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Complicità e sospetti: Harmony Destiny
Complicità e sospetti: Harmony Destiny
Complicità e sospetti: Harmony Destiny
E-book149 pagine2 ore

Complicità e sospetti: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Sotto il sole della Florida i Garrison gestiscono un impero fondato sul lusso e sul divertimento, ma sanno che il loro è un potere fragile e che l'amore è l'unica debolezza che non si possono concedere.

Questo è un incubo! Devo assolutamente svegliarmi! Brooke Garrison non riesce a credere che una sola notte di fuoco con Jordan Jefferies abbia portato tali, disastrose conseguenze. Come farà adesso ad affrontare la sua famiglia? Ma soprattutto come riuscirà a convincere Jordan che lei non vuole diventare sua moglie?

Jordan non ha dubbi. L'errore è stato suo e lui dovrà assumersene le conseguenze. La prima cosa da fare a questo punto è riportare Brooke nel suo letto. Per farle capire che la vita tra le sue braccia potrebbe essere meravigliosa.
LinguaItaliano
Data di uscita10 mag 2019
ISBN9788858997352
Complicità e sospetti: Harmony Destiny
Autore

Catherine Mann

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Complicità e sospetti - Catherine Mann

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Executive’s Surprise Baby

    Silhouette Desire

    © 2007 Harlequin Books S.A.

    Traduzione di Rita Pierangeli

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2008 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-735-2

    Prologo

    Luglio, cinque mesi prima

    Brooke Garrison ha ordinato il suo primo drink alcolico a ventotto anni.

    Si è protesa sul lucido legno di teak per prendere il bicchiere di vino dalle mani dell’anziano barista al bar del Grand Hotel. Le tremava la mano dopo la bufera emotiva della giornata in cui aveva assistito alla lettura del testamento di suo padre ed era venuta a conoscenza della sua vita segreta. Quanto meno, lei non doveva preoccuparsi che le chiedessero la carta d’identità, anche se fosse stata più giovane, perché l’albergo era di proprietà della sua famiglia.

    «Grazie» disse e, dopo aver sbirciato il nome dell’anziano barista sulla targhetta, aggiunse: «Donald».

    «Non c’è di che, signorina Garrison. E la prego di accettare le mie condoglianze per suo padre. Sentiremo la sua mancanza.»

    E le persone che l’avrebbero sentita erano più numerose di quanto lei si fosse aspettata.

    «Noi tutti apprezziamo le parole gentili. Grazie di nuovo.»

    «Non esiti a farmi sapere se ha bisogno di qualsiasi altra cosa.»

    Qualsiasi altra cosa? Lei avrebbe voluto cancellare tutta quella orribile giornata e iniziare da capo. O quanto meno avrebbe voluto smettere di pensarci, tanto meno di parlarne. Aveva già ignorato quattro messaggi vocali della centralinista di suo fratello Parker.

    Incerta, Brooke assaggiò il vino e fece una smorfia. Osservò la fiamma della candela attraverso lo chardonnay. Il contenuto di quel bicchiere avrebbe potuto dirle che cosa era stato a rovinarle la madre. Che cosa aveva indotto suo padre a condurre una seconda vita, all’oscuro di tutti, negli anni che avevano preceduto la sua morte.

    Nella mente continuavano a riecheggiarle le amare parole che la madre, alcolista inguaribile, aveva pronunciato quella mattina dopo la lettura del testamento. Quel subdolo figlio di puttana. Sono contenta che sia morto.

    Che modo infernale di apprendere che i rampolli Garrison non erano cinque, bensì sei. Oltre a tre fratelli e alla sua sorella gemella, Brooke aveva una sorellastra illegittima che viveva alle Bahamas, una sorellastra di cui il loro padre non aveva mai fatto parola mentre era in vita. Aveva invece scelto di comunicare la notizia nelle sue ultime volontà, consegnando una notevole porzione dell’impero Garrison a Cassie Sinclair...

    Non che a Brooke importasse del denaro. Il tradimento, invece, le bruciava.

    Sorseggiò il suo vino, circondata dal brusio delle conversazioni di gente che si stava divertendo e dal tintinnio dei bicchieri. Non ne voleva sapere di partecipare all’allegria generale, anzi, evitò con cura di incontrare gli sguardi di un paio di uomini che stavano tentando di attirare la sua attenzione.

