Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

L'eroe nell'immaginario di Philip José Farmer
L'eroe nell'immaginario di Philip José Farmer
L'eroe nell'immaginario di Philip José Farmer
E-book274 pagine4 ore

L'eroe nell'immaginario di Philip José Farmer

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Fantascienza - saggio (255 pagine) - Tesi di laurea in storia della cultura americana. Relatore Franco La Polla.


La scelta dell'angolo scelto dall'autore per il suo lavoro su Philip Jose Farmer nasce dalle letture di testi di Freud e di Jung, ma anche di altri studiosi di antropologia e antichi miti come James Frazer e Joseph Campbell, e dalla consapevolezza che la fantascienza si era in qualche modo fatta custode di tutto quel patrimonio culturale legato agli antichi miti e simboli. Farmer, nei suoi libri, non solo non faceva eccezione, ma si ispirava ad essi riproponendoli e rimaneggiandoli continuamente. I suoi primi lavori, poi, erano fortemente debitori nei confronti degli studi in campo psicanalitico della prima metà del secolo scorso. Il lavoro di ricerca che ne risultò fu un lavoro piuttosto appassionante, che permise di scrivere la tesi di laurea e approfondire, attraverso uno studio serio la conoscenza di un autore tra i più popolari del genere.


Michele Comani è nato verso al fine degli anni '60, in un piccolo paese dell'appennino emiliano. Finite le scuole medie si trasferisce prima a Modena, per diplomarsi al liceo linguistico, e poi a Bologna dove, nel 2000, si laurea presso la facoltà di Lettere e Filosofia. Appassionato fin da bambini allo studio delle lingue straniere da un lato e alle serie di fantascienza dall'altro, durante l'adolescenza comincia a leggere romanzi e racconti appassionandomi al genere letterario. All'università di Bologna si iscrive ai corsi del professor Franco La Polla, da poco arrivato ad insegnare storia della cultura nordamericana presso quell'ateneo, e capisce di avere trovato colui che avrebbe potuto fare da relatore per una tesi dedicata a uno dei suoi autori preferiti: Philip J. Farmer.

Attualmente si sta dedicando a un progetto musicale chiamato West of October nel tentativo, ispirandosi a testi, leggende, simboli e mitologie antichi, di creare concept album, pubblicati attualmente sulle piattaforme musicali più famose presenti in rete.

LinguaItaliano
Data di uscita15 set 2020
ISBN9788825412918
L'eroe nell'immaginario di Philip José Farmer

Correlato a L'eroe nell'immaginario di Philip José Farmer

Ebook correlati

Critica letteraria per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su L'eroe nell'immaginario di Philip José Farmer

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    L'eroe nell'immaginario di Philip José Farmer - Michele Comani

    rete.

    Introduzione

    Lo studio qui presentato è volto ad evidenziare le caratteristiche fondamentali dell’eroe nelle opere di Philip José Farmer, famoso e prolifico autore di fantascienza americano, che cominciò a scrivere professionalmente all’inizio degli anni cinquanta. Prenderemo in esame principalmente i romanzi che compongono i due cicli di maggior successo dell’autore: quello di Riverworld (Il Mondo del Fiume,1971) e quello di World of Tiers (Fabbricanti di Universi, 1965), oltre ad altri romanzi singoli ed opere minori qualora questi ultimi possano essere di aiuto nell’indagine. Alla fine cercheremo di dimostrare come l’autore oggetto del nostro studio sia fortemente debitore nei confronti dei temi cari a tutta la mitologia, classica e non, che egli, in un eterno tentativo di riscrittura in sintonia col clima postmoderno in cui scriveva, recupera e rielabora alla luce dell’esperienza letteraria che egli ha maturato da attento studioso e fruitore sino al momento in cui comincia a scrivere. D’altronde "l’uso e la creazione di miti di ogni sorta così frequenti (nella fantascienza), (…) ci ricordano che la narrativa fantascientifica (science fiction) è, soprattutto, una narrativa umana (human fiction), e che come tale si preoccupa di indagare, senza sosta e con ogni potere, i simboli che sono al centro della nostra visione del mondo e di noi stessi".¹

