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Baci e biscotti: Harmony Collezione
Baci e biscotti: Harmony Collezione
Baci e biscotti: Harmony Collezione
E-book175 pagine2 ore

Baci e biscotti: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Cosa succede quando una pasticcera è cotta del suo capo? E quando lui ha un disperato bisogno di una nuova ricetta per la sua azienda?

Greg Rafferty, giovane proprietario di una ditta che produce biscotti, è nei guai: gli affari sono in alto mare, e l'unica soluzione consiste nel ricostruire l'immagine della società. Il "testimonial" a cui pensa Greg, in realtà, è un perfetto sconosciuto; anzi, una perfetta sconosciuta che, però, essendo una pasticcera, è la persona ideale. Quando Greg la incontra faccia a faccia, rimane a dir poco allibito: Carole Jacks non è affatto come lui la immaginava. Non immaginava quelle gambe, quel sorriso, quel carattere che si accende per un nonnulla... e soprattutto quel bellissimo bacio.
LinguaItaliano
Data di uscita10 mar 2016
ISBN9788858947197
Baci e biscotti: Harmony Collezione

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    Anteprima del libro

    Baci e biscotti - Victoria Chancellor

    successivo.

    1

    In mezzo all'arena, un vitello bianco e nero tentava di scappare dalla carica di un cavallo dagli occhi di fuoco e di un cavaliere altrettanto determinato.

    Greg vide il cowboy roteare un lazo. Il cappio si depositò sul collo della bestia, si strinse forte e la atterrò. «Non fa male?» chiese con una smorfia all'uomo alto e ossuto accanto a lui.

    L'uomo si spinse indietro il cappello impregnato di polvere e di sudore. «Fa male a cosa?»

    «Al bovino.»

    L'uomo socchiuse gli occhi e gli rivolse uno sguardo curioso, poi domandò: «Non è di queste parti, giusto?».

    «Già... Ma è solo un cucciolo.»

    «Non è mai stato in mezzo ai buoi da macello?»

    «No, direi di no.»

    «Mai mangiato carne di vitello?» chiese l'altro con un sorriso sdentato. Greg ringraziò in silenzio il dentista da cui i genitori lo avevano trascinato. Potevano non avergli dato tutto, ma buoni denti sì.

    Invece di rispondere, si girò verso l'arena.

    «Dieci punti» riferì lo speaker. «Questo colloca Tim Roberts al terzo posto. Bella prova, Tim. La gara di oggi è conclusa.»

    Uno scroscio di applausi seguì la menzione del vincitore e del secondo arrivato. Dal fondo dell'arena entrò un trattore con un attrezzo per livellare la superficie del terreno. Una piccola nuvola si sollevò e si riposò come fosse stanca del calore estivo.

    Se il resto della folla poteva sopportare la polvere e la canicola, poteva farlo anche Greg. Oltretutto, lui aveva un'ottima ragione per essere in Texas ad agosto e stare in un recinto che era il doppio di uno degli enormi forni della Huntington Foods.

    L'uomo ossuto si allontanò. Greg mise una mano nella tasca posteriore... dove avrebbe tenuto la sua scatola di tabacco, se fosse stato un vero cowboy, e tirò fuori il volantino che elencava gli eventi del 4-H, la manifestazione indetta dal Ministero per insegnare ai giovani le tecniche della coltivazione e dell'allevamento del bestiame. Il prossimo appuntamento era la gara giovanile dei manzi. Greg non era certo se fossero le persone che si esibivano o i manzi, ma in ogni caso la gara coinvolgeva Carole Jacks.

    Ed era l'unico motivo per cui lui stava in quell'inferno texano, col sudore che gli colava lungo le gambe dei jeans acquistati poche ore prima ad Austin. La sua segretaria aveva riso dell'idea che si vestisse come un cowboy per fare visita a quella piccola comunità, ma Greg sapeva che avrebbe stonato con uno dei completi da città.

    Una delle regole principali dell'arte del vendere era quella di adeguarsi alla clientela, farla sentire a suo agio. Forse i suoi professori universitari non lo avrebbero incoraggiato a spingersi a tanto ma il mascheramento gli era sembrata una buona trovata. Dopotutto, sua madre lo aveva avvisato che Carole Jacks non aveva in simpatia gli estranei, lasciava di rado Ranger Springs e preferiva la corrispondenza per posta.

    Niente e-mail. Niente fax. Non c'era neppure una sua fotografia nel fascicolo a lei dedicato. Per quel che ne sapeva lui, poteva avere novant'anni. Nel migliore dei casi, sarebbe somigliato a una arzilla e grassoccia zia. Sperava solo che accettasse i consulenti per l'abbigliamento e il trucco, prima delle sedute di fotografia e delle apparizioni pubbliche. Purché fosse riuscita a sorridere... era la speranza migliore che avevano per risanare l'immagine della Huntington Foods.