    Brooke si portò di nuovo alle labbra il bicchiere di cristallo. Sapeva che il vino era di prima qualità, ciononostante le sue papille gustative non registrarono niente. Era troppo intontita dal dolore.

    Aveva sempre dato la colpa alla madre se suo padre si recava spesso all’estero con il pretesto degli affari. Il suo problema con l’alcol doveva aver allontanato il suo meraviglioso papà. Ma, alla luce di quanto aveva scoperto, non poteva fare a meno di chiedersi se il comportamento del padre non avesse contribuito all’infelicità della madre.

    E come poteva lei sbrogliare quella matassa, in pieno lutto per la perdita di una figura così fondamentale nella sua vita? L’albergo risuonava dei ricordi della sua presenza. Poteva vedere la sua impronta in ognuno dei lampadari del bar, in ognuna delle imponenti colonne.

    Brooke tracciò con la punta di un dito l’orlo del bicchiere, pieno a metà. Stava facendo un’eccezione, perché in genere si asteneva dal bere, proprio a causa della dipendenza dall’alcol della madre.

    Ma quella non era una serata normale.

    Il suo sguardo si puntò sulle colonne dello spazioso atrio adiacente il bar, e la serata prese una piega che andava ben al di là del normale, più di quanto avesse potuto prevedere.

    Ne aveva appena varcato l’ingresso l’ultimo degli uomini che si sarebbe aspettata di vedere lì, ma lo riconobbe subito, anche nella semioscurità. Le loro famiglie erano da anni rivali in affari, un antagonismo che si era perfino accentuato dopo che Jordan Jefferies, alla morte del padre, aveva assunto la guida della loro società.

    Perché, allora, Jordan si trovava lì?

    Brooke si impose di ragionare più come i suoi fratelli che come la paciera che era... e l’ovvia risposta le balzò alla mente. Era venuto all’albergo di suo fratello Stephen per spiare la concorrenza.

    Approfittò di non trovarsi nel suo campo visivo per studiare Jordan Jefferies mentre incedeva nella sala con la grazia indolente di un leone. No, un momento. Indolente era il termine sbagliato.

    Ragiona come i tuoi fratelli. L’andatura indolente era uno specchietto per le allodole, in modo da poter balzare sulla preda mentre lei era impegnata a fissarne la bionda e muscolosa bellezza.

    Già, aveva già notato più di una volta la sua notevole prestanza fisica. Poteva darsi che quell’uomo fosse il nemico, ma lei non era cieca. Ciononostante, lo aveva considerato off-limits a causa delle discussioni che avrebbe provocato in seno alla famiglia. Aveva spesso udito Parker, il maggiore dei suoi fratelli, inveire per giorni dopo un burrascoso incontro d’affari con Jordan. Essendo la diplomatica della famiglia, lei aveva sempre fatto del suo meglio per placare gli animi esulcerati.

    Come se le fosse servito a qualcosa!

    Quel giorno, tutto il clan Garrison aveva subito una violenza imprevista.

    Quel subdolo figlio di puttana. Sono contenta che sia morto, bisbigliò di nuovo la voce di sua madre.

    Il barista le passò accanto, interrompendo il filo dei suoi pensieri. «Posso servirle qualcos’altro, signorina Garrison?»

    Garrison. Una realtà alla quale era impossibile sottrarsi, altrettanto inutile quanto pensare di poter pacificare la famiglia.

    Perché prendersi il disturbo di provarci?

    Una vampata di calore le percorse le vene e sbocciò in un’idea, un desiderio. E, senza ombra di dubbio, in un bisogno di aperta ribellione dopo una giornata infernale. «Sì, Donald, in effetti puoi fare qualcosa per me. Per favore, va’ a dire a quel signore laggiù...» Indicò con un dito Jordan. «... che stasera offre la casa, qualunque cosa beva.»

    «Certo, signorina Garrison.» Con un sorriso discreto, il barista si diresse alla estremità opposta del locale e si chinò per riferire il messaggio, mentre Brooke attendeva con lo stomaco stretto per la trepidazione.

    Che opinione si sarebbe fatta di una donna che si offriva di pagare le sue consumazioni? Probabilmente si sarebbe limitato a prendere nota che una Garrison si era accorta della sua presenza.