    Nel primo capitolo cercheremo di capire, alla luce delle esperienze umane ed intellettuali che l’autore stesso descrive nella propria autobiografia Maps and Spasms, come egli sia arrivato a sviluppare un interesse così grande nei confronti delle tematiche ricorrenti nelle sue opere: il sesso e la religione. Tenteremo di dimostrare in che modo egli è debitore nei confronti della letteratura ‘alta’ e di quella ‘bassa’, per utilizzare una suddivisione non particolarmente amata dai sostenitori della pari dignità fra la fantascienza e la cosiddetta ‘letteratura colta’. Farmer, infatti, vanta una cultura di tutto rilievo e, in lui, si mescolano una molteplicità di apporti culturali che vanno dalla tradizione classica dell’Iliade e dell’Odissea a quella moderna dell’Ulisse di Joyce, dalla Divina Commedia di Dante Alighieri ai capostipiti del romanzo americano J. Fenimore Cooper e Mark Twain. Ma, per una sorta di ‘snobismo alla rovescia’, egli preferirà sempre farsi portavoce della cultura popolare americana che va dal Tarzan di E. R. Borroughs ai fumetti di Flash Gordon, dalle riviste di fantascienza al western cinematografico. Scopo di questa scelta letteraria, secondo L. Fiedler, quello di far rivivere i personaggi a lui così cari durante la sua giovinezza e, contemporaneamente, di appropriarsi di tutta la letteratura nel titanico ed impossibile tentativo di riscriverla completamente. In questo senso Farmer sembra inscriversi alla perfezione nella descrizione di creatività che studiosi come H. Segal esponevano proprio agli inizi degli anni ’50, e cioè che creare, per l’artista, significa anche ri-creare il mondo interno che si è frantumato col frantumarsi dell’infanzia.

    Cercheremo di inquadrare l’autore nel periodo socio-culturale degli anni cinquanta in cui il genere della fantascienza tentava, dopo i fasti dell’Età d’Oro, una nuova collocazione stilistica e tematica. Vedremo come, dall’esperienza del movimento letterario fantascientifico della New Wave britannica, egli troverà nuovi stimoli letterari e nuova linfa vitale per la propria creatività e come, dopo un periodo iniziale di traversie di vario genere, egli arriverà al grande successo di massa ed a vincere i maggiori premi letterari messi in palio per gli scrittori di fantascienza. A tal proposito introdurremo già qualche anticipazione sui temi dell’autore considerati più ‘forti’ in relazione ai suoi romanzi per introdurre qualche figura di eroe sia della prima parte della sua produzione, quella degli anni cinquanta e sessanta, che di quella successiva degli anni settanta in cui l’autore, dopo una attenta rielaborazione dei temi a lui cari e del proprio stile, presenterà il proprio definitivo modello di eroe.

    Nel secondo capitolo la nostra attenzione si concentrerà sullo stretto rapporto di Farmer con tutta la tradizione mitologica e letteraria del passato. Analizzeremo dunque come l’eroe di Farmer si comporterà di fronte alla quest dell’eroe nelle mitologie di tutti i tempi riassunta da Campbell nel classico percorso che va dalla separazione, all’iniziazione, al ritorno, e dimostreremo come l’autore, sfruttando vecchi e nuovi simboli (da quello della risurrezione a quello della clonazione), attui una trasposizione letteraria volta ad analizzare in profondità l’essere umano di fronte alle sue ataviche paure ed ambizioni un tempo rinchiuse nella ‘terra del mito’, ed ora, come insegnano Freud e Jung, relegate nella ‘terra del sogno’. In generale sembra di cogliere, da parte dell’autore, una grande nostalgia per quei tempi antichi in cui gli dei e gli eroi camminavano l’uno al fianco dell’altro e dove le ansie e le paure tipicamente umane venivano esorcizzate grazie ad un complesso sistema di riti e di prove iniziatiche attraverso simboli e segni direttamente generati dal nostro inconscio collettivo. Mettendo a confronto i suoi testi emerge sempre un certo rimpianto per un tempo in cui l’eroe non era attanagliato dall’ansia e dall’angoscia tipiche di una società moderna che cerca di darsi risposte tramite lo sviluppo di discipline scientifiche e sociali sempre più evolute. Osserveremo come un simbolo antichissimo come quello dell’immortalità sia un tema centrale dei suoi cicli maggiori. Confrontato con l’uso che ne facevano del medesimo le religioni e le mitologie del passato, ci pare che esso venga attualizzato da Farmer da un lato per far rivivere un fantastico mondo di eroi che lo affascinava da ragazzo, dall’altro per metterci in guardia di fronte all’abuso ed alla dipendenza dell’uomo dalla scienza, facendo assumere spesso a questo simbolo contorni grotteschi (come nel ciclo di World of Tiers in cui il prezzo da pagare è molto più alto dei benefici conseguiti). In pratica, attraverso lo studio della figura dell’eroe farmeriano, cercheremo di capire come si colloca Farmer in rapporto alla tradizione fantascientifica ed a quella letteraria, nonché in rapporto al mito ed alle scienze moderne.

