I bambini sanno contare: Giochi e attività per conoscere i numeri
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Il percorso didattico suggerito, vario e coinvolgente, si articola in molte attività proponibili fin dalla scuola dell’infanzia da sviluppare con gradualità e attenzione ai processi che i bambini mettono in atto.
Le schede di attività sono inframezzate dai necessari riferimenti teorici alle ricerche, che hanno guidato nella formulazione delle proposte, e dalle documentazioni realizzate dagli insegnanti durante le sperimentazioni.
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Anteprima del libro
I bambini sanno contare - Donatella Merlo
(D.M.)
Introduzione
Maria Cantoni
Non è facile scrivere un’introduzione perché vorrebbe dire essere davvero preparati a cogliere ed esprimere il meglio dell’intenzione dell’autrice. Sottolineando però che in questo momento dobbiamo dare alla scuola un’attenzione particolare, possiamo dire che l’autrice, con le sue proposte, ci sta forse portando in una scuola nuova, adatta a questo difficile futuro che stiamo costruendo. Quasi solo la scuola pare oggi davvero interessarsi alla crescita mentale e psicologica di un bambino.
Relativamente ai problemi dell’insegnamento e delle conoscenze che le società hanno pensato e pensano di dover proporre a chi vivrà il futuro e lo dovrà governare, da molto tempo si susseguono infinite ricerche sia di carattere metodologico-didattico che di concettualizzazione. Tutto ciò sempre in parallelo ai grandi sviluppi della scienza e della tecnica che, non da oggi, stanno facendo passi non solo lunghi, ma di straordinaria velocità. Tali passi non sono facili da socializzare nella realtà quotidiana di tutti noi. Le neuroscienze hanno aggiunto ulteriori elementi alla ricerca e migliorato la comprensione di come il cervello operi e si adatti al cambiamento.
È una realtà che non abbiamo accompagnato nel suo mutare e che ci induce ad adeguarci continuamente ad una struttura sociale in perenne evoluzione: realtà di grande interesse, ma di grande complessità.
La mente del bambino, anche piccolo (è di lui che stiamo parlando in queste pagine) che incontriamo per la prima volta a scuola non è una tabula rasa, ma è ciò che l’esperienza quotidiana ha trasformato in un’individualità ricca e complessa. È sempre stato così, ma oggi tutto ciò va particolarmente valorizzato. Non possiamo più pensare di insegnare
ponendo l’allievo di fronte a cose nuove senza conoscere quelle già presenti e far leva su di esse: rischieremmo di portare il bambino lontano dalla capacità di comprendere.
Dovremmo invece costruire con lui il primo sapere a partire da esperienze socioculturali sollecitati dalla realtà, per permettergli di esprimere ciò che già, bene o male, ha raggiunto. In questo modo può socializzarlo e condividerne una presa di coscienza adatta a divenire una base consapevole.
È quello che offre Donatella Merlo con le molteplici esperienze sue e delle colleghe per portare i bambini a conquistare il numero
, base della matematica. Le sue proposte seguono infatti ciò che abbiamo sottolineato, sono attente alle premesse e al risultato, da controllare nel suo divenire e nel suo stabilizzarsi.
Nelle documentazioni riportate nel testo, i bambini parlano ed esprimono straordinaria capacità di cogliere i messaggi e di elaborarli. Sono stata, per esempio, particolarmente colpita dalle risposte dei bambini alla domanda della maestra "che cos’è il numero", domanda forse inopportuna (oggi la matematica parla di definizioni implicite, definizioni d’uso che non danno una frase esplicativa, ma permettono di capire che cosa sia, che cosa ne puoi fare, in fondo il numero è un concetto primitivo). Di fatto i bambini autonomamente non dicono che cosa sia, ma che cosa fanno col numero, che cosa già permetta loro di gestire, in perfetta assonanza con la matematica.
Nello stesso modo è interessante osservare come nel testo viene suggerita la costruzione dei simboli, prima verbali e poi convenzionali, che servono ad esprimere il concetto e a comunicarlo. Qui non se ne parlerà, ma ad un certo punto gli alunni potranno, con queste premesse, capire come sia stato difficile per l’uomo arrivare alla conquista di un simbolismo adeguato alla soluzione di problemi tradotti in termini matematici.
Come si noterà moltissime proposte di attività– e anche questo è uno dei pregi del libro – sono calibrate sulla scuola dell’infanzia proprio perché l’opera degli insegnanti per far accostare i bambini alla matematica a quel livello, è fondamentale. Sovrapporre acriticamente a ciò che il bambino ha già in testa, esperienze che non aiutano nella costruzione e nell’evoluzione delle sue conoscenze potrebbe addirittura bloccarne lo sviluppo, creando dei misconcetti ancora prima dell’ingresso nella scuola primaria.
Maria Cantoni, laureata in Scienze matematiche presso l’Università statale di Milano, ha insegnato nella scuola secondaria di primo grado nel corso sperimentale di informatica, rinnovato annualmente fino alla fine dell’attività di ruolo. Ha fatto parte del Nucleo di Ricerca Didattica CNR diretto dalla prof.ssa Annarosa Scarafiotti presso il Politecnico di Torino per il coordinamento scuola media-biennio e per l’approfondimento concettuale propedeutico alla scuola superiore e del Nucleo di Ricerca in Didattica della Matematica diretto dal prof. Mario Marchi presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia. Con Carlo Felice Manara ha condotto numerosi studi e ricerche sulla didattica della matematica. Esperta nell’uso dei software di geometria dinamica, in particolare GeoGebra, svolge da anni il ruolo di docente nei corsi di formazione in matematica organizzati dall’associazione La Casa degli Insegnanti
con il GeoGebra Institute di Torino. Ha condotto numerosi corsi di formazione sul curricolo verticale di matematica organizzati da scuole e enti formativi anche al di fuori del Piemonte.
