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Come il mare
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E-book621 pagine12 ore

Come il mare

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Info su questo ebook

Una tempesta spaventosa, una nave in avaria, un disastro annunciato.
L’eroismo di un uomo basterà a salvare la vita di seicento persone?
Il romanzo che ha decretato il successo di Wilbur Smith, in una nuova traduzione.


Nick Berg ha perso tutto – la moglie, il figlio, la compagnia di navigazione a cui ha dedicato la vita e tutto per colpa di Duncan Alexander. La sua unica speranza è il Warlock, e quando assume il comando di quel rimorchiatore sa di avere di fronte una sfida che non può permettersi di perdere.
Poi, durante la prima traversata, arriva una richiesta di soccorso, e proprio da una nave che un tempo gli apparteneva: la Golden Adventurer, in crociera tra i ghiacci dell’Antartide, imbarca acqua e sta per essere investita da una delle più violente tempeste di cui si abbia memoria.
Per Nick è l’occasione di prendersi la rivincita e rimettersi in piedi. Poi però scopre che Alexander non ha intenzione di dargliela vinta, e per distruggerlo è disposto persino a compromettere il futuro della compagnia. E se andassero a buon fine, i suoi piani avrebbero un effetto catastrofico sull’ambiente marino degli oceani, e sulla vita di tutti coloro che Nick ama.

LinguaItaliano
Data di uscita28 gen 2021
ISBN9788830524231
Come il mare
Autore

Wilbur Smith

Considerato l’indiscusso maestro dell’avventura, è nato nel 1933 in Africa centrale e si è spento il 13 novembre 2021. Ha pubblicato più di quaranta titoli, tradotti in ventisei lingue, fra cui il ciclo ambientato nell'Antico Egitto e le celebri serie dedicate ai Courtney, ai Ballantyne e a Hector Cross. Nel 2015 ha fondato la Wilbur & Niso Smith Foundation, che promuove la cultura e la narrativa d'avventura. Fiore all'occhiello della fondazione è il prestigioso Wilbur Smith Adventure Writing Prize.

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    Anteprima del libro

    Come il mare - Wilbur Smith

    Nicholas Berg scese dal taxi e si fermò sul molo illuminato per guardare il Warlock. La marea era alta e lo scafo svettava sopra la banchina di pietra, tanto che nemmeno le gru torreggianti riuscivano a farlo sembrare più piccolo.

    Nonostante lo sfinimento che gli offuscava la mente e gli torturava i muscoli fino a farli dolere, guardandolo Nicholas provò un moto dell’antico orgoglio, un’eco del passato senso di conquista. Sembrava una nave da guerra, slanciata e letale, con l’alto arco della prua e le linee solide che le permettevano di sfidare qualsiasi condizione del mare.

    Le sovrastrutture erano di acciaio sagomato e lucente vetro blindato, dietro il quale le luci ardevano a piena potenza. Le ali del ponte di comando si piegavano all’indietro con eleganza ed erano coperte, per proteggere gli uomini che dovevano manovrarlo anche nelle condizioni atmosferiche e marittime più spaventose.

    Al di sopra dell’ampio ponte di poppa c’era la seconda sala comandi, dalla quale un marinaio esperto poteva manovrare i grandi argani e i tamburi avvolgicavo, controllare con precisione i movimenti dei passacavi ad azionamento idraulico e soccorrere una piattaforma di trivellazione in difficoltà o un transatlantico in avaria, sia nel mezzo di una tempesta e nella bonaccia più immobile.

    Al di sopra di tutto il resto, la sagoma delle torrette gemelle che si stagliava contro il cielo notturno sostituiva quella della tozza ciminiera dei rimorchiatori più antiquati, e l’illusione di vedere una nave da guerra era rafforzata dalla presenza dei cannoni sui ponti superiori, dai quali il Warlock poteva sputare millecinquecento tonnellate d’acqua di mare all’ora su una nave incendiata. Dalle torri era possibile lanciare le scalette d’imbarco per consentire all’equipaggio di raggiungere lo scafo da salvare e fra le due era dipinto il bersaglio circolare che segnalava il piccolo eliporto. Tutto, dallo scafo ai ponti superiori, era ignifugo, in modo da resistere all’inferno del petrolio in fiamme fuoriuscito dalla falla di una petroliera o all’incendio chimico di una portarinfuse.

    Nicholas Berg sentì scivolare via una parte dello scoraggiamento e dello sfinimento che aveva addosso, anche se avviandosi verso la passerella si accorse di avere ancora dolori in tutto il corpo e le gambe irrigidite come un vecchio.

    Al diavolo tutti quanti, pensò. L’ho costruito io ed è forte e potente.

    Anche se mancava un’ora a mezzanotte l’equipaggio del Warlock lo osservava da ogni angolo possibile, perfino gli addetti alla lubrificazione erano risaliti dalla sala macchine quando avevano sentito la notizia e ora si aggiravano sul ponte di poppa cercando di non dare troppo nell’occhio.

    David Allen, il primo ufficiale, aveva piazzato un mozzo ai cancelli principali del porto, con una fotografia di Nicholas Berg e una moneta da cinque centesimi per la cabina telefonica accanto all’ingresso, e ormai tutta la nave era in allerta.

    David Allen aspettava con il capo ingegnere nella zona vetrata del ponte di comando principale. Osservarono la figura solitaria che procedeva fra le ombre del ponte, con la valigia in mano.

    «Quindi è lui.» La voce di David era roca per la soggezione e il rispetto. Sotto la zazzera di capelli schiariti dal sole sembrava uno scolaretto.

    «È una maledetta star.» Vinny Baker, il capo ingegnere, si tirò su i pantaloni cascanti. Gli sfuggì una risata secca che gli fece scivolare gli occhiali sul lungo naso sottile. «Una maledetta star.» Ripeté quel temine in tono di sommo disprezzo.

    «Ha fatto da secondo a Jules Levoisin» ribatté David, con lo stesso tono di reverenza nel pronunciare quel nome, «è un veterano dei rimorchiatori.»

    «Ormai sono passati quindici anni.» Vinny Baker si sistemò gli occhiali sul naso lasciando la presa sui pantaloni, che subito cominciarono a scivolare giù, lentamente ma inesorabilmente. «Da allora è diventato un maledetto VIP… e un armatore.»

