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Sotto la Sua Pelle
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E-book251 pagine4 ore

Sotto la Sua Pelle

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Info su questo ebook

Lindi Parker lavoro sodo per riuscire ad essere umana, cosa non facile per una donna in grado di trasformarsi in un serpente. Non ha alcun desiderio di mettersi alla ricerca dei suoi simili—fino a quando un nuovo caso non cambia le carte in tavola.  Quando Lindi scopre di non essere l'unica mutaforma al mondo, scopre anche di poter essere sulla lista di un serial killer. 

Per salvare se stessa e i bambini abusati con i quali lavora, dovrà fare squadra con il dottor Kade Nevala, membro della comunità dei mutaforma, il cui compito è uccidere i serpenti mutaforma—nonché l'uomo più attraente che Lindi abbia mai incontrato. Ancora peggio, dovrà abbracciare il suo lato di serpente, scelta che avrà delle conseguenze enormi su Lindi e su tutte le persone attorno a lei. 

LinguaItaliano
Data di uscita16 mag 2019
ISBN9781547585656
Sotto la Sua Pelle

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    Anteprima del libro

    Sotto la Sua Pelle - Margo Bond Collins

    UNO

    Qualche figlio di puttana prova davvero il bisogno di uccidere. Il Detective Moreland fissò il corpo dell’uomo senza vita sul pavimento della camera da letto e scosse la testa. Il sangue aveva formato una pozza sul parquet e aveva sporcato il copriletto di vichy rosa. Mi faceva venire le vertigini guardare tutto quel sangue, quindi distolsi lo sguardo e fissai il detective.

    Non avevo realizzato che avrei sentito l’odore del sangue così chiaramente – cosa che gli umani attorno a me non avevano pensato di dirmi.

    Dov’è la ragazza? chiesi.

    Con un cenno del capo indicò il cortile esterno. Fuori. I soccorritori l’hanno fatta salire in ambulanza.

    Qualcuno ha già parlato con lei?

    Scosse la testa. Solo io – e solamente abbastanza a lungo da sapere le cose essenziali.

    Annuii. Vado da lei allora.

    Mi rispose con un verso ed io mi voltai verso la porta dirigendomi verso di essa con movimenti più maldestri di quanto avrei voluto – volevo far finta che essere su una scena del crimine non mi desse fastidio, ma era il contrario.

    Ehi, Lindi. Moreland allungò una mano e mi toccò la spalla. Se dovessi vedere qualcosa... Fece una pausa, guardandosi attorno nella camera da letto rosa e bianca come se potesse fornirgli le parole che stava cercando. Sai, qualcosa di strano.

    Lo fissai negli occhi per un lungo istante provando un brivido di paura lungo la schiena.

    Che cosa sa?

    Infine, scossi la testa. Perché? chiesi.

    Il detective si morse il labbro inferiore. Non so. Non abbiamo ancora trovato l’arma del delitto, disse. Ho pensato soltanto che forse potresti scoprire qualcosa.

    Non ci vedo nulla di strano. Si tratta solamente di un figlio di puttana che aveva bisogno di uccidere, dissi mormorando.

    Mi guardò negli occhi ancora un istante, poi mi tolse la mano dalla spalla. Già, disse, altrettanto a bassa voce. Hai ragione. Vai. Vai dalla ragazza.

    All’esterno le luci blu e rosse illuminavano il cortile accecandomi. La gente del vicinato era tutta riunita sul marciapiede e i loro commenti e sussurri creavano un leggero brusio nella notte. Mi leccai le labbra, assaporando l’aria senza dare nell’occhio dirigendomi verso l’ambulanza. Il sapore ferroso del sangue proveniente dalla casa riusciva quasi a coprire ogni altro sapore, ma riuscivo a percepire il retrogusto della paura e della rabbia. L’odore della folla era quasi elettrico sulla mia lingua – la loro impazienza nello scoprire qualcosa della tragedia di qualcun altro riecheggiava nell’aria, acuendo i miei sensi di mutaforma.

