Il paradiso del cuore: Harmony Collezione
Di Kate Walker
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Info su questo ebook
LA BAIA DEI SOGNI - Ricorda: gli uomini come me si innamorano una volta sola, nella vita. La frase di Cesare Santorino continua a riecheggiare nella testa di Megan Ellis, ricordandole sadicamente che non è lei la donna in questione. Dopo essersi dichiarata, ed essere stata duramente respinta da Cesare, Megan si rassegna a rinunciare all'uomo della sua vita. Ma un giorno gli eventi prendono una svolta inaspettata: quasi senza rendersene conto, Megan si ritrova insieme a Cesare in Sicilia, terra rovente e insieme paradisiaca, e capace di mostrare la loro situazione sotto una luce insolita.
Kate Walker
Autrice inglese originaria della regione di Nottingham, ha anche diretto una libreria per bambini.
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Anteprima del libro
Il paradiso del cuore - Kate Walker
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Sicilian’s Wife
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2002 Kate Walker
Traduzione di Alessandra Canovi
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5894-573-5
www.harlequinmondadori.it
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1
Quella sera glielo avrebbe chiesto.
I propositi erano chiari e precisi nella mente di Cesare, segno evidente della fermezza di una decisione che aveva preso da anni.
Gli pareva di aver atteso secoli per arrivare a quel giorno. Troppo. Un’attesa che aveva messo a dura prova la sua pazienza. Ma quella sera, finalmente, Megan sarebbe stata sua.
Il suono del campanello, inaspettatamente forte, gli causò un lieve sussulto, distogliendolo dalle sue meditazioni. Fece una smorfia, togliendo velocemente le dita dal pulsante.
Somigliava più a un poliziotto che andava ad arrestare qualcuno che a un innamorato che aveva atteso tanto a lungo per avere la donna che voleva più di ogni altra cosa al mondo.
«Signor Santorino!»
La governante non nascose un’aria confusa. Com’era ovvio che fosse, rifletté Cesare: normalmente preannunciava con un certo anticipo una sua visita, e sapeva bene che quel suo comportamento era assolutamente eccezionale.
Comunque, era un ospite ben accolto in quella casa, lo consideravano un amico, oltre che un collega d’affari.
«Non la aspettavamo. Il signor Ellis non mi aveva detto...»
«No...»
Alzò la mano abbronzata per tagliar corto con le cortesi giustificazioni.
«Non poteva avvertirla, perché non l’ho informato che sarei venuto in Inghilterra.»
«Ma...»
La signora Moore arretrò di un passo, consapevole di doverlo invitare a entrare. Ciononostante, esitò ancora un attimo.
«Il signor Ellis non c’è, è in visita da alcuni parenti in Scozia. C’è solo la signorina Megan...»
«Ah, quindi la signorina è in casa?»
Si compiacque del suo tono di voce, disinteressato e un poco sorpreso.
Nessuno avrebbe capito che la visita di quella sera voleva proprio sortire quell’effetto. Che era arrivato in Inghilterra sapendo che Tom non ci sarebbe stato, e che la sua unica figlia era in casa da sola. Il suo piano stava funzionando alla perfezione.
«Immagino che abbia terminato l’università, no?»
«Esatto. Ha conseguito la laurea. È tornata questo fine settimana. Da sola, stranamente.»
«Da sola?»
No! Aveva posto la domanda in modo troppo brusco, tradendo un interesse che doveva rimanere celato.
«Sì. Credevo che si facesse accompagnare dal suo ragazzo.»
Fortunatamente, a quel punto la governante si rese conto che era scortese trattenere un ospite sulla porta, e arretrò per permettergli di entrare.
«Vuole entrare, signore? La signorina Megan sarà contenta di vederla.»
Cesare ne dubitava. Il modo in cui si erano lasciati, l’ultima volta che si erano visti al party di Capodanno, non dava adito alla speranza che l’accoglienza sarebbe stata calorosa. Quando aveva programmato quella visita a sorpresa, era partito dal presupposto che ben presto sarebbe riuscito ad annullare qualsiasi resistenza, ma la menzione di un ragazzo era una complicazione inaspettata. Qualcosa che avrebbe dovuto prevedere ma che, stupidamente, aveva ignorato.
«Vado ad avvertirla che lei è qui...»
«No!»
Idiota! si rimproverò aspramente per essersi tradito ancora una volta. Quel no era stato troppo repentino, troppo deciso.
Esibì sollecitamente un sorriso di circostanza, fissando gli occhi scuri in quelli della governante. Era un atteggiamento calcolato, che in passato era riuscito a sciogliere i cuori più aridi.
E, infatti, ottenne l’effetto previsto.
«Non mi annunci. Le voglio fare una sorpresa.»
«Certo, signore. È in biblioteca.»
La signora Moore indicò una porta al lato opposto dell’ingresso.
«Sono sicura che sarà molto contenta di vederla. Se vuole il mio parere è un po’ sciupata in questo periodo, troppo pallida e magra per i miei gusti... Probabilmente non ha mangiato a sufficienza negli ultimi tempi.»
«Probabilmente.»
Cesare lottava per contenere l’impazienza. Non se ne sarebbe mai andata quella donna?
Alla fine, con suo grande sollievo, la signora Moore si diresse verso la cucina. Lui aveva appena rilasciato i muscoli contratti quando la donna esitò e tornò sui propri passi.
«Posso offrirle un caffè? Un drink fresco?»
«La chiamo io se mi serve qualcosa.»