    «Sì» concordò David Allen, e il suo viso infantile si offuscò un po’ all’idea di quei due animali mitologici, il comandante e l’armatore, combinati in un’unica mostruosa creatura. Creatura che stava per salire sulla passerella del Warlock.

    «Ti conviene scendere a baciarlo dove non batte il sole» borbottò quieto Vinny, poi si allontanò. Due piani più sotto c’era la sala di controllo, il suo rifugio, dove né comandanti né armatori potevano toccarlo, ed era lì che si stava dirigendo.

    Quando arrivò alla porta d’ingresso David Allen aveva le guance in fiamme ed era senza fiato. Il nuovo comandante era a metà passerella: salendo a bordo sollevò la testa e guardò il primo ufficiale dritto negli occhi.

    Nicholas Berg superava di poco la media, ma dava l’impressione di essere molto più alto e le spalle sotto il cachemire blu della giacca erano ampie e possenti. La testa era scoperta: i capelli erano scuri e folti, pettinati all’indietro a scoprire una fronte larga e senza rughe. Aveva il naso grande e i lineamenti affilati, la mascella pronunciata e ombreggiata da un po’ di barba, gli occhi infossati e sottolineati da chiazze livide color prugna.

    Ma fu il pallore dell’uomo a colpire maggiormente David Allen. Il viso era esangue, come se fosse stato prosciugato dalla giugulare. Era il segno di una malattia mortale o di uno sfinimento estremo, reso più drammatico dalle orbite scure. Non era quello che David si era aspettato dal leggendario Golden Prince, il principe d’oro della Christy Marine. Non era la faccia che aveva visto tante volte sui giornali e le riviste di tutto il mondo. Ammutolì per la sorpresa e l’uomo si fermò, abbassando gli occhi su di lui.

    «Allen?» chiese piano Nicholas Berg. La voce era bassa e monotona, priva di accento, ma il timbro e la risonanza erano notevoli.

    «Sissignore. Benvenuto a bordo, signore.»

    Quando Nicholas Berg sorrise, dalla fronte e dagli angoli della bocca svanirono le ombre della malattia e della stanchezza. La mano era liscia e fresca ma la stretta vigorosa, tanto che David trasalì.

    «Le mostro i suoi alloggi, signore.» David gli prese la valigia Louis Vuitton.

    «Conosco la strada» rispose Nicholas Berg. «Ho progettato io questa nave.»

    Si fermò al centro dello studio del comandante e sentì il ponte inclinarsi sotto i piedi, anche se il Warlock era ormeggiato al molo di pietra. Sentì tremare i muscoli delle cosce.

    «Al funerale è andato tutto bene?» chiese Nick.

    «È stato cremato, signore» rispose David. «Era la sua volontà. Ho organizzato il trasferimento delle ceneri a casa, da Mary. Mary è sua moglie, signore» aggiunse in fretta.

    «Sì» disse Nick Berg. «Lo so. L’ho vista prima di lasciare Londra. Io e Mac un tempo lavoravamo sulla stessa nave.»

    «Me lo aveva detto. Gli piaceva vantarsene.»

    «Avete portato via tutta la sua roba?» chiese Nick guardandosi intorno.

    «Sissignore, abbiamo preso tutto. Non c’è più niente di suo qui.»

    «Era un brav’uomo.» Nick barcollò ancora e gettò uno sguardo al divano con desiderio, ma poi andò alla porta e guardò verso il ponte. «Come è successo?»

    «Il mio rapporto…»

    «Me lo racconti!» ordinò Nicholas Berg, la voce come uno schiocco di frusta.

    «Il cavo da rimorchio si è spezzato, signore. Era sul ponte di poppa. Gli ha staccato la testa come una frusta.»

    Nick restò in silenzio per un momento a riflettere su quella scarna descrizione della tragedia. Gli era già capitato un’altra volta di vedere spezzarsi un cavo da rimorchio sotto sforzo. In quell’occasione aveva ucciso tre uomini.

    «Va bene.» Nick esitò leggermente. La fatica lo aveva rallentato e rammollito, tanto che per un attimo era stato sul punto di spiegare perché fosse venuto di persona a prendere il comando del Warlock invece di assumere qualcun altro per sostituire Mac.

    Forse sarebbe stato d’aiuto avere qualcuno con cui parlare in quel momento, quando era in ginocchio, distrutto, sconfitto e sfinito fino in fondo all’anima. Vacillò di nuovo, poi si riprese e scacciò la tentazione. In vita sua non aveva mai piagnucolato per farsi compatire.

    «Va bene» ripeté. «La prego di scusarmi con gli ufficiali. Non ho dormito molto nelle ultime due settimane e il volo da Heathrow è stato mortale, come sempre. Li vedrò domattina. Chieda al cuoco di mandarmi un vassoio con la cena.»

    Il cuoco era un uomo enorme che si muoveva come un ballerino, con un candido grembiule e un cappello da chef piuttosto teatrale. Nick Berg lo fissò mentre posava il vassoio sul tavolo accanto a lui. I capelli erano lucidi e accuratamente pettinati in un caschetto che gli ricadeva sulla spalla destra, ma a sinistra erano tirati indietro a scoprire la guancia e un piccolo diamante all’orecchio.

    Sollevò il tovagliolo che copriva il vassoio con una mano pelosa da gorilla, ma la voce era acuta come quella di una ragazza e le ciglia, morbide e scure, si incurvavano ombreggiandogli le guance.

    «Ecco una bella ciotola di zuppa e un pot-au-feu. È una delle mie piccole specialità. La adorerà» disse, facendo un passo indietro. Squadrò Nick Berg con le manone appoggiate sui fianchi. «Ma le ho dato un’occhiata mentre saliva a bordo e ho capito subito di cosa aveva davvero bisogno.» Con un gesto da prestigiatore fece apparire una mezza bottiglia di Pinch Haig dalle profondità della tasca del grembiule. «Prenda un po’ di questo con la cena e poi subito a letto, povero caro.»

    Nessun uomo aveva mai chiamato Nick caro prima di allora, ma aveva la lingua troppo gonfia e intorpidita per ribattere. Restò a fissare il cuoco che spariva con uno svolazzo del grembiule candido e uno scintillio del diamante, poi fece un debole sorriso e scosse la testa, soppesando la bottiglia di whisky.