    Certo, sarebbe stato cortese se la madre gli avesse fornito una descrizione di Carole Jacks. E invece Roberta Huntington Rafferty aveva scrollato le spalle e gli aveva augurato buon viaggio. Se non avesse saputo che sua madre aveva un senso dell'umorismo molto limitato, Greg avrebbe sospettato che stava ridendo della sua prima grande sfida come presidente in carica.

    Quale che fosse l'età o il carattere, la signora Jacks aveva negoziato un contratto eccezionale. Aveva ottenuto la privacy che voleva in cambio delle sue ricette. Greg ne aveva assaggiate di ogni genere che la Huntington produceva. E non lesinavano le calorie, i carboidrati o i grassi. Squisite.

    Greg si strofinò gli occhi e si rammaricò di non aver comprato qualcosa di freddo da bere. E di non aver saputo altro dal vicino di Carole Jacks se non che sarebbe stata all'arena per la competizione giovanile dei manzi e che non esisteva nessun signor Jacks.

    Un lampo argenteo catturò la sua attenzione. Sbatté le palpebre per accertarsi che non fosse un miraggio. No, era reale.

    Dall'altra parte del recinto c'era una donna che avrebbe fatto dimenticare a ogni uomo di avere la gola riarsa. Capelli biondi, legati a coda di cavallo, spuntavano dal cappello nero da cowboy. Una maglietta bianca lasciava ben poco all'immaginazione, aderendole al seno che pareva della giusta misura. E una fibbia argentea ornava una vita che, ovviamente, non aveva sperimentato troppi biscotti della signora Carole. Dentro i jeans aderenti le gambe sembravano infinite.

    La donna incrociò le braccia sulla palizzata e appoggiò il mento. Doveva aspettare qualcosa... o qualcuno. Il pensiero che stesse osservando uno di quei cowboy gli procurò una scarica di adrenalina. Greg strinse la presa sulla palizzata e giurò di non saltarla. Non avrebbe fatto una figura ridicola per una bionda, non di fronte alla formidabile Carole Jacks. Non quando era là in missione per salvare la società di famiglia.

    Greg distolse lo sguardo dalla bionda allorché alcune persone cominciarono a radunarsi nell'arena. Si costrinse a concentrarsi su Carole Jacks ma nessuno della gente che stava lì sembrava essere la regina dei dolcetti preferita dall'America.

    «E ora, il nostro evento finale, la gara giovanile dei manzi. Dopo che sarà eletto il campione, si terrà l'asta annuale. L'offerta più alta servirà per mandare uno di questi ragazzi al college. Un giro di applausi per i partecipanti.»

    Prima che l'applauso finisse, le mucche... no, i manzi entrarono nel recinto, condotti da ragazzi, i quali spiegavano la parte giovanile della competizione. Forse uno di essi era il nipote della signora Carole. Lo sguardo gli tornò sulla bionda, la quale si irrigidì e salutò uno dei ragazzi.

    Una bambina dai capelli castani sorrise, poi tirò la corda legata al suo enorme manzo. La mastodontica creatura si guardava attorno con calma, come se si fidasse che la bambina la portasse alla vittoria.

    Quella bimba di dieci o undici anni non poteva essere figlia della bionda. Eppure, l'espressione amorevole sulla faccia della donna sembrava attestare un forte legame. Quando i giudici fecero cenno alla piccola di spostare l'animale al centro del recinto, con altri quattro, la bionda si mise le mani sulla bocca e si irrigidì di più.

    Greg si rivolse all'uomo con la lattina, che era tornato: «È buon segno che stiano al centro?».

    «Significa che sono in finale» spiegò l'uomo sputando nella lattina.

    I giudici circondarono gli animali. Un manzo bianco e rosso sbatté la zampa. Un altro scappò da un giudice, urtando l'esemplare tenuto dalla bambina. Lei si avvicinò e gli parlò. Il manzo restò quieto.

    «Quello nero grosso» disse Greg indicando, «sta andando bene?»

    «Abbastanza.»

    «Pensa che potrebbe vincere?»

    «Potrebbe.»

    In meno di un minuto i giudici cominciarono ad assegnare coccarde. Uno stendardo rosso, lungo almeno sessanta centimetri, andò alla bambina con il manzo nero. Greg applaudì, con un sorriso.

    Quando guardò la bionda, però, fu stupito dal miscuglio di emozioni che sembrava stesse provando. Sorrideva ma al contempo le scendevano le lacrime dagli occhi. Il sospetto che la vincitrice fosse la figlia fu confermato.

    La piccola abbracciò il manzo, nascondendo la faccia nello spesso e lucido mantello.

    «Non sembra troppo contenta di aver vinto» commentò Greg ad alta voce.

