Desiderio e rispetto (eLit): eLit
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Info su questo ebook
Cosa è successo quella notte a Las Vegas? Il milionario Jackson Worth non riesce a trovare una risposta. Sa solo che al risveglio trova nel suo letto la sola donna che non doveva toccare: Sammie Gold, la sua nuova socia in affari. Lei, in apparenza così dolce e vulnerabile, è come una rosa bianca, che Jackson non può fare a meno di cogliere. Il suo profumo, la sua pelle vellutata... lui non intende dividere quel tesoro con nessuno. E ora che ha scoperto quanto Sammie possa essere selvaggia e appassionata il ricordo di quella notte lo perseguita ogni istante e lo spinge a sedurla ancora e ancora.
Charlene Sands
Risiede nel sud della California con il marito e i loro due figli. Scrittrice dotata di grande romanticismo, è affascinata dalle storie d'amore a lieto fine ambientate nel Far West.
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Anteprima del libro
Desiderio e rispetto (eLit) - Charlene Sands
Immagine di copertina:
pixdeluxe / E+ / Getty Images
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Worth the Risk
Harlequin Desire
© 2012 Charlene Swink
Traduzione di Roberta Canovi
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3052-580-1
Frontespizio. «Desiderio e rispetto» di Sands Charlene1
Stivali da donna.
Erano sul pavimento, accanto al letto. Un’impuntura elaborata si allungava sulla pelle levigata fino in cima, al ginocchio, accanto alla cerniera. Vederli suscitò un sorriso sulle labbra di Jackson Worth; distese le braccia, allungandosi, cercando nel contempo di non svegliare la persona addormentata accanto a lui. La sua mente fu invasa dalle immagini estremamente sensuali della ragazza con indosso quegli stivali, e ricordò l’eccitazione che aveva provato a sfilarglieli. La gonna corta e la camicetta erano seguiti di lì a breve, con minimo sforzo da parte sua, se non ricordava male.
Non aveva alcun senso: la sera prima, gli era bastato dare un’occhiata alla migliore amica della cognata, Sammie Gold, che gli andava incontro nel bar dell’albergo, con quel suo dolce sorriso, i fianchi snelli che ondeggiavano e quegli incredibili stivali che luccicavano, ed era stato travolto dalla passione.
Ma Jackson Worth non era uno sciocco, e sapeva bene che avrebbe pagato il prezzo di quella notte incredibile. Entrambi i fratelli, Clay e Tagg, gli avrebbero fatto una bella ramanzina, ma il peggio sarebbe arrivato da Callie. La moglie di Tagg l’avrebbe fustigato, probabilmente minacciando di disconoscerlo.
Dalle tende filtrava la luce del sole e lui chiuse gli occhi, cercando di tenere a bada il mal di testa che gli rimbombava nel cranio. La ragazza accanto a lui si mosse e nell’aria si levò il profumo di gelsomino. Jackson lo inspirò, e bastò quella dolcezza per far reagire il suo corpo, per quanto sazio.
Prima di allora non aveva mai mescolato gli affari con il piacere, ma quella volta si era superato.
Sammie roteò verso di lui e il suo braccio gli piombò sul petto, le dita sulla pelle, morbide e possessive; mormorò qualcosa nel sonno che sembrava fin troppo simile a stivali per ballare orizzontali.
Rivolse un’occhiata a quei capelli da folletto, castani con sfumature di caramello e rum sapientemente miscelati come in una gemma preziosa; era carina, ma non il tipo di donna con cui usciva di solito. Non riuscì a trattenere una smorfia all’idea – suonava pessimo anche solo nella sua mente.
Non era uscito con lei. Era andato a letto con lei.
Eh già, Callie non ne sarebbe stata per niente felice. Senza neanche una raccomandazione perché si comportasse da gentiluomo, considerando la cosa già scontata, la cognata gli aveva chiesto una cortesia, riponendo in lui una fiducia totale.
Sammie se l’è passata brutta, di recente. Ha perso suo padre e il suo negozio. Prendila sotto la tua ala, Jackson. Aiutala, per favore. Significa molto per me.
E lui aveva calpestato quella fiducia.
Lentamente, Sammie sollevò la testa dal cuscino; disorientata, lo fissò con grandi occhi castani. «Jackson?»
«‘giorno, piccola.»
Lei lasciò vagare lo sguardo sulla camera elegante. Sbatté le palpebre e si concentrò, quindi scosse la testa per schiarirsi le idee. Tutto il colore le defluì dal viso e gli occhi si spalancarono a mo’ di fanale; si mise seduta, le lenzuola che scivolavano via facendo apparire due seni piccoli ma rotondi e sodi. Jackson soppresse un grugnito: se fosse stata una qualunque altra donna, a quel punto sarebbero già stati di nuovo a metà strada verso il paradiso.
