Fiabe di Praga magica
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Info su questo ebook
La curatrice del volume, studiosa di lingue e letterature slave, ha scelto queste storie nell'immenso patrimonio folcloristico cecoslovacco, privilegiando quelle della Boemia e della Moravia, regioni in cui la gente è particolarmente dedita a "sognare".
INDICE
Introduzione
KAREL JAROMÍR ERBEN
Nota biografica
I tre capelli d’oro del Vecchio So Tutto
Fiaba sulla Miseria con un occhio solo
Il ricco e il povero
Dio sa come punire gli uomini
Come la gente ripaga
L’Intelligenza e la Felicità
Le tre filatrici
Le mele d’oro e i nove pavoni
Il Lungo, il Largo e l’Acuto
“Cuoci pentolino”
La fanciulla dai capelli d’oro
BOŽENA NĚMCOVÁ
Nota biografica
Come Beppe imparò il latino
Chi è più sciocco
L’arguta montanara
Beppe lo sciocco
La donna dei boschi
Il gatto, il gallo e la falce
Chi s’è mangiato i piccioncini?
L’orafo saggio
Il sale più prezioso dell’oro
La manina di alabastro
Compare Matteo
L’accorta principessa
I sette corvi
Il diavolo e Caterina
Bibliografia
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Anteprima del libro
Fiabe di Praga magica - Scilla Abbiati Sivazliyan
Fiabe di
Praga magica
A cura di
Scilla Abbiati Sivazliyan
Franco Muzzio Editore
I edizione cartacea in questa nuova collana Luglio 2020
I edizione digitale Agosto 2020
© 2020 Franco Muzzio editore – Roma
di Gruppo Editoriale Italiano srl – Roma
Traduzione dal ceco di Scilla Abbiati Sivazliyan
L’autore dell’immagine di copertina è © Yuriy Shevchuk
ISBN 97888-7413-276-8
www.francomuzzioeditore.com
Fonti delle fiabe:
Božena Němcová, Báchorky, Praga 1956.
Zlatá kniha pohádek Boženy Němcové, Olomouc 1931.
Erben, B. Nemcová, K. Čapek, Pohádky, Brno 1940.
È vietata la riproduzione, anche parziale o ad uso interno o didattico, con qualsiasi mezzo effettuata, non autorizzata.
Ebook della Collana Parola di Fiaba
• Abbiati S., Fiabe di Praga magica. (2020)
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• Carrara L., Fiabe inglesi di spettri e magie. (2019)
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• Del Mare C., Fiabe e leggende della Malesia. (2020)
• Meli F., Miti e leggende degli indiani d'America. (2020)
• Meza O., Leggende Maya e Azteche. (2020)
Introduzione
Gli ambienti della Boemia e della Moravia, due terre geograficamente vicine all’Italia, presentano al lettore la loro immagine più autentica attraverso le fiabe. I boschi, i villaggi, le usanze, la gente, i caratteri diversi, le abitudini, i cibi; seguendo questi vari motivi che s’intrecciano ci si affeziona piano piano a questa natura dove i prati sembrano infiniti, in tutte le sfumature dal verde al giallo. Li popolano i folletti il cui ambiente naturale è l’acqua, andini
nella traduzione, per rendere alla meglio la parola ceca vodnik che contiene in sé la radice di voda, acqua: folletti dispettosi, maliziosi, ma che aiutano anche. Un personaggio fantastico ricorrente è la lesny panna, la giovane donna, la vergine del bosco che va incontro alle fanciulle per trarle in inganno, ma spesso le compensa con ricchi doni per i disagi che ha loro arrecato. Sovente la fiaba si pone fin da principio come un viaggio alla ricerca di una soluzione positiva: la liberazione di una fanciulla prigioniera di un individuo cattivo; oppure dei fratelli, trasformati in corvi da un incantesimo; o il riscatto dalle proprie miserie; o la rivelazione della bontà di un individuo messo in cattiva luce da qualche parente malvagio. Altre volte invece il percorso a lieto fine è a sorpresa e dopo avere superato mille difficoltà il pescatore sposa felice la sua principessa. Qui appare chiaramente un altro carattere importante della gente ceca, che fa della grafica di quel paese una delle più divertenti e graffianti: l’ironia. Nella fiaba appena citata il pescatore, apprendendo lì per lì che gli è destinata in sposa la figlia del re, ci pensa su un po’ poi decide che anche a lui la cosa sta bene, tutto sommato. La conclusione della stessa fiaba, nelle ultimissime battute, è assai graziosa e divertente.
