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Magico incontro: Harmony Collezione
Magico incontro: Harmony Collezione
Magico incontro: Harmony Collezione
E-book150 pagine2 ore

Magico incontro: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Poco abituata alla vita in campagna, l'arredatrice Robin Cummings non esita a chiamare la polizia quando sente degli strani rumori dietro la porta. Terrorizzata all'idea che siano dei ladri, si butta tra le braccia rassicuranti dell'aitante sceriffo. In realtà si trattava di due procioni troppo curiosi! Anche Ethan Parker rimane colpito dal loro contatto, ma il passato lo obbliga a frenare: dopo due storie finite a poche ore dall'altare, infatti, è difficile fidarsi di una donna. Il giorno dopo...
LinguaItaliano
Data di uscita11 lug 2016
ISBN9788858952085
Magico incontro: Harmony Collezione

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    Anteprima del libro

    Magico incontro - Victoria Chancellor

    successivo.

    1

    Di nuovo quel rumore in giardino! Sembrava che qualcuno stesse grattando una superficie metallica.

    Con il cuore in gola, Robin sbirciò da una fessura delle persiane. Fuori era buio, e la sua visuale si arrestava ai grandi alberi che segnavano il confine tra il giardino e la strada di campagna. Non si era mai sentita tanto sola come in quella villetta nel mezzo della Texas Hill Country. Come le era saltato in mente di andare a seppellirsi laggiù, lei che era nata e cresciuta a Houston?

    Quando era arrivata, nel pomeriggio, aveva notato altre case a qualche centinaio di metri di distanza circa, ma adesso le sembrava di essere l'unica anima vivente in tutta la zona.

    Aguzzando gli occhi, tentò ancora di individuare la fonte del rumore sospetto che aveva sentito poco prima.

    Niente.

    Aveva sperato di vedere un animale selvatico scappare tra i vasi di begonie. O forse un'auto che rombava sulla statale a due corsie che partiva da Ranger Springs per dirigersi chissà dove.

    Adesso, il silenzio era totale.

    «Non c'è nessuno» sussurrò tra sé. Doveva essere stato uno scherzo dell'immaginazione. Bess, la migliore amica della sua prozia Sylvia, non avrebbe mai proposto che Robin si trasferisse in un posto pullulante di criminali o delinquenti, no? E senza dubbio non poteva trattarsi di qualcuno che era venuto a cercarla da Houston, dato che nessuno sapeva dove era andata a rifugiarsi. Non aveva intenzione di affrontare parenti e amici per almeno due o tre mesi.

    Stava per spegnere la lampada del tinello e andare a dormire, quando udì di nuovo quello strano rumore. Restò immobile, agghiacciata, tendendo le orecchie. Stavolta era molto chiaro e minacciosamente vicino. C'era qualcuno che si aggirava fuori delle porte finestre del salotto, cercando un varco per entrare?, pensò, atterrita.

    Senza far rumore, si diresse rapidamente al telefono. Chissà se Ranger Springs aveva un proprio numero per le emergenze? Da qualche parte nella casa, aveva visto un elenco del telefono, ma non ricordava più dove fosse. Nel dubbio, compose il 911.

    Con suo sollievo, le rispose una voce femminile. «Nove-uno-uno Ranger Springs. Cosa posso fare per lei?»

    «Credo che ci sia un intruso nel mio giardino» sussurrò Robin. «Potrebbe mandare qualcuno a controllare, per favore? Mi sono trasferita qui questo pomeriggio. La casa è vuota da un mese, e temo che qualcuno si stia aggirando nei dintorni.»

    «Mi può descrivere l'intruso?»

    «Non riesco a vederlo... sempre che si tratti di una sola persona. Ma sento strani rumori.»

    «Può darmi l'indirizzo?» chiese l'operatrice.

    Robin glielo diede, continuando a tendere le orecchie per udire eventuali altri suoni.

    «Il commissario Parker sta arrivando.»

    In quel momento, dal giardino si levò un fortissimo clangore di metallo, seguito da uno schianto. Robin si sentì rizzare i capelli in testa. «Per favore, fate in fretta» sussurrò. «Temo che stiano tentando di forzare la porta!»

    «Aspetti, signora. Mi dia il suo nome.»

    «Cummings. Robin Cummings. Alloggio nella casa della famiglia Franklin.»