    Il calore della giornata di agosto non si era dissipato con la notte – accadeva raramente in Texas – e riuscivo quasi a vederlo salire dall’asfalto della strada.

    Dovetti concentrarmi molto per superare il mio desiderio di buttarmi a terra e crogiolarmi nel calore.

    Entrando in una modalità più professionale, entrai nel rettangolo di luce formato dalle porte aperte dell’ambulanza.

    Solitamente non mi sarei trovata su una reale scena del crimine, ma un nuovo finanziamento proveniente da un programma di iniziativa sociale prevedeva la presenza di uno psicologo del Centro di Aiuto e Protezione dei Minori – il CAP-M – per lavorare con i minori presenti in una scena del crimine potenzialmente traumatica. Stanotte toccava a me, chiamata per la prima volta da quando era partita l’iniziativa. Che fortuna.

    Era assolutamente certo che la bambina di dieci anni Emma Camelli fosse traumatizzata.

    L’uomo nella camera da letto della bambina era suo padre.

    Ed era stata lei ad ucciderlo.

    La bambina era rannicchiata su una barella sul fondo dell’ambulanza e sembrava essere troppo fragile per aver pugnalato a morte un uomo adulto. Ma il sangue ormai secco sulle sue mani e il pigiama di Frozen zuppo dello stesso smentiva la sua fragilità. I suoi capelli biondo scuro le ricadevano a ciocche sul viso minuto e, quando mi guardò, i suoi occhi blu si riempirono di lacrime.

    Fuori dall’ambulanza si trovava una donna in divisa che non avevo mai visto prima, le mani poggiate alla cintura. Le feci un cenno del capo e mi presentai. Lindi Parker. Sono la psicologa.

    L’agente mi squadrò giudicante dall’alto in basso con occhi freddi. Joanna Ashford. Moreland mi ha detto di tenerti d’occhio. La sua voce era sorprendentemente morbida e acuta. Sarò qui se hai bisogno.

    Avete fatto tutto quello che dovevate con lei? chiesi.

    Ashford alzò le spalle. Non ancora. Dovrà essere portata al pronto soccorso non appena ci darai il via libera per andarcene. La scientifica raccoglierà i campioni di pelle e tessuto che ha sotto le unghie e basta.

    Non avevo realizzato che avrei dovuto parlare con lei prima che la scientifica raccogliesse le prove. Però ne ero felice – almeno in questo modo avrei potuto dirle ciò che sarebbe accaduto.

    Salii sull’ambulanza ed Emma mi guardò serrando le labbra. Era seduta con le gambe incrociate e le braccia conserte sulla barella.

    Ciao, le dissi, sedendomi sulla panca di fronte a lei.

    Non mi rispose.

    All’inizio del mio tirocinio cercavo spesso di convincere i bambini a parlarmi. Con gli anni ho imparato però che il silenzio in genere è un motivatore migliore rispetto alle domande, almeno all’inizio.

    Quindi mi misi a braccia conserte imitando la posizione di Emma e appoggiai la schiena alla parete del veicolo, aspettando e osservando la bambina.

    Il silenzio si estese. Emma cambiò posizione delle braccia e si mise a pizzicare qualcosa sulla gamba – non capivo se fosse la crosta di una sua ferita o il sangue rappreso del suo ormai defunto padre.

    Cambiai anche io posizione delle braccia e le poggiai sulle gambe. Emma mi guardò con la coda dell’occhio.

    Contai i secondi con la mente – un buon modo per tenermi occupata aspettando che la bambina parlasse.

    Sessanta.

    Novanta.

    Alla fine, Emma non riuscì più a sopportare il silenzio.

    Gli ho detto che sono stata io, disse scontrosamente. Teneva lo sguardo fisso ai suoi piedi.

    Fare cosa? chiesi con un tono di voce mite. Mantenni una posizione rilassata.

    Ucciderlo. Mi guardò negli occhi per testare la mia reazione.

    Mhm. Rimasi in silenzio un istante e poi parlai di nuovo. Come mai?

    Fece spallucce, poi iniziò a parlare e immaginai che ora avrei saputo la storia. Mi piegai in avanti verso di lei, i gomiti poggiati sulle gambe e le mani ciondoloni.

