La Musica del re: Delitti e misteri alla corte di Potsdam
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Sans-Souci, 1748. La quiete della corte di Federico II, Re di Prussia, è improvvisamente interrotta da un misterioso omicidio: Christophe Braumsieger, copista reale, viene ritrovato morto nel suo studio. Anche l'Offerta Musicale, la composizione del grande Johann Sebastian Bach cui l’uomo stava lavorando per conto del Sovrano, è scomparsa.
Spetterà a Carl Philipp Emanuel Bach, musicista di corte e figlio prediletto di Johann Sebastian, condurre le indagini.
Sulla scia di un secondo, inspiegabile omicidio, inizierà così un avventuroso viaggio alla ricerca della verità tra incantevoli città europee, musiche d’altri tempi, personaggi indimenticabili e strumenti musicali.
Tra questi, protagonista assoluto sarà il Fortepiano, prototipo settecentesco del pianoforte che si rivelerà fondamentale nella risoluzione dei delitti e dei misteri a essi connessi.
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Anteprima del libro
La Musica del re - Gabriele Formenti
gabriele Formenti
La musica del Re
Delitti e misteri alla corte di Potsdam
Thriller
© Bibliotheka Edizioni
Via Val d’Aosta 18, 00141 Roma
tel: +39 06.86390279
info@bibliotheka.it
www.bibliotheka.it
I edizione, settembre 2018
Isbn 9788869344206
È vietata la copia e la pubblicazione, totale o parziale, del materiale se non a fronte di esplicita autorizzazione scritta dell’editore e con citazione esplicita della fonte.
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Progetto grafico: Eureka3 S.r.l.
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Foto di copertina:
Elias Gottlob Haussmann, Ritratto di Johann Sebastian Bach, 1748, olio su tela, Lipsia, Bach-Archiv
Gabriele Formenti
Nato a Milano nel 1978, è giornalista, musicologo e musicista. Diplomato in flauto traverso e in flauto traversiere storico nei Conservatori Statali G. Verdi
di Milano e A. Pedrollo
di Vicenza, è laureato in Storia della Musica presso l’Università Statale di Milano.
Collabora con emittenti radiofoniche e quotidiani. Nel 2009 ha vinto la prima edizione del premio giornalistico Benvenuto Cellini
, nella categoria miglior servizio radiofonico
.
a Raffaella
Un romanzo costantemente in bilico fra realtà storica e finzione narrativa, incalzante e appassionato, dove protagonista è la Musica, arte per eccellenza, in grado di fomentare passioni e smuovere coscienze.
Prefazione
Un musicista di prim’ordine non conosciuto dal grande pubblico come meriterebbe. Una scrittura efficace e divertente, capace di restituire con leggerezza il sapore di un’epoca. Un capitolo di storia della musica ricco di personalità d’eccezione. Un plot intrigante, dallo scioglimento imprevedibile, nel quale l’Offerta Musicale di Johann Sebastian Bach gioca un ruolo centrale. Se con questi ingredienti l’appassionante romanzo di Gabriele Formenti non poteva che incuriosire e conquistare i suoi primi lettori, questa attesa ristampa giunge opportuna per portare a conoscenza di un pubblico più ampio un libro d’esordio che sembra uscito dalla penna di un giallista consumato.
Forte di un solido intreccio poliziesco, il romanzo ha per protagonista Carl Philipp Emanuel Bach, il secondo figlio maschio di Johann Sebastian. Musicista dalla solida cultura e intellettuale raffinato, compositore d’avanguardia capace di forgiare un linguaggio innovatore e personalissimo, nelle pagine di Formenti Carl Philipp è assolutamente credibile anche come detective eccentrico e brillante, degno erede di una tipologia di investigatori che dal Dupin di The Murders in the Rue Morgue di Poe a Sherlock Holmes, a Hercule Poirot, a Nero Wolfe giunge ai tanti sorprendenti protagonisti del giallo storico contemporaneo: dall’Aristotele dei romanzi della canadese Margaret Doody a Publio Aurelio Stazio, senatore-detective nella Roma dell’imperatore Claudio nato dalla fantasia di Danila Comastri Montanari; dal Guglielmo da Baskerville del fortunatissimo Il Nome della Rosa di Eco al Bernie Gunther di Philipp Kerr, che attraversa la storia tedesca dalla nascita del Nazismo agli anni della Guerra Fredda. Con una menzione particolare per Atto Melani, cantante, diplomatico e agente segreto al servizio del Re Sole, protagonista dei libri della coppia italiana Monaldi & Sorti, uno dei grandi successi editoriali degli ultimi anni.
