunque, era stato il saperla fidanzata con uno degli scapoli più ambiti della contea! «Mi auguro sappia cosa sta facendo» mormorò Emma. «Amo Linette con tutto il cuore, ma è un’inguaribile romantica e ha la tendenza a comportarsi in maniera impulsiva.»

    «Già. Purtroppo solo il tempo ci dirà se quei due saranno davvero felici» replicò il padre. «Domani sera, tuttavia, avrai l’opportunità di vederlo con i tuoi stessi occhi.»

    «Domani?»

    «Siamo invitati a cenare a Ellingsworth Hall. Una piccola riunione dei familiari più intimi. Tua zia ti riferirà i dettagli. Anzi, mia cara, ti suggerisco di correre da loro. Dorothy e Linette saranno ansiose di parlarti.»

    «Oh, non ne dubito.» Emma si sforzò di sorridere. «La nostra piccola Linette fidanzata con il figlio di un conte» borbottò alzandosi. «Una vera fortuna, per lei!»

    «Sì. Lo stesso non può dirsi per lui. Ancora, però, non sono sposati.»

    «Credete che uno dei due possa fare un passo indietro?»

    «Quando si tratta di affari di cuore, mia cara, ho imparato che niente è impossibile. Una passione bruciante può spegnersi per qualche parola pronunciata in maniera infelice e l’amore eterno può perire di una morte rapida e dolorosa. Nulla è più incostante dell’amore. Faremmo bene a non dimenticarcene mai.»

    Nell’ora seguente, Emma dovette ascoltare una lista lunga e dettagliata delle qualità dello stimato Mr. Peter Taylor. Secondo Linette si trattava dell’uomo più attraente, più affascinante,

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