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Era solo ieri: Valori & Problemi Dell’umanità del terzo millennio.
Era solo ieri: Valori & Problemi Dell’umanità del terzo millennio.
Era solo ieri: Valori & Problemi Dell’umanità del terzo millennio.
E-book612 pagine7 ore

Era solo ieri: Valori & Problemi Dell’umanità del terzo millennio.

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Oggi, l'umanità ha bisogno di dialogo. L’insorgere di mille conflitti locali e il terrorismo sulla scena mondiale smentiscono le facili illusioni di chi pensava che ormai si fosse dischiusa per sempre un'era di pace. Si impone una riflessione che coinvolga tutti e non ultimi i credenti delle varie fedi. Non è mancato chi ha paventato per il prossimo futuro uno scontro catastrofico tra popoli, contrapposti per civiltà e religione. Per affrontare questa sfida, le culture e le religioni devono disarmare la mente delle loro etnie, attrezzarsi di strumenti concettuali idonei per prevenire ogni forma di fanatismo fazioso e di fondamentalismo dottrinale, responsabili in passato di lacerazioni e violenze assurde. È innegabile che la capacità di accettare il punto di vista degli altri, di considerarli nella loro dignità, può sfociare in un conflitto che dovrebbe essere stimato più come capacità di rimarcare la propria individualità, che a disconoscere quella dell'altro. In tale ottica, sia pure riconoscendo la limitatezza di tale scelta, la serie di interviste che seguono, di opinioni di intellettuali laici e religiosi, impegnati a migliorarsi e a migliorare i propri simili, possono offrire ulteriori stimoli per allargare il cerchio del Bene.
LinguaItaliano
Data di uscita1 feb 2021
ISBN9791220308984
Era solo ieri: Valori & Problemi Dell’umanità del terzo millennio.

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    Anteprima del libro

    Era solo ieri - Maria De Falco Marotta

    BIBLIOGRAFIA

    PRESENTAZIONE.

    Gli auspici e i racconti più avveniristici per il terzo Millennio hanno riempito pagine e pagine di giornali, per mesi. Tra i tanti, mi incuriosì un racconto di un ragazzino di nome Ramesh che avrà dodici anni nel 2050. Egli illustra al suo amico coetaneo che vive nel Texas, una serie di innovazioni così impensabili, che lasciano sbalorditi, per l'ingegnosità e l'inventività che pure oggi non sembrano turbare più di tanto, tant'è che persino le innovative tecnologie del film di S. Spielberg Minority Report, ambientato nel 2054, secondo gli scienziati sono già esistenti, seppure non praticate da tutti. Tra i comportamenti e i valori da lui esposti, la famiglia, seppure a tempo, magari con modificazioni impensabili, terrà tranquillamente la sua leadership, la programmazione biologica permetterà di vivere da un minimo di 120 anni, vaccinandosi contro le malattie più terribili (AIDS, cancro ... ), si viaggerà liberamente dalla terra su Marte e i capi religiosi locali eserciteranno un controllo rigorosissimo sugli Amici Virtuali in Rete che potrebbero sviare, essendo solamente un simulacro di Dio. Risulta che il Pianeta, seppure disastrato, sembra avviato ad essere più vantaggioso. Fuor di metafora, la società del domani diverrà una società nella quale sarà sempre più difficile ignorare l'altro che, dallo sport alla produzione, da Internet al turismo, camminerà fianco a fianco con noi. Men che mai si sopporterà la disattenzione civile e religiosa. Occorrerà, invece, un'apertura mentale nuova, perché scoprirsi vicendevolmente nella diversità, produrrà inevitabilmente dei conflitti.