L’intuizione di Formenti di ambientare La musica del Re nel Settecento, un secolo pochissimo frequentato dagli autori dell’Historical Mistery, è senz’altro vincente; e particolarmente indovinata e ricca di suggestioni è la scelta della corte di Federico il Grande per lo svolgimento della vicenda. Il re di Prussia era un eccellente compositore e un virtuoso di flauto traverso (come l’Autore!): salito al trono dovette rinunciare al sogno di fare della musica una professione per dedicarsi agli affari di Stato. Si dedicò però sempre con competenza e con dedizione quasi maniacale all’attività concertistica, riunendo nella sua cappella musicale un manipolo di artisti di eccellenza. Tra questi spiccano i personaggi che fanno da corona al protagonista del libro: Johann Quantz (che fu il maestro di Federico), Franz Benda e i fratelli Graun, Johann e Carl. L’auspicio è che il lettore, risolto il giallo e scoperto il colpevole, voglia far uscire dal mistero le composizioni di questi grandi musicisti...
Maurizio Schiavo
Göttingen, dicembre 1801
L’inverno era arrivato, portando con sé la prima neve. La città si era vestita di bianco, e l’ultimo mese dell’anno sembrava carico di nuove promesse per il futuro.
Johann Nikolaus Forkel rientrò a casa che fuori era già buio, il cappotto ricoperto da fiocchi bianchi. La cosa non gli dispiaceva affatto. Amava quella stagione. Contemplare l’anno che volgeva al termine per lui significava non solo fare un bilancio attento di quanto fatto fino allora, ma soprattutto programmare nuovi lavori.
La sua biblioteca era piena zeppa di libri di ogni sorta, e quelli dedicati alla musica costituivano la parte più cospicua della collezione.
Qualcosa come circa 2.500 volumi, alcuni dei quali rarissimi, rappresentavano tutta la sua vita, la sua passione, la sua missione: ricercare il significato ultimo di una composizione musicale, le ragioni che avevano spinto il compositore a dare forma sonora alle sue idee. Era una vera e propria mania quella di organizzare il sapere attraverso libri che catalogassero in maniera razionale e precisa tutte le informazioni. Per ogni domanda, una risposta.
Ma la musica del suo tempo… quella non era mai riuscito a comprenderla fino in fondo. Sentiva che qualcosa d’importante era andato perso lungo il cammino.
Molti compositori sembravano interessati solo al successo, alla facile presa sull’ascoltatore. Dov’erano finite le ragioni ultime? Dov’era la grandezza di un genio come Sebastian Bach?
Lui stesso aveva provato a cimentarsi con la composizione, dando fondo agli studi di gioventù. Semplici esercizi di stile, nulla di più, ma non era certo stata l’ambizione d’emergere a spingerlo verso l’arte della scrittura musicale.
Più semplicemente aveva seguito l’istinto, che gli suggeriva di provare a comporre musica in quel determinato contesto storico, per capire quanto questo potesse condizionarlo a livello artistico.
Solo un musicista lo aveva veramente impressionato in quegli anni, e portava il nome di Wolfgang Amadeus Mozart, un angelo caduto in terra e scomparso troppo presto. Non era nemmeno un caso, pensava Forkel fra sé, che proprio Mozart fosse stato un grande ammiratore, oltre che studioso, della musica del grande Bach. Conosceva tutto il "Clavicembalo ben Temperato", sul quale si era formato una solida tecnica tastieristica e su cui aveva anche plasmato il suo gusto. La sua musica possedeva una grandezza e una profondità che lui, in tanti anni di ricerche e considerazioni, aveva ritrovato solamente in Sebastian.
