Una notte con la principessa: Harmony Destiny
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Michelle Celmer
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Una notte con la principessa - Michelle Celmer
Capitolo 1
Giugno
BENCHÉ AVESSE SEMPRE ritenuto che il carattere riservato fosse una delle sue migliori qualità, a volte la principessa Anne Charlotte Amalia Alexander avrebbe voluto assomigliare di più alla sorella gemella.
Sorseggiando una coppa di champagne, osservò Louisa che si avvicinava a uno degli invitati: un tipo alto, bruno e bello che, per tutta la serata, non l’aveva mai persa di vista. Sorridendo, gli rivolse poche parole e lui le baciò la mano.
Era così facile per la gemella. Gli uomini erano attratti dalla sua bellezza delicata e dalla sua aria innocente.
Ma lei, invece? Gli uomini la giudicavano fredda e ipercritica. Non era un segreto che, in società, spesso venisse chiamata la bisbetica. Di solito non se ne curava. Le piaceva credere che si sentissero minacciati dalla sua indipendenza. Tuttavia, quel pensiero era di scarsa consolazione in una serata simile. Intorno a lei, tutti ballavano, bevevano e socializzavano, mentre lei se ne stava per conto suo. Tuttavia, considerando la salute precaria di suo padre, era così difficile intuire che lei non se la sentisse di festeggiare?
Un cameriere con un vassoio di champagne le passò accanto e lei si appropriò di una coppa piena. La quarta quella sera, e cioè tre di più della sua dose abituale.
Suo padre, il re di Thomas Isle, che avrebbe dovuto partecipare a quell’evento di beneficenza dato in suo onore, era troppo debole a causa della sua malattia cardiaca per fare anche solo un’apparizione. Sua madre si rifiutava di lasciarlo solo, perciò spettava ad Anne, Louisa e i loro fratelli, Chris e Aaron, fare gli onori di casa.
Farsi criticare non era nell’interesse né suo né del resto della famiglia. D’altronde, Anne non faceva sempre quello che le era chiesto di fare? Non era lei la gemella razionale e responsabile?
Be’, quasi sempre.
Scolò lo champagne in due sorsate, posò la coppa vuota su un altro vassoio di passaggio e ne afferrò una piena. L’avrebbe bevuta più lentamente, si ripromise, ma già sentiva l’alcol che le riscaldava lo stomaco e provava un leggero stordimento.
Scolò la quinta coppa in un unico lungo sorso.
«Stasera è incantevole, Altezza» disse qualcuno alle sue spalle.
Voltandosi, Anne rimase sorpresa di trovarsi di fronte Samuel Baldwin, figlio del Primo Ministro di Thomas Isle. Sam era il tipo di uomo che le donne guardavano sentendosi subito tremare la gambe. A trent’anni, era più interessante che bello – quanto meno, così pensava Anne – con capelli mossi di un biondo scuro, naturalmente ribelli, e fossette accentuate in entrambe le guance quando sorrideva. Era di parecchi centimetri più alto del metro e settantadue di Anne, ed era di corporatura snella e muscolosa. Lei gli aveva parlato una o due volte, ma niente di più di uno scambio di saluti. Le chiacchiere lo classificavano come uno degli scapoli d’oro dell’isola, che fin dalla nascita era stato educato per subentrare al padre.
Sam si inchinò e, così facendo, un ricciolo ribelle gli ricadde sulla fronte. Anne resistette all’impulso di scostarglielo.
Di solito l’avrebbe salutato con fredda indifferenza, ma l’alcol stava avendo uno strano effetto sulla sua testa perché si accorse di sorridere. «È un piacere rivederla, signor Baldwin.»
«La prego, mi chiami Sam.»
Con la coda dell’occhio, Anne scorse Louisa sulla pista da ballo, con il suo misterioso compagno che la stringeva in modo scandaloso, fissandola negli occhi. Fu colta da una fitta di gelosia. Voleva che un uomo la tenesse così e la guardasse come se fosse stata l’unica donna presente in sala, come se fosse impaziente di restare da solo con lei. Per una volta, voleva sentirsi... desiderata. Era chiedere troppo?
Finì lo champagne e chiese: «Le andrebbe di ballare, Sam?».
Non avrebbe saputo dire se l’espressione sorpresa dell’uomo fosse dovuta al suo comportamento sfacciato oppure all’invito di per sé. Per un orribile istante, temette che avrebbe rifiutato. Una vera ironia, considerando quanti inviti a ballare aveva rifiutato nel corso degli anni. Così tanti che gli uomini avevano smesso di chiederglielo.
Un attimo dopo un sorriso gli incurvò la bocca, con accompagnamento di fossette, e lui rispose: «Ne sarei onorato, Altezza».
Le offrì il braccio e lei vi infilò il proprio. Era passato così tanto tempo dall’ultima volta in cui aveva ballato che quando lui la prese tra le braccia e la fece volteggiare al ritmo di un valzer, si scoprì goffa e impacciata.
O forse aveva le ginocchia deboli per colpa dello champagne... oppure era il profumo asprigno del suo dopobarba a farle girare la testa. Cercò di ricordare quando era stata l’ultima volta in cui si era trovata a così stretto contatto con un uomo che considerava sessualmente attraente.
Forse di tempo ne era passato anche troppo.
