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La biblioteca ritrovata: Percorsi di cultura gay nel mondo contemporaneo
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E-book398 pagine5 ore

La biblioteca ritrovata: Percorsi di cultura gay nel mondo contemporaneo

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Info su questo ebook

Con modalità diverse una cultura gay è sempre più diffusa, anche nei paesi dove sono ancora in vigore leggi esplicitamente omofobe e dove ancora i diritti non sono uguali per tutti. Grazie anche a Internet, ai social network, alla ridefinizione del matrimonio, alla diffusione di storie gay nella letteratura, nel cinema e nelle serie televisive, pregiudizi atavici sono in crisi ovunque e la questione gay è diventata ormai un importante parametro per valutare lo stato della democrazia e della modernità di un Paese. In Italia il tema è ancora problematico. Una ricca tradizione culturale gay esiste da sempre, ma non è riconosciuta come tale e non ha ancora un'adeguata legittimazione né nei libri di storia, né nella critica letteraria né nelle storie della letteratura. Questo libro prova a farne una prima sistemazione presentando una guida ragionata alle opere e agli autori non solo italiani, europei e angloamericani, da quelli universalmente noti ad alcuni esordienti di talento, ma prendendo in considerazione anche voci che arrivano da paesi emergenti.
LinguaItaliano
EditoreRogas
Data di uscita31 mar 2020
ISBN9788835398226
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    Anteprima del libro

    La biblioteca ritrovata - Francesco Gnerre

    Note

    Introduzione

    Fin dall’Ottocento, quando ancora non era stato coniato il termine ‘omosessualità’, i primi teorici della liberazione omosessuale hanno cercato nei libri e nella cultura una prima legittimazione del proprio orientamento e dei propri comportamenti. Si pensi alle prime antologie dello svizzero Heinrich Hossli (1784-1864), dell’inglese Edward Carpen-ter (1844-1929) o del tedesco Magnus Hirschfeld (1868-1935) che raccoglievano testi sugli amori tra uomini nell’antica Grecia o anche sonetti di Michelangelo e Shakespeare, poesie di Rimbaud e Swinburne, fino a Byron e Platen [¹] . Si trattava di iniziare a costruire una tradizione in cui riconoscersi, perché il confronto con la storia e con l’immaginario che la cultura ha elaborato ha un ruolo fondamentale nella costruzione dell’identità, e gli omo-sessuali hanno sempre trovato nell’immaginario della cul-tura dominante solo la loro negazione.

    Questa negazione dell’omosessualità, nonostante la pub-blicazione di libri importanti sull’argomento, è durata fino ai nostri giorni e in parte continua ancora. Un lettore del mio L’eroe negato, mi scriveva nel 2000: Nonostante ab-bia frequentato il liceo classico agli inizi degli anni Ottanta ignoravo i tormenti di Umberto Saba e di Carlo Emilio Gadda, non conoscevo affatto Carlo Coccioli ed ero all’o-scuro di un ‘lato gay’ di Palazzeschi. Ciò mi ha fatto molto riflettere. L’accettazione della mia identità di omosessuale è stata graduale e non facile. Molto probabilmente, se durante i miei studi superiori fossi stato a conoscenza di ciò che il suo libro chiaramente rivela, chissà, mi sarei sentito meno solo e il mio cammino sarebbe stato più facile [²] .

    Non legittimati dal contesto culturale in cui vivono, gli omosessuali cercano evidentemente nei libri modelli di comportamento che non esistono nel confronto quotidiano col reale. Quando ho chiesto a Colm Toibin, autore di im-portanti libri di argomento gay, di parlarmi del rapporto tra omosessualità e letteratura, mi ha risposto: "La letteratura può contribuire moltissimo a conoscere, a liberare, a non dimenticare. Io penso che La statua di sale di Gore Vidal, La stanza di Giovanni di James Baldwin e poi i libri di David Leavitt, di Edmund White, di Alan Hollinghurst sono importantissimi per i gay: è come incontrare qualcuno che condivide la tua vita, le tue emozioni. E questo è fon-damentale perché ci sono immagini comuni, storie e si-tuazioni da condividere e che non siano solo suicidi e disperazione. Questi libri ci aiutano a vincere la sensazione di non esistere, perché sappiamo che spesso è come se quello che viviamo non esistesse, non fosse reale" [³]