L’epoca barocca, in tutto il suo splendore e la sua semplicità, era confluita nel classicismo viennese, fornendo la spinta propulsiva al necessario e tanto atteso rinnovamento del gusto. Era un vero peccato che, a parte rare eccezioni, i risultati non fossero stati all’altezza delle aspettative.
Nel salotto, un semplice camino contribuiva a manterenere la temperatura gradevolmente calda.
Forkel si tolse il pesante soprabito e raggiunse il suo studio privato. Prese dal cassetto della scrivania la sua amata pipa, opportunamente caricata dopo pranzo per la fumata della sera, e si avvicinò alla poltrona. Si sedette e cominciò a fumare, disegnando nell’aria grandi anelli di fumo bianco e profumato.
Nella stanza regnava il disordine più assoluto, ovunque erano disseminati bicchieri semi vuoti, bottiglie di vino, tabacco da pipa e vecchi libri ingialliti.
Enormi pile di carta erano sparse sul tavolo, sugli scaffali della libreria, persino per terra; ognuna di esse era legata da una cordicella sottile e resistente, eccetto una.
Era più alta delle altre e si trovava proprio al centro della scrivania.
Non recava alcun titolo sulla prima pagina, solo un nome in un bel corsivo grassetto: BACH.
Mentre fumava lentamente la sua pipa, Forkel trasse dalla tasca del panciotto una lettera. L’aveva ricevuta quella mattina ma non era ancora riuscito a leggerla.
Proveniva da Lipsia e portava la firma dell’ufficio di Hoffmeister & Kühnel, i suoi editori. Si era riservato di aprirla con calma, perché conteneva una risposta attesa con trepidazione. Ciò che era scritto su quell’anonimo foglio di carta poteva rappresentare la conferma e il coronamento di un progetto editoriale unico nel suo genere, alla cui realizzazione aveva dedicato tutto se stesso.
Aveva poco più di un anno quando il grande Johann Sebastian Bach era morto, e certo non poteva immaginare che quel nome avrebbe condizionato gran parte della sua esistenza.
L’intuizione avuta mesi prima era stata solo il punto di partenza: perché non raccontare la vita e la musica del sommo Kantor, in modo che le generazioni future potessero conoscerne e apprezzarne l’eredità? Al mondo non esisteva nulla di simile, e dal punto di vista editoriale la cosa poteva considerarsi poco meno che un azzardo.
Ora, dopo anni di ricerche, carteggi e approfondimenti, il lavoro era finito. O quasi. Stringendo saldamente la pipa tra i denti, aprì la busta con un gesto deciso, spiegò il foglio e lesse avidamente il suo contenuto.
Dopo pochi minuti trasse un profondo respiro di sollievo. Era fatta.
Si alzò, raggiunse la scrivania e scostò l’alto manoscritto facendo attenzione a che nessun foglio andasse in disordine.
Quindi prese il calamaio e cominciò a scrivere.
Gottingen, 15 dicembre 1801
Miei cari amici,
Inizio col ringraziarvi per la vostra missiva. Devo confidarvi che dubitavo fortemente che mi avreste accordato la vostra totale fiducia.
Il fatto che riteniate possibile inserire nella biografia del grande Johann Sebastian Bach l’ampliamento da me proposto, rende onore a voi e al vostro lavoro editoriale.
Ritengo che la vostra decisione apporterà rilevanti benefici alle conoscenze di molti. In altre parole, grazie alla vostra lungimiranza le generazioni future sapranno cosa accadde veramente.
Il lavoro è finito, lo sapete, ma ho deciso di dedicare altro tempo a una causa che reputo superiore a qualsiasi altra io abbia mai sposato.
Come da vostre istruzioni, entro la fine dell’anno invierò l’aggiunta che ritengo essenziale per il lavoro da pubblicare.
Le notizie che vi ho accennato sono esclusive, assolutamente sconosciute fino ad oggi, e provengono da fonti certe.
