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Girl-Gear: Chloe (eLit): eLit
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E-book174 pagine2 ore

Girl-Gear: Chloe (eLit): eLit

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GIRL-GEAR 2

La splendida Chloe è la vicepresidente della Girl-Gear Divisione Cosmetica e Accessori, e ha bisogno di un uomo per salvare la sua reputazione un po' calpestata. Il caro e vecchio amico Eric Haydon accetta di essere una presenza fissa al suo fianco in tre eventi sociali, ma lei deve promettere di realizzare tre suoi desideri.

Chloe, ovviamente, accetta, inconsapevole che quello è l'inizio di una vera tempesta dei sensi!
LinguaItaliano
Data di uscita29 lug 2016
ISBN9788858959749
Girl-Gear: Chloe (eLit): eLit
Autore

Alison Kent

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Girl-Gear - Alison Kent

    successivo.

    1

    Chloe Zuniga entrò all'Haydon's Half Time e trasalì all'incredibile frastuono. Perché le squadre sportive riuscivano a trasformare qualsiasi civile riunione in un ambiente sguaiato, completo di grida, grugniti, tonfi e sbuffi tipici di una giungla?

    Facendosi aria con la mano contro il fumo di sigaro, strizzò gli occhi alla forte luce del neon e cercò nella folla un paio di spalle degne di Tarzan.

    Se Eric non ci fosse stato, lo avrebbe ucciso.

    Aveva una bella faccia tosta a rifiutarsi di rispondere alle sue chiamate, costringendola così a ricorrere a quel ridicolo espediente. Era uno splendido sabato di aprile e Haydon's Half Time era il posto alla moda di Richmond Drive.

    Aveva di meglio da fare che non sgomitare fra tifosi assatanati e di certo aveva posti migliori dove andare, che non avessero il pavimento coperto di gusci di noccioline e tappi di bottiglie di birra e tutta quella roba appiccicosa che si attaccava alle scarpe.

    Il fatto che, grazie al loro entusiasta passaparola, l'Haydon's Half Time avesse tanto successo e che la loro sponsorizzazione avesse dato da mangiare a Eric, non era buona ragione per comportarsi come se fossero cresciuti in una stalla. Ah, i tifosi! Chloe ebbe un brivido e sospirò con enfasi.

    L'idea stessa di tutta quella folla sudata, di quegli stupidi pantaloni, di quegli stupidi soprannomi, di quelle stupide bevande sportive dai colori pastello le dava la nausea. Che assurdo spreco di energia, per non parlare di dollari.

    Ah, gli uomini. Davvero. A volte si comportavano proprio come dei bambini, pensò, mentre grida di eccitazione femminile si elevavano al di sopra di quel baccano infernale.

    D'accordo. Il posto non era male.

    Le donne formavano un corpo unico, in piedi vicino ai loro uomini, a tifare per le varie squadre. E c'erano anche donne che facevano quelle cose soltanto per amore del gioco, che non condividevano l'avversione di Chloe per il fanatismo sportivo.

    Quelle donne suscitavano in lei ricordi che ancora la rendevano triste. Era stata messa da parte solo perché era femmina, una femmina che non ci avrebbe pensato due volte a scambiare la collezione segreta di figurine di baseball per la possibilità di mettersi dei parastinchi e giocare con i ragazzi del vicinato.

    Quelle donne le riportavano alla mente vestitini di flanella e scarpette di vernice, mentre per punizione restava seduta di fianco al padre sulle fredde gradinate di metallo, una bambina minuta e dalle guance rosee, a guardare i fratelli battersi in campo.

    Quelle donne non avevano il cuore disperatamente vuoto, il corpo avido di calore.

    Tutto il concetto di amore e sentimento finiva in un cesto di pallacanestro.

    «Ehi, bella, vuoi una birra?» La voce strascicata interruppe le sue riflessioni.

    Sospirando, Chloe guardò alla sua sinistra. Ex giocatore, muscoli trasformati in grasso, sguardo ammiccante a tre compagni sorridenti seduti a un tavolo vicino. «Oggi passo, grazie» rispose.

    «Passi? Una birra? Allora, che ne diresti se ti offrissi la miglior notte della tua vita?»

    «Non sono interessata, grazie.»

    «Dai, piccola.» L'uomo le si avvicinò. «Se ti vedessi nuda, morirei felice.»

    «Come no. Ma se ti vedessi nudo» ribatté lei, puntandogli un dito contro la pancia gonfia di birra, «io probabilmente morirei ridendo. No, grazie.»

    Voltando le spalle alle incitazioni e ai gemiti di solidarietà, Chloe andò in cerca di un po' di spazio libero, lontano da quel gruppo di tavolini.

    Gli uomini erano davvero prevedibili. Bastava la vista di un seno a trasformarli in deficienti. Continuando a cercare Eric, si allontanò dalla sala per dirigersi alla zona dove si trovava il banco.

    Era chiaro che al mondo moderno mancava un altro Cary Grant. Un vero gentiluomo. Un vero romantico.

