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La faina: AKI
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E-book61 pagine50 minuti

La faina: AKI

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Info su questo ebook

Jonathan Rabys pensa di aver raggiunto la tranquillità ma una faina nuoce seriamente alla sua conquista. Quella piccola curiosa, è sicuro, non ne uscirà indenne, se mi immischio, si ripete senza sosta nella testa. È da un pezzo che osserva in silenzio e adesso le sue orecchie avvertono qualcosa, un ronzio sordo gli dà alla testa. Ma il vicino non vedo tutto questo, sebbene…

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita9 mag 2021
ISBN9781071599983
La faina: AKI

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    Anteprima del libro

    La faina - Yves Patrick Beaulieu

    LA FAINA

    *

    — Ti lamenti del tuo vicino, proprietario di una vecchia abitazione bifamiliare, dici che non lo vedi bene perché non ripara quello che è necessario, ti interroghi sul furgone rosso che staziona davanti a casa tua oppure sul Labrador nero che abbaia al nulla. Io me ne frego di tutto questo! Significa che i tuoi pettegolezzi non mi possono interessare di meno. Tutti i tuoi commenti non mi portano niente, proprio un bel niente! Né ricchezza né conoscenza. Lo vuoi sapere? Mi annoi mortalmente. Vattene prima che metta in atto il mio progetto, quello di rifarti i connotati. No, aspetta! Dimentica quello che ti ho detto, era il guerriero che alberga in me che ti parlava, il vecchio soldato. So quel che dico.

    *

    Ma no! Mi sono trattenuto dal mandarlo in quel posto, quel vicino ficcanaso. Ho preferito giocare con le stesse armi dell’invasore: — Il proprietario ha dei problemi con il tetto del garage e sembra che per questo è in ritardo con la riparazione del portico...

    — A meno che prima non vi cada il tetto sulla testa...

    — Abbiamo una porta di servizio.

    — Mi dice che il furgone parcheggiato di fronte a casa mia è quello del più vecchio?

    — Sì, esatto.

    — E l’altro, quello che vive con lei e sua moglie?

    — È il minore... vive di sotto, nell’interrato.

    — Non lavora? Dico questo perché...

    — Perché?

    — Prende la posta e passa davanti a casa tutte le mattine...

    — E?

    — Tiene un bastone in una mano e nell’altra il guinzaglio di un cagnolino in miniatura con una faccia da bull-dog, alquanto nervoso, grazie!

    — Ah?

    — Potremmo dire «vivace», se preferisce. Ha visto la mia roulotte?

    Ho guardato l’uomo. Aveva già preso dalla tasca posteriore un telefono intelligente sul quale stava digitando rapidamente qualcosa. È magro, quasi alto, se si parla di un metro e cinquanta. I capelli corti, la barba rasata, i baffi appena tagliati si allungano sulle labbra fini e chiuse che, ora, si muovono...

    — Una Boler da 6 metri, le dico! Bellissima, guardi che meraviglia!

    Fiero, mi pianta il suo telefono sotto il naso. Guardo e vedo una mezza pagnotta di pane leggermente allungata, una roulotte bombata come ai tempi in cui anche i frigoriferi lo erano. Né brutta né bella, niente di più. Mi dico che l’ergonomia del veicolo diminuisce l’attrito con gli elementi; infatti, il vento al suo passaggio dovrebbe abbracciare le sue forme arrotondate. Una questione di risparmio di benzina più che di estetica. Lo guardo, i suoi occhietti vivaci mi osservano. È tutto miele, un gran sorriso.

    — Bella, vero?

    — Conosco la società, ha sede a Earlton. Mio zio ci lavorava qualche anno fa. Ora cercano qualcuno.

    — Non sono interessato, sono in pensione... La caccia con l’arco sta per arrivare.

    Mi dico che la conversazione non finirà presto. Il signore dice di essere un cacciatore, per di più esperto. Ecco da dove viene l’entrata in scena spettacolare. Ho osservato, infatti, il suo giochetto di prima. Si credeva un gatto e senza far rumore si è intrufolato nel mio parcheggio come un serpente.

    Ero intento a pulire il mio camioncino e gli davo le spalle quando mi sono voltato appena in tempo per vederlo fare l’ultimo passo verso di me, con un sorriso sulle labbra che gli è durato il tempo di una scoreggia. In quel momento gli stavo provando che non ero il primo che capita nel campo della caccia alla cerca.

    Non lo sapeva, ma aveva a che fare con qualcuno di molto più pericoloso di lui.

    L’Afghanistan è alle spalle, certo, ma il paese aveva messo le radici dentro di me e, una volta dentro, è difficile staccarsi da quell’universo.

    — Il suo cane? È aggressivo?

    Devo dire che quel tizio mi riporta in fretta alla realtà.

    — Di quale cane parla, della miniatura o del Labrador?

    — Parlo del Labrador. Non l’ho mai visto in giro. Anche lui abbaia. Non si dovrebbe lasciar abbaiare i cani, soprattutto in città!

    — La mia cagnetta non abbaia, per quanto ne so...

    — Beh no. Non parlavo della sua cagnetta! La sua è educata! Lo so bene che la tiene sotto controllo come si

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