    «Il commissario Parker arriverà tra pochi minuti. In questo momento, sta ascoltando la chiamata.»

    «Per piacere, faccia in fretta.»

    «Ha un'arma, signora?»

    «No!» Robin rabbrividì, immaginandosi nell'atto di premere il grilletto di una pistola. O, peggio ancora, di brandire un coltello, come l'eroina di qualche film dell'orrore di serie B. Chiuse le palpebre, tentando di non ricordare che fine facevano di solito quei personaggi.

    «Resti in linea fino all'arrivo del commissario Parker. Stia lontana dalle finestre e non apra la porta finché il collega non si sarà identificato.»

    «Non ci penso nemmeno» rispose Robin.

    Stava arrivando il capo della polizia, si disse per rassicurarsi. Non un semplice poliziotto, ma il capo delle forze dell'ordine locali. Una persona matura, competente, esperta. Anche se probabilmente si trattava di un ometto calvo e di mezza età, era sicura che le sarebbe sembrato un angelo.

    Ethan Parker spense le luci dell'autopattuglia; aveva già spento la sirena un paio di chilometri prima. Dopo aver posteggiato sotto gli alberi che fiancheggiavano il vialetto d'ingresso di casa Franklin, si concesse qualche secondo per assuefare gli occhi al buio. Dubitava molto che ci fosse davvero un intruso che si aggirava intorno a quella casa sperduta in piena campagna. Era molto più probabile che si trattasse di qualche animale curioso o in cerca di cibo.

    A ogni buon conto, però, estrasse la pistola dalla fondina. Anche se i rumori di cui parlava la signorina Cummings non erano causati da esseri umani, Ethan aveva visto un paio di coguari non troppo lontano da lì. Inutile correre rischi.

    L'orologio lampeggiante sul cruscotto dell'auto gli ricordò che avrebbe dovuto smontare dal servizio dieci minuti prima. Se uno dei suoi poliziotti non fosse stato ad Austin per un corso di perfezionamento, a quell'ora Ethan sarebbe stato a casa sua, pronto ad andare a letto. Di solito non faceva i turni di notte, ma in una cittadina piccola come quella i funzionari di polizia erano abituati a darsi una mano a vicenda.

    Prese la radio e comunicò la sua posizione alla centralinista. Poi si fissò il ricevitore portatile sulla spalla, prese la torcia elettrica e uscì silenziosamente nella notte calda e umida. La casa era illuminata all'interno, e la luce che filtrava dalle finestre gli consentiva di vedere relativamente bene. La lampada del portico illuminava quasi tutto il prato.

    Ethan cominciò a fare il giro dell'edificio, tendendo le orecchie per sentire voci che indicassero la presenza di qualche adolescente in cerca di una casa vuota per organizzare un festino. Oppure per bersi qualche birra sottratta dal frigo dei genitori. Ranger Springs non era del tutto immune dai problemi delle grandi città, e lui non escludeva che qualche ragazzino stesse cercando un posto appartato per fumare uno spinello. Ma gli unici suoni che udì erano quelli consueti delle notti estive: i grilli, il fruscio delle foglie, qualche rana in lontananza.

    Pensò distrattamente che i suoi compiti attuali erano ben diversi da quelli di qualche anno prima, quando era in forza all'FBI a Dallas. Nei tre anni che aveva trascorso a Ranger Springs, era la prima volta che riceveva una chiamata d'emergenza da una donna che temeva per la propria vita. Si chiese chi fosse quella Cummings: un'amica dei signori Franklin, oppure qualcuno che aveva affittato la casa dall'unica agente immobiliare della cittadina, Gina Mae Summers? Da quando i Franklin erano partiti, Ethan aveva già inviato qualche pattuglia a controllare che tutto fosse a posto, e fino a quel momento non c'erano stati problemi.

    I suoi stivali non facevano quasi rumore sul terreno umido. Alla luce della torcia, controllò che le sue fossero le uniche impronte umane nel prato. Lo erano. L'idea che ci fossero intrusi intorno alla casa diventava sempre meno probabile.