    Lei aveva solo ventisei anni, però ne aveva passati almeno la metà a divorare i film preferiti della madre che non aveva mai conosciuto, la madre morta il giorno precedente al suo primo compleanno.

    E non era troppo giovane, troppo snob o troppo cinica per non invidiare a Ingrid Bergman gli sguardi appassionati di Indiscreto, a Deborah Kerr il corteggiamento in Un amore stupendo, a Grace Kelly quell'incredibile bacio in Caccia al ladro.

    Chloe non poteva non chiedersi se anche la madre fosse rimasta affascinata da quelle visioni fugaci della natura umana, istantanee intriganti di come sarebbe potuto essere l'amore. Se avesse desiderato avere altre esperienze.

    Chissà se era quella la ragione per cui adorava i classici sentimentali? Come le sarebbe piaciuto chiederglielo! E ascoltare la sua risposta.

    E sapere la verità sul rapporto fra i suoi genitori, e non solo la versione che il padre le aveva dato, citando sempre la moglie come l'esempio che Chloe si sarebbe dovuta sforzare di emulare.

    Forse, se avesse capito meglio che cosa aveva reso tanto perfetto il loro matrimonio, almeno stando ai racconti del padre - da cui loro due risultavano la tipica coppia così spesso idealizzata sullo schermo - lei non si sarebbe sentita motivata a trovare un uomo che fosse all'altezza dei suoi idoli cinematografici.

    Un uomo capace di farla sentire l'unica donna al mondo, di farle credere che se non fosse riuscito ad averla qui e subito - in quel preciso momento - non sarebbe stato in grado di respirare. Un uomo che condividesse la sua tossicodipendenza da sesso inquieto e impaziente. Sesso imprevisto e inspiegabile, scaturito dal momento.

    Il sesso che conosceva lei. Il sesso era facile, il sesso era potente. Era quella piccola cosa assurda chiamata amore che non era sicura di poter riconoscere.

    «Ehi, dolcezza. Come ti chiami?»

    Chloe si voltò a fronteggiare il suo ultimo abbordaggio. Un tipo muscoloso e tarchiato che le teneva lo sguardo puntato sul petto.

    «Principessa di Ghiaccio» rispose, gelida.

    L'altro si limitò a ridere, poi le si avvicinò ancora di più. «Allora, come ti guadagni da vivere? A parte fare l'irraggiungibile, naturalmente.»

    Senza degnarlo di una risposta, lei gli diede uno spintone e si diresse alla toilette.

    Che disastro! Uomini ovunque. Cominciava a perdere la pazienza.

    Era chiedere troppo? Chiedere di essere completamente capita da un uomo? Davvero l'idea che si era fatta di una relazione era stata condizionata dai film, nonché dalle fantasie di sua madre? Era davvero impossibile trovarsi in sintonia con un'altra persona al punto da riuscire appena a finire una frase che l'altro la riprendeva immediatamente.

    Perché era quello che Chloe voleva. Quel legame, quella completezza. Quello, e il sesso.

    Si fermò vicino alla porta degli uomini, cambiò direzione ed entrò nel bagno delle donne. Piccolo ma immacolato, notò con aria di approvazione, anche se non si sorprese affatto che la stanza assomigliasse a uno spogliatoio in miniatura.

    Annuendo a una donna abbronzata con i capelli corti che si stava lavando le mani, lei prese posizione al secondo lavabo. Che cosa ci stava facendo lì? Quella sera, in quel bar? Che cosa sperava di concludere? Non c'era nessun principe ad aspettarla fuori, pronto a battersi per difendere il suo onore, a proteggerla dai suoi draghi senza fare domande.

    Che cosa le era venuto in mente di rivolgersi a un uomo, quando aveva cinque amiche donne che la capivano e che poteva chiamare giorno e notte per avere conforto, consigli professionali e cioccolato?

    Ma chi aveva bisogno di uomini?

    «Bella maglia» disse una voce incredibilmente bassa.

    Chloe si voltò verso l'altra donna, che sembrava ammirare soprattutto il nuovo logo degli Houston Texans. Era ben triste quando una ragazza non poteva più trovare rifugio neanche nel bagno delle donne.

    Borbottando un ringraziamento, Chloe tornò al bar, dove un improvviso scoppio di applausi e di incitazioni confermò nel modo migliore la ragione per cui si trovava lì e rinnovò la sua determinazione.

    Forse non era un principe disposto ad andare in suo aiuto, ma nonostante il comportamento chiassoso e sfacciato, Eric Haydon spesso trasmetteva un accenno - minimo, certo - di affabile distinzione, una specie di finezza colta che continuava a farla sperare in un possibile Cary Grant.

    La qual cosa si adattava bene ai suoi piani.

    Abbandonando fumo e rumore per quanto le fu possibile, Chloe si fece strada nella stanza e salì i tre gradini che portavano alla zona più intima del banco. Il posto era illuminato da lanterne d'ottone, che le permettevano di portare avanti con discrezione la sua ricerca.