    La società multietnica non è semplice, né senza contrasti. Converrebbe imparare a vivere nello scontro, trasformandolo in occasione di crescita collettiva. Anche per il motivo che Il panorama sociale e religioso in Europa è caratterizzato dalla presenza ormai di fedi diverse dal cristianesimo, rendendo, così, più pluralistica la sua realtà. La convivenza non si manifesta senza difficoltà, sebbene ciascuno avrà i possibili riferimenti cardinali sulla mappa di un proprio percorso individuale, ma al tempo stesso i significati che hanno capacità di aggregare le comunità con le esperienze, le fedi, le condizioni materiali di vita che danno valore all'esistenza e che permettono agli uomini di sentirsi uniti in progetti e speranze comuni. Vi sono, però, dei nodi da tenere presenti, in ogni ambito della vita. Potrebbero essere: il dialogo tra le fedi, divenuto quanto mai difficile oppure l'incapacità di relazionarsi e collaborare tra i vari popoli o, anche, le ''fratture'' tra Il maschile a due voci (uomo/donna), le problematiche ambientali. Insieme tali questioni si intrecciano e si elidono, a seconda del mondo vitale che ci circonda. Ognuno può fare poco o molto: dipenderà dallo sguardo che getterà su chi gli starà vicino o lontano. Oggi, poi, più che di beni materiali, l'umanità ha bisogno di dialogo. L’insorgere di mille conflitti locali e il terrorismo sulla scena mondiale smentiscono le facili illusioni di chi pensava che con la caduta del muro di Berlino si fosse dischiusa per sempre un'era di pace. Si impone una riflessione che coinvolga tutti e non ultimi i credenti delle varie fedi. Non è mancato chi ha paventato per il prossimo futuro uno scontro catastrofico tra popoli, contrapposti per civiltà e religione. Per affrontare questa sfida, le culture e le religioni devono disarmare la mente delle loro etnie, attrezzarsi di strumenti concettuali idonei per prevenire ogni forma di fanatismo fazioso e di fondamentalismo dottrinale, responsabili in passato di lacerazioni e violenze assurde. La frequentazione dell’Altro, che per intrinseca vocazione coltivano le abilita a comprendere e ad aprirsi ad ogni alterità e a rapportarsi ad essa in maniera civile. Pur custodendo gelosamente la propria identità, esse possono costituire un'insostituibile scuola di rispetto reciproco e di dialogo a livello planetario. Se poi si guarda alle varie credenze degli uomini e delle donne del mondo, un ''filo'' invisibile le lega, la fiducia in un Dio, dai molti nomi, che viene percepito principalmente nel mondo della vita" e dalla sfera dei sentimenti (le emozioni, le passioni, le tradizioni, i costumi, i vincoli sociali) che neanche la forza disgregatrice della modernità, che tende ad omogeneizzare i comportamenti e a trasformare i riferimenti culturali in sovrastrutture decorative delle pratiche sociali, è riuscita a distruggere. AI religioso, sotto ogni latitudine, è demandato il compito di esprimere l'emozione, la soggettività con i materiali simbolici giacenti nelle memorie nazionali e religiose. Nei vari sistemi sociali, c'è una ricomposizione etica (gli incontri ecumenici, il dialogo interreligioso, sperimentazioni educative, salvaguardia mondiale della salute e della natura …) delle religioni, specie per la gestione dei diritti dell'uomo e del cittadino in uno stato di diritto dove il vivere insieme deve restare solidale, con obblighi reciproci, soprattutto verso la natura.

    Nella fase attuale dell'ultra-modernità, il religioso è reinvestito come luogo di ricordo nello standard sociale e individuale, come fornitore di identità collettive e singolari, di feste e di riti ed è di nuovo, il custode della continuità. L’impegno principale degli uomini e delle donne che vivono la propria religione con convinzione, è quello di contribuire alla costruzione di una forte identità culturale, potenziando il patrimonio di valori tramandati ed acquisiti che costituiscono il tessuto connettivo di un popolo. Tali valori, qualora intessuti al mondo della vita delle singoli genti, determinati e validi contro ogni falsità ed errore, costruiscono, giorno dopo giorno, la cultura della differenza che, senza sfociare in forme di relativismo e di eclettismo, propongono una gamma di suggestioni che contribuiscono a far crescere se stessi e la propria civiltà. È innegabile che la capacità di accettare il punto di vista degli altri, di considerarli nella loro dignità, può sfociare in un conflitto che dovrebbe essere stimato più come capacità di rimarcare la propria individualità, che a disconoscere quella dell'altro. Infatti, per interculturalità, non s'intende una convergenza precostituita, ma un risultato d'incontri fondati sulla diversità e sul rispetto dei Diritti dell'uomo. Naturalmente, in Italia, l'apertura, la legittimità di altri credi religiosi, non vanno assolutamente disgiunti da quello che è la tradizione e la pratica della concezione cristiana di religione, perciò nell'ampia prospettiva interculturale che già da qualche tempo, pone problemi bisogna fare e agire, per orientare al futuro, in meglio la famiglia umana: allargando lo spettro delle ''fonti''; analizzando l'ambiente, tenendo presenti i problemi connessi alla globalizzazione, alla new economy, con un'attenzione solidale con i paesi del sottosviluppo; promuovendo le varie attività (cinema, canzoni, mostre, musica etnica, incontri tra giovani ed adulti…)che aiutino a rinforzare la prospettiva di inculturazione e di dialogo interreligioso; segnalando agli educatori (genitori, scuola, chiesa, associazioni culturali. .. ) il materiale multimediale orientato all'istanza interculturale. Davanti alla pluralità di culture e di fronte ai molteplici sforzi della chiesa di umanizzare il nostro mondo, per chi crede, l'atteggiamento fondamentale è, anzitutto, quello del mutuo ascolto, del dialogo fecondo, del reciproco rispetto, della faticosa ricerca, di presenza attiva, di accoglienza del mistero. È questa la sfida dell'attuale contesto storico per la chiesa cattolica e per quanti vogliono il progresso dell'umanità, sia economico che morale.

    In tale ottica, sia pure riconoscendo la limitatezza di tale scelta, la serie di interviste che seguono, di opinioni di intellettuali laici e religiosi, impegnati a migliorarsi e a migliorare i propri simili, possono offrire ulteriori stimoli per allargare il cerchio del Bene.

    CAPITOLO PRIMO

    Il dialogo interreligioso:

    un optional o una necessità?

    Il DIALOGO, OGGI.