    «Ne avevo proprio bisogno, maledizione» borbottò, e andò a cercare un bicchiere. Lo riempì per metà e tornò verso il divano sorseggiandolo. Sollevò il coperchio della zuppiera e il vapore profumato gli fece venire l’acquolina in bocca.

    Il pasto caldo e il whisky nello stomaco assorbirono le sue ultime forze e Nicholas Berg si tolse le scarpe scalciandole mentre barcollava verso la cabina.

    Si svegliò furioso. Erano due settimane che non si arrabbiava, e questo dava la misura del suo abbattimento.

    Quando si fece la barba, però, nello specchio c’era ancora il volto di un estraneo, troppo pallido, scavato e rigido. Le rughe ai lati della bocca erano troppo profonde e quando i primi raggi di sole entrati dall’oblò gli colpirono i capelli scuri alla tempia notò uno scintillio freddo e si sporse in avanti per guardare meglio. Era la prima volta che vedeva i capelli argentei; forse non aveva mai controllato bene o forse erano una novità.

    Quaranta, pensò. A giugno compirò quarant’anni.

    Era sempre stato convinto che chi non cavalcava la grande onda prima dei quaranta fosse condannato a non riuscirci mai più. Ma quali erano le regole per un uomo che l’aveva trovata prima dei trenta, aveva raggiunto la cresta e la massima velocità e poi l’aveva persa prima dei quaranta ed era precipitato di nuovo fino al punto più basso, in un ribollire di schiuma bianca? Anche lui era condannato? Nick si guardò nello specchio e sentì la rabbia cambiare forma, diventare determinata e funzionale.

    Entrò nella doccia e si lasciò pungere dagli aghi di acqua bollente. Per la prima volta da settimane, sotto gli strati di stanchezza e delusione percepiva la forza profonda della quale aveva cominciato a dubitare. La sentì tornare in superficie e di nuovo pensò alla straordinaria creatura marina che era, a cui bastavano il ponte di una nave sotto i piedi e l’odore del mare nella gola.

    Uscì dalla doccia e si asciugò in fretta. Quello era il posto giusto per lui: il posto dove riprendersi. Si rese conto che la decisione di non assumere un sostituto per Mac era stata un istinto viscerale. Aveva bisogno di essere lì.

    Aveva sempre saputo che per cavalcare la grande onda bisognava prima stare nel punto in cui cominciava a gonfiarsi. Per riconoscere quel punto ci voleva una consapevolezza istintiva, e Nick Berg sapeva nel profondo del suo essere che quello adesso era il suo posto e con le forze sentì tornare anche l’antico brivido che diceva Gliela farò vedere a quel bastardo chi è il vero sconfitto. Si vestì in fretta e usando il passaggio privato del comandante raggiunse il ponte superiore.

    Subito il vento lo aggredì e gli soffiò in faccia i capelli umidi. Spirava a forza cinque da sudest e imperversava sull’imponente montagna dalla cima piatta che incombeva sulla città e sul porto. Nick alzò gli occhi per guardarla e vide la densa nuvola bianca chiamata tovaglia che si riversava verso il basso e vorticava lungo le pareti di roccia grigia.

    «Il capo delle tempeste» borbottò. Perfino l’acqua protetta del molo ondeggiava e si increspava di bianco, disperdendo schizzi di schiuma come riccioli di fumo.

    La punta dell’Africa si spinge a sud in uno dei mari più pericolosi di tutto il pianeta. Qui, due oceani si mescolano impetuosi davanti alle scogliere di punta del Capo di Buona Speranza e poi vanno ad agitare le acque poco profonde del banco di Agulhas.

    In quel luogo il vento si scontra con la corrente in un eterno conflitto. È lì che può formarsi l’onda anomala, quella che i marinai chiamano dei cento anni, perché statisticamente è quello l’intervallo di tempo in cui si presenta.

    Ma è sempre in agguato, al largo del banco di Agulhas, e aspetta solo la giusta combinazione di vento e corrente, la giusta sequenza di onde di risacca per impennarsi con la sua cresta alta cento piedi e ripida come le scogliere grigie del monte Table.

    Nick aveva letto i racconti dei marinai sopravvissuti a quell’onda: non trovando le parole, avevano scritto soltanto di un’enorme voragine aperta nel mare, capace di inghiottire una nave intera. Quando la voragine si richiudeva, la forza dirompente dell’acqua seppelliva l’imbarcazione senza speranza. Forse la Waratah Castle era precipitata in quella voragine. Nessuno lo sapeva: una grande nave da novemila tonnellate con un equipaggio di duecentoundici uomini era svanita in quelle acque senza lasciare traccia.

    Eppure da lì passava una delle rotte più trafficate del mondo: una processione di enormi petroliere si trascinava pesantemente intorno alle rocce del Capo di Buona Speranza nell’infinita spola fra il mondo occidentale e il petrolio del Golfo Persico. Nonostante la stazza, quei colossi erano forse fra i mezzi più vulnerabili mai progettati dall’uomo.

    Nick si voltò per osservarne una sulle acque agitate dal vento del molo Duncan. Ne lesse il nome sulla poppa imponente, che si ergeva come un condominio di quattro piani. Era di proprietà della Shell Oil, duecentocinquantamila tonnellate di massa a vuoto e, senza carico, era visibile una buona parte della carena rossiccia di ruggine. Era in attesa di riparazioni e nella rada della baia di Table altri due mostri aspettavano pazienti il loro turno ospedaliero.

    Così grande, pesante e vulnerabile, nonché preziosa. Nick si leccò le labbra involontariamente: fra lo scafo e il carico arrivava a trenta milioni di dollari, ammassati come una montagna.

    Per questo aveva portato il Warlock a Cape Town, sulla punta estrema dell’Africa. Si sentì invadere da un’ondata di energia ed eccitazione.

    E va bene, aveva perso l’onda. Non volava più sulla cresta. Si trovava in basso, sommerso dalla schiuma. Ma sentiva la testa riaffiorare dall’acqua ed era ancora in lizza. Sapeva che sarebbe arrivata un’altra grande onda. Cominciava appena a sollevarsi e lui sapeva di avere ancora la forza di agganciarla, risalirla e rientrare in corsa.

    «L’ho già fatto una volta e lo rifarò, dannazione» disse ad alta voce, poi scese a fare colazione.

    Entrò nella mensa e per un lungo momento nessuno si rese conto del suo arrivo. Erano tutti assorbiti da un chiacchiericcio di commenti e supposizioni.