«Il nero le dona» disse Sam, e Anne impiegò diversi secondi per rendersi conto che alludeva al suo vestito, un modello ornato di paillette, lungo fino a terra, che aveva comprato a Parigi. Non sapeva se il colore le donava, ma era di certo in sintonia con il suo umore quando l’aveva scelto. Adesso si pentiva di non aver indossato qualcosa di più allegro. Come Louisa, in rosa come al solito, un colore che, a pensarci bene, la faceva assomigliare alla Strega buona del Mago di Oz, con il risultato che lei doveva essere la Strega cattiva.
«Sì» rispose. «Mi manca soltanto il cappello nero a punta.»
Era il tipo di replica che avrebbe spiazzato un uomo. Sam, invece, scoppiò a ridere. Una risata profonda che sembrò riverberarle nel corpo, causandole un delizioso formicolio. «In realtà, pensavo che pone in risalto il suo incarnato latteo.»
«Oh, grazie.»
Iniziò un brano lento e Anne non poté fare a meno di notare che l’uomo misterioso di Louisa l’attirava ancora più vicino. Un po’ troppo vicino.
«Conosce l’uomo che sta ballando con mia sorella?» chiese a Sam, indicandolo con il mento.
«Garrett Sutherland. È il proprietario terriero più ricco dell’isola. Mi stupisce che non lo conosca.»
Il nome le era familiare. «Ne ho sentito parlare dai miei fratelli.»
«Si direbbe che lui e sua sorella siano in rapporti... amichevoli.»
«L’ho notato anch’io.»
Sam osservò Anne mentre fissava la sorella. «Si prende cura della principessa Louisa?»
Anne annuì. «Qualcuno deve farlo. Sa essere molto ingenua e troppo fiduciosa.»
Lui sorrise, e le fossette erano così adorabili che lei avrebbe voluto sollevarsi sulla punta dei piedi e baciarle. «Allora, chi si prende cura di lei?»
«Non è necessario. Sono perfettamente in grado di badare a me stessa.»
Sam accentuò la stretta del braccio intorno alla sua schiena, avvicinandola così al proprio torace, e il suo sorriso da scherzoso divenne assassino. «Ne è sicura, Altezza?»
Stava flirtando con lei? Gli uomini non scherzavano né flirtavano mai con lei. Se non volevano vedersi restituire la loro testa su un vassoio. Samuel Baldwin era un tipo coraggioso. Una qualità che lei scoprì di apprezzare. Le piaceva la pressione della sua mano sulla schiena e la sensazione che provava quando gli sfiorava il torace con il petto. Non era mai stata una donna dai forti desideri sessuali – non che disdegnasse di tanto in tanto un’avventura effimera e superficiale – ma la vicinanza con Sam risvegliava emozioni di cui non sapeva di essere capace. Oppure era merito dello champagne?
No. Non c’era quantità di alcol che le avesse mai procurato una smania così struggente. Il desiderio primitivo di essere presa e... posseduta. Di strappare i vestiti a Sam per poterlo toccare dappertutto. Si chiedeva come avrebbe reagito se gli avesse messo le braccia intorno al collo per costringerlo ad abbassare la testa e l’avesse baciato. Le sue labbra erano così morbide e sensuali che moriva dalla voglia di assaporarle.
Avrebbe voluto avere il coraggio per farlo proprio lì, in presenza di tutta quella gente. Avrebbe voluto assomigliare di più a Louisa, che ora, a braccetto con il suo compagno, stava uscendo sul patio, in apparenza ignara delle centinaia di occhi che la seguivano.
Forse era tempo che Louisa imparasse a difendersi da sola. Quanto meno per quella sera. Da quel momento, Anne avrebbe pensato solo a se stessa.
Rivolse l’attenzione a Sam e gli sorrise. «Sono felice che abbia potuto partecipare alla nostra serata. Si sta divertendo?»
«Sì. Mi è dispiaciuto sapere che la salute non ha permesso al re di presenziare.»
«Deve sottoporsi a un trattamento, perciò deve evitare di esporsi alle infezioni. Il suo organismo è molto vulnerabile.»
I suoi fratelli e sua sorella sembravano convinti che si sarebbe ripreso, ma Anne aveva la sensazione che si illudessero. Negli ultimi tempi il loro padre era sempre più pallido e privo di forze. Lei temeva che stesse perdendo la voglia di vivere. Nel profondo del cuore sapeva che sarebbe morto, e l’istinto le diceva che sarebbe successo presto.
Si sentì opprimere da un dolore improvviso e cocente e, per quanto si sforzasse di trattenerle, le lacrime le spuntarono agli angoli degli occhi. Si rese conto di essere sul punto di crollare.
Non qui, supplicò. Per favore, non di fronte a tutta questa gente.
«Anne, sta bene?» Sam la stava fissando, e i suoi occhi erano così colmi di ansia e compassione che le diedero il colpo finale.
Mordendosi il labbro, scosse la testa, e lui non perse tempo a trascinarla via dalla pista da ballo.
«Dove?» le bisbigliò mentre uscivano dalla sala per entrare nel foyer, anche quello affollato di gente.
Anne sentiva il bisogno di rifugiarsi in un posto dove nessuno potesse assistere al suo inevitabile crollo.
«La mia stanza» riuscì a dire.
«Di sopra?» chiese Sam, e lei annuì.
L’accesso alle scale era impedito da un cordone, ma le due