    Nel nostro tempo si parla spesso di dialogo e con questo termine si intende tante cose. In modo particolare, il dialogo tra le religioni è quello che pone più problemi. Vi sono due modi di concepirlo. Il primo vede come soggetti le religioni, come sistemi di idee e di credenze. La religione non è una scienza, nella quale, come ha scritto Popper, la falsificazione di una teoria sulla base di dati sperimentali o osservazionali dovrebbe e potrebbe indurre il sostenitore della teoria stessa a rivederne le stesse fondamenta. Nelle religioni questo non è immaginabile, perché, per quante concessioni possano farsi, si arriva comunque a un punto irrinunciabile, collegato con la rivelazione e pertanto con una verità indiscutibile. Negando questo punto, una religione dovrebbe dissolversi e allora, non si tratterebbe più di dialogo ma di conversione. Il secondo modo di pensare al dialogo in forma concreta, è guardare agli uomini e alle donne, come soggetti dialoganti che appartengono a una tradizione storica e a determinate collettività umane strutturate che educano i propri figli entro un sistema di credenze e di principi. Alla stessa guisa in cui gli esseri umani che parlano lingue diverse, reciprocamente incomprensibili, possono trovare il metodo di comunicare fra di loro, di cercare di conoscersi, di spiegarsi i rispettivi costumi e regole sociali, di tradurre ciascuno la propria lingua in quella dell'altro, di piacersi, anche se poi il cinese resterà tale e il russo, rimarrà identico, così, analogamente, può avvenire fra esseri umani che praticano religioni diverse. D'altra parte, la condizione determinante perché possano stabilirsi dei buoni rapporti tra le varie fedi è che lo Stato sia laico; uno Stato cioè che non eserciti alcuna ingerenza sulle attività delle diverse confessioni religiose. La sua laicità è indispensabile non solo per favorire il dialogo interreligioso, ma anche e soprattutto, per sostenere e sviluppare nella collettività nazionale una cultura pluralistica, aperta ai contributi delle sue componenti. Il dialogo, poi, è sempre possibile qualora venga identificato un nucleo di valori comuni, traducibili anche sul piano giuridico su cui non si transige per favorire l'integrazione soprattutto dei molti cittadini che arrivano dai paesi musulmani, tenendo ben presente la loro diversa identità e le loro differenze cui difficilmente rinunciano. Vi possono essere più livelli di dialogo tra culture differenti: in quello interreligioso, è bene tenere vivo che vi sono dei fondamenti che non sono condivisibili avendo ogni religione una parte dogmatica, non contestabile, mentre nell'interculturale che può abbracciare vari ambiti, si possono raggiungere delle convergenze (politica, società civile, rapporti internazionali. .. ), sempre però avendo ben chiaro che vi sono diritti umani non mercanteggiabili, come la libertà di coscienza che è, in fondo, l'origine di tutte le libertà. Il pluralismo culturale induce a conoscere e rispettare le differenze, ma anche a riportare le differenze a dei nuclei essenziali, senza i quali la società sarebbe in balia di un relativismo culturale e valoriale che la trascinerebbe alla sua disintegrazione. Il dialogo che situa più problemi, è quello con l'islam, al cui interno, però, vi sono tendenze non solo conservatrici come la maggioritaria, ma pure più aperte, ad esempio, la posizione pragmatica (gli stati del Nord Africa, il Marocco, il Senegal, la Tunisia ...) che cerca di aprirsi ad un dialogo con l'occidente, specie sui Diritti dell'uomo, superando l'ordine tradizionale della Shari'a ed innovando soprattutto il diritto familiare, in merito al ruolo della donna. Tuttavia, le riforme che non sono ratificate sul piano culturale religioso, possono essere sempre impugnate da alcuni componenti della società civile, come è capitato in Egitto, dove il presidente Sadat negli Anni Settanta aveva promulgato una legge che equiparava la condizione della donna a quella dell'uomo, però le corti e i tribunali egiziani, si sono rifiutati di applicarla essendo in contrasto con la Shari'a. Invece la posizione dei riformisti contemporanei che tenta di promuovere un rivolgimento culturale all'interno dell'islam, per collocarlo in concordanza con gli ideali della modernità (dialogo interculturale, Diritti dell'uomo, tra cui l'uguaglianza di genere) s'impernia su una reinterpretazione della tradizione islamica, a partire dal Corano e dalla Sunna, per renderli più aderenti alla realtà. Naturalmente, gli intellettuali che propugnano questa scelta, sono ancora pochi e, spesso, perseguitati come è ben noto a tutti. In ogni modo, un dialogo fecondo è possibile, proprio per la pluralità di correnti, molteplicità di presenze, di diverse prospettive. L’importante è sapere con chi si dialoga e di legittimare coloro che condividono i valori di base di un'umanità che avanza verso il futuro.

    1.1. André Chouraqui:

    Riconsideriamo l'approccio alla verità.

    Lei ha partecipato qui a Venezia, ad un convegno internazionale alla "G. Cini su Quale Dio, per quale umanità"? E a Fondamentache, quasi per uno strano destino, ha imposto il nome all'incontro: La competizione su Dio che mi pare sia crudelissima ed attualissima nella sua terra. Cosa pensare di questo Dio?