Preambolo
Qualcosa per cominciare
Il numero è un oggetto matematico
il cui uso nasce da esigenze pratiche e comunicative e serve per rispondere alla domanda quanto?
cioè per esprimere una quantità.
Per quantificare, in modo del tutto naturale, mettiamo in campo una strategia di conteggio. Per registrare il risultato del conteggio e poterlo utilizzare usiamo le mani o altre parti del corpo oppure ci serviamo di sistemi di notazione che conservino la memoria di queste azioni, ad esempio i nostri antenati incidevano delle tacche su un osso. Questi metodi di segnatura
nel tempo si sono evoluti e trasformati fino a diventare simboli che non hanno più un legame visibile con le azioni che li hanno generati ma svolgono, per la loro convenzionalità, una funzione comunicativa oltre che di memoria.
E poi ci sono le parole: un altro tipo di segno che accompagna naturalmente il conteggio. In modo ritmico e in sincronia con una specie di contatore interno
, le parole-numero si abbinano ai gesti propri del processo: indicare, toccare un oggetto, separarlo da quelli già contati.
Per rispondere alla domanda quanto?
abbiamo creato un sistema di azioni, parole, metodi di segnatura, simboli che le rappresentano a cui sono associati dei significati.
In queste poche righe è riassunto il percorso che l’umanità ha fatto in migliaia di anni e che noi, a scuola, chiediamo ai bambini di ripercorrere in pochissimo tempo.
Ciò che cambia rispetto alle origini è che i bambini vivono in un ambiente e in una cultura che fin dalla nascita offre loro strumenti e situazioni in cui l’uso di gesti, parole, segni scritti fa parte della vita quotidiana. I bambini apprendono le parole, e contemporaneamente gli schemi d’uso di certe parole, vivendo nel loro ambiente, spinti dalla necessità di comunicare o di registrare il risultato delle loro azioni per poterle riprodurre in tempi diversi o confrontarle con quelle di altri. Imparano anche a riconoscere e riprodurre dei simboli che rappresentano in modo sintetico tutto il processo che li ha generati. A ogni simbolo deve corrispondere qualcosa che c’è nella testa di chi lo usa, altrimenti manca il significato.
Le situazioni in cui applichiamo una procedura di conteggio non sono tutte uguali. Se dobbiamo contare dei sassi o delle caramelle il sistema
che abbiamo creato funziona: più sono gli elementi da contare più ci vorrà tempo ma, con opportuni accorgimenti, ad esempio raggruppamenti e modi di contare più evoluti, il processo si semplifica e giunge alla fine.
Le cose cambiano totalmente se ci poniamo la domanda quanto?
con quantità a cui non si riesce ad applicare immediatamente la procedura di conteggio perché non percepiamo delle unità contabili
, ad esempio per dire quanta acqua c’è
in una bottiglietta. Per poter applicare il conteggio e giungere a un numero dobbiamo costruire prima
, fisicamente, mentalmente o con l’uso di strumenti, gli elementi da contare suddividendo la quantità, che si presenta come un tutt’uno, in parti più piccole. Entriamo così in un altro mondo, quello della misura attraverso la costruzione preliminare di parti distinguibili le une dalle altre, e quindi contabili, che definiamo come unità di misura
.
Da queste due procedure scaturisce gran parte della matematica che devono imparare i bambini nei loro primi anni di scuola. L’aspetto interessante è che in entrambi i processi si deve contare
, seppur con modalità diverse, e che entrambi si sperimentano nella vita comune: per fare una torta contiamo le uova e prepariamo la quantità necessaria di farina misurandola con un bicchiere o con uno strumento come la bilancia che incorpora un sistema di misura.
I bambini, quando arrivano a scuola, hanno già in gran parte interiorizzato queste procedure e le forme di comunicazione associate ad esse e di fronte alla domanda quanto?
mettono subito in campo ciò che hanno appreso dall’esperienza comune.
Questo ci potrebbe far credere che abbiano già in testa delle astrazioni, e questo in parte è vero, ma non hanno sicuramente in testa la matematica incorporata in queste operazioni comuni. Solo attraverso la presa di coscienza si giunge alla costruzione dei concetti matematici e questo è appunto il compito della scuola.
Siamo in una scuola dell’infanzia con dei cinquenni¹. I bambini stanno cercando dei modi per dire quanta farina gialla c’è in un pacchetto che la maestra ha messo loro a disposizione. In un primo momento la farina è ancora dentro il sacchetto (è una
perché il sacchetto è uno
), poi questo viene aperto e l’insegnante chiede loro di dire quanta farina c’è dentro. Sentiamo cosa dicono.
C: è tantissima!
M: è cinque! (conta con il dito dei livelli immaginari, dividendo il sacchetto in 5 parti, segue un ritmo interno che guida i movimenti di scansione a cui si accoppia il conteggio)
C: ma no, io conto quattro (sempre con il dito divide in quattro parti)
M: allora sono 4 litri!
[…]
S: dentro la conti mezzo
fino a qui (indica con il dito la metà del sacchetto)
C: sì, fai metà e conti tutta questa e poi questa … (indica la parte sotto, indica a metà e sopra)
M: e allora sono due… (indica con il dito in alto e basso)
[…]
M: ma possiamo anche farlo con il cucchiaio…
Ins.: con un cucchiaio? […] Hai preso il cucchiaio?
M: no, è il mestolo!
[…]
A: ho io il mestolo, poi te lo passo… (A. inizia a pren\dere la farina con il mestolo, i compagni tengono il sacchetto, contano mentre la farina viene versata nel contenitore, C. conta senza aspettare il mestolo successivo, anche F. è veloce…)
A: