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Il dolce gioco dell'inganno (eLit)
Il dolce gioco dell'inganno (eLit)
Il dolce gioco dell'inganno (eLit)
E-book172 pagine2 ore

Il dolce gioco dell'inganno (eLit)

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Info su questo ebook

I St George 1
Quando Eva St George viene accusata di non essere altro che una cacciatrice di dote, tutto ciò per cui ha lavorato duramente – ripulire il proprio nome e costruirsi una solida reputazione professionale – viene messo seriamente a repentaglio. L'unica via d'uscita è reggere il gioco di Massimo Vitale, l'uomo che ama fin da quando era una ragazzina, ma anche colui che le ha spezzato il cuore. Anche Massimo ha ovviamente le sue buone ragioni nel sostenere quella finzione, e la linea che separa dovere e piacere diventa nel frattempo sempre più sottile.
LinguaItaliano
Data di uscita3 mag 2021
ISBN9788830528154
Il dolce gioco dell'inganno (eLit)

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    Anteprima del libro

    Il dolce gioco dell'inganno (eLit) - Victoria Parker

    Copertina. «Il dolce gioco dell'inganno» di Parker Victoria

    Immagine di copertina:

    skynesher / E+ / Getty Images

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    A Reputation to Uphold

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2013 Victoria Parker

    Traduzione di Sonia Indinimeo

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3052-815-4

    Frontespizio. «Il dolce gioco dell'inganno» di Parker Victoria

    1

    «Ti prego, non farmi questo, Finn. Non oggi.»

    Cercando di sovrastare il frastuono della festa, Eva St George si premette il cellulare contro un orecchio e si tappò l’altro con la mano. Si augurò che la linea fosse pessima per qualche problema tecnico e non perché suo fratello era ancora in Svizzera.

    «Ma che diavolo...» Si staccò dalla parete tappezzata di preziosa seta orientale e si fece strada tra la calca di donne ingioiellate, con abiti firmati dai più famosi stilisti, e uomini ingessati nei loro eleganti completi su misura. Finalmente scorse l’uscita, una doppia porta intarsiata, degna della più prestigiosa sala da ballo di Londra. «Finn, dammi un minuto.»

    Dal soffitto pendevano nastri di seta rosa, decorati con cuori di cristallo, l’emblema della Breast Cancer United, la fondazione che Eva e Finn sostenevano, in ricordo della madre. Ogni anno, insieme, organizzavano una serata per la raccolta di fondi.

    In quel momento, il fatto che lui non fosse lì era estremamente doloroso.

    Eva spinse la pesante porta di quercia ed entrò nella vasta reception delle Royal Assembly Rooms, traballando sui tacchi a spillo.

    «Va bene. Dimmi. Dove sei?»

    «Guarda, sorellina, mi dispiace davvero tanto. Tutti gli aeroporti sono chiusi. Ho offerto una cifra esorbitante a un mezzo matto per portarmi lì, ma non gli hanno dato il via libera al decollo.»

    Fu pervasa da un dolore lancinante. Si portò una mano alla tempia. «Oh, signore!»

    «Ce la puoi fare, Eva.»

    Lei si guardò intorno e individuò una nicchia sulla parete, poco distante. Si rifugiò nel piccolo spazio, lottando contro il nodo che le stringeva la gola. «Finn, tutti si aspettano di vederci insieme. Come posso...» Non proseguì. Sospirò e strinse le labbra.

    Sapeva benissimo di potercela fare da sola, ma l’idea l’atterriva. Parlare di fronte a centinaia di persone che aspettavano solo di veder crollare la Diva, non era una bella prospettiva. Aveva la sensazione che per sua madre sarebbe stata una delusione e dalla sua morte Eva l’aveva già delusa abbastanza. Ma non voleva che Finn si sentisse in colpa.

    «Non preoccuparti, d’accordo? Posso farcela.»

    «Certo che puoi» la incoraggiò lui con un entusiasmo esagerato, segno che non ne era troppo convinto. «Stiamo parlando della donna che si è appena guadagnata l’ammirazione di Prudence West, futura Duchessa di Wiltshire! Ho saputo che sarai tu a realizzare il suo abito da sposa. Congratulazioni...»

    Eva si massaggiò una tempia aspettando che il suo cervello si sintonizzasse sul nuovo argomento, finché non si accorse di avere le dita sporche di fondotinta. Frugò nella sua borsetta vintage in cerca di un fazzolettino, prima di rovinare completamente il suo abito preferito. «Grazie, Finn. Prudence West è davvero gentile. Adora i miei modelli.»

    «E ci credo! Chiunque con un minimo di buon gusto riconoscerebbe la stella nascente della moda. Westminster Abbey, eh?» Fece una pausa prima di proseguire, con la sua bella voce profonda. «La mia sorellina sotto i riflettori reali. Sono fiero di te.»