    Dio è l'Assoluto Trascendente, non un idolo concettuale che si può accantonare, quando i progetti umani divergono dalla sua Legge e cambiano il loro punto focale, dall'utopia alla realtà terrena, dimenticando la totale fedeltà ed obbedienza ai suoi comandamenti. Essi non rendono più testimonianza di una salvezza che riguarda tutti gli uomini e negano proprio questa perciò si scatena la violenza. La fede nel Dio creatore dell'universo e quindi, di una sola umanità porta a sostenere la coscienza di un'appartenenza solidale all'umanità, come pure la riattivazione di una comunità di destino che trascenda le divisioni prodotte dalle particolarità individuali. Tuttavia, non sono privo di una certa speranza, sebbene quello che succede induca a riconoscere il fallimento della ragione. I credenti delle guerre sante, non riescono a riconoscere i propri limiti mortali e a separare quello che appartiene a Dio, da quello che compete all'uomo e alla società. L’Assoluto, cioè Dio, lo trapiantano senza troppi riguardi, dal campo religioso al campo politico. In modo non esplicito, i popoli che adorano l'unico Dio, si amano, magari non apertamente. Di fatto, riconoscono le sacre scritture, i luoghi sacri, si sentono i suoi eletti e hanno fiducia nella riconciliazione.

    Lei, prima dell'inizio del terzo millennio ha lanciato un appello a questa riconciliazione: era un augurio, e può ancora considerarsi una speranza?

    Il profeta Isaia, previde, più di duemila anni fa, la gloria di Gerusalemme, luogo "di riconciliazione dell'Oriente e dell'Occidente, del Nord e del Sud". Alla fine, questa avverrà nei termini e nei modi a noi sconosciuti. Secondo l'Alleanza predicata da Mosè e da Gesù e promessa da Muhammad, intorno al centro gerosolimitano si riuniranno tutti coloro che si sentono legati alla sua storia o ai suoi ideali di giustizia e di pace. Sarà necessaria tutta questa potenza spirituale, viva e unica, per vincere i pericoli mortali ahimè molto concreti, che minacciano la terra, nostra madre. In tal modo, la tecnica giuridica moderna servirà a che si compia l'antica profezia d'Isaia? La mia non è solo una speranza, ma una certezza, nel nome del Dio unico che le tre religioni abramitiche adorano.

    La crescente vicinanza tra le grandi religioni monoteiste del pianeta, è un bene, un male? Mai prima d'ora l'Islam, l'ebraismo e la cristianità sono stati chiamati ad un confronto così serrato sui loro fondamenti teologici e sulla loro possibile reciprocità. Da questo dialogo dipende la sorte della convivenza tra i popoli. Eppure nonostante l'impegno alla tolleranza, vi è tra i tre monoteismi un conflitto sotterraneo e sempre più percepibile, una competizione sul fondamento teologico così come sul proselitismo delle religioni. Lei cosa ne pensa?

    Oggi c'è l'esigenza di riconsiderare la metodologia dell'approccio alla 'verità' da parte di ciascun credo religioso. Se Abramo è l'elemento comune ai tre monoteismi, questa eredità non può essere motivo di violenza. Ciascun monoteismo è stato in qualche modo persecutore e perseguitato, con diverse sfumature storiche. Oggi bisogna introdurre una nuova categoria, la stranierità, quale presupposto d'accettazione -comprensione dell'altro. Le religioni contengono un'apertura sull'universale che impedisce loro di rinchiudersi su un gruppo particolare e che può costituire una prevenzione contro la tentazione di ridurre tutto ad una questione territoriale o di una comunità specifica. La loro dimensione etica, intimamente connessa al rapporto che unisce Dio all'umanità, trasforma in modo speciale lo sguardo che portiamo sull'altro e fonda il rispetto per l'altrui dignità.

    Cosa ne pensa della mondializzazione?

    La mondializzazione come processo culturalmente centripeto, è segnato anche da nuovi scenari inediti di contiguità geo-e inter-culturale. Nella stessa famiglia, sempre più spesso, ci può essere una totale diversità di tradizioni religiose; da cui si origina un processo di crescente fragilizzazione del suo stesso istituto. Nello scenario attuale, c'è una pluralità di confessioni diverse, quindi nasce la necessità di conoscere, prima di poter credere. E in un mondo pluralizzato la ricerca di significato si sviluppa in una dimensione sempre più individualizzata, disancorata da una tradizione della famiglia o della comunità d'appartenenza. Si capisce bene che, accanto all'integrazione, gruppi settoriali possano rivendicare anche violentemente la propria identità ... Tutto questo ci aiuta a contestualizzare meglio il problema del senso: la conflittualità fra i tre monoteismi purtroppo si nutre di contrapposizioni originarie proprio a livello dei testi fondativi di ciascuna religione, però è sempre possibile una loro rilettura riconciliatoria.

    Ma come si può fare una rilettura conciliatoria, come lei dice, se i musulmani ripetono che Dio non ha figli, gli ebrei che il Messia deve ancora venire, i cristiani credono in Gesù Cristo....

    È necessario conoscere tutti i testi, concepire i tre monoteismi come tre fratelli che lottano per l'attenzione di solito riservata al primogenito. Il processo d'autolimitazione è veramente difficile, quanto lo può essere riconoscere la parte di ciascuna religione nel tutto rappresentato dalla pluralità delle religioni. Quando una moschea è distrutta per una chiesa, sarebbe così difficile chiedere perdono e ricostruirla lì dov'era ritraendosi in altri luoghi? In realtà la grossa sfida di una nuova cultura planetaria possibile è quella di imparare a pensare con, non contro, a tollerare l'intolleranza. Cominciare a lasciare il posto anche a persone con una visione non pluralista.