    Ha fatto qualcosa per farti arrabbiare?

    Emma annuì.

    Lasciai nuovamente che il silenzio cadesse tra di noi.

    Poi Emma aggrottò le sopracciglia e mi guardò da dietro le ciocche di capelli. Non vuoi che te lo dica? chiese.

    Feci spallucce. Solamente se tu vuoi farlo.

    Serrò le labbra e tornò a grattarsi la gamba.

    Stavolta contai solamente fino a quarantasette prima che Emma iniziasse a parlare sussurrando.

    Mi fa male.

    Quando ti ha fatto male, Emma? chiesi, usando di proposito il passato per controbilanciare il suo uso del presente – non poteva più farle del male.

    Piegò le spalle verso l’interno sembrando ancora più fragile. Ogni volta che la mamma va fuori città.

    La tua mamma va spesso fuori città? chiesi.

    Emma annuì. Ogni due settimane. Riuscivo a malapena a sentirla, parlava così sottovoce.

    Feci un respiro profondo e silenzioso cercando di reprimere la rabbia – di quello me ne sarei occupata dopo aver aiutato Emma.

    La bambina serrò la mascella. Gliel’ho detto, disse. Gliel’ho detto di non toccarmi più. Gliel’ho detto e non mi ha ascoltata, quindi gli ho fatto male.

    Come gli hai fatto male, Emma? chiesi dolcemente.

    Così. Alzò una mano dritta di fronte a lei, il palmo abbassato e le dita dritte. Aveva raddrizzato la schiena e non sembrava più fragile. I suoi occhi erano diventati più piccoli e la aveva la bocca in una smorfia. Sembrava ferale.

    Cosa hai usato per ucciderlo? chiesi.

    Si voltò verso di me, confusa. La mia mano. Il suo tono suggeriva che forse ci stavo mettendo troppo a capire.

    Ma cosa avevi in mano? chiesi.

    "La mia mano. L’ho cambiata," disse.

    Raggelai. Cambiata? chiesi con voce neutrale. Come hai fatto a cambiarla?

    Piegò la testa di lato e mi guardò. Sai, ci ho pensato. E poi è cambiata.

    Com’è diventata quando l’hai cambiata? chiesi.

    Come un coltello, disse. Solamente che era tutta nera e lucente. Quando l’ho cambiata la pelle mi è diventata dura. Non come a te, continuò. Quando tu cambi diventi tutta sinuosa.

    Trattenni il respiro.

    Come fa a sapere cosa succede quando muto?

    Feci per chiederglielo ma Moreland infilò la testa nell’ambulanza. Stiamo per andarcene, Lindi. La madre ha chiamato e ha detto che ci incontrerà in ospedale appena può.

    Al Brink’s Children?

    No. Al Kindred Hospital. Moreland fece spallucce. È stata la madre a insistere.

    Annuii e mi alzai, preparandomi a scendere dall’ambulanza e a seguire Moreland.

    La voce di Emma mi fermò.

    È dove vanno tutti i mutaforma.

    DUE

    Mi trovavo in macchina con le mani sul volante di fronte a me. L’entrata del Kindred Hospital brillava di una luce fluorescente bianca nell’oscurità. Non ero mai stata all’interno, non avrei mai pensato di avere motivo di farlo.

    I miei genitori adottivi mi avevano insegnato fin da piccola a stare lontana da qualunque luogo mi avrebbe fatta scoprire – non potevo fare alcun esame medico quindi non ero mai stata in un ospedale. Avevo ricevuto l’istruzione scolastica a casa fino ai dodici anni quando furono certi che avessi sotto controllo la mia capacità di mutare così da poter andare a scuola come gli altri ragazzi.

    Non so quanti anni avessi quando papà mi ha scoperta. È un professore di biologia specializzato in serpenti – un erpetologo convinto di aver portato a casa un giovane esemplare di una nuova specie, un serpente che allarga il cappuccio come un cobra. Fu sorpreso il mattino seguente nel trovare una neonata rannicchiata nel terrario, e ancora più sorpreso quando mi vide mutare da una forma all’altra.

