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Il giubbino rosso
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E-book283 pagine4 ore

Il giubbino rosso

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Thriller - romanzo (223 pagine) - L’avvocato Morelli riceve quello che dapprincipio gli appare come un incarico facile: per conto di una nuova cliente dovrebbe infatti occuparsi della causa di divorzio che la stessa desidera intentare verso il marito, facoltoso commerciante. Purtroppo per Morelli, l’incarico cambierà natura ben presto: pochi giorni dopo, il commerciante viene assassinato e la principale sospettata sarà proprio la nuova cliente.


Claudia Cavallo incarica l’avvocato Morelli di dare corso alla causa per il divorzio dal marito, Nicola Casanova, titolare di un negozio di abbigliamento d’alta moda. Il legale non fa in tempo a iniziare la procedura che alcuni giorni dopo Casanova viene ucciso.

I coniugi vivono in un appartamento accanto al quale si trova una garconniere, usata dal solo marito per nascondere la contabilità aziendale e per una relazione che ha con la direttrice del negozio, Rita Turco.

Sospettata dalla polizia d’avere assassinato il marito per gelosia e per motivi di interesse patrimoniale, Claudia Cavallo ricorre di nuovo all’avvocato Morelli; il quale, a questo punto dovrà avviare una difficile indagine in proprio, per chiarire molti dubbi e scagionare la nuova cliente.

Quello che Morelli non si aspetta, però, è che il quadro da ricostruire ha molti colori e non soltanto il rosso della gelosia.

O di un giubbino fatale.


Nato nel 1939 a Ortona, Luigi Grilli dopo la laurea in giurisprudenza è entrato in magistratura nel 1965 ultimando la carriera come presidente del tribunale di Pescara. Collocato in pensione con il titolo di presidente aggiunto della Corte di Cassazione ha presieduto dal 2008 le Commissioni tributarie di Bologna.

Autore di sedici volumi in materia penale con le case editrici Giuffrè e Cedam, negli ultimi anni si è dedicato a scrivere romanzi gialli del genere legal thriller ambientandoli nella sua città, Pescara. Ne ha pubblicati sette con la casa editrice Delos Digital. Nel 2020 ha partecipato al premio Tedeschi della Mondadori con il romanzo Porto turistico ed è stato selezionato tra i cinque finalisti.

È in corso di pubblicazione un racconto del genere weird dal titolo La bara di Serkhet scritto in collaborazione con Andrea Grilli.

LinguaItaliano
Data di uscita23 nov 2021
ISBN9788825418330
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    Il giubbino rosso - Luigi Grilli

    Personaggi principali

    Antonio Morelli (Totò), avvocato

    Sara Berardi e Biagio Mosca, sostituti Procuratori della Repubblica

    Claudia Cavallo, casalinga

    Nicola Casanova, commerciante

    Piero Federici, il ladro di bottoni

    Rita Turco, direttrice del negozio di Casanova

    Lucia, figlia di Rita

    Rosa, sorella di Rita

    Kim Huan, marito di Rosa

    Cao Huan, cugino di Kim.

    1

    In fila indiana

    Era giovedì mattina. Poco prima delle undici l’avvocato Antonio Morelli si recò in Tribunale per depositare un ricorso e così venne a sapere ciò che gli avrebbe rovinato la giornata.

    Non solo quella!

    Erano rare le occasioni in cui andava di persona presso la cancelleria perché questo era uno dei compiti della giovane collega Fagiolo, ma quella mattina Lisa non era andata in studio per un improvviso malore. Aveva evitato l’influenza di stagione per tutto l’inverno e ora, a maggio, si era fatta beccare in malo modo. Nemmeno Giovanni, il segretario di fiducia e il tuttofare dello studio legale, era potuto andare in Tribunale perché anche lui non si era sentito bene. L’altro collega era andato presso gli uffici giudiziari di Chieti per una causa e così Morelli si ritrovò in fila davanti a quello sportello che non amava.

    Il motivo era uno solo: avrebbe perso a dir poco un’ora per consegnare quattro fogli a un cancelliere che li avrebbe ricevuti con malcelato fastidio.

