Skarna e altre storie
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Lo Skarna è il vento freddo della morte.
Chi ha ucciso lo conosce. Conosce le sue scariche, le sue raffiche, le sue urla.
Fino ai miei sedici anni era solo un racconto davanti al camino, poi uccisi per la prima volta e lo Skarna incominciò a soffiare nella mia vita.
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Anteprima del libro
Skarna e altre storie - Fabio Paoletti
Fabio Paoletti
Skarna e altre storie
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Indice dei contenuti
L'estate di Roberto Baggio al Bologna
Il pescatore
Ultimo spettacolo
Volevo giocare
Fiocco di merito
Sopravvivenza
Guerrilla
Urlo animale
Per una buona azione
Io sono storia
Sassolini colorati
Skarna
I
II
Note
L'estate di Roberto Baggio al Bologna
Comparvero all’improvviso in una notte d’amore rubato al tempo. Bianche e lucide uscirono da un fosso colmo d’acqua piovana, squarciarono l’oscurità e mi cambiarono per sempre la vita.
Era l’anno della cometa. Alta nel cielo si faceva ammirare tutta la notte. Era l’estate di Roberto Baggio al Bologna. Era l’estate dell’assassino con la balestra. Era il caldo luglio del mio servizio militare. Erano i giorni in cui Meredith Brooks cantava I’m A Bitch
, sono una puttana, ed era l’ultima licenza breve.
Arrivai in treno il venerdì sera alle otto. Venne a prendermi Corrado. Ci sopportavamo dalla terza elementare. Elementari, medie, liceo e quattro anni d’università. Sempre a sgobbare sui libri fianco a fianco, gomito a gomito. Sigarette mie, sigarette tue. Stadio, alcool, discoteca, cinema, vestiti, macchina. Avevamo sempre diviso tutto eccetto le donne. Il femminile era l’unico campo in cui avevamo gusti diversi. Una grande amicizia o una grande tortura. A volte il confine era sottile.
Mi addormentai appena salito sulla sua Station Wagon. Venivo da una settimana di guardia armata. Tre ore di sonno a botta.
Mi svegliai il sabato mattina alle dieci e mezza. Il solito qualcosa di cui avrei dovuto ricordarmi ronzava fra le pareti della mia testa.
Arrivò Corrado, prendemmo il caffè e mi mostrò l’invito per il party pomeridiano. Il ronzio era spiegato. Casa Gevolani ore 16: annuncio del fidanzamento di Gianni Gevolani e Clara Bugnoli. A seguire rinfresco e orgia alcolica nel giardino di Villa Bugnoli-Malferrari. Una scusa per ufficializzare quello che tutti sapevano. Clara incinta di due mesi e matrimonio necessario.
Arrivammo alla villa giusto per vedere l’inizio di un diluvio di proporzioni apocalittiche. La pioggia annullava il ricevimento in giardino mutandolo in un tre stanze
party.
Fu la grande fortuna della festa.
Conoscevo meno della metà dei presenti. Costretti in poche stanze a socializzare, gli invitati attaccarono con vigore il mobile bar. Mi aggiravo captando discorsi a brandelli. In grande maggioranza gli uomini discutevano del grande colpo calcistico. Roberto Baggio al Bologna. Un affare incredibile o l’autobus diretto per la serie B. C’erano opinioni contrastanti.
Qualche ragazzo dall’aspetto vagamente intellettualoide accennava all’ennesima crisi in un paese arabo. Le donne invece erano totalmente assorbite da un unico argomento. Leader indiscusso dei loro conciliaboli era Lui. L’assassino della balestra. Quattro vittime in settanta giorni. Tutte giovani ragazze. Tutte uccise con un dardo scagliato dritto nel loro collo.
Un tipetto minuto dagli irritanti capelli rossi preparava Coca e Havana Club a pieno ritmo. Bottiglie di Absolut Vodka cominciavano a fiorire nella sala. L’odore amico della marijuana avvolgeva le labbra di una mora dal seno spropositato.
Il caldo, l’alcool e la musica anni ottanta.
La gente era eccitata. Gianni, il festeggiato, si era tolto la giacca e con la cravatta a sbrindelloni si faceva intervistare da una bottiglia di gin in mano a due bionde da galera. L’ergastolo era un prezzo accettabile per una notte con quelle due.
Eccitazione. Eccitazione e sesso. C’era odore di sesso. Inequivocabile.
Lo stereo urlava " You spin me round like a record, round, round". Agganciai con lo sguardo Corrado mentre arpionava in un ballo la mora dal seno spropositato. Con quelle tette era per forza il suo tipo. Andai al bancone e mi riempii un bicchiere di vodka. Una ragazza dal fisico snello e atletico mi si fermò davanti. Prima di guardarla accesi una sigaretta. I suoi occhi verdi furono troppo per me. Era infilata a forza in un vestitino nero. I capelli a caschetto tinti di rosso mogano le incorniciavano il viso minuto. Mi chiese un Coca e Rhum. Le versai un Vodka e Havana affogato nel ghiaccio. Annunciò che era il drink migliore della sua vita. Le dissi che il suo collo era la cosa più sexy dai tempi di Brigitte Bardot. Mi chiese come mi chiamavo. Risposi chiedendole di sposarmi. Disse di sì e mi baciò.
Parlammo per due ore bevendo Vodka e Havana Club. I suoi studi e gli impegni di volontariato. Il militare nei paracadutisti. I sogni. Gli incubi. Mi descrisse la sua casa ideale. La disegnai su un tovagliolo blu.
La pioggia finì. Gianni era a pezzi su una poltrona. Dormiva tenendo in mano un bicchiere il cui contenuto era sparso sui pantaloni. Corrado era incollato alla bocca della mora. Tutti gli altri mi sembravano magri spettri che si allungavano su di me. Incominciavo a soffrire la situazione e volevo andarmene. Occhi verdi si allungò verso il mio orecchio. Disse che voleva infangarsi. Si alzò, mi prese per mano ed uscimmo in giardino. Camminammo abbracciati sotto gli alberi grondanti gocce di pioggia da ogni foglia. Ci baciammo e facemmo l’amore su un prato di acqua mentre il