    Il capo ingegnere aveva una vecchia copia del Lloyd’s List, con la prima pagina in evidenza, e la teneva sollevata sopra un piatto di uova, leggendo ad alta voce. Nicholas si chiese dove avesse trovato quel reperto archeologico.

    Gli occhiali dell’ingegnere erano scivolati fino alla punta del naso e per vederci bene l’uomo doveva inclinare la testa all’indietro. L’accento australiano era molto marcato.

    «In una dichiarazione congiunta il nuovo presidente e i membri del consiglio entrante hanno ringraziato Nicholas Berg per i quindici anni di leale servizio prestati alla Christy Marine.»

    I cinque ufficiali ascoltavano avidamente, trascurando la colazione. Poi David Allen alzò gli occhi e vide la sagoma all’ingresso.

    «Buongiorno comandante» gridò balzando in piedi. Con l’altra mano strappò il giornale dalle mani di Vinny Baker e lo accartocciò sotto il tavolo.

    «Signore, vorrei presentarle gli ufficiali del Warlock

    I più giovani, imbarazzati, si affrettarono a stringergli la mano e poi si dedicarono muti alla colazione ormai fredda, con un impegno che precludeva ogni conversazione. Nel silenzio pesante Nick Berg prese posto a capotavola e David Allen tornò a sedersi sui fogli spiegazzati.

    Lo steward offrì il menu al nuovo comandante e tornò quasi subito con un piatto di frutta cotta.

    «Avevo ordinato un uovo sodo» disse Nick in tono mite, e dalla cambusa emerse un’apparizione candida, il cappello da cuoco inclinato con stile.

    «La maledizione del marinaio è la stitichezza, comandante. Io mi prendo cura dei miei ufficiali: quella frutta è deliziosa e le farà bene. Adesso le preparo le uova, caro, ma prima mangi la frutta, da bravo.» Il diamante scintillò di nuovo mentre il cuoco spariva.

    Nick era ancora immobile, nel silenzio carico di sbalordimento.

    «È un cuoco fantastico» azzardò David Allen, la pelle chiara arrossata e il Lloyd’s List che gli scrocchiava sotto il sedere. «Angel potrebbe trovare lavoro su qualsiasi nave da crociera.»

    «Se dovesse mai lasciare il Warlock, metà dell’equipaggio lo seguirebbe» ruggì cupo il capo ingegnere, tirandosi su i pantaloni sotto il tavolo. «Me compreso.»

    Nick Berg girò educatamente la testa per seguire la conversazione.

    «È quasi un dottore» proseguì David Allen, rivolto al capo ingegnere.

    «Cinque anni alla Edinburgh Medical School» confermò solennemente l’ingegnere.

    «Vi ricordate come ha sistemato la gamba del secondo ufficiale? È utile avere un medico a bordo.»

    Nick prese il cucchiaio e avvicinò un po’ di frutta alla bocca con aria dubbiosa. Tutti gli ufficiali lo osservarono attentamente mentre masticava. Nick prese un’altra cucchiaiata.

    «Dovrebbe assaggiare le sue marmellate, signore.» Finalmente David Allen si rivolse direttamente a Nick. «Sono da Cordon Bleu, senza dubbio.»

    «Grazie per il consiglio, signori» rispose Nick. Non sorrise, ma strinse leggermente gli occhi. «Ma qualcuno dovrà comunicare a Angel che se mi chiama di nuovo caro gli schiaccerò quel ridicolo cappello fino alle orecchie.»

    Durante la risata di sollievo che seguì, Nick si rivolse a David Allen, facendolo di nuovo arrossire: «Mi pare che abbia finito con quella vecchia copia del List, Numero Uno. Le spiace se gli do un’occhiata?».

    David, riluttante, si sollevò e tirò fuori il quotidiano. Calò un altro silenzio carico di tensione mentre Nick riordinava le pagine spiegazzate e studiava i vecchi titoli senza apparente emozione.

    DEPOSTO IL GOLDEN PRINCE DELLA CHRISTY MARINE

    Nicholas odiava quel nomignolo. Il vecchio Arthur Christy aveva la mania di anteporre al nome di tutte le sue navi l’aggettivo golden e dodici anni prima, quando Nick aveva ottenuto con incredibile rapidità il ruolo di direttore delle operazioni alla Christy Marine, qualche spiritoso gli aveva appiccicato quell’etichetta.

    ALEXANDER PRESIEDERÀ IL CONSIGLIO D’AMMINISTRAZIONE DELLA CHRISTY

    Nicholas fu stupito dalla violenza dell’odio che provava per quell’uomo. Avevano lottato come due leoni per il dominio del branco e le tattiche di Duncan Alexander gli avevano assicurato la vittoria. Arthur Christy una volta aveva detto: «Ormai non importa più a nessuno se sia giusto o morale, quello che conta è se funzionerà e se riuscirai a cavartela». Per Duncan aveva funzionato, e se l’era cavata alla stragrande.

    Come direttore generale responsabile delle operazioni, Nicholas Berg ha contribuito alla crescita della Christy Marine trasformandola da piccola società di trasporto e salvataggio in una delle cinque maggiori compagnie di navigazione del mondo.

    Dopo la morte di Arthur Christy nel 1968, Nicholas Berg lo aveva sostituito come presidente e aveva continuato a gestire l’incredibile espansione aziendale.

    Al momento la Christy Marine ha undici portarinfuse e petroliere in servizio che superano le duecentocinquantamila tonnellate di massa a vuoto e sta costruendo la gigantesca superpetroliera Golden Dawn da un milione di tonnellate. Sarà il natante più grande mai varato.

    Ecco il lavoro di tutta una vita descritto nel modo più scarno possibile. Una nave da oltre un miliardo di dollari, progettata, finanziata e costruita quasi interamente dall’energia, dall’entusiasmo e dalla fede di Nicholas Berg.

    Nicholas Berg aveva sposato Chantelle Christy, l’unica figlia di Arthur Christy. Il matrimonio però si è concluso con un divorzio nel settembre dell’anno scorso e l’ex signora Berg ha in seguito sposato Duncan Alexander, il nuovo presidente della Christy Marine.

