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Porto turistico
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E-book325 pagine4 ore

Porto turistico

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Thriller - romanzo (249 pagine) - Un cadavere affiora nelle acque del porto turistico di Pescara. Per l’avvocato Morelli lo scomodo incarico di far affiorare la verità sul caso. La soluzione, però, non è a pelo d’acqua…


Il cadavere di Matteo Bertelli, giovane industriale spericolato negli affari e oberato dai debiti, viene recuperato dalle acque del porto turistico di Pescara, nei pressi dello yacht di famiglia. Il commendator Bertelli, padre di Matteo e ancora titolare dell’omonima società farmaceutica, decide di affidare all’avvocato Morelli l’incarico di scoprire le circostanze e il responsabile della morte non accidentale del figlio.

Come premessa per l’accettazione dell’incarico, Morelli avverte il commendatore che l’indagine potrebbe portare allo scoperto anche aspetti della vicenda non propriamente lusinghieri per il defunto e per la famiglia. Il commendatore è determinato e invita l’avvocato a operare proprio per scoprire la verità e tutelare la memoria del figlio.

Quello che Morelli non si aspetta, tuttavia, è che le sue qualità investigative saranno messe a dura prova; dovrà infatti dipanare un’ingarbugliata trama di sospetti, intrecciata attraverso i due più classici moventi: soldi e gelosia. E potrebbe anche esserci dell’altro.


Nato nel 1939 a Ortona, Luigi Grilli dopo la laurea in giurisprudenza è entrato in magistratura nel 1965 ultimando la carriera come presidente del tribunale di Pescara. Collocato in pensione con il titolo di presidente aggiunto della Corte di Cassazione ha presieduto dal 2008 le Commissioni tributarie di Bologna.

Autore di sedici volumi in materia penale con le case editrici Giuffrè e Cedam, negli ultimi anni si è dedicato a scrivere romanzi gialli del genere legal thriller, ambientandoli nella sua città, Pescara. Ne ha pubblicati sette con la casa editrice Delos Digital. Nel 2020 ha partecipato al premio Tedeschi della Mondadori con il romanzo Porto turistico ed è stato selezionato tra i cinque finalisti.

Ha pubblicato anche un racconto del genere weird dal titolo La bara di Serkhet, scritto in collaborazione con Andrea Grilli.

LinguaItaliano
Data di uscita17 gen 2023
ISBN9788825422894
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    Anteprima del libro

    Porto turistico - Luigi Grilli

    Personaggi principali

    Antonio Morelli (Totò), avvocato

    Matteo Bertelli, giovane industriale

    Maria Bertelli, sorella di Matteo

    Letizia, moglie del giovane

    Susanna, l’amica di famiglia

    Beppe Mazza, gioielliere e marito di Susanna

    Mario Seccia (Maciste), gestore dello spaccio

    Rossano Bandera (il pirata), l’uomo del bar

    Sonia (la figlia di Maciste) e Rocco, i ragazzi del bar.

    1

    Uomo a mare

    Al terzo squillo del telefono decise di rispondere. Poteva essere sua moglie che era rimasta per la vacanza con i figli in un paesino della montagna abruzzese e che poteva aver bisogno di qualcosa. Se chiamava a quell’ora, così presto e di domenica, doveva essere una faccenda seria.

    Totò era tornato a Pescara il giorno prima e si era intrattenuto con gli amici per tutta la serata fino a notte fonda.

    Sperava di godersi una giornata in santa pace, senza moglie, figli e soprattutto senza la suocera. Il giorno dopo avrebbe riaperto bottega immergendosi di nuovo tra le carte, i fascicoli, i codici per battagliare con i colleghi, i giudici e i clienti.

    Non chiedeva molto: solo una giornata per sé. Tutta per sé.

    Si era trovato bene in montagna e l’esserci rimasto per quasi due settimane lo aveva tonificato. Aveva fatto delle belle passeggiate con Milena nei boschi che circondano Sant’Eufemia a Majella, un borgo nel cuore del parco nazionale.

    Anni prima aveva acquistato una casetta ai bordi del centro storico, con un giardino piccolo e all’inizio mal messo. Ma la moglie era riuscita a trasformarlo in una piccola oasi.

    All’inizio Totò non era convinto di fare quella spesa perché aveva ancora sulle spalle le ultime rate del mutuo per lo studio legale ma Milena era riuscita a convincerlo facendogli notare che quel centro montano si trova a ottocento metri di altezza dal mare e l’aria buona avrebbe giovato ai tre figli, specie a Marco che soffriva di asma.

    Lei aveva insistito quando aveva visitato l’orto botanico e lui aveva dovuto ammettere che quel paesino era delizioso con le sue case di pietra bianca, incastonato in mezzo alle montagne, cariche di alberi e boschi con piccoli ruscelli che lo circondano.