    Ancora negli anni Ottanta del Novecento, a parte piccoli gruppi di militanti gay delle grandi città che iniziavano a rivendicare forme di visibilità, l’omosessualità era l’amore che non osava dire il suo nome, e libri che trattavano di omosessualità erano veramente pochi e poco diffusi. Il tema era ritenuto sconveniente e in genere vi si alludeva con giri di parole. Quando appariva in maniera inequivocabile assu-meva quasi sempre caratteristiche negative: il personaggio omosessuale nei testi letterari era ancora, tranne rarissime eccezioni, il corruttore di giovani innocenti o una patetica vittima il cui destino era inesorabilmente segnato non da una qualche colpa, ma dal suo stesso essere. E nei testi non letterari, il tema era associato in genere alla devianza o a disturbi psicologici.

    Man mano però che i gay hanno cominciato ad essere più visibili e a rivendicare un loro posto nel mondo, si sono sviluppate anche una nuova letteratura e una nuova sag-gistica, e soprattutto gli autori gay hanno iniziato a proporre un punto di vista inedito non più legato all’interiorizzazione della colpa e al senso di vergogna che per secoli aveva ca-ratterizzato la rappresentazione della realtà omosessuale.

    Intanto maturava anche l’esigenza di far emergere dal silenzio tutta una cultura di riferimento che era esistita, ma occultata da secoli di censura e di negazione. Sono venuti così alla luce libri scritti nei secoli o nei decenni passati, ma mai pubblicati perché censurati dalla cultura ufficiale o dagli autori stessi che, vivendo in un contesto ferocemente omofobo, hanno preferito lasciare i loro libri nei cassetti rimandandone la pubblicazione a tempi migliori, a secoli o decenni dopo la loro morte. I casi di autocensura nelle storie letterarie sono tanti. Tra i più eclatanti si ricordano qui quelli di Edward Morgan Forster e di Umberto Saba. Forster scrive negli anni 1913-1914 Maurice, un romanzo gay che finalmente rompe con la convenzione del finale tragico e che rappresenta il lieto fine di un amore tra due uomini, ma il romanzo rimane in un cassetto per volontà dell’autore che scrive sul frontespizio Dedicato a un Anno più Felice [⁴] . E Maurice sarà pubblicato dopo la morte dell’autore, nel 1971. E Umberto Saba scrive il suo Ernesto , il romanzo della sua liberazione gay, negli anni Cinquanta del Novecento, ma il libro sarà pubblicato solo molti anni dopo la morte dell’autore, nel 1975 [⁵] . Di altri casi di dif-ferimento a tempi migliori di libri che rappresentano una visione liberatoria dell’omosessualità si parlerà nelle pros-sime pagine.

    È a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, quando in un clima di grandi trasformazioni culturali che investono anche l’editoria e vengono pubblicati, tra gli altri, Maurice di Forster e Ernesto di Saba, dopo ‘la rivolta di Stonewall’ [⁶] , che si è cominciato a studiare, in particolare da parte di studiosi gay, la storia di una repressione secolare che aveva accomunato, in vari modi, il potere religioso, politico, giudiziario, medico. I fatti di Stonewall segnano un’inver-sione di tendenza di portata storica. Dopo niente è più come prima. Gay, lesbiche e travestiti cominciano a rivendicare diritti negati per secoli, e i paesi che legittimano l’amore gay e le unioni tra persone dello stesso sesso sono sempre più numerosi. L’impresa non è stata semplice e non è certo conclusa. Con la medicalizzazione dell’omosessualità nel corso del XIX secolo, si era riusciti a far introiettare agli omosessuali stessi la convinzione di essere ‘sbagliati’, ma-lati da curare, se non più peccatori bisognosi di perdono. E così perfino studiosi e scrittori omosessuali che avevano interiorizzato i pregiudizi della cultura dominante, hanno assunto spesso (e a volte assumono ancora) il punto di vista dei loro persecutori.