    Sentì di nuovo un’ondata di nausea e rivide l’immagine della donna. Non voleva pensare a lei, ma non poté scacciarla. Era bella e brillante come una fiamma, e come una fiamma non si poteva trattenere. Quando se ne era andata aveva portato via tutto. Tutto quanto. Avrebbe dovuto odiare anche lei, davvero. Gli aveva strappato tutto, si ripeté, la compagnia, il lavoro di una vita e il figlio. Quando pensava al bambino riusciva quasi a odiarla. I fogli stampati gli tremarono in mano.

    Si ricordò che cinque uomini lo stavano osservando e si rese conto senza stupirsi che il suo viso non aveva mostrato il minimo cenno di emozione. Dopo aver dominato per quindici anni uno dei giochi d’azzardo più grandi del pianeta, l’imperscrutabilità era il requisito minimo.

    In una dichiarazione congiunta il nuovo presidente e i membri del consiglio entrante hanno reso omaggio…

    Duncan Alexander aveva reso quell’omaggio per un solo motivo, pensò Nick cupamente: voleva le sue centomila azioni della Christy Marine. Non erano certo un pacchetto di maggioranza, Chantelle ne possedeva un milione, e un altro milione faceva capo al Christy Trust, ma per quanto insignificante la quota di Nick gli dava voce in capitolo e accesso agli affari della compagnia. Nick aveva comprato di tasca propria ognuna di quelle azioni. Nessuno gli aveva mai regalato nulla, nella vita. Aveva riscattato tutte le stock option del suo contratto, le aveva scambiate con bonus e stipendi e alla fine quelle centomila azioni avevano raggiunto il valore di tre milioni di dollari, un misero compenso per il lavoro che aveva portato a padre e figlia Christy una fortuna di sessanta milioni.

    Duncan Alexander ci aveva messo quasi un anno a impossessarsi di quelle azioni. Lui e Nicholas avevano contrattato con ferocia. Si erano odiati fin dal primo momento in cui Duncan aveva messo piede al quartier generale della Christy in Leadenhall Street. Era il nuovo Wunderkind del vecchio Arthur Christy, il genio della finanza fresco dei trionfi da financial controller della International Electronics, e l’odio fra loro era stato istantaneo, profondo e reciproco, una reazione chimica violenta e incendiaria.

    Alla fine Duncan Alexander aveva vinto, aveva vinto tutto tranne le azioni, e per ottenerle aveva negoziato con prepotenza. Aveva usato pazienza e abilità, sfiancando la sua vittima nel corso di lunghi mesi, usando tutte le riserve della Christy Marine per bloccare e ostacolare Nicholas, spingendolo sempre più indietro, passo dopo passo, portandolo allo stremo delle forze, finché era stato costretto a chinare la testa e accettare un prezzo pericoloso per quelle azioni. In qualità di pagamento aveva accettato una sussidiaria della Christy Marine, la Christy Towage and Salvage, con tutti i beni e tutti i debiti. Nick si era sentito come un pugile massacrato per quindici round, ormai disperatamente aggrappato alle corde, con le gambe che non rispondevano più, accecato dal sudore, dal sangue e dal gonfiore al viso, tanto da non poter vedere da dove sarebbe arrivato il colpo successivo. Ma era riuscito a resistere abbastanza a lungo. Aveva ottenuto la Christy Towage and Salvage: ciò che si era portato via era interamente suo.

    Nicholas Berg abbassò il giornale e subito gli ufficiali si buttarono voracemente sulla colazione, sbattendo le posate.

    «Manca un ufficiale» disse.

    «È solo il Trog, signore» gli spiegò David Allen.

    «Il Trog?»

    «Il marconista, signore. Speirs, signore. Lo chiamiamo il Troglodita.»

    «Vorrei che tutti gli ufficiali fossero presenti.»

    «Non esce mai dal suo antro» intervenne Vinny Baker, sollecito.

    «Va bene.» Nick annuì. «Parlerò con lui più tardi.»

    I cinque giovani aspettavano con impazienza le sue direttive, perfino Vin Baker non riusciva a nascondere del tutto l’interesse dietro le lenti sporche degli occhiali e la finta strafottenza australiana.

    «Voglio spiegarvi i cambiamenti in atto. Il capo ingegnere vi ha gentilmente letto questo articolo, presumibilmente a beneficio di coloro che non avevano potuto farlo di persona un anno fa.»

    Nessuno fiatò, ma Vin Baker cominciò a giocherellare con il cucchiaio del porridge.

    «Quindi sapete che non ho più legami di alcun tipo con la Christy Marine. Ho acquistato la Christy Towage and Salvage, che diventa una compagnia del tutto indipendente. Il nome cambierà.» Nicholas aveva resistito alla tentazione di chiamarla Berg Towage and Salvage. «Si chiamerà Ocean Towage and Salvage.»

    L’aveva pagata a caro prezzo, forse troppo. Aveva ceduto azioni Christy del valore di tre milioni di dollari per Dio sapeva cosa. Ma era sfinito.

    «Abbiamo due navi. Il Golden Warlock e un altro rimorchiatore identico che è quasi pronto al varo, il Golden Witch

    Conosceva esattamente l’entità del debito della compagnia su quelle navi, aveva sudato sui documenti per lunghe nottate insonni. Sulla carta il valore dell’azienda era di circa quattro milioni di dollari, quindi in teoria aveva ottenuto un profitto di un milione di dollari dalla negoziazione con Duncan Alexander. Si trattava però soltanto di cifre teoriche: la compagnia era indebitata per quasi altri quattro milioni. Se avesse mancato di pagare gli interessi su quei debiti anche soltanto per un mese… Scacciò quel pensiero in fretta, perché in una liquidazione obbligata la rimanenza non avrebbe avuto alcun valore. Sarebbe finito sul lastrico.

    «Anche i nomi delle navi cambieranno. Diventeranno semplicemente Warlock e Sea Witch. Da ora in avanti la parola golden sarà considerata turpiloquio alla Ocean Salvage.»

    Gli ufficiali risero, allentando la tensione, e Nick sorrise con loro. Poi, in attesa che si calmassero, accese un sottile sigaro scuro preso dalla custodia di coccodrillo.

    «Io prenderò il comando di questa nave finché non sarà pronto il Sea Witch. Non ci vorrà molto, poi ci saranno delle promozioni.»

    Nick bussò sul ripiano di mogano del tavolo per scaramanzia. Lo sciopero delle maestranze si preparava da tempo e il Sea Witch non era ancora terminato, ma nel frattempo c’erano gli interessi da pagare e un ulteriore ritardo sarebbe stato fatale per lui.