    Cercheremo di evincere se e quanto c’è nei suoi protagonisti degli eroi della classicità greca come Prometeo o Ulisse, e quanto di un eroe moderno come Gesù Cristo. Come egli riesca a miscelare qualità tipicamente classiche di bellezza e coraggio ad altre virtù più tipicamente popolari e vicine al buono e generoso cowboy o al selvaggio Tarzan of the Apes di E. R. Borroughs. E scopriremo che egli, nel portare tutto questo nella fantascienza, attribuisca a quest’ultima peculiarità e caratteristiche tipiche di altri generi letterari o, addirittura, cinematografici. Attraverso uno studio comparativo del percorso dell’eroe nelle mitologie del passato, esposto autorevolmente da studiosi del mito e delle religioni come J. Campbell, vedremo come l’eroe farmeriano ne seguirà le direttrici fondamentali oppure quando se ne discosti. Anche in questo caso la nostra analisi si soffermerà sulle opere maggiori dell’autore, spesso a metà strada fra il mito e la fabula, dense di riflessioni filosofiche ed escatologiche ma anche piene di azione ed avventura in un futuro in cui la scienza è evolutissima, meravigliosa e minacciosa al tempo stesso come spesso accade nella fantascienza.

    Nel terzo capitolo studieremo il rapporto fra alcune tipologie di eroe nelle opere di Farmer e la religione simboleggiata da uno stuolo di dei più o meno potenti presenti nella maggior parte delle opere dell’autore nel tentativo di dimostrare la peculiare concezione dio dio che ha il suo eroe moderno. Egli è un eterno fustigatore degli dei che, senza farsi impaurire dai loro poteri (i quali provengono solo da una superscienza), combatte e distrugge allo scopo di prendere il loro posto e, sotto questo aspetto, Farmer sembra allinearsi ad altri autori di fantascienza del suo tempo come R. Zelazny e A. E. Van Vogt. In questo caso ci avvarremo anche dello studio di qualche opera minore, nel tentativo di capire come e perché l’eroe si comporti in questo modo nei confronti della divinità. Rileveremo come Farmer, attraverso, anche in questo caso, l’utilizzo di stereotipi classici o biblici, rappresenti una propria immagine di dio per niente legata alle religioni codificate e rivelatrice del suo fondamentale scetticismo e della sua laicità di pensiero. Paragonando le classiche rappresentazioni divine del mito e delle religioni consolidate alle divinità che l’autore ci presenta nei suoi romanzi, scopriremo che il suo dio finisce infatti sempre per rivelarsi un poveretto come il Mago di Oz, oppure un pazzo paranoico la cui unica fonte divina è rappresentata dalla sua superscienza evolutissima. Talvolta ricorda il dottor Frankenstein del Frankenstein: the Modern Prometheus di Mary Shelley (considerato come la prima opera di fantascienza), talaltra solo un povero bambino onnipotente incapace di provare alcun sentimento umano, come nel caso dei Signori nel ciclo di World of Tiers.