    Non amava perdere tempo ma qualche volta non poteva comportarsi diversamente, specie se aveva atteso l’ultimo giorno utile per il deposito dell’atto. Avrebbe potuto farlo due giorni prima, anche tre giorni prima ma era rimasto indeciso fino all’ultimo sulla strategia processuale da seguire con l’unico risultato che ora si trovava in quel corridoio, oltre tutto stretto e senza finestre, che lo stava ingabbiando.

    Per fortuna il sorriso di un paio di segretarie di altri studi legali riuscì a metterlo di buon’umore e a fargli apprezzare i vantaggi di stare in fila davanti a uno sportello.

    Alle sue spalle c’erano due ragazze. Conosceva quella con i capelli rossicci e si ricordò anche il nome: Benedetta. Era una stupidaggine eppure ne fu contento.

    Quello che attirò la sua attenzione fu il chiacchiericcio delle due che si misero a commentare gli ultimi avvenimenti di Pescara: Benedetta con un’espressione preoccupata confidò all’amica che doveva risolvere un problema difficile e soprattutto urgente: – domenica prossima devo andare al matrimonio di mia cugina e mi ritrovo senza il vestito. Pensare che ho speso un patrimonio presso quel negozio di via Ferraris e adesso non so se me lo consegneranno con quello che è successo.

    Nel sentire quel nome l’avvocato si fece attento. Non sapeva quanti negozi ci fossero in quella strada ma l’abbinata via Ferraris e vestito elegante lo mise in allarme.

    L’altra segretaria, quella più carina e con la camicetta che sobbalzava ad ogni respiro, rispose: – Non ti so consigliare. Pensare che era una persona tanto simpatica! Ma, come è morto…

    – È questo il punto: Non lo sanno. Mio zio, che lavora in Questura, mi ha detto che lo hanno trovato cadavere e forse si tratta di un omicidio. Io non gli credo perché zio Tonino, per far vedere che occupa un posto importante, ingrandisce sempre le notizie ma, anche se non si tratta di omicidio, il morto è garantito… purtroppo!

    Lui si intromise. La curiosità, e non solo quella, lo spinse a chiedere a quelle due di chi stessero parlando.

    La prima ragazza gli rispose che si trattava di un certo Nicola che aveva un negozio di abbigliamento in città e che quella mattina avevano trovato morto. Gli precisò: – Sembra che sia una brutta storia.

    Poi, verso l’altra: – A me dispiace per lui e per la famiglia ma certo è che adesso non mi consegneranno quel bel vestito che ho scelto e non so cosa indossare domenica.

    Morelli, ormai partecipe della conversazione, volle dare il suo contributo: – Perché… Nel negozio ci saranno anche delle commesse!

    – Non è così semplice – gli rispose di getto quella che si chiamava Benedetta – perché, almeno così mi ha spiegato mio zio, in questi casi si mettono i sigilli al negozio.

    – Che c’entra il negozio se l’hanno trovato in casa… – obiettò l’avvocato.

    – Non lo so ma non credo che l’abbiano trovato a casa sua. Questo, zio Tonino non l’ha detto.

    L’altra: – Ti do un consiglio: Non ti fidare delle chiacchiere e va’ a controllare di persona… Piuttosto, com’è quel vestito…

    Benedetta cominciò a dare le spiegazioni del caso, scendendo nei dettagli: dal colore al disegno, dal tipo di stoffa alla scollatura fino a precisare l’abbinata che aveva deciso di fare con le scarpe, che però aveva acquistato in un altro negozio.

    Lui era affascinato da quella conversazione e dall’interesse delle due che, pur di fronte alla morte di una persona, non intendevano tralasciare le migliori considerazioni sul vestito che, come la ragazza puntualizzò almeno una decina di volte, era costato un patrimonio, più dello stipendio che prendeva dallo studio presso cui lavorava.

    A un certo punto della conversazione Morelli dovette occuparsi d’altro perché era giunto il suo turno: Si trovò davanti il vetro che separava la cancelleria dal pubblico e si affrettò a depositare il ricorso.

    Ci fu un attimo di smarrimento quando il funzionario gli chiese la marca da bollo per gli atti giudiziari, senza la quale il deposito non poteva aver luogo. Non solo non l’aveva ma non sapeva come procurarsela.