    II Ventunesimo secolo sarà basato sul dialogo o è un pio desiderio di intellettuali e religiosi?

    La sfida della mondializzazione è la costruzione di una coscienza davvero universale. E il dialogo fra religioni diverse e all'interno della propria, è un compito difficile che ci attende. Esso presuppone un'adesione senza compromessi al proprio credo religioso ed, allo stesso tempo, un'apertura verso la verità che sostengono le altre religioni. Il dialogo chiama a testimoniare la propria identità religiosa e, allo stesso tempo, il rispetto verso l'identità religiosa dell'altro. Solo con questo spirito ci possiamo liberare dall'ipocrisia che ci può portare a giustificare la violenza e lo spargimento di sangue in nome di Dio.

    L’ umanità del nostro tempo, sempre in lotta per qualcosa, dove potrà trovare l'aiuto necessario, la forza per non scoraggiarsi e proseguire il cammino verso il futuro?

    Nelle dieci parole. I dieci comandamenti sono il genoma dell'umanità, il codice generale di un'etica universale. Esse sono inclusive di tutte le realtà del cielo e della terra e dell'umanità intera in tutte le sue condizioni.

    Il Decalogo è stato donato dall'Essere all'umanità: sono parole destinate a svelare il senso delle cose e creare per l'utopia antica -per una verità che, letteralmente, non ha luogo un luogo sotto il sole. Sono stato testimone di ghetti e di guerre di religione, d'ostilità aperte e di gelide incomunicabilità, però non rinuncio all'idea che tutte le persone di buona volontà e quanti aspirano ad un globo non conteso, ma in pace, devono salvare il mondo -sogno dei profeti d'Israele, dei discepoli di Gesù e di Maometto. Lungi dall'essere un pio desiderio, è oggi più che mai un'esigenza che condiziona la sopravvivenza non sola dell'umanità ma del pianeta stesso. Dalle dieci parole è possibile incamminarsi insieme verso un'etica globale. Oh, dio, per quanto sta accadendo e non solo in Palestina, non è che voglio essere san Tommaso, però chi ha il coraggio di contraddire quest'Uomo del Libro e dell'armonia tra i Libri, quest'uomo d'azione e di mediazione politica? Egli mirabilmente continua la sua battaglia ideale per un'umanità degna di questo nome, una compagnia degli uomini in cui l'osservanza dei doveri elementari espressi dal Decalogo renderà inutile la stessa dichiarazione dei diritti dell'uomo perché questi sgorgherebbero spontaneamente da quelli. Irriducibile sognatore? Forse, o piuttosto discepolo ed erede dei mistici delle tre religioni e, come tale, consapevole che il Luogo dello straordinario incontro tra l'Essere supremo e il Nulla ultimo è quello dove si riconciliano teisti e agnostici: questa è l'utopia che la Bibbia e le Dieci Parole alimentano. Se lo dice lui……

    CHI È:

    André Chouraqui è da molti anni, un convinto sostenitore, della pace secondo quanto è indicato nella Bibbia e nel Corano che conosce come noi le dita di una mano.

    Egli è uno dei massimi interpreti dell'ebraismo interconfessionale. Delegato permanente dell'Alleanza Israelita Universale dal 1953 al 1982, consigliere del presidente Ben Gurion nel 1958, ha fondato e presieduto numerose istituzioni ebraiche e interconfessionali, favorendo uno sviluppo dei rapporti d'amicizia fra ebrei, cristiani e musulmani. Ha curato la traduzione e l'esegesi dell'Antico e del Nuovo Testamento e del Corano. È un uomo di una così ricca umanità, di una così smisurata cultura che, incontrarlo e parlargli, è un privilegio. È sicuramente una singolare figura d'intellettuale e scrittore. Nato in Algeria nel 1917 da una famiglia d'ebrei sefarditi (= spagnoli), educato nella fede ebraica, emigrato dapprima in Francia -dove ha lavorato accanto a René Cassin, l'artefice della Dichiarazione universale dei Diritti dell'uomo -e poi in Israele, dove è stato tra i collaboratori di Ben Gurion prima di diventare vice-sindaco di Gerusalemme, André Chouraqui è stato il primo e finora l'unico autore ad aver tradotto in una lingua moderna la Bibbia ebraica, il Nuovo Testamento greco e il Corano, in altre parole i testi fondanti le tre religioni monoteiste. Instancabile fautore del dialogo e della ricerca della pace, ha ricevuto, tra gli altri numerosi riconoscimenti, il Premio Giovanni Agnelli per la sua opera di distensione in Medio Oriente. Egli ha presieduto la tavola rotonda su: II dialogo, oggi, nell'ambito dell'Incontro Internazionale di Studi sulle tre Religioni abramitiche, tenutosi alla Fondazione G. Cini, Venezia, 23-29 maggio 2000 e a Fondamenta, con: La competizione su Dio. Durante tali eventi culturali, ho intervistato alcuni dei relatori più di spicco che inserisco in questo testo.

    1.2. RAFIQ KHOURY:

    L’umano, innanzitutto.

    Prof. Rafiq Khoury, Lei prima ha raccontato una specie di barzelletta sui rapporti tra ebrei e arabi palestinesi. Me la può ripetere per introdurre meglio nel cuore della storia del dialogo interreligioso e di Gerusalemme?