Un altro aspetto appare chiaramente. I personaggi sono re, regine, cortigiani, artigiani, contadini, ma il punto di vista è quello di questi ultimi, il cui mondo risalta nei particolari: la scansione della giornata, le attività – filare, pascolare il bestiame, cacciare – e vi è tempo per la musica, le domeniche; la caccia è finalizzata a ciò che se ne ricava: cibo e la pelliccia degli animali. Una favola è dedicata alla kaša, una polentina cremosa di semolino o altri cereali, che in questo caso miracolosamente è tanta, tantissima, aumenta sempre più e non si riesce nemmeno a fermarla.
Il mondo della corte è guardato come un punto di arrivo sognato, e questo sogno si realizza scavalcando le barriere sociali di cui son ben consapevoli i personaggi. A corte, tra le attività più ricorrenti sono descritte quelle degli uomini e cioè cavalcare, cacciare, passeggiare, curare il giardino, andare in cerca di oggetti rari e preziosi.
Karel Jaromír Erben (1811-1870) è il primo e il più importante autore a studiare il patrimonio del folklore e delle fiabe ceco ed a organizzarlo in raccolte. L’opera di Erben si colloca in una fase di rinascita dello spirito ceco, in un momento in cui si assiste al rifiorire degli studi riguardanti la lingua e la letteratura nazionale. Quest’epoca si aprì con due episodi curiosi che valgono a descrivere il clima entusiastico del momento: si tratta del ritrovamento, nel 1817 e nel 1818, di due manoscritti che celebravano le gesta del popolo ceco nella lingua nazionale. La veridicità dei documenti fu ben presto contestata da studiosi seri come Dombrovský¹ (1753-1827), ma fu messa in luce pienamente solo verso il finire del secolo. Nel frattempo i manoscritti avevano suscitato enorme impressione e avevano ispirato numerosi scrittori e artisti.
Contemporaneamente, nel 1818, due giovani studiosi, František Palacký (1798-1876) e Pavel Josef Šafařík² (17951861), fecero pubblicare un volumetto dal titolo Gli inizi della poesia ceca, in particolare della prosodia, destinato ad avere una grande influenza. In esso gli autori reclamavano con energia la necessità del sorgere di una nuova letteratura nazionale e libera. L’opera alla quale è legato il nome di Palacký è la Storia della nazione ceca in Boemia e Moravia, nella quale si trattano le vicende del popolo ceco dalle sue origini fino al 1526. È un lavoro rigorosamente scientifico, condotto sulla base di pazienti e difficili ricerche d’archivio e di una salda preparazione filologica. Con Palacký collaborò Erben, che per lui raccolse materiale archivistico in tutta la Boemia. Egli stesso ne trasse anche il materiale per la propria raccolta di racconti popolari trascritti con mano felice di scrittore nella loro freschezza e genuinità, tanto da acquistare un valore specificatamente letterario. Ecco così che essi appaiono in Italia mentre ancora si aspetta una loro, ci auguriamo prossima, edizione nel paese di origine.
A proposito di Erben, occorre ancora ricordare che l’opera che lo rende particolarmente caro al lettore ceco è il libriccino Kytice, (Il mazzolino), uscito in prima edizione nel 1853. Esso contiene ballate ispirate a storie e credenze popolari, dove sono ritratti gli ambienti famigliari, la natura, il mondo dei miti cechi e moravi.
Ai racconti di Erben fanno seguito, nel nostro volume, quelli di Božena Němcová (1820-1862), l’altra scrittrice che si dedicò in particolare alla raccolta di fiabe e racconti popolari. Con quest’autrice ritorniamo al mondo della campagna, della gente semplice per la quale sembra manifestare una particolare comprensione e attenzione. Il lettore coglierà sotto questo aspetto la differenza tra Erben e la Němcová.
