I doveri dello sceicco: Harmony Collezione
Di Maisey Yates
5/5
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Info su questo ebook
Lo sceicco Zayn Al-Ahmar ha un matrimonio da organizzare, una sorella da proteggere e un Paese da governare, e di sicuro non permetterà a qualcuno di intralciare i suoi programmi pubblicando insulsi articoli scandalistici sul suo conto. Rapire Sophie gli sembra dunque un'ottima soluzione, al di là che sia anche l'unica a sua disposizione, ma ben presto si rende conto che la compagnia della seducente reporter è per lui ben più pericolosa di qualunque scoop.
Benvenuti al Chatsfield, New York.
Miniserie "Chatsfield Hotel" - Vol. 1/8
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I doveri dello sceicco - Maisey Yates
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1
Lo sceicco Zayn Al-Ahmar aveva molti rimpianti, che di notte si trasformavano in incubi, e di giorno tingevano di amarezza ogni sua azione. Rimpianti che gli ricordavano costantemente perché era stato costretto a lasciarsi alle spalle la vecchia versione di se stesso per diventare un uomo completamente differente.
Tuttavia, per quanto pressanti fossero quei rimpianti, al momento riusciva a concentrarsi su uno solo, uno recente. Al momento il suo più sincero rammarico era di non poter stringere le mani intorno al collo di James Chatsfield per porre così fine alla sua inutile vita proprio lì, in un vicoletto dietro uno dei prestigiosi alberghi di proprietà della famiglia di quest'ultimo.
Invece, si accontentò di qualcosa di molto meno appagante. Afferrò i baveri della sua giacca e lo spinse contro il muro di mattoni rossi. Un gesto violento, certo, ma non sufficiente per soddisfare il suo umore attuale.
«Non credo di sapere perché sei così arrabbiato, Al-Ahmar» commentò James, sul viso quell'espressione indolente che era uno dei suoi marchi di fabbrica.
E questo servì soltanto a irritarlo di più. Perché lui conosceva bene quell'atteggiamento, conosceva la luce di scherno che gli brillava negli occhi. Era più o meno come guardare in uno specchio che mostrava il riflesso del passato, pensò Zayn, soprattutto perché l'ultima colpa di cui si era macchiato quello spregiudicato playboy era davvero imperdonabile. «Io invece credo che tu lo sappia molto bene, Chatsfield» sottolineò, andando dritto al punto. Per sedici anni aveva dedicato la vita alla protezione della sua famiglia, della sua reputazione e del suo paese. Adesso quell'essere costituiva una minaccia per tutto ciò che lui aveva costruito, per il Surhaadi e per il suo popolo.
«Per favore, non dirmi che si tratta di tua sorella.»
«E di cos'altro?» tuonò Zayn, il sangue che gli ribolliva nelle vene. «Tu l'hai disonorata, di conseguenza hai disonorato me e la monarchia.»
James inarcò un sopracciglio con fare beffardo, un sorriso di scherno gli curvò le labbra. «È un peso davvero gravoso da assegnare a una donna» replicò. «Non immaginavo che l'integrità di un paese si basasse sull'imene di una ragazza.»
«Non osare discutere d'integrità» sibilò Zayn fra i denti. «Proprio tu, che non conosci nemmeno il significato del termine.»
«Almeno non tratto le donne come se fossero una mia proprietà.»
E questo perché, dopo averne portato a letto una, James Chatsfield perdeva ogni interesse per lei. No, non trattava una donna come una proprietà, ma molto peggio. La trattava come spazzatura, come una bambola di pezza da svestire e vestire a suo piacimento, prima di gettarla via senza una sola esitazione, ragionò Zayn. Lasciandola con il cuore a pezzi e, nel caso di sua sorella, irrimediabilmente danneggiata. Lasciandola con un figlio, qualcosa che Chatsfield non avrebbe mai dovuto sapere. Non ne aveva alcun diritto, in primo luogo non aveva avuto neanche il diritto di toccare Leila. E non l'avrebbe toccata mai più, se lui aveva voce in capitolo.
«Forse no, Chatsfield, ma resta il fatto che tu hai maltrattato qualcosa che mi appartiene. La mia famiglia, oltre a essere sotto la mia protezione, mi appartiene. E sei fortunato perché non siamo nel mio paese, perché lì non avrei esitato a eliminare la persona che ha commesso una simile offesa» dichiarò.
Con una forza inaspettata, James si liberò dalla presa del suo avversario, poi raddrizzò la schiena e spazzò via dalla giacca degli immaginari granelli di polvere. «Parli come un vero patriarca biblico, Al-Ahmar» affermò. «Sfortunatamente non ho tempo da perdere con queste chiacchiere senza senso.»