    Buon per lui che quella Benedetta ne aveva una in più e fu così gentile da prestargliela dicendo: – Ne ho sempre una riserva per evitare di perdere tempo. La prenda e quando può la restituisce al mio legale, l’avvocato Tritapepe.

    La ringraziò confermandole che conosceva il legale presso cui lavorava e promettendo che in giornata avrebbe inviato la sua segretaria per pareggiare il conto.

    Lei: – Non si preoccupi, non c’è fretta perché queste cose me le gestisco da me. Non c’è problema.

    Non era quello il problema che stava interessando Morelli. Ormai gli era giunta una notizia che, parziale e imprecisa che fosse, lo coinvolgeva. Si disse che non poteva fare a meno di controllarla: un negozio in via Ferraris, un vestito elegante e una persona che si chiamava Nicola.

    Troppe coincidenze!

    Dal momento che si trovava nel palazzo di giustizia decise di salire al quinto piano per fare una visita, non del tutto disinteressata, al suo amico d’infanzia, il sostituto anziano della Procura della Repubblica, Biagio Mosca. Non era certo di trovarlo in ufficio e non sapeva nemmeno se gli sarebbe riuscito di avere qualche informazione ma, trovandosi in quel luogo, non gli costava nulla fare un salto su. Non doveva nemmeno affaticarsi dal momento che a Pescara il palazzo di giustizia è dotato di dodici ascensori.

    Passò indenne sotto il metaldetector e lo sguardo dell’agente addetto alla sicurezza del settore per giungere nella stanza dell’amico.

    C’era e non si trovava nemmeno solo.

    Vide che era in compagnia di una sua collega, Sara Berardi, che Totò conosceva bene perché l’aveva assistita mesi prima nella causa di divorzio con il marito. La loro era qualcosa di diverso da una semplice amicizia, forse più da parte di Sara che non sua; era restio alle avventure occasionali, anche se qualche volta non riusciva a evitarle.

    – Posso… – chiese con buona educazione, quasi timoroso di disturbare.

    – Entra, siediti e non fare commenti inopportuni. Stiamo lavorando – rispose Biagio.

    – Io, no – replicò Totò mentre aderiva all’invito e si sedeva davanti a Sara che, cercando di assumere un atteggiamento professionale, scavalcò le gambe e si mise seduta in modo composto.

    Fu lei a chiedergli cosa lo spingesse a quella visita mattutina e non prevista.

    Morelli: – Una domanda. Una sola e tolgo il disturbo.

    Biagio guardò verso Sara ed esclamò: – Ci fosse una volta in cui questo bellimbusto venisse a trovarmi senza avere una domanda da rivolgermi… una volta sola, non chiedo molto.

    La sostituta: – Lascia stare e fallo parlare.

    Il legale: – La domanda è semplice e non vi faccio perdere tempo: nel corridoio della cancelleria penale, pochi minuti fa, due ragazze mi hanno detto che avete trovato morto una persona che dovrebbe chiamarsi Nicola, titolare di un negozio di abbigliamento in via Ferraris. Dal momento che non amo le chiacchiere del palazzo ho pensato di venire qui da voi per sapere il cognome di questo defunto che forse ma, lo ripeto, molto forse, potrei conoscere.

    Fece una breve pausa. Rivolse a Sara Berardi un sorriso carico di compiacente simpatia e aggiunse: – Se è un segreto di Stato, tolgo il disturbo e vi saluto, lasciandovi al vostro lavoro.

    Biagio: – Sempre spiritoso il nostro esimio avvocato Morelli… sempre!

    Intervenne lei: – Oggi Biagio è di cattivo umore. Ti rispondo io: si tratta di un certo Nicola Casanova, sposato, con una figlia, freddato con un colpo di pistola calibro 45. Non mi chiedere dove l’hanno trovato perché non te lo dico. Per altri dettagli devi offrire un pranzo a tutti e due oppure aspetta domani mattina e leggerai tutto sul quotidiano dove scarabocchia quel tuo amico che chiamano Pul. Chiaro… Soddisfatto…

    Morelli: – Chiaro e soddisfatto. Ora vado.

    Stava per alzarsi quando l’amico Biagio lo apostrofò con tono perentorio: – Non vai da nessuna parte e il pranzo me lo pago da me. Adesso parla tu e ci dici come mai sei salito fin qui per avere questa informazione che, conoscendoti, ti occorre per qualche tuo interesse.