    «Ho firmato un contratto per trasportare una piattaforma petrolifera dall’Australia al Sudamerica. Questo lavoro ci darà il tempo di abituarci alla nave. Siete tutti uomini esperti, non ho bisogno di dirvi che quando arriverà la roba grossa, sarà senza preavviso.»

    Cominciarono ad agitarsi, presi di nuovo dall’impazienza, anche per il velato accenno al premio in denaro.

    «Capo?» Nick lo guardò e l’ingegnere grugnì, come se si sentisse insultato dalla domanda.

    «Pronti a prendere il mare in qualsiasi momento» rispose, provando a sistemarsi i pantaloni e gli occhiali nello stesso momento.

    «Numero Uno?» Nick guardò David Allen. Non si era ancora abituato all’aspetto infantile del primo ufficiale. Sapeva che aveva un’esperienza di dieci anni, che aveva superato la trentina e che MacDonald lo aveva scelto personalmente: doveva essere in gamba. Eppure quella pelle chiara e liscia e la facilità ad arrossire sotto la zazzera di capelli biondi lo facevano sembrare uno studentello.

    «Sto ancora aspettando alcune provviste, signore» rispose David prontamente. «I fornitori me le hanno promesse per oggi, ma non c’è niente di indispensabile. Se necessario potrei salpare nel giro di un’ora.»

    «Molto bene.» Nick si alzò. «Farò un’ispezione completa alle nove zero zero. Vi conviene far scendere le signore.» Durante il pasto si era sentito un vago mormorio di voci e risate femminili provenire dagli alloggi degli ufficiali.

    Nick uscì dalla mensa e fu raggiunto dalla voce di Vin Baker. Era una pessima imitazione di quello che il capo ingegnere riteneva fosse un accento da Royal Navy.

    «Nove zero zero, ragazzi. Bella sceneggiata, eh?»

    Nick non fece una piega e sorrise fra sé. Era una vecchia usanza australiana: lanciare frecciatine finché non succedeva qualcosa. Non c’era cattiveria, era solo un modo per capire chi si aveva di fronte. E dopo aver finito con calci e pugni si poteva essere amici o nemici per sempre. Era passato molto tempo dall’ultima volta in cui si era trovato a contatto diretto con uomini d’azione, uomini duri che rifuggivano da ogni forma di sotterfugio e finzione, e trovava stimolante quella novità. Forse era di quello che aveva bisogno al momento, il mare e la compagnia di uomini veri. Sentì accelerare il passo e il morale risollevarsi alla prospettiva di uno scontro fisico.

    Risalì il passaggio che portava al ponte di comando, a tre gradini per volta, e la porta di fronte ai suoi alloggi si aprì. Ne emerse il fetore grigio e solido di sigari olandesi dozzinali e una testa che sarebbe potuta appartenere a un rettile preistorico. Era grigia, segnata e rugosa, la testa di una tartaruga marina o di un’iguana, con gli stessi occhietti neri e lucenti.

    Era la porta della sala comunicazioni. Aveva un accesso diretto al ponte di comando e si trovava a due passi dallo studio del comandante.

    Nonostante le apparenze era una testa umana e Nick ricordò chiaramente la descrizione fatta da Mac del suo marconista. «È il bastardo più antisociale con cui abbia mai navigato, ma può controllare otto frequenze diverse nello stesso momento, in chiaro e morse, anche mentre dorme. È un figlio di puttana cattivo, arido e stitico… e probabilmente è il miglior marconista in circolazione.»

    «Comandante» disse il Trog con voce stridula e petulante. Nick non si fermò a riflettere sul fatto che lo aveva riconosciuto all’istante come nuovo capo. L’aura di comando in certi uomini è inconfondibile. «Comandante, ho un segnale di emergenza.»

    Nick sentì un calore alla base della spina dorsale e una scossa elettrica dietro la nuca. Non è sufficiente essere al posto giusto quando si forma la grande onda, bisogna anche saperla riconoscere fra centinaia di altre.

    «Coordinate?» chiese seccamente dirigendosi alla sala comunicazioni.

    «72° 16’ sud 32° 12’ ovest.»

    Il cuore gli balzò nel petto e il calore risalì lungo la schiena. Quelle latitudini corrispondevano a una zona vasta e deserta. C’era qualcosa di sinistro e minaccioso anche solo nelle cifre. Quale nave poteva essersi avventurata laggiù?

    Nick individuò immediatamente la posizione sulla carta geografica che aveva in testa, come una mappa di guerra in una sala operativa. Si trovava a sudovest del Capo di Buona Speranza: era molto al largo, oltre le isole Gough e Bouvet, nel Mare di Weddell.

    Seguì il Trog nella sala comunicazioni. La mattina era soleggiata e ventosa, ma la stanza era buia e cupa come una caverna, gli oblò schermati dalle spesse tendine verdi. L’unica fonte luminosa erano i quadranti degli strumenti, i più sofisticati che i potenti mezzi della Christy Marine avevano potuto procurare, centomila dollari di magia elettronica, ma la puzza di sigari da quattro soldi era insopportabile.

    Al di là della sala comunicazioni c’era la cabina del marconista, con la cuccetta disfatta e un vassoio di piatti sporchi sul pavimento lì accanto.

    Il Trog si lasciò cadere sul seggiolino rotante, spostando con il gomito un guscio di conchiglia di ottone che faceva da portacenere e che rovesciò cenere grigia e un paio di mozziconi freddi e umidicci sul ripiano.

    Come uno gnomo rinsecchito il Trog regolò le manopole: si sentì una cacofonia di elettricità statica e interferenze mescolata ai gemiti acuti del codice morse.

    «La trascrizione?» chiese Nick, e il Trog spinse un blocchetto verso di lui. Nick lo lesse in fretta.

    CTMZ. 0603 GMT. 72° 16’ S. 32° 12’ O. A tutte le navi disponibili per assistenza si prega segnalare. CTMZ.

    Non aveva bisogno di consultare il manuale per riconoscere il significato della sigla CTMZ.

    Con uno sforzo di volontà contrastò la morsa che sentiva premere nel petto. Era come se avesse già vissuto quel momento. Era troppo semplice. Si obbligò a trascurare l’istinto, a pensare con la testa e non con la pancia.