    Oggi una cultura gay esiste e si diffonde con modalità diverse, in tutto il mondo, anche nei paesi dove sono ancora in vigore leggi esplicitamente omofobe. Negli ultimi anni, grazie anche a internet, ai social network, alle migrazioni di massa, alla ridefinizione del matrimonio, pregiudizi atavici sono in crisi dappertutto, e si può affermare, come ha scritto recentemente un sociologo francese, che come una cartina di tornasole dell’evoluzione culturale, la questione gay di-venta anche un buon parametro per valutare lo stato della democrazia e della modernità di un paese [⁷] .

    Anche in Italia si registrano notevoli cambiamenti. Una cultura gay da noi è sempre esistita, ma difficilmente viene riconosciuta come tale. Esistono, per fare solo qualche esempio, storie dei movimenti di liberazione gay [⁸] , rico-struzioni della vita degli omosessuali nei secoli e nei decenni passati [⁹] , molti testi letterari rappresentano situa-zioni e personaggi gay, ma il tema, in particolare nella letteratura, non ha trovato ancora una organica sistema-zione né nella critica letteraria, né nelle storie della let-teratura. Gli autori stessi e le case editrici tendono molto spesso a non mettere in evidenza il tema dell’omoses-sualità col timore che questi libri possano entrare a far parte di un circuito marginale e settoriale e non della ‘Letteratura’ tout court, di perdere quel carattere di ‘uni-versalità’ proprio della grande Letteratura.

    L’idea che si tratti di letteratura settoriale e marginale nasce dal pregiudizio, ancora difficile da sradicare, che rappresentare ciò che succede a un uomo e a una donna appartenga alla natura umana e universale, mentre par-lare di ciò che succede a due uomini o a due donne resti nel particolare e nel settoriale.

    Che questo sia un pregiudizio non credo abbia più bisogno di spiegazioni. Homo sum, humani nihil a me alienum puto (sono uomo e niente che sia umano mi è estraneo), scriveva il commediografo latino Terenzio, e niente che sia umano è estraneo alla Letteratura.

    L’assenza del tema o il suo occultamento, anche nei testi letterari, ma soprattutto nella critica e nelle storie della letteratura, soprattutto in Italia, nasceva (e spesso ancora nasce) da forme, spesso inconsapevoli, di omofobia, dal-l’abitudine a censurare un argomento che per secoli è stato tabù. È un po’ come evitare di dire una ‘parolaccia’. Ancora oggi in tanti, ben educati, se debbono pronunciare il termine ‘omosessualità’ lo fanno sottovoce… (e non in presenza di bambini). Forme di reticenza le riscontriamo anche nell’edi-toria. Capita ancora di leggere certe quarte di copertina imbarazzate e reticenti, e se non si sa che l’autore di un libro è gay e non si conoscono gli altri suoi libri, non capire assolutamente che tipo di libro abbiamo tra le mani. E se a volte si accenna al fatto che nel libro si parla dell’amore tra due uomini o tra due donne, si precisa subito che però non è un libro che intende rappresentare l’omosessualità, ma solo l’amore nella sua ‘universalità’. Precisazione questa che non si legge mai quando si parla dell’amore tra un uomo e una donna e che ci fa capire quanto l’omosessualità sia considerata ancora un tema ‘particolare’ e ‘eccezionale’.

    Per molti aspetti insomma il tema è ancora problematico.

    Se prima non veniva esplicitato per evidenti problemi di censura e di autocensura, ora sembra che non sia necessario evidenziarlo, come se non esistesse più il problema, come se essere omosessuali o eterosessuali non comportasse nessuna differenza nella legislazione, nella società, nella cultura, come se l’omosessualità fosse una caratteristica senza im-portanza per uno scrittore e per un lettore, come avere gli occhi verdi o azzurri. E chi insiste a parlare di letteratura gay o di cultura gay rischia di passare per una persona legata ancora ad una fase di militanza che non avrebbe più motivo di esistere, perché ormai nella cultura e nella società il tema gay sarebbe stato totalmente metabolizzato.