    Eva sorrise e pensò, non per la prima volta, che le mancava da morire. Finn era la sola persona sana della famiglia. Be’, sano quanto lo poteva essere un qualunque pilota di Formula 1...

    Abbandonata la ricerca del fazzolettino, Eva tolse la mano dalla borsetta e si appoggiò alla parete ocra. «Capisco quello che stai cercando di fare e ti adoro per questo. Dammi un’abbazia piena di duchesse e le saprò conquistare. Poi mettimi a sedere dietro la mia macchina da cucire e trasformerò in realtà i loro sogni. Ma quando si tratta di questo...» Fece un sospiro sconfortato. «C’è anche papà. Gioca a fare l’avvocato del diavolo, sedando risse tra le sue numerose, e purtroppo tutte presenti, ex mogli. Onestamente, Finn, il nostro fa concorrenza a Enrico VIII! Perché non può avere un po’ più di rispetto, almeno stasera?»

    «Vai a testa alta e cerca di chiudere un occhio.»

    «Facile a dirsi!» A un improvviso brivido di freddo, si strofinò la spalla con la mano libera. «Ho lavorato così tanto per questo, Finn. Se stasera qualcosa dovesse andare storto, la mia faccia sarà sbattuta su tutti i tabloid del paese!»

    «Non andrà storto niente. Ascolta...» Il fatto che suo fratello, nato per vivere sotto pressione, sentisse il bisogno di sospirare rumorosamente prima di proseguire, la mise in allarme. «So quanto significa questa serata per te, così ho mandato...»

    Un gruppo di ospiti passò lì accanto ed Eva si voltò, trovandosi a fronteggiare l’immagine dell’arcangelo Gabriele che copriva tutta la parete della nicchia. Sperò che fosse un buon segno. «Mandato cosa

    «Non ti starà addosso, ma sarà lì se avrai bisogno di lui.»

    Bisogno? Lei non aveva bisogno di nessuno!

    Ehi, aspetta un attimo... lui? Ebbe un brutto presentimento. «Lui? Lui, chi?»

    «Ho chiesto a... Massimo Vitale di venir lì al mio posto.»

    Davanti ai suoi occhi, l’arcangelo Gabriele si trasformò in Lucifero, con tutti gli accessori, corna comprese. Eva esplose come una furia. «Massimo? Non se ne parla! Chiamalo subito e digli di non venire!»

    «Dirgli di non venire?» Un suono cupo riverberò lungo la linea del telefono. «Nonostante la sua decantata sete di sangue, non è un Rottweiler, Eva.»

    «Oh, sì che lo è!» La sua voce si abbassò di pari passo con l’innalzamento del suo livello di ormoni che le scatenò nelle vene un allarmante flusso caldo. «È... è un verme! Un arrogante! Un bruto!»

    «Ehi, è un bravo ragazzo. Gli affiderei la mia vita. So che non mi deluderà.» Era esattamente ciò che Eva temeva. «Nella sua posizione, Massimo non può certo andare in giro a fare le fusa come un gattino! Tu non lo conosci, Eva.» Lo conosceva abbastanza, ma non aveva nessuna intenzione di dirlo al fratello. Le avrebbe chiesto perché e lei sarebbe stata nei guai.

    Sentì l’aria bruciarle nei polmoni. Il seno le si alzava e abbassava velocemente.

    «Pensavo che fosse a Singapore per l’inaugurazione del suo preziosissimo grande magazzino. Non che non ne avesse già abbastanza...» Un altro lato positivo di Finn era che la teneva sempre aggiornata in tempo reale su Massimo Vitale, senza che lei dovesse fargli delle domande.

    Era felice di sapere quando l’uomo onorava Londra della sua presenza, così poteva correre a nascondersi come una ragazzina impaurita. Ridicolo! Sperò che Finn ricominciasse a parlare prima di farsi trascinare nel gorgo di quei pensieri.

    «È... tor... ato per...» Un lungo sibilo. La voce andava e veniva. «Io gl... par... ato...»

    «Finn! Ci sei?» Oh, santo cielo! «Ti ammazzerò, Finn, mi senti? Non ti perdonerò mai per questo!» Una bugia tremenda. Gli avrebbe perdonato qualunque cosa. Ma... Massimo? I suoi nervi erano tesissimi.

    La linea, a quel punto, cadde. Finn aveva gettato benzina sul fuoco senza nemmeno saperlo.

    Inspira, Eva, espira...

    Restò ferma e raddrizzò la schiena. Ripigliati! Ricordati perché sei qui.

    Era in grado di fare il suo discorso annuale! Finn non sarebbe stato al suo fianco... e allora? Era una donna cresciuta che stava costruendo il proprio successo. Aveva appena firmato il suo contratto più importante e non avrebbe permesso a quel beone di suo padre, alle sue ex mogli e tanto meno a Massimo Vitale, di assistere a un suo passo falso.