    Sentì alle spalle le voci degli ufficiali sul ponte di comando, sommesse ma cariche di tensione. Erano già usciti dalla mensa.

    Cristo!, pensò con rabbia. Come fanno a saperlo già? Era come se la nave stessa si fosse risvegliata sotto i suoi piedi e fremesse per l’impazienza.

    La porta scorrevole di comunicazione con il ponte si aprì e comparve David Allen con una copia del Lloyd’s Register in mano.

    «CTMZ, signore, è il segnale della Golden Adventurer. Ventiduemila tonnellate, registrata a Bermuda nel 1975. Proprietà della Christy Marine.»

    «Grazie, Numero Uno.» Nick annuì. Conosceva bene quella nave, era stato lui in persona a ordinarne la costruzione prima del collasso del mercato dei grandi transatlantici. Pensava di utilizzarla sulla rotta Europa-Australia.

    Il costo complessivo era stato di sessantadue milioni di dollari, era una nave splendida dalla linea aggraziata. Gli interni erano lussuosi, al livello della France o della United States, ma era stata uno dei pochi errori di valutazione di Nick.

    Quando l’utilizzo sulla rotta prevista si era rivelato proibitivo per i costi sempre più alti e il traffico in diminuzione, Nick aveva cambiato la destinazione d’uso. Era stata proprio quella flessibilità fatta di programmazione istintiva e improvvisazione che aveva portato la Christy Marine fino alle mastodontiche dimensioni attuali.

    Nick aveva reinventato il concetto di crociere avventurose e cambiato il nome della nave in Golden Adventurer. Ora conduceva ricchi passeggeri negli angoli più selvaggi ed esotici del pianeta, dalle isole Galapagos all’Amazzonia, dai remoti arcipelaghi del Pacifico fino all’Antartide, in cerca dell’insolito.

    Ospitava personaggi illustri che tenevano conferenze, esperti di ambiente e di ecologia dei luoghi visitati ed era equipaggiata per portare i passeggeri a studiare i monoliti dell’Isola di Pasqua o a osservare la danza di corteggiamento degli albatri alle isole Falkland.

    Probabilmente era una delle poche navi da crociera ancora in attivo, e ora aveva bisogno di aiuto.

    Nicholas si rivolse di nuovo al Trog. «Ha inviato altri messaggi prima del segnale di emergenza?»

    «È da mezzanotte che trasmette nel codice della compagnia. Le comunicazioni erano così frequenti che ho cominciato a tenerla d’occhio.»

    Il bagliore verdastro proveniente dagli strumenti conferiva all’ometto un aspetto bilioso e gli anneriva i denti, facendolo assomigliare all’attore di un film horror.

    «Ha registrato?» chiese Nick, e il Trog avviò la ripetizione automatica dei messaggi inviati o ricevuti dalla nave in difficoltà fin dalla mezzanotte precedente. La stanza fu invasa dal ticchettio confuso dei segnali in codice riprodotti dalla stampante, che sputò una striscia di carta.

    Nick si chiese se Duncan Alexander potesse aver cambiato il codice della Christy Marine. Sarebbe stato naturale e del tutto logico per qualsiasi direttore delle operazioni. Quando mandi via un uomo che conosce il codice, devi cambiarlo immediatamente. Semplice. Duncan aveva mandato via Nick Berg, quindi doveva cambiarlo. Ma Duncan non era un operativo. Era un uomo di numeri e carte, pensava per cifre, non per acciaio e acqua salata.

    Se Duncan lo aveva cambiato non sarebbero mai riusciti a decifrarlo, neanche con il sistema Decca. Era stato Nick a inventare la base di quel codice. Era una proiezione che esprimeva l’alfabeto come una funzione matematica basata su una matrice di sei numeri casuali, che modificava il valore di ogni lettera con una progressione impossibile da seguire.

    Nick si precipitò fuori dalla penombra soffocante della stanza delle comunicazioni con la stampata fra le mani.

    Il ponte di comando del Warlock era tutto vetro e acciaio cromato, lucente e funzionale come una moderna sala operatoria o una cucina futuristica.

    La console dei comandi principali occupava tutta la lunghezza del ponte al di sotto delle grandi finestre blindate. L’antiquata ruota del timone era stata sostituita da un’unica barra di acciaio e i comandi potevano essere spostati fino alle zone laterali grazie ai lunghi cavi, come un telecomando da televisore, in modo che il timoniere potesse manovrare la nave da qualsiasi posizione di sua scelta.

    Una serie di quadranti luminosi digitali forniva in tempo reale al comandante le condizioni della nave: velocità rispetto al fondale a prua e a poppa, velocità nell’acqua a prua e a poppa, direzione e intensità del vento, insieme a ogni altra indicazione di operatività o malfunzionamento. Nick aveva costruito la nave con i soldi della Christy e non aveva lesinato.

    Sul fondo del ponte c’era la zona operativa, delimitata dal tavolo da carteggio con gli scaffali sopraelevati che contenevano i centosei grossi volumi blu del Global Pilot e molte altre pubblicazioni marinare. Sotto il tavolo c’erano diversi cassetti larghi e piatti che contenevano le mappe distese dell’Ammiragliato relative a ogni angolo di acque navigabili del pianeta.

    Contro la paratia di fondo c’erano tutti gli strumenti elettronici per facilitare la navigazione, come una fila di slot machine in un casinò di Las Vegas.

    Nick mise il Navaid Satellite Decca in modalità computer e le luci del display cominciarono a lampeggiare in rosso.

    Inserì il codice di controllo di sei cifre, numeri governati dalle fasi della luna e dalla data della trasmissione. Il computer lo elaborò all’istante e Nick inserì l’ultima proporzione aritmetica a lui nota. Il Decca era pronto alla decodifica. Nick inserì il blocco di trasmissioni confuse, aspettandosi di ottenere solo balbettii incomprensibili. Duncan doveva aver cambiato il codice. Guardò la stampata.

    A Christy Marine da comandante Adventurer. 2216 GMT. 72° 16’ s. 32° 05’ o. Danni per ghiaccio sommerso zona centrale a dritta. Bloccati per precauzione sistemi principali. Attivato generatore ausiliario durante ricognizione danni. Passo.