    Accanto alla vecchia chiesa di san Bartolomeo c’era il boschetto, un luogo che deve essere evitato di domenica perché preda dei turisti che vengono dalle zone marine, ma per il resto della settimana è a disposizione dei paesani e lui, Totò Morelli, si considerava uno di loro.

    Aveva conosciuto Frank e ne era contento. Si recava sul presto nel maneggio dell’amico e insieme salivano verso Rocca Caramanico con cavalli che erano abbastanza mansueti. Lui era abituato all’acqua sin da quando era piccolo e con il tempo, essendo stato preso nella squadra di pallanuoto del Pescara, ci si era appassionato. Sarebbe andato in piscina tanto volentieri ma Milena voleva chi i figli prendessero l’aria buona. Non che quella della marina non lo fosse ma aveva dovuto ammettere che a Sant’Eufemia a Majella era tutt’altra cosa. Specie di sera, un venticello scendeva dalla montagna sovrastante il borgo e l’aria fresca faceva dimenticare la calura del giorno.

    Erano state giornate tranquille e spensierate ma il dovere lo chiamava in città e un poco di pace solitaria non gli sarebbe dispiaciuta. Non era come quando si immergeva nelle acque dell’Adriatico o nella piscina delle Naiadi ma se la giocava bene.

    Come al solito, prima della partenza si era recato nel maneggio per salutare Frank, che considerava un amico e con cui andava d’accordo perché era una persona seria e sincera.

    Quella telefonata alle sei del mattino non ci voleva!

    Ormai lo avevano svegliato e afferrò quel dannato apparecchio. Colpa sua perché si era ripromesso di spegnerlo quando fosse andato a letto e se n’era dimenticato. Colpa sua!

    Con voce rauca, ancora impastata di sonno e in attesa del primo caffè caldo bofonchiò: – Chi è?

    Non ci fu una risposta o non la sentì.

    Si stropicciò gli occhi, fece uno sbadiglio e, pensando che non fosse Milena, continuò: – Chiunque tu sia, mi hai svegliato di domenica, alle sei del mattino, e questo non va bene.

    Da lontano gli giunse un suono che poteva anche essere una voce umana, ma non ci avrebbe giurato.

    – Buongiorno, grande avvocato, sono Giovanni e mi sono permesso di disturbarti perché c’è un morto.

    Morelli cercò di mettere a fuoco chi fosse questo Giovanni e ci riuscì, a stento, ma ci riuscì, anche perché l’altro, bontà sua! gli andò incontro. – Sono Giovanni, il tuo segretario, aiutante, consigliere e portaborse. Ci sei?

    Totò Morelli avrebbe voluto non esserci ma c’era.

    Senza starci a pensare troppo, quasi di getto esclamò: – Se c’è un morto, chiama le pompe funebri.

    Il segretario insistette: – Per la verità, è un morto ammazzato.

    – Non potevi aspettare le nove prima di chiamarmi? Se il morto è morto, non scappa. È domenica e questa notte ho fatto tardi.

    Giovanni: – Per la precisione non sono le sei, ma le nove. Ci manca poco.

    – Con ciò? Sempre domenica è.

    Fece una pausa, aprì di nuovo le ganasce per un secondo sbadiglio, più forte di prima, più sonoro, che avrebbe spaventato un elefante e chiese: – Che c’entro con questa storia?

    – Non lo so – rispose il segretario che, al ripetersi della domanda, gli fece presente che lo stava cercando un suo collega, l’avvocato Toppetta. – Dice che hanno ucciso il figlio di un suo caro amico e vuole che ti occupi della faccenda. Sembra, ma forse ho capito male, che questo tale non si fidi della polizia e vuole un tuo intervento, discreto, ma rapido.

    Totò conosceva Giovanni da almeno dieci anni, da quando aveva acconsentito a che entrasse a far parte del suo studio legale. Era rimasto appuntato dei carabinieri per anni, sempre a fianco del maresciallo Morelli, suo padre. Quando questi era morto Giovanni aveva lasciato la Benemerita e s’era messo in pensione. Il fatto è che non ci sapeva stare a far niente e così s’era intrufolato nello studio legale.

    Lui, avvocato alle prime armi, all’inizio avrebbe voluto dirgli di no e l’aveva accolto senza troppo entusiasmo, ma in seguito ne era rimasto contento. Giovanni era sincero e fidato. Aveva conservato diverse amicizie nel suo ambiente e così riusciva a rendersi utile in molti modi. Aveva messo insieme una sessantina di anni ma li portava bene. Qualche volta si allargava un po’ troppo ma Totò gli si era affezionato e lasciava che le cose proseguissero per conto loro.