    A me non pare che le cose stiano così. La realtà gay, che oltretutto in Italia non è ancora legittimata sul piano dei diritti a differenza della maggior parte dei paesi occidentali, è ancora in larga parte clandestina. Un ragazzo che scopre di essere gay, soprattutto se non vive in una grande città, non ha ancora sufficienti punti di riferimento da fargli vivere con una certa serenità il suo orientamento. Qualora ce ne fosse bisogno, i drammatici suicidi di giovani gay, convinti di essere gli unici gay al mondo, sono lì a dimo-strare questa realtà di fatto. E sono tanti i lettori delle ru-briche di segnalazioni di libri su ‘Babilonia’ prima e poi su ‘Pride’, le due riviste gay più diffuse degli ultimi decenni, a testimoniare l’interesse per i libri gay e a chiedere consigli di lettura.

    Si è già detto dell’importanza del confronto con la storia e con la cultura del passato e con un immaginario che contempli la propria esistenza, nel processo di costruzione della propria identità e di presa di coscienza del proprio orientamento. Se questo è vero per tutti, è vero ancora di più per i gruppi sociali oggetto di discriminazione. E tra i gruppi sociali discriminati i gay hanno caratteristiche par-ticolari. Essi infatti, a differenza di altre comunità che sono state oppresse e discriminate, sono stati condannati a vivere in solitudine e spesso con forti sensi di colpa la loro esclusione. Se altri gruppi sociali emarginati (per esempio gli ebrei o i rom) infatti possono confrontarsi, fin dall’in-fanzia, con altri membri della comunità sulle ragioni della loro condizione di oppressi, di leggere libri che parlano delle ingiustizie subite, di fantasticare sui loro eroi, i gay crescono da soli, in famiglie eterosessuali che nella stra-grande maggioranza dei casi considerano l’omosessualità ancora una anomalia o una malattia, e se proprio sono tol-leranti e democratici, in genere lo sono perché l’argomento non riguarda i loro figli. E la cultura con cui ci si confronta quotidianamente è ancora una cultura eterosessuale e fonda-mentalmente omofoba. Qualche eccezione è presentata, ap-punto, come eccezione.

    È anche per questo che credo possa avere una qualche utilità questa proposta di una biblioteca gay. Penso anzi che sarebbe auspicabile che nelle biblioteche scolastiche, accan-to a sezioni dedicate al razzismo e all’antisemitismo e in genere a tematiche relative all’inclusione e al rispetto di tutti, ce ne fosse una dedicata all’omofobia e alla letteratura di argomento omosessuale: gli adolescenti gay si sentireb-bero forse meno soli.

    Ma questi libri non sono importanti solo per i lettori gay. Ponendosi in modo problematico e/o liberatorio rispetto al comportamento omosessuale, destrutturando i modelli vigenti e gli stereotipi, questi libri aiutano tutti a confrontarsi con le molteplici forme dell’immaginario relativo alla sessualità e a combattere l’omofobia. Perché l’omofobia nasce dall’igno-ranza e la letteratura, straordinario luogo simbolico di speri-mentazione dell’utopia di un diverso futuro, aiuta a con-siderare praticabile e possibile ciò che non c’è fino a che non sia stato scritto, fa emergere dal silenzio sentimenti ed emo-zioni che accompagnano gli amori tra persone dello stesso sesso, rende familiari comportamenti troppo spesso circondati ancora da un alone di peccaminoso e di proibito.

    E allora, perché non immaginare una biblioteca ideale consultabile innanzitutto da parte dei lettori gay, ma anche da parte di quanti intendano confrontarsi con un tema che non può più essere relegato in un ambito circoscritto ad una minoranza della popolazione?

    È con questo intento che ho riunito qui una serie di pro-poste di lettura, alcune inedite, altre che riprendono e ri-elaborano articoli e recensioni apparsi negli ultimi anni sul-le riviste ʻ Babilonia ʼ e ʻ Pride ʼ , due riviste lette quasi esclu-sivamente da lettori gay. Credo che oggi possa essere interessante proporre questo materiale ai lettori tutti, perché appare sempre più evidente che il tema dell’inclusione degli omosessuali e della lotta all’omofobia è un tema di diritti umani, che non riguarda solo i gay, ma tutti coloro a cui sta a cuore la democrazia e in particolare coloro che si occu-pano di educazione e che potrebbero avere, tra gli strumenti per combattere l’omofobia, anche qualche buon libro da consigliare.