    È una riflessione su quanto sta accadendo, non una barzelletta. Gesù Cristo era curioso di assistere ad una partita di calcio che non aveva mai visto. Così io ed il mio amico l'abbiamo portato ad un incontro di calcio feroce tra ebrei e palestinesi. Segnano gli ebrei e lui lancia in aria il cappello per la gioia, segnano i palestinesi e fa altrettanto. Un signore seduto dietro di noi, stupito da tale comportamento, dà un colpetto sulla spalla di Gesù che si gira e gli chiede: -Buon uomo, per quale squadra tenete? -Per nessuna-risponde Gesù-Applaudo solo per il piacere di assistere al gioco della partita! AI che, il tizio si gira verso il suo vicino e borbotta: -È un ateo!

    Lei vuoi affermare che l'umano vale su tutto il resto?

    Precisamente. Questo significa forse che le religioni dissimulano l'umano? La risposta negativa non è poi così evidente: non a causa delle religioni stesse, ma a causa di coloro che aderiscono a tale credo religioso. In parole semplici, stiamo vivendo sicuramente una svolta risolutiva della nostra storia. Prenderne coscienza indica l'assunzione di una certa responsabilità dello spazio del nostro pianeta e del tempo della nostra epoca, sottolineata da molte trasformazioni: l'informatica, l'incrocio delle varie culture e civiltà, la postmodernità, il nuovo ordine mondiale e così di seguito. Senza chiudere gli occhi di fronte ai desideri, alle frustrazioni che ne discendono, è certo che noi stiamo vivendo un periodo storico tra i più straordinari, tra i più difficili e più appassionanti.

    Ma cosa hanno a vedere le religioni con tutto ciò?

    È proprio in questa svolta ultima che noi stiamo assistendo ad un altro fenomeno: il ritorno del religioso o come ha scritto Gilles Kepel, a La rivincita di Dio. Dio è uscito dall'ombra e si mostra un po' alla volta sulla piazza pubblica negli ultimi tre decenni, sotto l'aspetto di movimenti molto diversi. Richiamano il suo nome partiti politici, programmi di società ed altre attività. Sempre nel suo nome, sono operate delle scelte, comportamenti individuali e collettivi e delle iniziative intraprese in tutti i settori della vita umana si manifestano dappertutto.

    Non trova che questo fenomeno sia ambivalente?

    È equivoco ed ambivalente e non cessa di suscitare, al tempo stesso, paura e interrogativi. E vero che si traduce tramite iniziative fatte a servizio dell'uomo, tutela dei diritti umani, contestazione coraggiosa dell'oppressione sociale e politica, protesta contro la corruzione che assume varie forme (morale, sociale, politica, economica ...), impegno e servizio agli handicappati, alle vittime dell'AIDS, agli emarginati della società. Gli esempi sono così numerosi e conosciuti da tutti. Purtroppo, però c'è anche l'altra faccia della medaglia: in nome di Dio si uccide, si sopprimono vite, si commettono azioni efferate, disumane, stravaganti che coprono l'intera geografia umana e si trovano in tutte le religioni. Così la definizione dell'identità a partire dalle religioni, diventa sempre più difficile, comporta dei conflitti dove le atrocità sono di moda. Inoltre, la complicità del religioso e del politico, non cessa di fare strage quasi in ogni angolo della terra. Tutto ciò pone degli interrogativi molto gravi ed angoscianti e sempre più urgenti sulla natura stessa delle religioni e del loro ruolo all'interno dell'umanità. Le numerose vittime sono lì ad aspettare una risposta e da dove proverrà.

    Pensa che questa risposta, possa provenire dalle religioni?

    Le religioni non possono restare sulla difesa. È venuto il momento che escano dal loro buio, per affrontare con fiducia la libertà interna e l'obiettività, le numerose domande poste dal risveglio religioso. Se non agiscono così, altre o altri lo faranno al loro posto (e lo stanno già facendo, basta guardarsi in giro). ln effetti, dall'illuminismo in poi, una tradizione di pensiero ha trovato la sua strada all'interno della vita intellettuale e riflette sulle atrocità compiute dalle guerre di religione per trovare delle spiegazioni nazionaliste negative che negano Dio o lo riducono ad un deismo vago e inoperante o lo ricusano al di là dell'equazione valida per la storia umana. Di fronte a questo razionalismo, le religioni spesso si limitano ad avere posizioni di difesa o apologetica o polemica che impediscono loro di affrontare le effettive questioni. Oggi, per essere sinceri, bisogna scavalcare le discussioni sulla natura delle religioni e, partendo dalle aspirazioni e angosce dell'uomo contemporaneo, già così dibattute, necessita una nuova ermeneutica. Essa, a seguito di tanti incontri tra intellettuali sia religiosi che non credenti, dovrebbe riguardare le questioni vitali, in modo da mettere in discussione coraggiosamente le domande, per arrivare alle fonti più profonde e più vive della fede religiosa.

    Crede che l'umanità contemporanea si ponga ancora domande di natura teologica?