    L'uomo annuì. «Ha ricevuto il manzo da Bill Maddox quando tutti dicevano che non era grosso abbastanza. Lo guardi adesso.»

    «Be', dovrebbe essere orgogliosa.»

    «Lo è, ma ora dovrà dirgli addio.»

    «Perché? Ha vinto.»

    «Cosa diavolo pensa che facciano con il manzo vincente?»

    «Lo esibiranno altrove, presumo.»

    «Nessuno di quei manzi andrà alla fiera di stato. Sono un altro genere di animali.»

    «E quindi?»

    «Li vendono all'asta. Di solito, Big Jim acquista il più grosso.»

    «E poi?»

    «Possiede il barbecue migliore che si sia mai visto; il Big Jim Autorama, sull'autostrada 281.»

    Greg la stava ancora osservando in silenzio quando la bionda scivolò tra la staccionata e corse dalla bambina, che era scossa dal pianto. E lui seppe senza ombra di dubbio di non volere che il manzo finisse sulla griglia di Big Jim.

    Mentre uscivano dal recinto in direzione della stalla, Carole si sarebbe presa a schiaffi. Avrebbe dovuto spendere più denaro e comprare una giovenca invece di un manzo. Ma non aveva previsto che quel piccolo bovino diventasse il campione. Jenny aveva il cuore tenero e Piumino era un tesoro, con tutti i suoi sessanta chili di peso.

    «Abbiamo qualche ora. Che ti piacerebbe fare?»

    Jenny scrollò le spalle come se non facesse alcuna differenza, ma stringeva forte la cavezza di Piumino. «Resterò nella stalla, a radunare le mie cose.»

    A dire addio a Piumino, avrebbe aggiunto Carole. Ripeteva alla figlia che poteva fare o essere ciò che voleva ma non sempre la vita era semplice.

    «Potrei portarti un cono gelato o dello zucchero filato» le propose.

    «Grazie, mamma, ma non ho fame.»

    «Festeggeremo dopo, allora.» Si fermarono alla loro postazione. «Sicura che non vuoi che ti porti nulla? Una bibita fredda?» Jenny non rispose. «Vuoi restare da sola?»

    «Ti prego.»

    «Bene. Andrò a prendere da bere.»

    Carole si voltò e si avviò per il lungo corridoio. Ripetersi che Jenny si sarebbe sentita fiera di aver guadagnato parte del denaro per il college, che Piumino era un animale da macello, non domestico, non leniva il dolore. Solo il tempo lo avrebbe fatto. Forse era un bene che Jenny dovesse partire per il campeggio la settimana dopo. Vedere gli amici dell'anno precedente, giocare un'ultima estate l'avrebbe aiutata a dimenticare.

    Carole desiderava solo che Jenny potesse restare lontana finché il barbecue non fosse stato storia passata, ma era impossibile. La scuola iniziava la terza settimana di agosto e Big Jim cucinava il vincitore nella festa del lavoro, il primo lunedì di settembre. D'abitudine, Carole non andava fuori città ma quell'anno avrebbe portato la figlia lontano da Ranger Springs.

    Era quasi uscita dalla stalla quando vide uno sconosciuto alto e dalle spalle ampie che stava in piedi sulla soglia, a fissarla.

    Rallentò. Era forse qualcuno che aveva incontrato in passato? La luce del sole gli segnava il torace asciutto e le lunghe gambe. Era vestito con i jeans e una camicia western, stivali e uno Stetson ben sgualcito, ma non aveva l'aria di un cowboy.

    «Congratulazioni al vincitore» disse mentre lei era sul punto di superarlo.

    La sua voce profonda e calda, del tutto priva di accento, la bloccò. «Grazie. Non la conosco, giusto?»

    «Non ci siamo ancora incontrati.»

    No, non era un mandriano. Da come era vestito, con abiti nuovi e stivali costosi, Carole avrebbe creduto piuttosto che fosse uno di quei modelli della rivista American cowboy. Era bello come uno di loro. In effetti, le ricordava il cognato, il principe Alexi di Belegovia, affascinante come il peccato ma non irresistibile come lo sconosciuto.

    Si rese conto che gli stava dando un'occhiata troppo lunga. Sua madre l'avrebbe definita decisamente villana.

    «Greg Rafferty» disse lui, porgendo la mano. «E no, non sono di queste parti.»

    Lei rise, a dispetto della diffidenza per gli sconosciuti. «Non avevo intenzione di fissarla. Avevo il sole negli occhi e non potevo dire se l'avevo già vista prima d'ora.»

    «Io non posso usare la scusa del sole. Ammetto che la stavo fissando.» Espresse il complimento con un divertimento che la fece avvampare all'istante.

    Carole non arrossiva da anni. Aveva dimenticato come si faceva. E pareva aver dimenticato anche come si stringeva una mano perché, alla fine, tirò via la

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