    Notiamo che Farmer, allo scopo di smascherare dio ed i suoi propositi contro l’uomo e la vita stessi, utilizza tutti i canoni classici e gli stereotipi a cui le grandi religioni ci hanno abituati per capovolgere, alla fine, l’intera idea che ci si era fatti durante la lettura del romanzo facendone crollare miseramente la premessa fondamentale e lasciandoci con l’insoluto quesito sulla natura del vero dio. Rifacendoci allo scontro fra l’eroe e la divinità più volte celebrato nel mito, scopriremo che anche l’eroe farmeriano, di fronte ad una divinità in realtà così meschina e patetica, si scaglia con violenza contro il simbolo (come insegna Freud) del padre tiranno ed oppressore, allo stesso modo in cui un altro eroe classico, Prometeo, si scagliò contro Giove, il proprio dio, o come un altro eroe ancora, Ulisse, contro un’altra divinità: Poseidone. Nei cicli maggiori di Farmer noteremo come questa classica ribellione prometeica sia una caratteristica fondamentale dell’eroe che gli permetterà, alla fine della sua quest, di sconfiggere il proprio dio e di prenderne il posto dato che, una volta impossessatosi della fonte del suo potere, una evolutissima scienza, egli può fare esattamente quello che faceva prima il falso dio. Consci della portata sociale delle opere di un autore che, in sintonia con gli altri autori di fantascienza del suo periodo, attuava attraverso di esse una profonda critica al costume ed alla società del suo tempo, dimostreremo come Farmer sembri voler simboleggiare con questo il rischio che spesso corre l’umanità di oggi quando, troppo fiduciosa nelle possibilità offerte dalla tecnologia, si spinge oltre i limiti consentiti ed entra in un vero e proprio delirio di onnipotenza che la fa sentire come dio ma, in realtà, è spesso solo come un bambino che gioca con pericolose macchine delle quali rischia di perdere il controllo.

    Nel quarto ed ultimo capitolo esamineremo un altro topos nell’evoluzione dell’eroe classico: quello dell’incontro col principio femminino, che non sfugge ad un autore come Farmer così vicino al mito ed alla tradizione letteraria. Come si comporterà l’eroe farmeriano degli anni cinquanta, sessanta e settanta nei confronti dell’incontro-scontro con un femminile così diverso rispetto agli standard classici o anche solo a quelli di fine ottocento? Ancora una volta dimostreremo che Farmer utilizza simboli appartenenti a miti del passato per esaminare come il proprio eroe si comporti di fronte all’eterno incontro con la controparte femminile. In questo caso vedremo che il risultato è diverso a seconda del decennio in cui l’opera in questione viene scritta. Dopo un periodo iniziale, quello degli anni cinquanta, in cui dallo studio dell’autore non sembra mai emergere una chiara risposta sulla natura dell’amore e in cui il suo eroe, di conseguenza, sembra sempre fallire nell’incontro con un femminile talvolta visto come un insetto parassita (The Lovers) e talaltra come un pericolo reale di regressione allo stato di dipendenza infantile (Flesh del 1960 poi ‘68, la raccolta Strange Relations e Riders of the Purple Wage del 1967), in un secondo tempo egli, in seguito alla revisione dei propri temi e del proprio stile, ci sembra approdare ad un nuovo tipo di femminile più moderno.

    Sempre facendo ricorso alla mitologia e agli ideali classici di femminilità, notiamo come Farmer mette il proprio eroe popolare e prometeico a confronto con la donna, a volte più simile ad una ninfa dei boschi, altre più vicina alla femminista anni settanta, a volte simile all’ideale anni cinquanta di moglie perfetta e premurosa, altre ancora splendida e nobile nei tratti simili a quelli di una dea, ma che sempre ha un profondo impatto sull’eroe. Egli viene motivato da lei e spronato a sfidare se stesso e le proprie abilità. Ella gli promette un mondo che egli stenta a capire ma dal quale è affascinato. Infine ella rappresenta, col suo disinteressato amore, il premio per la riuscita della quest e l’eroe, dopo aver superato mille prove, dopo aver sconfitto il dio-tiranno ed averne preso il suo posto, può godersi il suo nuovo potere anche grazie alla rivelazione suprema donatagli dall’amore per la propria donna. In realtà Farmer, anche in questo caso, utilizzando la classica figura del femminile che salva e fa rinascere l’eroe, sembra voler tentare di fare una profonda analisi sull’amore e su come spesso, nella nostra società che non ha più il supporto dei miti e delle grandi religioni codificate, si rischia di spegnersi letteralmente in rapporti claustrofobici ed opprimenti (come quello del protagonista del primo romanzo del ciclo di World of Tiers, Wolff, con la propria moglie) o di regredire sino all’infanzia nella ricerca di una figura materna e consolatrice (come in Flesh), perdendo di vista il compito che unisce tutti quanti gli uomini e le donne, ancor prima degli eroi, quello di maturare autenticamente. L’apparente escapismo di un ciclo come quello di World of Tiers svela in realtà il suo vero volto soprattutto nel settimo romanzo della serie in cui l’eroe, questa volta un agguerrito Kickaha, deve vedere la propria donna diventare l’amante del suo peggiore nemico, la deve salvare dai loschi piani di lui e, infine, la deve riconquistare. Romanzi profondamente intrisi di simboli e di mito, quelli di Farmer, di una nostalgia che ci fa passare con estrema facilità dagli dei dell’Olimpo alle praterie americane dei film western, ma anche di un’analisi profonda dell’animo umano e della società a lui contemporanea, con un procedimento di riscrittura totale di tutta l’esperienza letteraria volta sì a far rivivere lo splendore dei miti cari all’autore ma anche, per contrasto, ad evidenziare i pericoli che l’umanità corre oggi, vittima come essa è di un vero e proprio dio fatto in laboratorio: la scienza moderna.