    E se i libri che si consigliano non sono legittimati dal ‘canone’ poco importa. Appare sempre più evidente infatti che il canone letterario non è un elenco di opere fisse nel tempo, ma una formazione storica corrispondente al pro-gramma valoriale ed educativo di una società e che quindi va continuamente revisionato e adattato alle nuove esigen-ze. La complessità della realtà odierna, caratterizzata dalla presa di coscienza di soggetti precedentemente emarginati che reclamano la loro inclusione nella società, impone, in particolare a chi si occupa di educazione e di trasmissione di saperi, di mettere in discussione le nostre categorie e di riformulare anche il canone letterario tradizionale che oggi appare con sempre maggiore evidenza parziale ed esclu-dente [¹⁰] .

    Tra i molti articoli e recensioni scritti per ‘Babilonia’ e per ‘Pride’ ho operato una scelta drastica. Molti libri di cui mi sono occupato e che ho segnalato nel corso degli anni, strettamente legati al momento in cui venivano scritti, non li ho inclusi qui, ma molti altri mi pare che possano costituire una guida alla lettura gay di una certa utilità.

    Aggiungo ancora qualche considerazione sui criteri che ho seguito nel proporre i libri e sul modo di organizzare il materiale scelto per questa pubblicazione.

    Sia che si parli di saggi che di opere di fiction ho sempre ritenuto opportuno esporre, prima di ogni altra consi-derazione, il contenuto del libro, anche se per sommi capi. Non farlo mi è sempre sembrato mancare di rispetto nei confronti del lettore. Per lo stesso motivo ho evitato, quanto più possibile, di ricorrere ad un gergo critico e ad allusività per addetti ai lavori, cercando di non dimenticare mai che le mie recensioni sono un servizio per i lettori e non una prova di bravura di un letterato per altri letterati. Per gli stessi motivi ho cercato sempre di utilizzare uno stile piano e discorsivo e spesso ho ritenuto opportuno inserire una qualche citazione dal libro proposto. Questo mi è parso un modo per chiamare in causa lo stesso autore del libro, dargli la possibilità di dare un assaggio della sua ‘voce’, di far emergere il suo modo di raccontare, sia pure solo per qualche riga.

    I criteri da seguire per la raccolta in volume di un ma-teriale ampio ed eterogeneo potevano essere molti, da quello semplicemente cronologico a raggruppamenti degli autori in base alla loro provenienza geografica o ancora in base al genere letterario del libro esaminato. Ognuno di questi criteri mi è parso limitato e comunque non del tutto convincente, e così ho preferito proporre raggruppamenti tematici, forse di maggiore utilità per i lettori, o percorsi personali, apparentemente arbitrari che tuttavia hanno una loro logica: letti uno di seguito all’altro, a me pare che questi consigli di lettura possano costituire la storia di un lento e difficile processo di liberazione, oltre che dar conto della straordinaria varietà dell’immaginario gay.

    Il lettore comunque, seguendo altri criteri, può organizzare in maniera diversa il materiale proposto e costruirsi altri percorsi di lettura che rispondano meglio alle sue esigenze.

    Ho suddiviso il materiale scelto in tre sezioni. In una prima che ho titolato Antichi castighi e nuove libertà ho messo insie-me soprattutto saggi, ma anche opere di narrativa, che trattano alcuni momenti cruciali di costruzione della storia delle per-sone omosessuali, dalla repressione più violenta ai tentativi di riscrivere il passato per far emergere momenti interessanti di resistenza e di fermenti di nuove libertà.

    La seconda sezione, Altri amori, altre famiglie, quasi esclusivamente dedicata a testi letterari, presenta una molte-plicità di punti di vista sulla famiglia tradizionale, sulle nuove famiglie omogenitoriali, ma anche su un più speci-fico immaginario gay con narrazioni di storie di amori e disamori praticamente normali, anche se spesso inserite ancora in contesti ostili e omofobi.