    Morelli non si alzò. Guardò verso gli altri due e rispose: – Io vi dico quel poco che so e voi all’occorrenza ricambierete. Da parte mia, anticipo che non ho interesse né altro per questo omicidio. Non sto facendo lo spiritoso perché un calibro 45 mi fa pensare solo ad un delitto. Se sia d’impeto o premeditato, di interesse o passionale, non lo so e, a scanso di equivoci, non lo voglio sapere.

    Berardi: – A sentire Biagio, non ti facevo così generoso. Non prometto nulla fintanto che non ci illumini.

    L’altro: – Amico mio, sputa l’osso e va veloce. Volevi conoscere il nome della persona che è stata assassinata. Ti abbiamo accontentato. Spiegaci il perché di questo tuo interessamento.

    Morelli si accorse di trovarsi in una posizione delicata, ma ormai la frittata era fatta.

    Rivolto verso gli altri, disse loro: – La moglie di questo Casanova è una mia cliente. Per l’esattezza è una compagna di classe di mia moglie ed è stata lei a indirizzarla nel mio studio. Si chiama Claudia Cavallo e mi ha conferito il mandato per preparare la causa di divorzio dal marito. Mi sono messo al lavoro e ho anche incaricato un mio collaboratore di fare accertamenti sulla situazione finanziaria del marito.

    Biagio: – Quando sarebbe accaduto tutto questo…

    – Lunedì scorso. Cavallo si è presentata nel mio studio e mi ha esposto la situazione. Era decisa a volersi liberare del marito perché, così mi ha riferito, aveva scoperto che aveva un’amante e lei non accettava questa situazione. Se sia vero oppure no, non lo so e proprio per questo ho incaricato il mio collaboratore Tobia di darsi da fare.

    Sara: – Chi sarebbe questo amante…

    Avrebbe potuto rispondere ma si trattenne. Forse non era il caso che li informasse di tutto quello che sapeva. Claudia Cavallo gli aveva dato delle notizie che potevano, anzi, dovevano restare coperte dal segreto professionale. C’era tempo per aprirsi con quelli della Procura.

    – Non te lo so dire perché il mio collaboratore non mi ha ancora presentato la relazione.

    Si fermò un attimo e concluse: – Tutto qui. Ero in cancelleria e nel sentire quel nome mi sono incuriosito. Ho fatto bene perché, se non c’è un marito vivo, non c’è nemmeno un divorzio e io mi posso rilassare perché ho perso la cliente.

    Verso Berardi: – Come vedi, sono stato sincero e adesso, se mi date qualche elemento per capire in che situazione mi trovo, vi sarei grato.

    Biagio Mosca: – Capisci da te che questa Cavallo si trova incasinata.

    – Perché…

    L’amico non esitò a fargli notare che non si poteva escludere che si trattasse di un divorzio all’italiana: – Il marito muore e il matrimonio finisce. Non c’è bisogno di avvocati, giudici, cause e tutto il contorno. Resta la libertà e forse anche l’eredità. Bel colpo!

    Morelli: – Non scherziamo! Piuttosto, mi avete detto come è stato assassinato questo signore e mi tornerebbe utile sapere anche dove è stato trovato. Se ci aggiungete qualche altro dettaglio siamo pari.

    Sara Berardi stava per rispondergli ma Biagio Mosca la fermò con un gesto della mano. Poi, verso Morelli: – Caro Totò, non fare il furbo con me perché non è la giornata giusta. Ieri sera mi hanno alleggerito di duemila euro per una scala servita e non riesco a rassegnarmi. Ci hai detto cose che il commissario Tiepolo ci metterà poco meno di un’ora per accertarle. Quanto al resto, ti dico solo che il cadavere è stato trovato in una garçonnière e penso che questo ti dovrebbe bastare. Non te la prendere ma siamo a poche ore dal rinvenimento e non ci possiamo mettere a chiacchierare con il legale di una persona che mi auguro sia estranea ai fatti ma che potrebbe anche non esserlo. Sei del mestiere e conosci queste regole… Scusaci e, con il tuo permesso, lasciaci lavorare. Torna a casa e abbraccia per me Milena.

    Morelli capì la situazione e quello che l’amico Biagio gli stava dicendo.