    ¹. SCHOLES-RABKIN, Fantascienza. Storia – Scienza – Visione, Pratiche Editrice, Parma 1977, p.243.

    Capitolo 1: Un postmoderno a Peoria: l’importanza di Philip José Farmer nel contesto socioculturale e fantascientifico degli anni Cinquanta.

    La vita scivola via e la vita dall’altra parte del fiume

    diventa sempre più la realtà,

    della quale questa è solo l’ombra.

    Lewis Carroll

    La reazione che i direttori di riviste fantascientifiche hanno avuto quando si sono visti recapitare le prime opere letterarie di Philip J. Farmer all’inizio degli anni Cinquanta non fu delle più entusiastiche, e sicuramente John Campbell (direttore della rivista Astounding) ebbe una reazione anche peggiore, come afferma lo stesso autore nella sua autobiografia Maps and Spasms. Quando Philip José Farmer cominciò a pensare seriamente alla possibilità di scrivere professionalmente correva l’anno 1950, lo stesso anno in cui, quando ancora lavorava come impiegato in una fonderia, si laureò in letteratura all’età di 32 anni. Soltanto due anni più tardi avrebbe ricevuto il premio Hugo come miglior esordiente del 1952 (uno dei maggiori riconoscimenti nel campo della letteratura fantascientifica) grazie al racconto che, forse più di ogni altra sua opera, scandalizzò il panorama letterario fantascientifico di quegli anni: The Lovers (Gli amanti di Siddo, 1952). L’autore ricorda i suoi esordi in questi termini: "La mia carriera di scrittore non ebbe veramente inizio se non nel 1952 con il successo del mio primo romanzo di sf, The Lovers. Fu soprattutto la parte erotica del romanzo che fece scandalo, anche se a rileggerlo oggi mi pare un testo molto soft."²

    I temi trattati in questo periodo hanno sicuramente a che fare anche col tipo di educazione ricevuta dall’autore stesso, nato in una sperduta cittadina dell’Indiana, North Terre Haute, nel 1918, da genitori che vantavano svariate discendenze nord europee (e persino cherokee), ferventi credenti appartenenti alla setta religiosa Christian Science, setta alquanto rigorosa che ambiva ad una totale vittoria sul peccato. È lo stesso autore che, in un’intervista del febbraio ’99, si esprime in questi termini a proposito della propria educazione religiosa: "…i miei genitori erano adepti della Scienza Cristiana (Christian Science) e mi mandavano alla cosiddetta Scuola della Domenica. Ho dovuto sopportare il catechismo, la messa e la lettura della Bibbia in tenera età".³ Per P. J. Farmer, cresciuto in questo ambiente extra-rigido e puritano, la lettura delle riviste pulp e di fantascienza (sin dall’età di 9 anni) deve essere sembrata uno dei pochi modi possibili per liberare la sua fantasia ed uscire da quell’ambiente opprimente, il passaggio da lettore a scrittore è stato relativamente breve e gli ha dato l’opportunità di affrontare di nuovo tematiche a lui care in modo innovativo e dissacrante. Penso di avere sempre voluto essere uno scrittore, fin dal momento in cui ho imparato a leggere, dirà in seguito l’autore, "allora non si trattava di una vera e propria ossessione, ma invecchiando è diventata via via più forte. Ero solo un ragazzo al momento della Grande Depressione del ’29 e, paradossalmente, la considero uno dei periodi migliori, nel senso che la mia immaginazione ne fu molto stimolata. Leggevo continuamente (l’Odissea, I Viaggi di Gulliver, Jules Verne, le riviste pulp…) e già mi piaceva molto la fantascienza. All’inizio mi immaginavo una carriera di scrittore piuttosto tradizionale e fu quasi per caso che mi ritrovai lanciato nel campo fantascientifico: il mio primo testo pubblicato fu una raccolta di avventure per la rivista Adventure nel 1945".⁴

