La prova del fuoco: Harmony Collezione
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A Lisa Lowson sono bastati pochi minuti per riprendersi dallo schock e lottare per la propria indipendenza futura. Suo marito le vendeva come “amore” l’insistenza perché lei lasciasse il timone dell’azienda, in realtà
stava tramando col fratello per buttarla fuori!
In quella telefonata ha saputo che...
Jacqueline Baird
Inglese, coltiva da sempre due grandi passioni: la pittura a olio e la navigazione in barca a vela.
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La prova del fuoco - Jacqueline Baird
successivo.
1
Lisa alzò le mani sulla testa e si stiracchiò sbadigliando. Il corpo coperto solo da un leggero lenzuolo di cotone, si sentiva deliziosamente languida. Merito delle attenzioni che il suo nuovo marito le aveva dedicato la sera precedente.
La porta del bagno si aprì, e lo sguardo di Lisa si spostò automaticamente sull'uomo che stava entrando in camera. Oltre un metro e ottanta di perfezione maschile, era nudo eccetto un paio di boxer di seta blu che gli fasciavano i fianchi stretti. Era anche sorprendentemente affascinante, con lineamenti decisi che ricordavano quelli degli eroi dei miti greci.
Ed era... suo, pensò Lisa trattenendo involontaria mente il respiro. Appena uscito dalla doccia, i suoi folti capelli neri erano ancora umidi. Lei scorse una goccia d'acqua scorrergli lungo il collo, per restare intrappolata tra i morbidi peli scuri che gli coprivano il petto.
Un sorriso ozioso le incurvò le labbra piene. «Alex» disse dolcemente. Perfino pronunciare il suo nome era un piacere.
Lui si voltò, infilandosi una camicia bianca, e i suoi occhi incontrarono quelli di lei. «Conosco quel tono di voce, ma purtroppo devi scordartelo. È necessario che sia a Londra per le otto e mezzo.»
Le sorrise, e intanto indossò un paio di pantaloni grigi.
Lei assunse un'espressione imbronciata muovendosi sul letto, lasciando che il lenzuolo le scivolasse fino alla vita. «Devi proprio partire così presto?» domandò con tono accattivante. Alex si chinò su di lei, sfiorandole le labbra con le proprie, poi si rialzò rapidamente.
«Non questa mattina, Lisa. Non ho tempo.» Voltandosi prese la giacca. «Te l'ho spiegato ieri mentre venivamo qui. Fino a questa sera sarò impegnato in una serie di riunioni.» Si mise in tasca il portafogli e un mazzo di chiavi. «E da quanto mi ha detto il tuo patrigno, anche tu hai davanti una giornata impegnativa.»
Lisa sospirò, Alex aveva ragione. Erano tornati in Inghilterra la sera precedente, e avevano pernottato nella casa della famiglia di lei a Stratford-on-Avon. Alla morte di sua madre Lisa aveva ereditato la quota azionaria maggioritaria dell'azienda di famiglia, la vetreria Lawson Designer Glass, nonché la posizione di diretto re esecutivo. Il suo patrigno, Harold Watson, era il direttore marketing.
«Hai ragione» ammise lei controvoglia, mettendosi a sedere sul bordo del letto e scoprendo le gambe quasi interminabili. Afferrò il lenzuolo, se lo avvolse sotto le ascelle e si alzò.
«Ti copri ancora con un lenzuolo. Eppure mi sembra di aver già visto tutto più di una volta, no?» domandò Alex con tono divertito, mentre si annodava la cravatta.
Lisa esitò, poi si rese conto di quanto fosse effettivamente ridicolo coprirsi di fronte a lui, e lasciò cadere a terra il lenzuolo. Un mese prima sarebbe morta di vergogna se un uomo l'avesse vista nuda, ma Alex l'aveva liberata da molte delle sue inibizioni. Il suo sguardo si soffermò sulla schiena ampia di lui. La giacca di squisito taglio sartoriale gli cadeva in modo perfetto sulle spalle. In quel momento lui si voltò e notò che lo fissava.
I suoi profondi occhi castani si infiammarono per un istante, e il suo sguardo la esaminò da capo a piedi. Pur essendo alta un metro e settantadue, Lisa era perfettamente proporzionata, con seni alti e sodi, vita sottile, fianchi snelli e gambe che sembravano non finire mai. Le tre settimane di luna di miele, trascorse navigando sul Mediterraneo a bordo dello yacht di Alex, avevano conferito alla sua pelle un'abbronzatura dorata, e il sole le aveva schiarito ulteriormente alcune ciocche dei lunghi capelli biondi.