    Trovare una nuova specie di serpente l’avrebbe reso famoso, almeno in determinati ambienti.

    Trovare un serpente mannaro lo rese padre.

    Le nocche mi divennero bianche cercando di convincermi ad entrare nell’ospedale. Ci sarebbero potute essere delle risposte là dentro. Ma non ero sicura di volere delle risposte.

    Sussultai sentendo sbattere sul finestrino. Moreland si piegò in avanti quando lo abbassai.

    Vieni? chiese.

    Sì, presi la borsa e me la misi in spalla, poi feci un respiro profondo e seguii il detective all’interno.

    La maggior parte degli ospedali ha sempre lo stesso odore di antisettico, soluzione salina, medicinali e un sentore di morte. Tuttavia, ero in grado di sentire in quel posto anche un altro odore, qualcosa di affilato e nuovo.

    Forse un mutaforma?

    Un’infermiera minuta e dai capelli scuri ci venne incontro dall’esterno della camera di Emma. La ragazzina era sdraiata a letto fissando il soffitto.

    Il dottore verrà qui tra poco per parlare con lei, disse l’infermiera sommessamente, poi la visiteremo per ottenere prove di violenza. Lei è la psicologa? disse rivolgendosi a me.

    Annuii. Lindi Parker. Vuole che parli alla bambina della visita?

    Sarebbe utile. Le ho già parlato ma magari ha bisogno di sentirselo dire di nuovo. Si allontanò dalla camera insieme a Moreland.

    Emma mi guardò quando entrai in camera, poi tornò a fissare il soffitto.

    Ciao, Emma. Sai cosa sta succedendo? chiesi, cercando di tenere un tono di voce dolce.

    Emma aggrottò la fronte. Non voglio parlarne.

    Una voce profonda interruppe Emma dalla porta. Anche io vorrei sapere, Emma.

    Alzai lo sguardo e inspirai, pronta ad incoraggiare Emma a parlare, ma le parole non uscirono mai dalle mie labbra.

    Il dottore di Emma si trovava sulla porta con un mezzo sorriso sul volto, i suoi occhi nocciola sgranati mentre mi fissava sconvolto.

    Il suo odore riempiva la stanza – quasi speziato e assolutamente terrificante. Raggelai ma i muscoli sotto la mia pelle iniziarono a mutare. Facendo un respiro profondo, tirai fuori la lingua per leccarmi le labbra. Il suo odore mi si riversò in bocca. Sapeva di calore, ma non come un predatore. Come una minaccia.

    Sapeva di pericolo ed io stavo per mutare.

    Oh, diamine.

    I colori della stanza virarono ai toni del grigio ed io sbattei velocemente le palpebre per evitare che vedesse le pupille ridotte a fessure dei miei occhi mutati.

    Chiusi la bocca ed inspirai col naso concentrandomi sui miei sensi mammiferi, la parte umana di me. Abbassai lo sguardo e attesi che i colori tornassero. Una volta ripreso il controllo di me stessa, alzai lo sguardo su di lui.

    Il dottore, con un brivido che scosse tutto il suo corpo, riprese a muoversi.

    Non era passato che qualche secondo, ma io ero comunque madida di sudore.

    Ciao, Emma. La sua voce era calma ma gli tremava la mano allungandola per prendere lo stetoscopio che aveva al collo.

    Ciao, Dr. Nevala, disse Emma.

    Era qui che la bambina aveva detto si trovavano tutti i mutaforma. Era chiaro che conoscesse già il dottore.

    Si avvicinò a lei ed io mi allontanai, assicurandomi di non dargli mai le spalle. Il medico le auscultò il petto mormorandole qualcosa sottovoce. Evidentemente quel compito così familiare era riuscito a fargli passare il tremore alle mani.

    Uscii dalla stanza e mi appoggiai alla parete proprio accanto alla porta, cercando di calmare il cuore che mi batteva all’impazzata.

    Che cosa è appena successo?

    Scostandomi i capelli dalla fronte, raddrizzai la schiena per poi fare un respiro profondo. L’infermiera di prima svoltò l’angolo ed entrò nella stanza.