    Una terza sezione, Dal sogno di Tadzio alla genera-zione rainbow, è dedicata agli adolescenti e ai giovani, una volta esclusivamente oggetto del desiderio degli adulti, oggi, sempre più spesso, soggetti che rivendicano visibilità e diritti. Sono loro i più fragili e i più bisognosi di punti di riferimento. È necessario dire loro che non so-no soli (e questo lo si può dire con una certa efficacia anche invitandoli alla lettura di libri che parlano di loro), che le cose cambiano, come recita il titolo di un recente libro a cura di Dan Savage e Terry Miller, di cui, nel corso del 2013, è apparsa anche un’edizione italiana [¹¹] .

    I libri di cui si parla, per motivi puramente soggettivi, sono quasi esclusivamente libri attenti più all’omosessualità maschile che a quella femminile. Un’altra precisazione da fare è che si tratta di saggi o di testi narrativi, mentre è quasi del tutto assente la poesia. Questo perché, nonostante esistano validi poeti che rappresentano amori gay, la narra-tiva e la saggistica hanno, nella realtà contemporanea, un ri-lievo più significativo nella stratificazione di un immagi-nario omosessuale.

    Capitolo I

    ANTICHI CASTIGHI E NUOVE LIBERTÀ

    L’Ottocento e l’identità omosessuale

    Graham Robb, Sconosciuti.

    L’amore e la cultura omosessuale nell’Ottocento,

    traduzione di Maria Baiocchi,

    Carocci, Roma 2005

    Che gli omosessuali abbiano aspettato, per esistere, che si inventasse il termine che li definisce è un’idea che ha avuto molto seguito e che si è soliti far risalire a Michel Foucault e alla sua teoria della costruzione sociale. Secondo questa teoria l’omosessualità è stata costruita dalla scien-za medica dell’Ottocento e l’identità omosessuale è una invenzione del potere per controllare un particolare gruppo di persone dall’orientamento sessuale non conforme a quel-lo della maggioranza. Prima non esisteva come caratteri-stica di singole persone. Il sodomita era soltanto un pec-catore che indulgeva in certi atti, l’omosessuale invece di-venta una specie a parte, un malato da studiare, da control-lare, da guarire.

    Che nell’Ottocento sia nata l’omosessualità ‘moderna’ con l’invenzione, nella seconda metà del secolo, dello stesso ter-mine ‘omosessualità’ è una verità incontestabile, ma è altret-tanto vero, come dimostra lo studioso inglese Graham Robb con l’appoggio di un ampio materiale documentario (lettera-rio, storico, medico, religioso, di vita quotidiana) che le per-sone attratte da individui del loro stesso sesso ci sono sempre state, che non hanno avuto difficoltà ad identificarsi come omosessuali (o quale che fosse il termine usato) e che l’Ottocento, nonostante il vittorianesimo e la colonizzazione medica dell’omosessualità, non è il secolo cupo che di solito si pensa.

    L’immagine distorta che si ha di solito dell’omosessualità nei secoli passati è dovuta essenzialmente alle fonti che si utilizzano. Per ricostruire il passato gay hanno un posto di rilievo le leggi antiomosessuali, i verbali di tribunali e le statistiche criminali, ma la legislazione non è una guida efficace alla comprensione della realtà: la mera esistenza di una legge dice ancor meno, sul carattere di una società, di quanto una dichiarazione di principi morali dica riguardo al comportamento di un individuo. Le condanne per omoses-sualità in realtà non erano particolarmente frequenti, anche perché si riteneva che la sodomia fosse un vizio che pro-sperava grazie alla pubblicità e il silenzio è stato sempre uno dei più efficaci sistemi di repressione. Di fronte alle at-testazioni di una fiorente comunità sodomita a Chartres nel 1805, si dice che Napoleone abbia invitato a essere clementi perché lo scandalo dei procedimenti legali non farebbe che moltiplicarli.