    Non aveva di che lamentarsi e, dopo un rapido saluto, uscì dalla stanza.

    Era sulla soglia quando sentì Sara che diceva: – Perché sei stato così scortese… Morelli è così simpatico e gentile! Che motivo c’era di maltrattarlo in quel modo…

    – Totò è il mio migliore amico ma, quando si presenta qui come avvocato il discorso cambia.

    Morelli la pensava nello stesso modo.

    Scendendo con l’ascensore per tornare in studio gli venne da pensare: va a vedere che, invece di un divorzio, mi devo occupare di un omicidio!

    Una cosa era certa: gli si era movimentata la giornata!

    2

    L’appartamento per la badante

    I rintocchi delle campane della cattedrale di san Cetteo battevano le dodici quando giunse in studio.

    La giornata si era messa al bello ma Morelli non aveva tempo per godersi il caldo che, senza esagerare, cominciava a riscaldare la città. Era maggio, il mese che preferiva per gli odori che madre natura elargisce a piene mani e gli insetti, fastidiosi e insopportabili, non si risvegliano ancora del tutto.

    Quella mattina non riusciva a godersi l’aria fresca che proveniva dal mare e il caldo che anticipava l’estate senza esagerare. Non se lo sapeva spiegare ma sentiva odore di guai e per la sua esperienza sapeva di non sbagliare. Nei primi anni del matrimonio Milena lo canzonava per questa sua capacità di anticipare gli eventi ma con il tempo aveva smesso perché, non sempre, ma spesso Totò aveva sentito il lezzo dei guai che arrivavano in studio.

    Quel giorno era uno di quelli in cui avrebbe detto che non si sbagliava anche se non ebbe problemi per parcheggiare la Porsche. Come gli accadeva da alcune settimane si servì del garage di Beppe, un cliente che in quel periodo era ospite delle patrie galere e che metteva a sua disposizione quel locale, non per amicizia né per simpatia ma perché era un modo per pagargli l’onorario delle difese di cui Beppe Moscatelli aveva spesso bisogno.

    Salì al primo piano e trovò Claudia Cavallo in anticamera.

    La vide seduta come una scolaretta in punizione, con lo sguardo rivolto verso il pavimento e un cappellino che le copriva i capelli. Tutto si sarebbe aspettato tranne quella visita e soprattutto quel copricapo che non si adattava al personaggio. Sul momento pensò che la donna non avesse avuto il tempo per andare dalla parrucchiera e avesse voluto mascherare un certo disordine ma fu questione di attimi perché ben altri erano i problemi che si affollavano in quella stanza.

    Lei si alzò e gli andò incontro come se volesse essere salvata da un male oscuro, come se lo volesse abbracciare.

    Morelli capì subito che la donna era in ansia e aveva bisogno di essere calmata, quasi rassicurata. La invitò a entrare nella sua stanza. Fece cenno a Mina di non disturbarlo.

    Lei si sedette e poco dopo alzò lo sguardo verso di lui.

    Morelli, anche per metterla a suo agio, decise di avviare il discorso e le disse con tutta la calma che gli riuscì di mettere insieme: – Poco fa ho avuto la notizia della morte di suo marito. Non conosco i dettagli, anzi, ne so quasi niente ma immagino che lei sia venuta da me per questo. Premesso che sono il suo avvocato e che è mio compito proteggerla, oltre che consigliarla, mi dica il motivo per cui è venuta. Glielo ripeto: stiamo sulla stessa barca e cerchiamo di uscirne al meglio.

    La guardò con una certa insistenza e concluse: – Allora… Che mi dice…

    La Claudia Cavallo che si era seduta davanti alla sua scrivania era ben diversa da quella donna arrabbiata e sicura di sé che giorni prima si era presentata per parlare di divorzi, di soldi, di come distruggere un marito infedele. Ora sembrava meno bella, meno decisa e in cerca di protezione.

    Gli rispose: – Non so nemmeno io perché sono venuta qui. La polizia si trova in casa e non volevo essere d’intralcio. Forse non volevo nemmeno che mi rivolgessero troppe domande.