«Ciò significa che la luna di miele è terminata, e il lavoro ci chiama» esclamò lei con voce suadente. Dal primo momento in cui l'aveva incontrato, Alex aveva risvegliato nel suo animo di ventitreenne una sensualità che lei non aveva mai sospettato di possedere. Le era bastato uno sguardo nel pub di un albergo locale, per innamorarsi di lui. Per Alex era stato lo stesso. Avevano trascorso insieme la giornata seguente, e la sera lui le aveva chiesto di sposarlo. Lisa avrebbe voluto fare subito l'amore con lui, ma Alex, con la sua volontà di ferro, aveva insistito perché aspettassero fino alle nozze. Quattro settimane dopo si erano sposati. La prima notte per lei era stata una rivelazione; Alex era l'amante perfetto, capace di realizzare i suoi desideri più sfrenati e molto di più...
«Ho l'impressione che la nostra luna di miele non finirà mai» dichiarò lui sfiorandole la guancia con la mano. Quel contatto bastò perché le pulsazioni di Lisa accelerassero, mentre il suo stomaco si contorceva per l'eccitazione. Gli occhi scuri fissi nei suoi, Alex le lasciò scivolare languidamente la mano fino alla spalla, poi sul seno e giù fino alla vita, prima di stringerla possessivamente a sé, chinando il capo e coprendole la bocca con la propria. Fu un bacio profondo e divorante, al termine del quale Lisa lo guardò con il cuore colmo d'amore.
«Non c'è tempo per parlarne adesso, ma dovremo trovare una soluzione per la Lawson. Ti voglio con me, Lisa, non legata a una scrivania.» Tacque un momento. «A meno che non si tratti della mia scrivania» aggiunse, gli occhi accesi da una scintilla maliziosa.
«Scostumato!»
«Non sono io quello che se ne sta andando in giro completamente nudo» ribatté lui divertito. Dopo averle assestato un'affettuosa pacca sui glutei, aggiunse: «Vai a farti la doccia, io preparo il caffè».
Dieci minuti dopo, con addosso un accappatoio blu, Lisa entrò nella cucina dell'elegante casa nella quale era vissuta da quando poteva ricordare. Alex era appoggiato al piano di lavoro, una tazza di caffè in una mano, il cellulare nell'altra, intento a parlare in greco.
Lisa si versò il caffè e si sedette, gli occhi blu fissi sul profilo di lui. I capelli neri lasciavano scoperta la fronte spaziosa, le folte sopracciglia scure si inarcavano sui penetranti occhi castani, il naso era diritto, e la bocca un invito sensuale, con quelle labbra perfette. Tuttavia in quel momento erano serrate per la rabbia.
La luna di miele era sicuramente terminata. Alex Solomos era tornato a essere l'imprenditore di successo. Lisa sapeva che era il proprietario di una grande compagnia, la Solomos International. Creata ad Atene da suo padre come una piccola impresa edile, Alex l'aveva ingrandita, espandendola con successo in svariati ambiti mondiali.
Mentre sorseggiava il caffè, Lisa rifletté stupita che non sapeva molto dell'uomo che aveva sposato. Alex le aveva raccontato che i suoi avevano divorziato quando lui aveva sette anni. Suo padre si era risposato altre due volte, portando l'azienda sull'orlo della bancarotta finché Alex non aveva preso il controllo, insistendo affinché suo padre firmasse un accordo prematrimoniale in caso si fosse risposato ancora. Conseguentemente, anche Alex e Lisa avevano firmato un contratto simile prima delle nozze. Alex le aveva spiegato che non poteva pretendere che suo padre accettasse delle clausole che lui stesso non era pronto ad osservare. Lisa era stata d'accordo.
Aveva incontrato sua suocera durante il viaggio di nozze, quando Alex aveva attraccato nel porto di Kos, e avevano trascorso la notte in una lussuosa villa affacciata sul mare in compagnia dell'elegante donna dai capelli argentei. Con il suo inglese esitante, lei aveva raccontato a Lisa che Alex era stato chiamato così pensando ad Alessandro Magno. La donna le aveva spiegato che un ramo della sua famiglia aveva origini macedoni, come Alessandro, il condottiero che aveva conquistato gran parte del mondo conosciuto centinaia di anni addietro.
Una vivida immagine di Alex, il bel corpo nudo stretto al suo sul grande letto nel quale avevano dormito alla villa, apparve nella mente di Lisa.