    Insomma quali che fossero le leggi e per quanto attivi fossero polizia e medici, gli omosessuali vivevano e pra-ticavano più o meno serenamente e sembra che esistessero vere e proprie forme di comunità in tutti i centri abbastanza grandi da consentire l’anonimato. Nella maggior parte delle città europee e americane c’erano posti, o addirittura quar-tieri dove gli omosessuali maschi (più raramente le donne) potevano incontrarsi in relativa sicurezza: tra gli altri, il Central Park a New York, Montmartre a Parigi, Unter den Liden a Berlino, il Retiro a Madrid, le banchine portuali a Barcellona, il Boulevard Ring a Mosca, oltre quindici posti diversi ad Amsterdam e via di seguito.

    Accanto ad episodi di violenta omofobia non sono poche le attestazioni del desiderio di vivere e lasciar vivere, come dimostrano numerosi esempi di vita reale di molti omo-sessuali. Il marchese Adolphe de Custine subisce nel 1824 la violenza dell’ outing , dopo un incontro segreto con un giovane soldato e una successiva aggressione che non è in grado di tenere nascosta, ma riesce poi a vivere abbastanza tranquillamente con i suoi amanti e senza nemmeno più l’incubo di essere scoperto. Joseph Fiévée, agente segreto di Napoleone, vive abbastanza apertamente un suo rapporto trentennale con il commediografo Théodore Leclercq. Tom-maso Sgricci, notorio sodomita, diverte il suo pubblico improvvisando poesie su qualsiasi argomento e con anda-tura affettata, passeggia per la città in cerca di avventura, come fanno le signore di notte, ma in Italia, annota Byron, ridono invece di mettere al rogo. Nella Londra vittoriana femminielli celebri come la Bella Eliza escono ogni sera, relativamente indisturbati, a corteggiare e a scioccare onesti cittadini che spesso sono solo incuriositi e divertiti.

    Anche l’idea secondo cui è nell’Ottocento che la ver-gogna di sé sostituirebbe l’antica paura della legge è messa in discussione da Robb. La situazione reale appare molto più complessa e l’effetto veramente umiliante della medi-calizzazione dell’omosessualità sarebbe stato avvertito, se-condo lo studioso inglese, solo in pieno XX secolo, quando le superstizioni adottate dai medici fanno ritorno tra la gente comune nobilitate da termini tecnici.

    Insomma Robb sembra convinto che un omosessuale del XIX secolo fosse per molti aspetti più sereno e tranquillo di un gay del Novecento. La conclusione appare un po’ estrema, essere omosessuale nell’Ottocento non era certo facile, ma il libro ha il grande merito di darci un quadro molto ricco e colorito di una realtà assai complessa, di mettere in discussione la visione tradizionale degli omosessuali del XIX secolo come di una minoranza inerme e silenziosa abbagliata soltanto dalle torce delle indagini mediche, e soprattutto di riportare alla luce straordinarie storie di uomini e donne reali, altrimenti con-dannati a restare sconosciuti.

    I ragazzi di Lord Byron

    Vincenzo Patané, L’estate di un ghiro.

    Il mito di Lord Byron attraverso la vita,

    i viaggi, gli amori, le opere,

    Cicero,Venezia 2013

    Lord Byron è un personaggio affascinante e molto po-polare, anche tra chi non ha mai letto un suo verso. La sua vita, i suoi viaggi, i suoi amori, le sue opere, sono stati non solo oggetto di studio, ma anche di curiosità e di pet-tegolezzi, e fin dai primi decenni dell’Ottocento, quando era ancora in vita (è morto a 36 anni nel 1824), nasceva il mito di Byron e si parlava già di byronismo per indicare non solo un modo di fare poesia, ma anche un modo di vivere. Egli è stato forse il primo letterato della modernità, prima ancora di Gabriele D’Annunzio e di Oscar Wilde, a costruire il mi-to di se stesso, a fare della sua stessa vita un’opera d’arte.

    Quando si scrive di lui si tende di solito a isolare un aspetto della sua vita e della sua opera: il poeta romantico, il poeta satirico, il dandy raffinato, l’amante instancabile e insaziabile di miriadi di donne che svenivano davanti a lui, l’incestuoso amante della sua sorellastra, il combattente per la libertà dei popoli (è noto il suo impegno nella lotta per l’indipendenza dell’Italia e della Grecia), e si potrebbe continuare ad elencare altre sue originali caratteristiche che scandalizzarono la società in cui visse. Quello che nelle storie letterarie e nei libri scolastici di solito si tace sono i suoi amori maschili, non meno importanti di quelli femminili.