Lo studio delle tradizioni e del folklore nazionali, come abbiamo visto, rinasce in un momento in cui era alto lo spirito nazionalistico e il desiderio d’indipendenza delle terre ceche dalla corona di Austria e Ungheria, sulle ali del romanticismo europeo; al tempo stesso esso si intreccia con le problematiche e le correnti slavofile presenti in tutto il mondo slavo. Per tutto l’800, la produzione letteraria è strettamente legata al fine dell’indipendenza e dell’unità nazionale e allo studio delle proprie origini linguistiche e storiche. In qualche caso si guarda a una più ampia unione slava e la Russia appare come un baluardo di difesa dalla pressione germanica. È questa la linea di pensiero sviluppata dallo studioso e letterato Jan Kollár³ (1793-1852), che costituisce uno dei motivi fondamentali della sua opera principale, La figlia di Slavia, pubblicata nel 1824. Anche Kollár si dedicò alla raccolta dei canti e delle tradizioni popolari del suo paese e pubblicò varie antologie di poesia popolare.
Tra gli intellettuali che operarono nella stessa atmosfera culturale occorre citare ancora František Ladislav Čelakovský⁴ (1799-1852), anch’egli fautore della fratellanza delle genti slave e profondo conoscitore della letteratura popolare. Pubblicò alcune raccolte di Canti popolari slavi, edite nel 1822, 1825, 1827. Possiamo considerare Erben il miglior continuatore della linea di Kollár e Čelakovský.
Per comprendere appieno l’esigenza di rivalsa nazionale del popolo ceco è necessario soffermarsi almeno brevemente sulla sua storia. Nel periodo al quale ci siamo riferiti sinora le terre ceche erano annesse all’Impero austro-ungarico. Era il regno di Francesco II, che per contrastare l’ondata di espansione dello spirito rivoluzionario e indipendentista ceco attuò una politica repressiva e centralizzatrice. La situazione andò aggravandosi con l’ascesa al trono di Metternich. Questo clima non fece che accendere ancor più gli spiriti che aspiravano all’autonomia politica e culturale.
La vita culturale aveva conosciuto altri momenti di rinascita, specialmente con il regno dei Premislidi, dal nome della dinastia regnante nel XIII secolo, periodo in cui l’incremento delle ricchezze nazionali e il benessere economico consentivano a molte famiglie di inviare i propri figli a compiere gli studi all’estero, in Francia oppure in Italia, a Padova e a Bologna, e quindi di creare delle scuole alle quali cominciavano ad affluire studenti dei paesi vicini. La nobiltà accoglieva a Corte, con tutti gli onori, letterati e poeti. L’afflusso di poeti stranieri, specialmente tedeschi, tuttavia ostacolò non poco la produzione in lingua nazionale e sino ai tempi di Carlo IV imperatore, durante il cui regno, nel 1348, fu aperta a Praga la più antica università dell’Europa centrale, il ceco fu la seconda lingua a corte.
Il periodo che va dal ’400 agli ultimi decenni del ’700 vede dapprima un’espansione dello spirito patriottico progressista boemo e poi una lenta decadenza. Fu il movimento hussita a caratterizzare il primo periodo con il suo intento di rinnovamento religioso, politico e culturale, ma dopo che Jan Huss finì sul rogo nel 1415, giudicato eretico dal Concilio di Costanza, incominciò un periodo di decadenza che ebbe la sua punta massima nel 1620, con il fallimento della sollevazione contro il dominio austriaco e la sconfitta alla battaglia di Bilá Hora. Da quel momento anche le sorti della lingua e della letteratura ceca si fecero difficili. Nacque una letteratura di emigrazione e la lingua ufficiale fu il tedesco.
Il paese tornò alla libertà dopo tre secoli di asservimento; solo alla fine della prima guerra mondiale. Seguì un breve periodo di grande fioritura anche economica. La Cecoslovacchia aveva una delle industrie più avanzate d’Europa quando venne occupata dalle truppe germaniche nel 1938. Ridivenne indipendente nel 1948, data in cui cominciò una nuova fase nella sua evoluzione, caratterizzata da una serie di radicali riforme di tipo socialista.
La letteratura ha naturalmente risentito delle condizioni in cui si erano venute a trovare le terre ceche. Condizioni precarie, determinate anche dalla posizione geografica, al centro dell’Europa, equidistante dal Baltico e dall’Adriatico, dai popoli slavi d’Oriente e dall’Occidente europeo. In questo contesto Praga, per abitudini, cibi, architettura, rappresenta un punto di riferimento per chi proviene dall’una o dall’altra regione. La tradizione raffinata e antica traspare nelle vetrine dei gioiellieri, delle pasticcerie, dei negozi di copricapi; nella vita quotidiana, oltre che nei monumenti massimi di questa capitale d’Europa. Il multilinguismo, necessità-virtù, continua a esservi praticato e si ritrova riflesso nei quadri e nei collage del grande Jiří Kolař, dove pagine stampate in alfabeti diversi – greco, latino, ebraico – si ricompongono in nuove immagini della vita di ogni giorno: un oggetto, una finestra, una figura di donna.