    – La capisco e non le dirò di restare serena perché sarebbe un’ipocrisia. Il momento è difficile ma ne uscirà. Forse le farà bene cominciare con il dirmi cos’è accaduto questa mattina. So che suo marito è stato ucciso con un colpo d’arma da fuoco. Sembra si tratti di una pistola calibro 45. Ho provato a trovare qualche informazione ma non m’è riuscito. Tutto qui. Mi dia qualche dettaglio.

    La donna sembrò voler accettare il consiglio e, stranamente, come prima cosa si liberò di quel cappellino che non aveva alcun senso. Poi, gli rispose: – Per capire cosa sia accaduto occorre che sappia che la casa dove abitiamo, in via Morosini, si trova nell’attico ed era di Nicola. L’ha avuta in eredità dal padre che a suo tempo aveva diviso i locali in modo che ci fosse un appartamento padronale e, accanto, sullo stesso pianerottolo, un piccolo ambiente che lui aveva messo a disposizione della sua badante. È piccolo, due stanze, ma dotato di tutti i confort. Alla morte di mio suocero Nicola ha lasciato le cose come stavano e da anni usa quelle stanze per i suoi affari.

    – Non ho capito.

    – Cerco di spiegarmi e le racconto quello che Nicola mi ha confidato anni or sono quando i nostri rapporti erano al meglio. Quel piccolo appartamento non risulta in alcun modo che sia nostro. Mi parlò di una certa Rosato cui aveva intestato la proprietà. Ha un suo ingresso e anche le varie utenze sono a quel nome che, però, è di fantasia. Detto questo, le aggiungo che mio marito ha sempre avuto un autentico terrore delle verifiche fiscali, dell’Agenzia delle Entrate e soprattutto della Guardia di Finanza. In quelle stanze aveva messo la contabilità dell’azienda, quella vera. So che si chiama la doppia contabilità.

    Morelli ora aveva capito, anche troppo, e chiese alla donna se lei avesse mai visto quei documenti, se avesse le chiavi dell’appartamento.

    – No – rispose lei – Non mi ha mai permesso di entrarci. Si immagini se mi consegnava le chiavi! Quello che le ho detto me lo confidò circa tre anni fa. Non so cosa sia successo nel frattempo anche se ho sempre pensato che usasse quelle stanze per le sue avventure galanti. Nicola ha sempre avuto delle amanti, anche troppe, e fintanto che ne cambiava una dopo l’altra, pazienza! Ma di recente si era fermato su una sola persona ed è stato questo a farmi imbestialire … E non solo. Ne abbiamo parlato lunedì quando ci siamo visti per la causa di divorzio.

    Vero. Se lo ricordò: Quando le aveva chiesto il motivo per cui si era decisa a separarsi dal marito, lei gli aveva raccontato che aveva scoperto che Nicola da oltre un anno aveva una relazione con la commessa del negozio, una certa Rita. Gli tornò alla mente che aveva specificato che si trattava della direttrice del negozio e che, pur essendo ancora giovane, aveva una figlia che lavorava con loro.

    Le disse: – Per favore, lasci stare le frasi a effetto.

    – Certo, mi scusi. Un amico mi ha fatto sapere di recente che Nicola ha intestato la proprietà di quel piccolo appartamento a questa Rita, e può immaginare tutto il resto.

    – Ne ha parlato con suo marito…

    Lei rispose che l’aveva fatto ma le spiegazioni che aveva ricevuto non l’avevano convinta. A sentire il marito, era stato costretto ad intestare la proprietà di quei locali a una persona di fiducia perché la Guardia di Finanza aveva cominciato a chiedersi chi fosse quella Rosato che appariva essere la proprietaria. Il nome era di fantasia e, se avessero accertato questa circostanza, sarebbero venuti fuori dei grossi problemi. Intestando la garçonnière a Rita Turco lui si sentiva al sicuro perché aveva fiducia in quella sua collaboratrice e al tempo stesso avrebbe sempre potuto dire che non sapeva nulla di come venisse usata e di quello che ci si potesse trovare.

    Cavallo concluse con tono arrabbiato: – Se pensava di avermi rabbonita con quella storiella si sbagliava di grosso. Non ho voluto discutere con Nicola ma ho preso nota del fatto e ho cominciato a pensare che fosse il caso che ognuno di noi riprendesse la sua strada. Se si ha fiducia più in una commessa che della moglie

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