Aveva adottato il tono che dedicava agli impiegati opprimenti. Un tono che richiedeva, e otteneva, incondizionata obbedienza. Come al solito funzionò. La governante annuì, accennò un inchino e tornò sui propri passi.
Era ora!
Trasse un profondo respiro di sollievo, passandosi le mani tra i capelli. Sembrava che la governante avesse intuito le sue intenzioni, il motivo che l’aveva portato lì, quella sera, e si fosse autonominata guardiana morale della giovane. Difensore dell’onore di Megan nei confronti della forza minacciosa di un maschio sessualmente maturo.
Aprendo lentamente la porta della biblioteca, atteggiò le labbra in un sorriso cinico. Non voleva tradire la propria presenza. Voleva cogliere Megan di sorpresa. Ma non era del suo onore che voleva appropriarsi, bensì del suo cuore.
Megan aveva sentito lo squillo del campanello, ma si era augurata che la signora Moore provvedesse a liberarsi dell’intruso. Non aveva voglia di stare in compagnia di qualcuno.
«Cosa posso fare?»
Sospirando, scostò i capelli dal viso e posò il mento sulle mani, i gomiti appoggiati al tavolo. Aveva davanti un libro aperto, che aveva cercato di leggere, ma senza risultato. Gli occhi verdi erano annebbiati dalle lacrime, e le parole sulle pagine le danzavano davanti senza senso. «Cosa posso fare?»
Non aveva fatto altro che ripetersi questa domanda, ma non era riuscita a darsi una risposta.
«Megan?»
Il cigolio della porta che si richiudeva la fece sussultare, ma fu la figura che si stagliava sulla soglia, alta, scura e imponente, che le fece sbattere le palpebre incredula.
«Cesare?»
Il cuore diede un tuffo pericoloso contro la gabbia toracica, privandola del respiro. Cesare Santorino era l’ultima persona che si sarebbe aspettata di trovarsi davanti. L’ultima persona che avrebbe voluto trovarsi davanti.
Quella realtà, tuttavia, non pose fine alle stupide emozioni che la travolgevano alla sua semplice vista. Un tempo aveva adorato ogni singolo aspetto di quell’individuo, aveva sognato di perdersi tra le sue braccia, di sciogliersi nella profondità del suo sguardo.
«Cosa fai qui?» Seccata, si rese conto che la sua voce tradiva alti e bassi delle sue emozioni. Doveva attribuire il suo atteggiamento allo stato particolare in cui si trovava, si disse rabbiosa. Niente di più.
Aveva ormai superato tutto, per quanto riguardava Cesare. L’aveva superato da mesi.
Da quel disastroso party di Capodanno, quando lui l’aveva umiliata senza pietà. In precedenza, avrebbe baciato il terreno su cui posava i piedi, ma quella sera Cesare aveva preso la sua devozione e il suo orgoglio e li aveva calpestati sotto le sue splendide, lustre scarpe italiane fatte a mano.
«Mio padre non c’è...»
«Lo so» la interruppe bruscamente lui corrugando la fronte. «Sono venuto per vedere te.»
«Me?»
Quel cipiglio e la nota particolare nella voce la misero in apprensione. Si rese conto immediatamente che sulle sue guance rimaneva traccia delle lacrime, e se le asciugò sdegnata con il dorso della mano.
«Perché volevi vedermi?» Si era alzata, allontanandosi dalla luce diretta della finestra per ripararsi in una zona d’ombra. «Pensavo non volessi neppure più parlarmi.»
«Perché mai?» Nel tono di Cesare si percepiva una nota di derisione che le urtò i nervi.
«Hai detto chiaramente che non volevi sprecare il tuo tempo con me.»
Il suo lento sorriso sexy la sconvolse come sempre, privandola del poco controllo che le era rimasto, mentre il cuore era stretto in una morsa.
«Oh, Megan. Non eri nelle condizioni di passare del tempo con nessuno... sprecandolo o meno.»
«Avevo bevuto uno o due bicchieri di champagne!»
Quello che non avrebbe mai ammesso era che non era stato il vino frizzante a farle perdere la testa, ma la sua vicinanza: Cesare impeccabilmente elegante nello smoking bianco e nero.
«Magari tre o quattro...» la corresse aspro lui. «E il problema è che, nel tuo stato, eri dannatamente attraente. Hai un’idea di come eri sexy con quell’abito?»
«Sexy...» fece eco Megan confusa.
L’aveva realmente definita così? Attraente e sexy? La constatazione filtrò attraverso la coltre di infelicità che le ovattava la mente, e le risvegliò qualcosa. Qualcosa che era convinta fosse ormai morto e sepolto. Qualcosa che invece aleggiava ancora nel suo cuore e che lei, suo malgrado, aveva serbato nonostante lui l’avesse respinta pubblicamente, e in modo umiliante.
«Stai scherzando!»
«Ho l’aria di uno che scherza? No, per niente.»
Cesare scosse il capo, ed entrò definitivamente in biblioteca con movenze feline.
«Non è stato semplice evitare di metterti le mani addosso.»
Megan si limitò a sbuffare, esprimendo in questo modo l’opinione cinica che avrebbe potuto tradurre in parole a proposito di quel commento.
«Oh, certo! È stata una lotta tale che mi hai messo da parte come se, toccandomi, ti contaminassi. E poi... e poi mi hai ignorato per il resto della sera. Non è così?»
«No» negò subito Cesare. «Non era possibile ignorarti, anche se ci ho provato in tutti i modi. Non sono mai stato capace di ignorarti, sin da quando ti sei catapultata nella mia vita con l’esuberanza tipica di una ragazzina tredicenne. Da allora non sono stato capace