A una raccolta di fiabe ceche si era pensato già da tempo. Italo Calvino l’aveva incoraggiata quando s’era cominciato a parlarne, con la dott. Zdenka Kolařová dell’Università di Brno, in occasione di un seminario di lingua ceca a Ca’ Foscari, a Venezia. Speriamo di avere, con questa raccolta, messo in contatto il lettore italiano con la cultura ceca in una maniera lieve e divertente, oltre che interessante.
Venezia, marzo 1990
Scilla Abbiati Sivazliyan
¹ Josef Dombrovský (1753-1827), importante slavista, nacque a Gyarmoty, nell’Ungheria occidentale, dove suo padre prestava servizio presso un reggimento di dragoni. La sua famiglia tornò in patria quando aveva poche settimane di vita. Svolse gli studi universitari di filosofia presso l’Università Carlo di Praga. La sua attività fu assai varia, incentrata sullo studio della lingua e delle letterature nazionali e della slavistica in generale. Fra le sue opere il Dizionario ceco-tedesco del 1802; il Minuto sistema di insegnamento della lingua ceca del 1809; la Storia della lingua ceca del 1791, poi ampliata in una Storia della lingua e della letteratura ceca. Fu fra i fautori dell’alleanza tra le genti slave. Tra le sue opere di slavistica occupano un posto preminente le sue Institutiones linguae slavicae dialecti veteris del 1822.
² Pavel Josef Šafařík (1795-1861), nato a Kobeliarovo in Slovacchia, compì i suoi studi a Jena, divenne professore al ginnasio serbo di Novi Sad, poi si trasferì a Praga. Tra i massimi sostenitori dell’alleanza dei popoli slavi, dedicò anche la sua opera di studioso all’indagine della cultura delle genti slave. Tra i suoi lavori maggiori la Storia della lingua e della letteratura slava secondo tutti i dialetti del 1826, opera nella quale trattò la storia linguistica e letteraria di tutte le schiatte slave.
³ Jan Kollár (1793-1852) nacque in Slovacchia. Compì gli studi a Banská Bystrica e Bratislava e si trasferì quindi a Jena. Soggiornò per poco tempo a Praga, quindi tornò a Bratislava, dove venne ordinato sacerdote. Poi partì per Budapest, dove svolse l’attività di pastore della comunità protestante slovacca. A tarda età fu chiamato a ricoprire la cattedra di antichità slave a Vienna.
⁴ František Ladislav Čelakovský (1799-1852) oltre che dei Canti popolari slavi fu autore di Eco di canti russi, del 1829, e ancora Eco di canti cechi, del 1839. Nei due volumi tratta del folklore russo e ceco e delle differenze che si deducono dai motivi epici e lirici dei due popoli. Fu giornalista, quindi docente di slavistica. Ebbe numerosi allievi che si dedicarono allo studio dei testi popolari.
Karel Jaromír Erben
Karel Jaromír Erben (1811-1870) nacque a Miletín da una famiglia modesta. Studiò a Hradec Kralové e poi a Praga, dove seguì i corsi di diritto.
L’opera di Erben s’inquadra nel settore degli studi folcloristici che fiorirono nelle terre ceche, particolarmente a partire dall’inizio del XIX secolo. Questa nuova tendenza si aprì con due clamorose vicende: il ritrovamento di due manoscritti datati, secondo chi li aveva ritrovati, XII e addirittura IX secolo. Ben presto nacquero i primi dubbi sull’autenticità dei testi, ma gli episodi valgono a dimostrare sull’onda di quale spirito e desiderio di rivalsa della cultura nazionale si svilupparono studi storici e filologici molto seri, innanzitutto l’opera di František Palacký (1798-1876) Storia della nazione ceca in Boemia e Moravia, lavoro enorme che tratta le vicende del popolo boemo dalle sue origini al 1526; e l’opera di Josef Šafařík (1795-1861), autore di una Storia della lingua e della letteratura slava secondo tutti i dialetti. Erben fu collaboratore di Palacký, per il quale fece numerose ricerche di archivio e a Praga divenne in seguito