    Si può girare attorno, ma le questioni o le domande che oggi ci si pone alla coscienza sono tre: Dio, ci sono io, c'è l'altro. Naturalmente, rispondendo ad una, si risponderà anche alle altre. Non è che siano nuove le domande, è che vengono poste in un modo nuovo nel contesto storico che stiamo vivendo. Chi è Dio? Affermare che soltanto Lui può rivelare ciò che Egli è, risponde al vero ma è insufficiente in quanto le nostre parole umane lo affermano: Proprio qui risiede il problema di Dio in noi, piuttosto che quello di Dio in sé. Dio può essere detto in modo meraviglioso, però il dilemma è come è percepito nella mente e nel cuore dell'uomo. Il quesito non consiste nel sapere se noi crediamo in Lui o meno, piuttosto qual è il Dio in cui noi crediamo. C'è un Dio tribale, nazionale, esclusivo, oppure c'è un Dio che abbraccia con la sua tenerezza ed il suo amore gli uomini e i popoli? Si tratta di un Dio aggressivo o di un Dio che compatisce? Come passare dall'immagine di un dio idolo a quella di un Dio mistero? Dio idolo genera il fanatismo, mentre il Dio mistero produce la credenza e la differenza è veramente straordinaria.

    Allora, qual è l'interrogativo fondamentale che si devono porre i credenti, oggi?

    Più che dire credente qual è il tuo Dio, io chiederei in un modo meno diretto: -quale Dio, per quale umanità, necessita ai nostri giorni? -In tale contesto qualsiasi adorazione viene offerta a Dio, è un atto politico perché-in fin dei conti-la questione di Dio, è una questione che riguarda l'uomo. L’adorazione rende gloria a Dio e nel contempo, umanizza l'uomo. Guai ad un mondo senza mistici.

    Vogliamo passare alla seconda questione e cioè: chi è l'altro?

    Nel contesto storico attuale, il contrasto sull'alterità si pone con più urgenza, a causa della mescolanza crescente dei popoli e dei fedeli di religioni diverse. Le religioni hanno una concezione propria, ma tal esclusività, non è forse marginalizzante? Non traccia dei limiti sia per Dio che per l'uomo? Con questa riusciamo a sviluppare un'idea dell'altro che ci aiuti nella comunicazione e all'interazione positiva con lui? E poi, chi è quest'altro? Un nemico, una minaccia, una negazione della mia identità? Allora, quale logica dobbiamo adottare? Quella di io e lui o quella di io e te? E come passare da un'alterità di conflitto ad una di perdono, di riconciliazione, razionale? Si tratta di domande fondamentali e decisive.

    Già, ma il dilemma maggiore oggi è riuscire a capire chi sono!

    Spesso oggi l'interrogativo sull'identità si colloca in termini religiosi, il che comporta conflitti interminabili, soprattutto nel mondo dei poveri. Forse la mia identità religiosa è un ostacolo

    o un ponte, è un'identità esclusiva od inclusiva; aperta o chiusa, contro o per? È un'identità che si sviluppa in modo proficuo nell'incontro con l'altro, oppure si tratta di un'identità sradicata dalle sue radici umane? A queste domande, non si risponde superficialmente, a casaccio. Bisogna penetrare con grande coraggio e creatività dentro di noi, a partire dalle aspirazioni dell'uomo odierno e dalla parola vivente di Dio che per i cristiani è nella Bibbia, per accettare la differenza e va al di là di essa. Mi consenta di dire che la teologia nel nostro tempo ha un immane compito: mettersi al servizio dell'umanità per proporre una visione planetaria vigorosa, senza cedimenti, suscettibile di riunire, piuttosto che dividere.

    Ma finora questa, per esempio, non è riuscita a trovare la strada giusta per mettere d'accordo i grandi responsabili religiosi su che cosa fare di Gerusalemme. Allora, a cosa servono i dialoghi interreligiosi?

    Gerusalemme dovrebbe essere il luogo del dialogo. È difficile parlarne perché è una città difficile. Non si dà facilmente agli altri, occorre molto tempo e molta profondità interna per poter penetrare nel suo mistero o, piuttosto, lasciarsi penetrare dal suo mistero. È una città che ferisce, è una città che guarisce, che disturba e tranquillizza. È la città per eccellenza e per un cristiano quale sono io, ciò significa molto. Parlare di dialogo interreligioso, senza parlare di Gerusalemme, mi sembra una limitazione. Direi che il suo futuro si deciderà proprio a Gerusalemme. È vero che questa città santa suscita passioni irrefrenabili, com'è vero che la situazione politica attuale figura il suo aspetto profetico e la sua missione. Occorre molta cautela e, soprattutto, non dimenticare che essa è un campo minato dove, in ogni caso, bisogna avanzare, per definire il suo futuro. Là, in effetti, le tre religioni monoteiste si affiancano senza purtroppo, nemmeno guardarsi. Ciascuna si identifica con la città, si riconosce e la riconosce come parte integrante della sua identità. A partire da questa realtà indefinibile, Gerusalemme resta un appello permanente e angosciante all'incontro ed allo scontro reciproco. Gerusalemme è la città che sfida tutte le nostre certezze indiscutibili e ci pone di continuo delle domande. Essa è di per se stessa, una domanda, aspettando che essa rappresenti anche la risposta. Gerusalemme è una scuola di dialogo, un laboratorio, un luogo di dialogo. Ma è là che il dialogo è una realtà crocifissa, sempre in crisi con le sue difficoltà, i suoi blocchi, i suoi rischi, le sue croci, ma anche le sue glorie. Ed è in questa città, secondo le tre religioni monoteiste, che Dio ha avviato il suo dialogo con gli uomini perché possano dialogare tra di loro e costruire una civiltà dall'aspetto umano a misura d'uomo. E per me cristiano, in questa città, come afferma s. Paolo, che Gesù, con la sua pace, ha ucciso l'odio, per introdurre la riconciliazione. Tale dialogo potrà svolgersi soltanto a tre: tra cristiani, musulmani ed ebrei. Privilegiare gli uni a scapito degli altri, dialogare con gli uni contro gli altri o in assenza degli altri, sfigura la realtà ed il mistero stesso di Gerusalemme. Solo qui il dialogo potrà essere vero e reale, lontano da qualsiasi menzogna. Dal punto di vista cristiano, ci si sta adoperando perché Gerusalemme un giorno diventi l'alto luogo dell'ecumenismo, il punto privilegiato del dialogo tra tutti i popoli, il luogo predestinato, divinamente simbolizzato dalla visita ad Abramo dei messaggeri del Signore. È necessario sperare contro ogni speranza e la speranza, come scrive s. Paolo, non deluderà. Sì, domani a Gerusalemme!