    Dal 1952 in poi, dopo una battuta d’arresto che dal 1953 lo tenne lontano dalla scrittura per quasi cinque anni, a causa di un rovescio finanziario che gli fece perdere la casa, il lavoro e che fece ammalare la moglie, Farmer non smetterà più di scrivere, vincendo altri due premi Hugo (con Riders of the purple wage nel ’67 e con Riverworld nel ’71) ed altri premi minori, pubblicando decine di racconti e di romanzi e divenendo, a tutti gli effetti, uno dei maggiori scrittori di fantascienza di tutti i tempi;⁵ ammirato anche da altri scrittori di fantascienza per la sua audacia, la sua fervida immaginazione, la sua prosa scorrevole e avventurosa che gli sono valsi, in totale, ben tre premi Hugo ed un grande successo di pubblico. (È curioso notare il fatto che proprio dal racconto che gli causò le suddette traversie finanziarie nel 1953, dal titolo I owe for the flesh, l’autore trarrà negli anni settanta il suo ciclo di maggiore successo: quello di Riverworld).

    Per comprendere come mai Farmer abbia destato tanto scalpore sin dalla prima produzione, basta analizzare gli argomenti trattati principalmente dall’autore in modo dissacrante e tematicamente ‘forte’ nel decennio 1950, argomenti trattati da non molti altri autori di fantascienza sino a quel momento: la religione e, soprattutto, il sesso, uniti ad una sperimentazione stilistica che porterà Farmer ad introdurre prepotentemente lo stile popular ed i personaggi storici e letterari del nostro passato nella letteratura fantascientifica, in un tentativo di eterna riscrittura, distruzione e demolizione, sfruttando espedienti, talvolta, anche di joyciana memoria. In questo senso Farmer sembra essere un autentico scrittore postmoderno influenzato direttamente, in campo letterario fantascientifico, dalla New Wave britannica, di cui tratteremo più avanti.

    Per richiamare alla memoria un breve profilo del movimento letterario del postmodernismo ed analizzare in che modo Farmer si possa definire postmoderno, ricorriamo alla definizione che ne dà John Docker nel suo saggio Postmodernism & Popular Culture: a cultural history del 1994:

    Postmodernism (…) does not ascribe to popular culture phenomena any single commanding meaning or purpuse. It does not assume any explicable relationship between popular culture and its audiences, and it does not see audiences as transparent in their desires and consciousness (or their unconscious). It does not wish to install and police a hierarchy of genres in culture in general. It does not prescribe innovation and experiment as cultural absolutes by which to judge all aesthetic expression. Rather it is interested in a plurality of formes and genres, a pluralising of aesthetic criteria, where such forms and genres may have long and fascinating histories, not as static and separate but entwined, interacting, conflicting, contesting, playing off against each other, mixing in unpredictable combinations, protean in energy, moving quickly between extremes, from pathos to farce, intensity to burlesque, endlessly fertile as narrative, theatricality, and performance. Postmodernism defends ‘lower female genres’ and their readers and audiences so excoriated by modernism in this century.

    Farmer utilizza il linguaggio del cinema e quello dei romanzi d’avventura alla E. R. Borroughs, tipicamente popolari, per dipingere scene d’azione di memorabile bellezza e velocità, avvincenti come quelle di Tarzan, ma anche colorite come quelle dei fumetti di Flash Gordon, facendo riferimento, in tal modo, più ad una forma espressiva visiva in senso largo che non letteraria in senso stretto: A primary part of the potency of films lies in its stress on the visual sense, on the pictorial (…), as in the Edgar Rice Borroughs’ Tarzan series of novels.⁷ Romanzi e racconti intrisi di avventura, ma anche di tanta scienza, accuratamente spiegata nei minimi dettagli da un preparatissimo Farmer che, in certe pagine, sembra voglia offrirci dei veri e propri trattati di fanta-biologia. Le sue opere trasudano poi spesso storia da ogni pagina, talvolta rielaborata grazie a nuovi e vecchi simboli della nostra cultura (non solo cristiana o occidentale), talvolta documentata meticolosamente (pensiamo a tutti i personaggi storici che appaiono nel ciclo di Riverworld che Farmer introduce spesso fornendoci il loro profilo psicologico e quello socio-culturale

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1