    Le ci erano voluti anni per uscire dall’inferno, dopo la morte di sua madre. L’ossessiva pressione dei media si era allentata, dopo che per tanto tempo la sua immagine era apparsa sulle copertine dei tabloid che facevano a pezzi la sua reputazione. Non aveva nessuna intenzione di tornare ad apparire, a meno che non si trattasse di elogiare la sua collezione e provare al mondo che lei era qualcosa di più della figlia di una nota stilista e di una popstar degli anni Ottanta.

    Eva ritornò nella sala da ballo a testa alta. Nell’aria si mescolavano dotte conversazioni e stupide risatine dei presenti.

    Ignorò il gesto di suo padre che cercava di attirare la sua attenzione e si diresse al lungo bancone di mogano del bar, afferrandosi al corrimano d’ottone.

    Sorridendo al barista, ordinò il solito. «Acqua minerale frizzante, per favore.»

    Poteva farcela. Senza alcun dubbio.

    E poi lo sentì. Un delizioso profumo di muschio che avvolse il suo corpo come cashmere e risvegliò i suoi sensi sopiti.

    Provò un senso di vertigine da tempo dimenticato, quando la bassa cantilena italiana risuonò nelle sue orecchie.

    «Farai la brava, stasera, Eva?»

    Milioni di spilli le penetrarono nella pelle. Le ci volle uno sforzo davvero immane per restare in piedi, tenere la testa alta e respirare quel tanto di ossigeno per non svenire.

    «È per una buona causa, Massimo» disse, fiera del tono calmo e controllato della sua voce, determinata a combattere il fuoco col fuoco. Accentuò il sorriso, poi girò sui tacchi per affrontarlo. E capì che non le sarebbe bastata la forza di Ercole.

    L’aria le si fermò in gola quando incontrò gli occhi color ambra, irrequieti e intelligenti, su un viso che si poteva definire la quintessenza della mascolinità italiana. Pelle dorata e una massa di capelli castani pettinati dietro le orecchie, ma che ricadevano ribelli sulla fronte.

    Eva armeggiò con la chiusura della sua borsa, per evitare di continuare a fissare la curva sensuale e cinica della bocca di lui. Una bocca che aveva desiderato baciare per tutta la sua adolescenza.

    C’era qualcosa di letale nella sua bellezza, pensò, osservando le spalle larghe avvolte nello smoking perfetto, che stranamente conferiva una nota selvaggia alla sua figura sofisticata. Eva si inumidì le labbra secche. «Ma che bella sorpresa!»

    «Ne dubito» commentò lui con tono acido, fissandola in viso.

    All’idea che le potesse leggere dentro, il sangue le si raggelò nelle vene. Irritata, ricordò a se stessa che si era liberata di quell’uomo da anni, ormai.

    A onor del vero, era perfettamente normale trovare ancora devastante il suo magnetismo. In quel momento ogni donna nella sala sembrava in preda alla sindrome di Stendhal, fissandolo come un frutto proibito e invidiandola a morte.

    Era sciocco da parte loro, perché Massimo non aveva più alcun potere su di lei. Un tempo, quando era una ragazzina vulnerabile e innocente, lui l’aveva respinta, ma ora conosceva la differenza tra amore e passione. E non voleva né una cosa né l’altra. Da Massimo o da qualunque altro uomo.

    Prese il bicchiere ghiacciato e fece un cenno a un vecchio conoscente, che l’aveva salutata a distanza.

    «Senti, io non so cosa ti abbia detto Finn, ma non ho bisogno di qualcuno che mi tenga la manina per parlare a un gruppo di amici. Sono cresciuta. Io ti consiglio di tornare a casa dalla tua attuale amante, ai tuoi affari o a quello che vuoi.»

    Famoso per la sua vivace mente commerciale, la sua maestria in campo finanziario e il suo innato talento a letto, Massimo Vitale era il sogno di una notte. A eccezione di sua moglie Natalia. Se ricordava bene, quello era stato un sogno di due mesi. Più o meno quanto duravano i vari esperimenti matrimoniali di suo padre.

    Eppure, lei era stata talmente abbagliata da lui che si sarebbe accontentata di una sola notte. Ma le sue preferenze in fatto di donne andavano alle brune focose, dagli occhi scuri e dai generosi corpi abbronzati.

    Non c’era da sorprendersi che a lei non avesse rivolto un secondo sguardo. Fino a che non gli si era letteralmente gettata tra le braccia. E anche allora...

    Il ricordo di quella mortale umiliazione la fece arrossire. «Ora scusami, devo fare gli onori di casa.» Aveva fatto solo due passi quando un braccio d’acciaio l’afferrò per la vita, riportandola accanto al bancone.

    Eva rabbrividì. Una violenta vampata di calore l’avvolse quando vide una ciocca dei suoi capelli dorati ricadergli su un occhio, mentre le intimava con lo sguardo resta dove sei!

    «Non credi che questo vestito sia un po’ troppo osé?» le chiese

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