    Devo rientrare nella stanza – il mio lavoro è aiutare Emma.

    Ma il cuore mi batteva ancora molto forte e sentivo un sapore di rame e paura in bocca.

    Papà diceva sempre che devo ricordarmi di essere prima di tutto una persona – che qualunque altra cosa io possa essere sono prima di tutto umana. Le sue lezioni mi hanno aiutato ad imparare a controllare il mio potere. Ignoravo l’altra parte di me più che potevo, spingendola il più lontano possibile sotto alla mia umanità.

    Posso controllarlo anche adesso.

    Ma sentivo i muscoli della schiena contrarsi mentre il mio stesso corpo cercava di combattermi.

    Va tutto bene? la voce di Moreland mi fece sussultare.

    Sì, sto bene. C’è solo un po’ di aria pesante lì dentro, dissi.

    È sempre così quando si parla di bambini. Disse scuotendo la testa. Sto facendo venire un’agente per stare con lei fino a quando non arriva la madre. Se il dottore ci darà il via libera, domani inizieremo con il processo per capire cosa fare di lei.

    Mi morsi il labbro. Io le credo, Dan. Ciò che mi ha detto, il linguaggio del suo corpo, corrisponde tutto. Credo che sia stata abusata.

    Allora la aiuteremo, disse. Ecco perché fai parte della squadra. Mi mise una mano sulla spalla e la strinse dolcemente, supportandomi silenziosamente attraverso quel gesto per farmi calmare.

    Devo andare da lei mentre la visitano, dissi mentre un agente svoltava l’angolo. Moreland mi salutò con un cenno della mano e andò dall’altro poliziotto.

    Feci un respiro profondo ed entrai nuovamente nella stanza. Il dottor Nevala stava ancora parlando con Emma. Si irrigidii quando entrai ma non mi rivolse lo sguardo.

    Ora che non ero sopraffatta dal terrore, notai che non era poi così alto come avevo inizialmente pensato. Non era che più alto di qualche centimetro in più del mio metro e settanta. Tuttavia, aveva una tale presenza da riuscire a riempire l’intera stanza d’ospedale. Sia Emma che l’infermiera erano rapite da lui.

    Mi appoggiai alla parete cercando di rimanere ferma.

    Bene, Emma, disse Nevala. Tra un attimo prenderemo il tampone come abbiamo detto.

    Emma rivolse subito lo sguardo verso di me.

    Vuoi che ti tenga la mano? chiesi.

    Sì, per favore. Disse sottovoce.

    Nevala si irrigidì sentendo la mia voce, ma le sue mani erano molto dolci con Emma. La bambina mi strinse la mano durante l’esame ma non emise alcun suono.

    Il dottore non mi guardò nemmeno quando uscì dalla stanza dopo aver salutato Emma.

    Tirai fuori il mio smartphone non appena lasciai la stanza d’ospedale.

    Per quanto fosse stato orribile rimanere seduta insieme ad Emma, concentrarmi sul mio lavoro aveva contribuito a calmare i miei nervi dopo che Nevala se n’era andato.

    Aprii la cartella con le note ed iniziai a scrivere degli appunti con le mie impressioni prima di dimenticarmele. Il poliziotto senza divisa che si trovava fuori dalla stanza mi fece un cenno di saluto quando gli passai accanto. Sebbene avessi lavorato con lui precedentemente, non riuscivo a ricordare il suo nome.

    La visita era stata sgradevole, certo, ma Emma l’aveva affrontata molto bene. L’infermiera le aveva dato un sedativo blando. Avevo lasciato Emma addormentata, dopo essermi assicurata che sia lei che l’infermiera avessero una copia del mio biglietto da visita.

    Non avevo avuto un’altra occasione per parlare da sola con lei. Tuttavia, non sapevo cosa le avrei detto, non sapevo da dove sarei partita per iniziare una discussione su quello che era stato il più grande segreto di tutta la mia vita. Non sapevo se fossi disposta a discutere della mia capacità di mutare forma con una

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