    Ma si sarebbe ricordato chi era lei? Certamente. Era un astuto uomo d’affari, che non poteva non conoscere tutti i Garrison. Una domanda più pertinente era se sarebbe stato in grado di distinguerla dalla sua gemella.

    Quando lui guardò dal barista a lei, i loro sguardi si incontrarono e, anche nella penombra, Brooke distinse l’azzurro dei suoi occhi. Un lampo di interesse gli balenò nel sorriso indolente.

    Prendendo il bicchiere, Jordan si fece strada tra i clienti, puntando su di lei con passo deciso. Quando le fu accanto, posò il bicchiere vicino al suo. «Non mi aspettavo un benvenuto così cordiale da parte di una Garrison. Sei sicura di non aver incaricato il barista di avvelenare il mio drink, Brooke?»

    L’aveva riconosciuta. A meno che non avesse tirato a indovinare.

    «Come fai a sapere che non sono Brittany?»

    Senza nemmeno distogliere gli occhi dai suoi, Jordan allungò una mano, fermandosi a meno di un centimetro da un ricciolo di capelli che non ne voleva sapere di starsene al suo posto. «Grazie a questo. Questa ciocca ribelle è la firma di Brooke.»

    Wow. L’aveva riconosciuta, per davvero, quando anche suo padre le aveva spesso confuse.

    In quel momento, Brooke si rese conto di possedere la tipica determinazione dei Garrison, in dose maggiore di quanta chiunque avrebbe potuto sospettare. Guardando Jordan, sollevò il bicchiere in un brindisi silenzioso.

    Aveva incontrato quell’uomo molte volte, sentendosene ogni volta attratta.

    Quella sera, lo avrebbe avuto, e che la sua famiglia andasse al diavolo.

    1

    Oggi

    «Buon Natale. Avrò un figlio. Tuo figlio.» Brooke aggiunse quella precisazione, volendo essere sicura che il padre di suo figlio non l’avrebbe fraintesa quando avesse varcato la porta del suo ufficio.

    Da un momento all’altro.

    Si agitò dietro la scrivania dalla quale gestiva il Sands, un lussuoso complesso residenziale di proprietà della famiglia. Si tormentò una ciocca di capelli, assalita da un’improvvisa voglia di gelato alla menta... sì, ne aveva già mangiato una dose generosa a colazione.

    Dannazione. Il tempo stava passando veloce e lei non aveva ancora trovato il modo migliore per informare Jordan della sua imminente paternità.

    «Sono incinta, e il bambino è tuo.» Si esercitò in un’altra tattica. «È evidente che il metodo anticoncezionale che abbiamo usato ha fallito. Probabilmente è successo nella sauna.»

    Mmh... Scosse la testa. Pessima idea quella di fare la sauna con Jordan. Ricacciò un ricciolo sfuggito dallo chignon. In quanto amministratrice del Sands, una delle tante proprietà dell’impero della famiglia Garrison, avrebbe dovuto essere più determinata.

    Tranne che non le era mai capitato niente di così importante.

    «Sono in attesa.» In attesa di che cosa? Si liberò con un calcio delle scarpe che le stringevano i piedi gonfi.

    Era sorprendente che la perfezionista della famiglia Garrison, sempre organizzata, non avesse già pronto un discorso che non facesse una grinza. Una volta sganciata come una bomba la notizia della sua gravidanza alla cena settimanale della famiglia, sapeva che era soltanto questione di tempo prima che la voce si spargesse. Prima o poi, il suo futuro cognato, Emilio, anche senza volerlo avrebbe detto qualcosa al proprio fratello e socio d’affari.

    Jordan Jefferies.

    Quando la segretaria l’aveva avvertita che il principale concorrente della famiglia desiderava vederla, Brooke aveva capito che il prima o poi era arrivato.

    E se lo accogliessi dicendo: «Ricordi quella sera di cinque mesi fa, dopo che avevano letto il testamento di mio padre? Quando mi sono concessa tre bicchieri di vino». Mossa stupida, dal momento che lei non beveva mai, per paura di diventare come quell’alcolizzata di sua madre. «Dopodiché, ci siamo abbandonati a un’orgia sessuale in una stanza d’albergo finché...»

    La porta si aprì e

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