Con osservanza Vostro Johann Nikolaus Forkel
Lesse un’ultima volta la missiva e richiuse la busta, poi tornò a coricarsi sulla sua poltrona preferita per godersi la pipa, uno dei regali più graditi che avesse mai ricevuto. Era sporca e ormai annerita dall’uso ventennale, ma sul cannello era ancora leggibile la piccola incisione vergata in una calligrafia elegante e leggermente arrotondata:
Al mio caro Forkel, amico e compagno. Amante della musica e della verità
.
La firma era quasi illeggibile, ma un occhio esperto e attento avrebbe potuto facilmente decifrare il nome di Carl Philipp Emanuel Bach, figlio del grande Sebastian.
Ricercar a 3
Sans-Souci, 30 maggio 1748
Fu così che lo trovarono, la mattina presto, poco dopo l’alba.
Il corpo immobile, come pietrificato nella posizione in cui aveva esalato l’ultimo respiro, la penna d’oca ancora stretta nella mano destra e lo sguardo fisso, attento, tipico di chi per mestiere pone la massima cura in ciò che fa.
Non avrebbe mai potuto prevedere che sarebbe finita così.
Essere nominato copista di corte era stata la sua fortuna, ma anche la giusta ricompensa per i tanti anni spesi al servizio della musica.
Dapprima ad Amsterdam, presso la famosa bottega fondata da Estienne Roger, e poi finalmente a Berlino.
In Olanda aveva imparato i segreti dell’editoria musicale e aveva capito che spesso il successo di una composizione non era determinato dalla musica in sé, ma dalla sagacia con cui l’editore era in grado di offrirla al maggior numero di persone. Sotto le sue mani erano passati i maggiori artisti del periodo, da Vivaldi a Locatelli, ma anche Corelli, senza dubbio l’autore più venduto.
Quando Roger venne a mancare, nel 1722, era proprio a lui, Christophe Braumsieger, che doveva essere affidata la bottega. Ma il destino a volte ha in serbo altri piani. Una chiamata alla corte di Federico non si poteva certo rifiutare. Ed eccolo lì, dov’era andato incontro a una morte brutale e inattesa.
Nonostante l’innaturale immobilità della postura, il corpo di Christophe non dava l’impressione che fosse sopraggiunta una qualche forma di morte violenta; solo a un più attento esame della figura, lo sguardo rivelava chiaramente il terrore che doveva aver provato l’uomo.
La morte l’aveva afferrato per il collo, dove spiccava un profondo segno bluastro che straziava la pelle tutt’intorno. Indossava un’abbondante camicia bianca, dal tessuto ricamato e prezioso, che non aveva reso immediatamente visibile quell’importante particolare.
A Carl Philipp fu subito chiaro che il povero Christophe fosse stato strangolato con improvvisa e cieca violenza, talmente inaspettata che il rigor mortis ancora ne evidenziava la brutalità: il corpo, infatti, era compostamente seduto sulla sedia foderata di velluto rosso e verde, e le braccia ancora appoggiate allo scrittoio sul quale tante volte aveva ricopiato le musiche più alla moda, senza rimpianto alcuno per la fredda e triste bottega di Amsterdam.
Carl Philipp osservava tutto in silenzio, apparentemente impassibile dinanzi a quello spettacolo pietoso. Lo stesso faceva Benda, amico e violinista di corte, che fissava la scena come assorto, catturato dalla completa assenza di rumore.
Il primo a parlare fu Carl Philipp.
«Benda, amico mio, non noti nulla di strano?»
A quelle parole improvvise, Benda quasi trasalì.
«Come dici Carl? Non mi pare, no, mi sembra tutto tranquillo. Non fosse per il suo sguardo, non capirei nemmeno che è morto!»
«Guarda meglio, osserva lo scrittoio» lo incalzò l’amico.
Effettivamente sì, qualcosa di strano c’era.
«Manca la musica! Non ve n’è traccia alcuna.»
«Esatto» annuì Carl Philipp «Christophe doveva lavorare a qualcosa di veramente importante, se era