Con un sussulto, Sammie abbassò gli occhi e afferrò il lenzuolo per ricoprirsi. «Oh no!» Gli rivolse un’occhiata interrogativa, sbattendo rapidamente le palpebre. «Dimmi che non l’abbiamo fatto.»
Non era la reazione che era abituato a vedere in una donna dopo una notte di sesso focoso. «A quanto pare, l’abbiamo proprio fatto.»
Al che lei emise un grugnito molto poco femminile e scrutò la stanza con maggiore attenzione, cercando qualcosa di familiare. «Dove sono?»
«Parigi.»
Annaspò. «In Francia?»
Era peggio di quanto pensasse. «Las Vegas.»
Sammie si abbandonò di nuovo sul materasso, la testa sul cuscino, gli occhi rivolti al soffitto e il lenzuolo tirato su fino al mento. «Com’è successo?» borbottò.
Era quasi certo che si trattasse di una domanda retorica, ma Jackson si sentì comunque in dovere di rispondere. Con la testa appoggiata alla mano e il gomito piegato sul letto, incrociò il suo sguardo incredulo e le diede l’unica spiegazione che poteva avere un senso.
«Stivali.»
La nebbia che le ovattava il cervello cominciò a diradarsi e Sammie ricordò di essere andata a Las Vegas per una convention sulle calzature. La sua migliore amica, Callie Worth, aveva insistito perché incontrasse Jackson, dato che anche lui era in città negli stessi giorni. Jackson aveva fiuto per gli affari. Jackson poteva aiutarla a risolvere i guai finanziari in cui si trovava. Jackson poteva darle dei preziosi consigli. Sammie era stata derubata dall’ex fidanzato, un commercialista che l’aveva fregata coi numeri e col cuore, prima di fuggire con tutto ciò che lei aveva duramente guadagnato.
Si era sentita un’idiota totale per aver creduto alle sue menzogne.
E si sentiva ancora così, solo che ora a quell’idiozia aveva da sommare anche Jackson Worth.
Da quando era morto suo padre, qualche mese prima, Sammie non aveva preso decisioni molto sagge; quella, però, vinceva la palma per la più stupida in assoluto... andare a letto con il cognato della sua migliore amica.
Notò i propri vestiti sul pavimento, sparsi in un’ordinata pista di passione fino al letto: la camicetta, la gonna, il reggiseno e il tanga sembravano panni stesi ad asciugare, uno in fila all’altro. Dalla gola le emerse un gemito che rasentava il panico. «Quanto champagne ho bevuto, ieri sera?»
Jackson parve fare un calcolo mentale. «Non molto... forse due bicchieri.»
Rimase a bocca aperta. «Io... di solito non bevo. Mi provoca delle strane reazioni, divento, ehm...»
«Sensuale e selvaggia?» suggerì lui con un’espressione allusiva.
«Oh no, ti ho sedotto?»
Un sorriso gli incurvò gli angoli della bocca. «È stato reciproco, Sammie. Non te lo ricordi?»
Lui era stato di grande aiuto, questo lo ricordava. Avevano parlato di affari per metà della serata, al bar, e avevano condiviso anche qualche risata. Poi era arrivato lo champagne. Dopo il primo bicchiere era stata ancora bene, ma avrebbe dovuto fermarsi lì; bere il secondo, con la sua tolleranza minima all’alcol e la corporatura ridotta... Be’, avrebbe fatto meglio a evitarlo.
Qualche mese prima Sammie era arrivata da Boston per partecipare al matrimonio di Callie e in quell’occasione aveva conosciuto Jackson; avevano parlato molto, ponendo le basi per un’amicizia occasionale. Lui era di una bellezza devastante, di quelle con la B maiuscola. Ed era così fuori dalla sua portata che non aveva mai neanche fantasticato di poter essere più che amici.
Prese nota delle lenzuola di seta, della camera lussuosa e dell’uomo che probabilmente era nudo come un verme sotto quelle stesse lenzuola, accanto a lei. Da qualche parte tra la corsa in ascensore e Jackson che le toglieva gli stivali, i suoi ricordi si facevano piuttosto confusi.
Oh, cavoli. «Non proprio. Io non ricordo... molto.» Sospirò. «Non avrei dovuto bere il secondo bicchiere.»