    Vincenzo Patané invece si occupa molto degli amori maschili di Byron, ma non scrive un libro sull’omoses-sualità del poeta, egli ha piuttosto l’ambizione di restituirci un quadro completo e onnicomprensivo di tutto Byron e riesce a farlo con una competenza e una ricchezza di par-ticolari che hanno del prodigioso. Di questo libro, come scrive autorevolmente Masolino D’Amico nell’introduzio-ne, d’ora in poi nessuno che voglia occuparsi di Byron può non tener conto.

    Discendente di una nobile e antica famiglia, Byron occupa nel 1809, a 21 anni, il suo seggio nella camera dei Lords. È un aristocratico, ma spesso esibisce modi da parvenu, si fa fabbricare una carrozza come quella di Napoleone ed esibisce atteggiamenti eroici e teatrali, viag-gia in Italia, in Albania, in Grecia, suscitando ovunque ammirazione, ma anche scandalo e sconcerto. Il suo secolo gli sta stretto, come gli stanno stretti tutti i luoghi dove di-mora. Un capitolo del libro si intitola ‘Lo spartano sibarita’ e l’ossimoro rende bene un io molteplice e mutevole diffi-cile da decifrare in tutta la sua complessità.

    Della sua bisessualità o di una omosessualità vissuta in un periodo di grande repressione che lo portava a fuggire da ogni luogo, si è sempre parlato poco e nei nostri ricordi scolastici, a parte un interminabile elenco di donne, ci sono solo accenni a qualche ‘romantica amicizia maschile’. Inve-ce Byron ha vissuto intensi amori maschili che stanno emergendo con evidenza solo in studi più recenti o in opere narrative come il romanzo di Franco Buffoni, Il servo di Byron del 2012. Anche per questo è importante questo libro che dedica un corposo capitolo ai ‘ragazzi’ di Byron che sono stati numerosi, dai primi compagni di college ai ragazzi veneziani a Lukas Chalandritsanos, il grande amore dei suoi ultimi giorni a Missolungi in Grecia, forse il più tenero in assoluto dei suoi amori. E questo non per fare pettegolezzi sulla vita privata di Byron, ma perché cono-scere questo aspetto della sua vita ci aiuta a capire meglio la sua opera, la sua inquietudine, il suo odio per la Gran Bretagna, la sua ricerca di luoghi come l’Italia o la Grecia dove l’omosessualità era almeno un po’ più ‘tollerata’ e perché ci aiuta a decodificare le strategie che Byron ha dovuto mettere in atto per occultare una parte così rilevante di sé.

    Dando la parola allo stesso Byron di cui si riportano ampi stralci dalle sue opere e dalle sue lettere, Patané scrive anche un libro sull’Ottocento, sul gran tour che gli intel-lettuali del nord Europa facevano nei paesi mediterranei, mossi non solo da interessi artistici, ma anche dalla ricerca di trasgressioni sessuali non permesse in patria, sulle dif-ferenze tra Inghilterra e Italia su cui possiamo leggere acute e moderne osservazioni, su ciò che colpiva un viaggiatore inglese dell’Italia, ma anche della Grecia, dell’Albania, di Costantinopoli, sull’omofobia che caratterizzava tutta l’Eu-ropa dell’Ottocento.

    Visto da alcuni come un pornografo, un corruttore, un depravato, Byron è anche ammirato da molti. Tra i suoi estimatori mi piace riportare questo brano di Christopher Isherwood: "Leggo Byron per evocarlo e stare con lui; essere semplicemente in sua presenza per me è molto più importante di tutto quello che dice. (…) Sono certo che andremmo d’accordo. Sono un buon ascoltatore e saprei come indurlo ad esibire il suo spirito. Lo sottoporrei a una raffica di domande sulle sue dame in modo schietto e moderno, mettendo in chiaro che sono omosessuale. E poi, gradatamente,

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