    Quindi Duncan aveva conservato il codice. Nick cercò a tentoni la custodia in coccodrillo dei sigari e avvicinò la fiamma all’estremità del sottile tubicino scuro con mano perfettamente ferma. Avrebbe voluto mettersi a urlare, invece aspirò il fumo aromatico nei polmoni.

    «Tracciata» disse David Allen alle sue spalle. Aveva già aperto la mappa dell’Antartide e segnato la posizione indicata. La trasformazione era completa: il primo ufficiale era diventato un professionista serio, determinato e competente. Non c’era più traccia dello studentello dalle guance arrossate.

    Nick guardò il tracciato, vide la linea tratteggiata del ghiaccio molto più in alto della posizione dell’Adventurer e il contorno del minaccioso continente antartico che allungava le sue spietate dita di ghiaccio e roccia verso la nave.

    Il Decca stampò la risposta:

    A comandante Adventurer da Christy Marine. 2222 GMT. Restiamo in attesa. Passo.

    Il messaggio successivo del nastro registrato risaliva a oltre due ore più tardi ma fu stampato di seguito, quasi senza stacchi.

    A Christy Marine da comandante Adventurer. 0005 GMT. 72° 18’ s. 32° 05’ o. Acqua contenuta. Riavviati sistemi principali. Nuova rotta diretta cape town. Velocità 8 nodi. Passo.

    David Allen si mise subito all’opera con righe e goniometro.

    «Mentre aveva i comandi spenti è andata alla deriva verso sud-sudest per trentaquattro miglia nautiche. Laggiù deve esserci un vento maledettamente forte, oppure una corrente molto intensa» disse nel silenzio sempre più teso degli altri ufficiali. Nessuno di loro avrebbe osato avvicinarsi troppo al comandante, però si erano posizionati in base alle gerarchie nei punti più adatti per seguire il dramma di un’enorme nave in difficoltà.

    Il messaggio successivo uscì immediatamente dal computer, anche se in realtà era stato inviato molte ore più tardi.

    A Christy Marine da comandante Adventurer. 0546 GMT. 72° 16’ s. 32° 12’ o. Esplosione in area allagata. Blocco totale di emergenza. L’acqua sta salendo. Richiesta autorizzazione per messaggio emergenza a tutte le navi. Passo.

    A comandante Adventurer da Christy Marine. 0547 GMT. Siete autorizzati a trasmettere. Break. Break. Break. Divieto assoluto di accettare rimorchio o salvataggio senza riferire alla Christy Marine. Date conferma ricezione.

    Duncan non si era neanche preoccupato di usare la formula tradizionale tranne in caso di minacce alla vita umana.

    Il motivo era anche troppo evidente. La Christy Marine aveva assicurato quasi tutte le navi attraverso un’altra sussidiaria, la London and European Insurance and Finance Company. Il programma di autoassicurazione era stato una trovata dello stesso Duncan Alexander, all’epoca appena arrivato alla Christy Marine. Nick Berg si era opposto con tutte le sue forze e forse adesso era arrivato il momento di dimostrare che aveva ragione.

    «Ci facciamo sentire?» chiese piano David Allen.

    «Silenzio radio» sbottò Nick in tono irritato. Cominciò a camminare avanti e indietro sul ponte ricoperto di sughero che attutiva lo schiocco dei suoi tacchi.

    È questa la mia onda?, si chiese, mettendo in pratica la vecchia regola che si era imposto da tempo, quella di riflettere a fondo prima di agire.

    La Golden Adventurer era alla deriva fra i ghiacci a più di duemila miglia a sud di Cape Town, che per il Warlock significavano cinque giorni e altrettante notti di navigazione a piena potenza. Se avesse deciso di partire, era possibile che al momento di raggiungerla fosse già stata riparata e fosse di nuovo sotto controllo. E comunque, se fosse stata ancora in avaria, il Warlock avrebbe potuto scoprire che un altro rimorchiatore era stato più veloce. Era il momento di fare l’appello.

    Si fermò vicino alla porta della sala comunicazioni e parlò a bassa voce con il Trog.

    «Apra la linea telex e scriva alla Bach Wackie, a Bermuda: virgolette appello virgolette.»

    Voltandosi, Nick si congratulò con se stesso per la lungimiranza di installare il sistema satellitare telex, che gli permetteva di comunicare con il suo agente a Bermuda, o con qualsiasi altra stazione telex di sua scelta, senza che i suoi messaggi venissero trasmessi sulle frequenze aperte e fossero ascoltati dai concorrenti o da altri operatori interessati. I suoi segnali rimbalzavano nella stratosfera, dove non potevano essere intercettati.

    In attesa della risposta Nicholas cominciò ad arrovellarsi. La decisione di partire avrebbe significato disattendere il contratto con la Esso. Quel compenso era fondamentale per la sua situazione finanziaria. Duecentoventimila sterline senza le quali non avrebbe potuto pagare gli interessi trimestrali che sarebbero scaduti di lì a sei giorni. A meno che, a meno che… Fece un po’ di calcoli a mente, ma l’entità del rischio sembrava sempre più grande, e i conti non tornavano. Aveva bisogno del contratto con la Esso. Dio, ne aveva un disperato bisogno!

    «Bach Wackie sta rispondendo» disse il Trog, sovrastando il chiacchiericcio della ricevente. Nick si voltò di scatto.

    Aveva scelto la Bach Wackie come agenzia della Ocean Salvage per la solida reputazione di pronta efficienza e aggressività. Guardò il Rolex Oyster e calcolò che a Bermuda erano le due del mattino, eppure la sua richiesta di informazioni sulla posizione dei suoi principali concorrenti era stata evasa nel giro di pochi minuti.

    Per comandante Warlock da Bach Wackie ultime posizioni dichiarate. John Ross attraccato a Durban. Woltema Wolte-raad rimorchio Esso Stretto di Torres verso Alaska.

    Questo toglieva di mezzo i due giganteschi rimorchiatori della Safmarine: metà dei concorrenti più agguerriti era fuori gioco.

    Wittezee rimorchio piattaforma Shell verso Galveston e Mare del Nord. Grootezee fermo a Brest.

    Anche i due olandesi erano fuori gioco. I nomi e le posizioni degli altri grandi rimorchiatori, ciascuno dei quali era un concorrente diretto e pericoloso per il Warlock, cominciarono a scorrere dal telex e Nicholas masticò il sigaro fino a farlo a brandelli, con gli occhi socchiusi per proteggerli dalle volute di fumo, mentre il

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