Un velo rosso gli calò davanti agli occhi. La voglia di cancellare il sorriso cinico dalle labbra di quell'insulso individuo era travolgente, tuttavia si sarebbe controllato, decise Zayn. Non poteva correre il rischio di attrarre attenzione, né di dare a Chatsfield motivo per pensare che ci fosse altro che fomentava la sua ira oltre alla relazione che aveva avuto con Leila. «Tu non rilascerai dichiarazioni alla stampa riguardo mia sorella» gli intimò.
«E perché mai dovrei fare una cosa simile?» s'informò James.
«Perché, anche se per te Leila è solo l'ultima delle tue conquiste in ordine cronologico, è sempre una principessa. I giornalisti farebbero di tutto pur di procurarsi uno scoop del genere.»
«Così mi insulti, Al-Ahmar. In questa nazione io rappresento l'alta società, e di sicuro non ho bisogno di sfruttare il tuo cognome per fare notizia. Basta il mio.»
«Se oserai fare parola con qualcuno dell'accaduto, avrò la tua testa. E bada che non parlo in senso metaforico.»
«Oh, di questo sono certo» mugugnò Chatsfield, poi sistemò ancora una volta la giacca, raddrizzò le spalle e si avviò verso l'ingresso dell'hotel.
Rimasto solo, Zayn scosse la testa, tormentato da una sensazione di impotenza sgradevole e fin troppo conosciuta. Lo riportava al periodo in cui non era riuscito a proteggere un'altra sorella, quando i problemi erano stati troppo grandi per poterli risolvere.
Intanto la pioggia aveva cominciato a cadere fitta, solo la debole luce di un lampione rischiarava il vicolo oscuro. La sua mente lavorava frenetica, il cuore gli martellava nel petto. Stava per sposarsi, e questo rendeva la posizione di Leila ancora più delicata, perché le nozze reali avrebbero attirato l'attenzione dei media sul Surhaadi e sui suoi regnanti. Non aveva idea di cosa Leila intendesse fare riguardo alla gravidanza, in realtà era già abbastanza vulnerabile anche senza l'intervento della stampa. L'opinione pubblica avrebbe espresso condanne e giudizi, qualcosa che lui non doveva permettere. La sua famiglia non sarebbe finita in prima pagina, non di nuovo. Non fin quando lui avrebbe avuto vita.
Il rumore di una lattina che rotolava per terra lo sottrasse al filo dei suoi pensieri. Colse con la coda dell'occhio un movimento. Dopo tutto, non era solo. La breve conversazione con Chatsfield aveva avuto un testimone.
E questo era inaccettabile.
La sensazione di impotenza svanì, lasciando il posto al desiderio di azione. Doveva fare qualcosa. Aveva bisogno di un piano.
I muscoli tesi, i sensi all'erta, si incamminò in direzione del rumore, pronto a scattare. Quando un uomo viveva come lui, aveva molto tempo da dedicare alla cura del corpo, e lui lo aveva fatto. Aveva approfittato di ogni opportunità per trasformare in potenza fisica la frustrazione. Non temeva chiunque lo stesse aspettando nell'ombra. Non ne aveva motivo, poiché sapeva di essere l'essere vivente più pericoloso in quel vicolo.
Un altro fruscio e lui reagì, allungando una mano per afferrare... una lunga ciocca di capelli. Un gemito risuonò nella notte, un lamento sommesso che mal si conciliava con l'immagine di uno spietato criminale. Mollò la presa e lasciò ricadere il braccio lungo il fianco. «Chi sei?» domandò, il tono imperioso. «Cosa vuoi?»
«Oh» fu l'unica replica che ottenne.
«Dubito di averti fatto tanto male» osservò Zayn. «Vieni alla luce.»
L'intruso obbedì, muovendo qualche passo fino a portarsi nell'alone dorato che circondava il lampione. Non era certo di chi si fosse aspettato, ma la snella donna dai lunghi capelli color del miele che indossava un ridotto abito di paillette e inalberava un'espressione arrogante sul viso, non era sicuramente fra le sue ipotesi.
«Invece mi hai fatto molto male» puntualizzò la sconosciuta.
«Se sei così delicata, allora dovresti evitare di passeggiare nei vicoli oscuri. Sono pericolosi» sentenziò Zayn, incrociando le braccia sul petto.
«In effetti» confermò lei, sistemando con gesti concitati la gonna del vestito.
«Cosa ci fai qui?»
«Ho seguito James.» La donna raddrizzò le spalle e respinse una ciocca di capelli, che scintillò come oro nel buio.
Il che aveva un senso. La donna aveva l'aspetto giusto per essere una delle tante vittime di Chatsfield, una che probabilmente sperava di poter trascorrere un'altra notte nel suo letto, o di poter trarre un vantaggio economico dalla loro storia, ragionò Zayn.