    Fortunatamente per Eric, e per il suo benessere, Chloe era sicura di trovarlo lì. La Ford Mustang nera che aveva visto nel parcheggio sul retro era la sua, difficile non notare la targa personalizzata HALF TIME. Anche quella macchina rappresentava un'estensione del suo ego. Un giocattolo per attirare l'attenzione e, naturalmente, l'obiettivo era stato raggiunto.

    Aveva attirato l'attenzione.

    Ma non gli avrebbe permesso di trattarla male di persona così come aveva fatto al telefono. Niente l'avrebbe distolta dalla sua missione. Le serviva un uomo.

    E pur essendo un uomo che viveva, dormiva, respirava sport ventiquattro ore al giorno, sette giorni la settimana, Eric Haydon era l'uomo che le serviva. Avrebbe saputo gestire il suo carattere ossessivo. Lo aveva già fatto quando erano stati in coppia nella caccia ai segreti organizzata dalla sua socia in affari, Macy Welsh, redattrice della Girl-Gear.

    Perlustrando la zona opposta del bar, riuscì a non urtare la cameriera che portava una vecchia felpa da baseball e alzò lo sguardo in tempo per vedere la sua vittima dietro il bancone. Lo intravide per un attimo, perché Eric uscì subito dal suo campo visivo.

    Chloe accennò un sorriso e le fu difficile negare il brivido di eccitazione, neanche fosse una scolaretta alla sua prima cotta.

    Nel mese passato a fare la caccia ai segreti, avevano condiviso cene, bevute, barzellette audaci, per non parlare di un unico bacio appassionato. Aveva però rovinato tutto impostando il rapporto sull'amicizia.

    Inspirando a fondo, puntò al bancone. Eric si voltò e la guardò avvicinarsi. La maglietta grigia che portava gli aderiva alle spalle e ai pettorali, mentre gli scendeva larga sui fianchi. Il suo corpo era un'opera d'arte e avrebbe meritato di finire su un calendario.

    Chloe si appollaiò su uno sgabello rosso, appoggiò i gomiti sulla lucida superficie nera e si prese il mento fra le mani.

    Fece una smorfia sentendo Eric gridare e fischiare a qualunque fosse lo sport trasmesso sul grande schermo del televisore. Macy aveva avuto ragione soprannominandolo Tarzan. Ce lo vedeva benissimo mentre si dondolava da una liana, battendosi il pugno sul petto con addosso soltanto uno striminzito perizoma...

    «Bene, bene, abbiamo con noi Chloe Zuniga, Miss Carina in Rosa in persona.»

    Al riferimento al suo colore preferito, Chloe sorrise melliflua, tentando di ricordare la battuta estremamente spiritosa che si era preparata per iniziare la conversazione.

    Ma adesso che gli era così vicina e lo vedeva più bello che mai, si era dimenticata tutto, quindi alzò entrambe le braccia e dondolò avanti e indietro sullo sgabello. «Neanche un tocco di rosa, visibile o meno.»

    Eric si sporse sul banco per vedere meglio ciò che portava. Chloe lo aiutò alzando un piede per mostrargli i calzettoni, le scarpe da corsa e i bermuda di jeans.

    Colpito, Eric riprese la sua posizione e sorrise. «Mi sembra quasi di essere alla festa di San Patrizio a cercare più macchie verdi possibili.»

    «No, non su di me. Niente verde e niente rosa.» Chloe avrebbe voluto battere il piede in gesto di frustrazione. Non aveva detto una parola sulle sue scarpe.

    O sulla sua maglia dei Texans, che secondo la commessa era una novità in fatto di felpe.

    Eric la guardò con attenzione e schioccò le dita. «Il tuo ombretto. Quello è decisamente rosa.»

    «Decisamente no. Questo è il Viola Livido della linea Graffiti-Girl.» Chloe chiuse gli occhi e si passò la punta di un dito sopra la sfumatura più chiara sotto il sopracciglio. «E questo, invece, è il Bianco Stroboscopico.»

    Eric si accigliò, come se vedesse qualcosa che non riusciva a identificare. Poi, sgranò gli occhi, incredulo.

    «Chloe, non guardare adesso, ma hai addosso una maglia da football e credo di avere visto delle scarpe da ginnastica ai tuoi piedi. Se non ti conoscessi, penserei che stai tramando qualcosa di terribile.»

    Chloe tirò le labbra, aspettando che sommasse le sue due telefonate con quella tenuta assurda e decisamente insolita per lei. Gli ci volle un lungo momento per fare quell'addizione.

    Indietreggiò di un passo, prese lo strofinaccio che aveva sulla spalla e si pulì le mani. «La risposta è no.»

    Non si era mai illusa che sarebbe stato facile. Solo che non aveva calcolato di ritrovarsi in un vicolo cieco così presto. «Dai, tesoro. Come puoi rispondere di no se non conosci la domanda?»

    Eric scosse la testa. «Forse non lo sai, ma ti trovi in territorio nemico. Prova a scocciarmi e il ruggito ti farà cadere il tetto sulla testa.»

    Chloe fece del proprio meglio

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