Jackson le accarezzò il braccio, tracciando dei cerchi con la punta del dito, proprio sopra al gomito. Lei fu percorsa da un fremito, che le finì direttamente in mezzo alle cosce e per un secondo la memoria si acuì. Ricordava qualcosa... ossia come il proprio corpo reagiva quando lui la toccava. «È un po’ tardi per fare penitenza.»
Aveva ragione. La sera prima aveva gettato via ogni cautela: stanca di essere la brava ragazza, la damigella che non è mai la sposa, e stanca di negare che Jackson Worth era l’uomo più sensuale che avesse mai visto, si era comportata in maniera del tutto estranea al suo carattere: sulla pista da ballo si era avvinghiata a lui e l’aveva baciato. Probabilmente Jackson l’aveva considerata patetica. «Sono fatta così. Non so mai quando fermarmi.»
«Sammie» riprese allora lui, la sua voce profonda abbastanza da farle capire quanto si sarebbe persa a non ricordare la notte trascorsa con lui, «tanto per essere chiari – tu non volevi fermarti.»
«Io... ehm... lo so.» Quale donna sana di mente lo avrebbe voluto?
Strizzò gli occhi. Avrebbe dovuto essere più cauta. Giustificava il proprio comportamento con la perdita del padre e del negozio in un breve lasso di tempo, ma se voleva ricominciare doveva affrontare la verità: la sera prima aveva avuto bisogno di una bella iniezione di fiducia in se stessa e quello schianto di Jackson Worth, spalle larghe, occhi azzurri, capelli biondi era stato proprio l’uomo giusto per risollevarle lo spirito. Non solo era da mangiare con gli occhi, ma era stato anche dolce, premuroso e disponibile; la combinazione era stata irresistibile.
Fare sesso con Jackson era stata una mossa stupida – ma non ricordarselo? Quello era decisamente sbagliato: avrebbe sofferto il peso del senso di colpa senza neanche poterlo accompagnare da un qualche prezioso ricordo piccante. E non ci sarebbe stato alcun bis.
Il giorno prima aveva partecipato alla convention annuale sulle calzature nella speranza di sollevare un qualche interesse intorno ai propri affari sull’orlo del baratro. L’economia era in crisi e solo le compagnie più forti riuscivano a sopravvivere. Nessuno era disposto a investire dei capitali nella sua piccola, unica boutique.
Nessuno... tranne Jackson Worth.
E a quel punto ricordò. Girò la testa di scatto e spalancò gli occhi. «Oh mio Dio, Jackson. Noi siamo... soci.»
Lui piegò le labbra in un sorriso curioso, quindi sospirò. «Abbiamo siglato l’accordo prima che arrivasse lo champagne, piccola. Hai firmato lungo la linea tratteggiata. Il Boot Barrage adesso è mezzo mio.»
Sdraiata sul letto, la testa appoggiata sul cuscino, Sammie ascoltava il rumore dell’acqua che scorreva nel locale accanto. Non aveva bisogno di immaginare l’aspetto di Jackson Worth sotto la doccia: cinque minuti prima, si era alzato dal letto come mamma l’aveva fatto, splendidamente abbronzato, col lato posteriore più grandioso che lei avesse mai visto in un uomo, e si era avviato verso il bagno.
«Sei sicura di non voler andare prima tu?» le aveva chiesto.
Al che lei si era rintuzzata ancora di più tra le coperte, scuotendo il capo. «No, no, vai pure; preferisco aspettare.»
Solo che aspettare significava riflettere, e riflettere significava avere un bel daffare a tenere sotto controllo il panico. Un tremito le eruppe in tutto il corpo quando il peso della propria follia cominciò veramente a prenderle piede nel cervello. Cercò di prendere dei profondi respiri per calmare l’ansia crescente, ma non funzionò. Ormai stava ansimando.
E allora ricordò le lezioni di yoga, sulle quali si era abituata a far conto quando quella carogna di Allen si era contabilizzato fuori dalla sua vita. Lentamente, si alzò dal letto, restando immobile per qualche secondo, eretta, prima di distendere le braccia sopra la testa, respirare ancora, per poi piegarsi a toccare le punte dei piedi. Meglio, molto meglio. Ripeté la routine diverse volte, e la tensione iniziò a scemare, il cervello confuso che cominciava a districare i pensieri e il battito accelerato che tornava a un ritmo normale.
Era straordinario quanto avesse effetto lo yoga su di lei.
Perlomeno a breve termine.
Era sicura che l’ansia sarebbe tornata all’assalto, fin troppo presto; la sua vita stava per cambiare per sempre. Trasferirsi dall’altra parte del Paese e iniziare una nuova impresa in una città sconosciuta sarebbe già stato più che