In ogni caso, costituiva un problema. Avrebbe avuto validi motivi per raccontare alla stampa ciò che aveva origliato in quel vicolo. Consegnare a una donna umiliata dal suo amante la possibilità di vendicarsi trasformava automaticamente quest'ultima in una seria minaccia per Leila. Annuì. «Capisco. E che cosa hai sentito?»
La donna sgranò gli occhi. «Nulla» rispose. «In realtà, mi annoiavo. Anzi, mi ero addormentata.»
«Raccontalo a un altro» la ammonì lui. La poca pazienza che gli era rimasta non gli avrebbe permesso di restare ancora a lungo sotto la pioggia ascoltando le frottole che gli stava propinando quella tipa. E non poteva fallire di nuovo quando la sua famiglia era coinvolta, decise. Avevano tutti già sofferto troppo.
Aveva la possibilità di risparmiare loro altro dolore, e lo avrebbe fatto. Un'esile bionda dagli occhi grandi non poteva intralciargli il cammino.
«Magari mi batto contro gli sprechi alimentari» riprese lei, «e stavo controllando che nulla di edibile fosse finito nei bidoni. Saresti sorpreso nel sapere quanto cibo viene gettato via dalla cucina di un albergo. Ho persino trovato una scatoletta di fois gras ancora fresco.»
«Hai detto di aver seguito Chatsfield.»
«Forse ho pensato che anche lui era alla ricerca di un po' di ottimo fois gras.»
«L'aria sta diventando gelida.» Zayn le afferrò un braccio. «Perché non continuiamo la nostra conversazione nella mia auto?»
La donna tentò inutilmente di sottrarsi alla sua presa e agitò la mano libera in aria. «Oh, sai, accetterei il tuo invito, ma mi attengo a quella antiquata regola.»
«Quale regola?»
«Quella che consiglia caldamente di non salire in un'auto con uno sconosciuto.»
«Ho la sensazione che – dopo quello che hai sentito – tu non mi consideri più uno sconosciuto» affermò Zayn, incamminandosi verso la limousine. La bionda non ebbe altra scelta se non trotterellargli al fianco, ma la sua riluttanza era evidente.
Per un attimo, si chiese se per caso non fosse impazzito. Poi immaginò Leila circondata dai giornalisti, sottoposta a una raffica di domande indiscrete. No, non lo avrebbe permesso. Avrebbe fatto tutto il necessario pur di proteggere la sorella, rifletté.
In lui non c'era più spazio per i sensi di colpa.
«Ora devo proprio andare» protestò lei. «Non ho messo la catena alla mia bicicletta. Potrebbero rubarla.»
«In questo caso, te ne comprerò una nuova.»
«Ha un valore sentimentale.»
Zayn si fermò e le scoccò un'occhiata incredula. «Perché vai in bicicletta con questo tempo? E con quel vestito addosso?»
«Non tutti navighiamo nell'oro.»
«Infatti, ma James Chatsfield sì. E immagino che tu lo sappia.»
«Con precisione, cosa intendi dire?»
«Intendo dire che devi salire in auto, adesso» borbottò Zayn, aprendo lo sportello posteriore della limousine.
«No, non credo che lo farò.»
«Temo che tu abbia frainteso un ordine con una richiesta» sottolineò lui, poi si accomodò sul sedile di pelle, trascinandola con sé. E poiché era passato troppo tempo da quando aveva toccato una donna, anche considerate le circostanze non poté evitare di concedersi un attimo per apprezzare la sensazione che gli davano quelle morbide curve premute contro il suo petto.
«Che stai facendo?» urlò la bionda.
Zayn non rispose. Si limitò a stringerla e a cercare di decidere la prossima mossa, anche se fu immediatamente distratto dal fondoschiena di lei che sfregava contro una determinata parte anatomica del suo corpo. Ecco, era in momenti come quello, quando il desiderio prendeva a scorrergli nelle vene così impetuoso da fargli dimenticare la gravità della situazione, che si ritrovava a chiedersi se fosse davvero cambiato, dopo tutto. O se aveva semplicemente trascorso anni nascondendo la sua debolezza dietro una montagna di buone intenzioni. Tuttavia, da quando aveva optato per un più saggio stile di vita, solo raramente si era ritrovato in una circostanza simile, dunque il problema non esisteva, ragionò. Non importava quanto fosse attraente quella donna, né quanto fosse piacevole averla fra le braccia. Importava solo Leila, il suo onore, la sua tranquillità emotiva.
Richiuse lo sportello pur continuando a bloccare la bionda, che adesso era completamente immobile, tanto da fargli pensare che avesse