Ripensare a quella notte fece affiorare un sorriso sognante sul suo viso. Lei finì il caffè, riportando ancora una volta lo sguardo sul corpo di Alex. Era un uomo straordinariamente attraente, con quell'energia e determinazione che conquistavano il mondo.
All'improvviso lui spense il telefono e Lisa spalancò gli occhi, notando la sua espressione tetra. «Cattive notizie?» domandò.
«Mio padre» rispose lui passandosi una mano tra i capelli scuri. «A ogni modo, niente di cui tu ti debba preoccupare. Devo andare, adesso. Ci vogliono un paio d'ore per arrivare a Londra, traffico permettendo» spiegò avvicinandosi.
Laura si alzò e gli cinse la vita con le braccia. «Ci vediamo questa sera.»
Alex guardò il suo viso rivolto verso il proprio, le labbra incurvate da un sorriso asciutto. «Purtroppo no. L'ultima riunione è prevista per le sette e mezzo, e domani mattina ho una colazione di lavoro alle otto. Prepara quello che ti serve e fallo mandare all'appartamento a Londra. Per il momento possiamo usarlo come base, ma dovremo trovare una soluzione definitiva. Potresti assumere qualcuno per prendere il tuo posto. Perché non ne parli con Harold? Ho l'impressione che andiate molto d'accordo.»
«Infatti. Harold adorava mia madre, e mi è sempre stato vicino. Ma...»
«Perfetto» la interruppe Alex. «Discutetene a cena. Sicuramente sarà lieto della tua compagnia.» Chinò il capo e le sfiorò i capelli con le labbra, prima di chiudere le mani sulle sue braccia e allontanarla da sé.
Lisa non era certa che quella soluzione le piacesse. L'idea di trascorrere anche una sola notte senza Alex era difficile da accettare. «Stai già cercando di liberarti di me?» domandò scherzosamente. Ma si rese conto che Alex era già altrove, perlomeno mentalmente.
«No. Ma ho trascurato fin troppo il mio lavoro. Finché continuerai a lavorare anche tu, dovremo abituarci a restare separati di tanto in tanto.» Estrasse dalla tasca un mazzo di chiavi e ne staccò una. «Ecco la chiave dell'attico. Informerò la sicurezza del tuo arrivo» esclamò porgendogliela. «Adesso devo andare. Ricordati che domani sera ceniamo con mio padre.» Dopo un bacio fuggevole sulle sue labbra dischiuse, si girò sui tacchi e uscì. Lisa lo seguì nel corridoio, in tempo per vederlo aprire la porta principale e scomparire senza voltarsi.
«Era la porta?» domandò una voce assonnata in cima alle scale.
«Sì, Harold» rispose lei, sorridendo all'uomo attempato che stava scendendo le scale. «Alex è appena uscito. Dammi dieci minuti per vestirmi, poi preparo la colazione.» Schioccò un bacio sulla guancia del proprio patrigno mentre saliva in camera.
Si godettero insieme una tazza di caffè, uova strapazzate e pancetta, discutendo del lavoro.
«La tua assistente personale è stata meravigliosa» dichiarò Harold convinto. «Penso che potrebbe quasi prendere il tuo posto.»
«Grazie tante! Sono contenta di sapere che vi sono mancata» replicò scherzosamente Lisa.
«Non volevo dire questo. Ma ti sei appena sposata, e tuo marito dovrebbe venire prima di tutto per te.»
«Lo so. Purtroppo non lo vedrò fino a domani sera. Il lavoro...» Si strinse nelle spalle, alzandosi con un sorriso triste. «Questa sera possiamo cenare insieme, ma adesso credo sarebbe meglio andare in ufficio.»
Presero l'auto di Harold, una Jaguar blu. Quando parcheggiarono nel cortile della Lawson Designer Glass, Lisa scese dalla macchina e si guardò intorno. Amava quell'azienda, frutto del lavoro appassionato dei suoi genitori, che l'avevano trasformata in uno dei maggiori produttori di lampade Tiffany e oggetti di vetro d'autore in Europa. Gli eredi del socio di suo nonno, la famiglia Lee, avevano lasciato che fossero i Lawson a gestire l'azienda. Sua madre si era occupata del lato finanziario e suo padre, dal temperamento più artistico e creativo, era stato felice di dedicarsi al design. Sfortunatamente era morto in un incidente d'auto quando Lisa aveva nove anni. Due