    Mi pare che lei abbia privilegiato le tre religioni abramitiche nella costruzione dell'umanità futura... o no?

    I credenti delle varie fedi sapranno rispondere insieme alla domanda Quale Dio, per quale umanità? Sapranno darne una testimonianza, sapranno instaurare un'altra forma di mondializzazione, non quella di Mc Donald's, ma dei valori dell'umano? Nel terzo millennio, la lotta per Dio è un combattimento per l'uomo. Sapremo forse umanizzare il viso di Dio, per divinizzare il viso dell'uomo? Credente, che cosa dici del tuo Dio? Perché le nostre risposte non potrebbero essere comuni? Siamo, forse, nel campo dell'irrealizzabile, dell'utopia? I cristiani sanno che nulla è impossibile a Dio.

    CHI È:

    RAFIQ KHOURY, è responsabile dell'Educazione religiosa del Patriarcato Latino di Gerusalemme. Nato a Taybeh (Palestina) è un tenace prete del dialogo tra le tre religioni monoteiste, ma anche un acuto osservatore delle situazioni, specie quella drammatica di Gerusalemme, dove lui risiede ed è responsabile dell'educazione cristiana del Patriarcato latino. È, insomma, un palestinese cristiano che ha idee ben chiare sul dialogo interreligioso, reputando che questo procederà, giungerà a buon fine, qualora si risolverà politicamente il dramma della città santa. Rafiq Khoury, è intervenuto alla tavola rotonda già citata, quale rappresentante del cristianesimo.

    CAPITOLO SECONDO

    La cultura cristiana.

    LA CULTURA CRISTIANA, OGGI

    Quali i valori, le idee, le proposte di respiro universale che, pur nel travaglio della storia, permangono come punti di riferimento fondamentali per la comprensione dell'uomo? Ed è possibile articolare in modo sintetico i contenuti, offrendo una proposta positiva che, tenendo conto dei cambiamenti culturali in atto, sappia animare e corroborare la cultura cristiana di fronte alle nuove sfide sociali, intellettuali, religiose? Cultura è oggi parola usatissima e quasi mitica, come in altra epoca la parola progresso. Da chiunque è citata come indicativa di un ''valore''. Ne esemplifico solo alcuni che mi sembrano pertinenti:

    1. Cultura come coltivazione dell'uomo nella sua vita interiore. Nel mondo classico, dove questa idea nasce e si afferma, si è anche universalmente persuasi che tale coltivazione possa e debba attuarsi mediante i ''valori assoluti": il vero, il bene, il giusto, il bello. Solo la verità, la bontà, la giustizia, la bellezza sanno nutrire l'uomo, l'aiutano a crescere, ne fanno sbocciare le virtualità.

    Quasi inavvertitamente si passa poi a intendere per cultura non solo l'azione in se stessa ma anche il suo risultato. La parola perciò indica il patrimonio spirituale inalienabile di cui è dotata una persona. E, in conformità con la visione classica, tale patrimonio è individuato nei valori acquisiti di natura intellettuale, morale ed estetica, con cui lo spirito si arricchisce con la coltivazione Simile significato permane fino alla metà del secolo XVIII. Successivamente, con l'esaltazione dell'idea di popolo e di nazione, la parola cultura acquista una dimensione sociale. E si comincia a parlare della cultura di un paese, di un popolo, di una comunità umana. In questo senso, la cultura di una società è data dai mezzi sociali di coltivazione dell'uomo e dai suoi risultati sociali; e cioè: prima di tutto dalle sue scuole, dai suoi istituti di ricerca, dai suoi mezzi di comunicazione e di diffusione delle idee; poi dalla sua produzione letteraria, artistica, musicale, e, più ampiamente e profondamente, dal possesso sociale dei ''valori'' di verità, di giustizia, di bellezza.

    2.Cultura come elaborazione da parte dell'uomo.

    Dalla seconda metà del secolo scorso, a partire dal linguaggio delle discipline antropologiche ed etnologiche, avviene una

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