    Raggiungendo il garage, notò che appena fuori della saracinesca c'erano un paio di scatoloni e diversi sacchetti di plastica. Uno degli scatoloni era rovesciato a terra nel mezzo del vialetto di cemento. Ethan gli diede un colpetto con la punta dello stivale, e non fu sorpreso di vedere due piccole forme scure che si precipitavano fuori dal cartone. Una di esse si fermò un attimo e si sollevò sulle zampe posteriori per scrutarlo, gli occhietti che brillavano curiosi nella mascherina nera che li circondava. Poi i due procioni corsero verso l'albero più vicino e si arrampicarono sulla corteccia più veloci del fulmine.

    Ethan sorrise tra sé e ripose la semiautomatica d'ordinanza nella fondina. Poi si diresse verso la porta principale e bussò.

    «Signorina Cummings? Sono Ethan Parker» annunciò, a voce alta.

    Udì dei passi incerti che si avvicinavano alla porta. Poi vide la figura di una donna attraverso il vetro smerigliato. Infine, la porta si aprì.

    Sembrava scossa, e si stringeva intorno al corpo una corta vestaglietta color pesca. Dall'orlo della vestaglia sporgeva quello che sembrava un lembo di una maglietta oversize. Più giù, un paio di gambe lunghe, affusolate e abbronzate. Nel breve spazio di un'occhiata, Ethan prese nota mentalmente dell'altezza e della corporatura della donna e dei suoi lineamenti delicati e regolari, e decise che Robin Cummings non era un tipo pericoloso.

    Un attimo dopo, notò che i grandi occhi castani erano colmi di terrore. Gli balzò alla mente l'immagine di una cerbiatta spaventata abbagliata dai fari di un'auto.

    «Signorina Cummings?» Per fortuna, ricordava il nome che lei aveva dato alla centralinista. In quel momento, sembrava che qualunque altro pensiero razionale e professionale gli fosse sfuggito dalla mente.

    «Lei... lei è il capo della polizia?»

    «Sì» rispose Ethan automaticamente, estraendo il distintivo dalla tasca. «Ethan Parker. Va tutto bene?»

    «Non sa quanto sono felice di vederla» rispose lei. La sua voce suonava leggermente roca e... sexy.

    Subito, Ethan si vergognò di quei pensieri: quella donna era agitata e contava sulla sua rassicurazione!

    «Ha scoperto chi c'era, lì fuori?» proseguì lei, guardandosi rapidamente intorno.

    «Sì» rispose Ethan, cercando di distogliere lo sguardo dalle sue lunghe gambe. «Si trattava solo di un paio di procioni. Se la cosa la può consolare, li ho spaventati almeno quanto loro hanno spaventato lei.»

    «Procioni?» Lei si appoggiò con la spalla allo stipite della porta e arrossì. «Mi scusi, mi sento una vera sciocca... Pensavo che si trattasse di qualche ragazzo, o di un vagabondo. Sono appena arrivata da queste parti.»

    «Non si preoccupi. Capisco.»

    Lei lasciò andare la vestaglia quanto bastava per passarsi una mano tra i capelli biondo scuro, che portava sciolti sulle spalle. «I procioni sono pericolosi?»

    «No, a meno che non abbiano la rabbia.»

    «La rabbia?» fece eco lei, con tono sconvolto.

    Era chiaro che veniva da una grande città, pensò Ethan. Altrimenti avrebbe avuto una certa familiarità con uno degli animali più diffusi nella zona.

    «Non credo che debba preoccuparsi...» In quel momento fu interrotto dal fruscio della radio sulla sua spalla, cui fece seguito la richiesta di aggiornamenti da parte del centralino.

    La donna sulla soglia sobbalzò, spaventata, come se le avessero puntato una pistola addosso.

    Soffocando un'imprecazione, Ethan prese la radio e la attivò. «Parker a centralino» disse, in tono più secco del solito. «Tutto a posto. Solo un paio di procioni curiosi.»

    Mentre chiudeva la comunicazione, non distolse lo sguardo dalla donna davanti a lui. Chissà perché, provava un forte desiderio di rassicurarla, di riscaldarle le mani tra le proprie, di cancellarle dagli occhi quell'espressione di panico.

    «Vuole che le mostri cosa ha fatto tanto rumore?» chiese, gentilmente.

    «I procioni sono ancora lì?» disse lei, scrutando nell'oscurità. Le sue mani stringevano convulsamente il tessuto sottile della vestaglia.

    «No, ma forse sono

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