    Morelli cercò di mettere a fuoco quel poco che aveva capito ed era veramente poco. Chiese: – Rapido fino a che punto?

    – Rapido, adesso.

    – Richiama tra dieci minuti. Ciao.

    Si sedette sul bordo del letto e gettò uno sguardo alla radiosveglia che aveva poggiato sul comodino. Proprio vero: non erano le sei.

    Si diede una strigliata ai capelli e cercò di capire se fosse una bella giornata oppure no, ma il sole non riusciva a entrare nella stanza. Sua moglie l’aveva fortificata con tende di cotone, bianche, che ostruivano il passo a qualsiasi raggio di luce, ammesso che quella mattina ci fossero. Ma, ci dovevano essere perché era la prima domenica di settembre e gli venne in mente che l’omino della televisione aveva annunciato che sarebbe stata una giornata calda, quasi afosa, con qualche svolazzo di nubi nel tardo pomeriggio.

    Lui non aveva molta fiducia in quelle previsioni meteo per il fatto che in diverse occasioni aveva ricevuto delle autentiche fregature ma quella mattina non aveva elementi per rinnovare la sua sfiducia: le tende gli impedivano di capire che accidenti di tempo stesse fuori casa sua.

    Imprecò contro il suo destino.

    Aveva trascorso quelle due settimane di vacanza in famiglia, aveva fatto pace con il mondo intero e ora, appena tornato a Pescara, era stato aggredito dalla mala sorte: quel cornutaccio di Biagio la sera precedente lo aveva alleggerito di mille euro con una scala servita. Al termine del pocherino con gli amici aveva trovato la Porsche con due gomme tagliuzzate da qualche imbecille che non aveva altro da fare.

    Che serataccia! Roba da sfigati!

    Ora, lo svegliavano per un cadavere che interessava l’avvocato Toppetta, l’illustre esimio avvocato Adalberto Toppetta, al quale non avrebbe potuto dire di no. Aveva fatto pratica in quello studio legale e aveva imparato parecchi segreti della professione fino a quando l’anziano maestro era passato al civile per un brutto infarto che l’aveva preso durante un’arringa in corte d’Assise.

    Prima il caffè, forte, corto e poi la doccia.

    Lo scroscio dell’acqua doveva avergli impedito di sentire il telefono perché dopo dieci minuti Giovanni ancora non richiamava.

    Per darsi una scossa fece uscire acqua quasi fredda ed evitò di bagnarsi i capelli per non perdere troppo tempo ad asciugarli. Li aveva scuri e corti ma avrebbe dovuto mettersi alla ricerca dell’apparecchio che gli sarebbe servito. Milena aveva un’abilità diabolica nello spostare gli oggetti di casa e lui era troppo impacciato per ritrovarli. Un’accoppiata vincente la loro, che andava avanti da quindici anni e aveva prodotto quattro figli. Questa era la convinzione della moglie perché Totò ne contava tre considerando gli ultimi due come una sola persona perché erano gemelli. Milena, che li doveva accudire e affrontare ogni giorno, non era d’accordo.

    Bravi ragazzini, per carità, ma a volte erano ingombranti.

    Era davanti lo specchio per radersi – detestava le macchinette elettriche e quegli aggeggi rumorosi perché voleva sentire la lama del rasoio che spazzava via i peli della barba – quando si fermò di colpo e si chiese per quale accidente avesse tanta fretta. Toppetta gli aveva insegnato la professione ma ormai erano anni che giocava le sue partite da solo e, per quello che giungeva alle sue orecchie, era anche bravo.

    .

    Si osservò con occhio indagatore: no, capelli bianchi non ne vedeva, nemmeno uno, anzi, erano ancora neri e folti.

    Non se ne meravigliò dal momento che aveva festeggiato da pochi mesi i quarant’anni. Manteneva ancora una buona muscolatura perché frequentava una palestra vicino casa, anche se quel fisico se lo ritrovava per tutta l’attività sportiva che aveva praticato da giovane. Gli venne da sorridere al ricordo di quando con la <Delfino Pescara> aveva vinto anche un paio di campionati.

    Lui c’era e s’era divertito un mondo.

    Tornò in cucina e, alla faccia del collega maestro d’arte oratoria nonché di Giovanni e del mondo intero, decise di prepararsi la colazione, di quelle classiche, con pancetta affumicata, uova e quel che segue, compresa la spremuta di arance rosse.

    Sì, dovevano essere rosse, sanguigne!

    Ne aveva tutta l’intenzione ma a volte le buone intenzioni non bastano per gustarsi una colazione. Il frigo era vuoto, in senso biblico: non c’era niente. In questi momenti sentiva la mancanza di Milena ma lei era rimasta in montagna con i figli e quel dannato frigorifero era vuoto.

    Accidenti! Una giornata scalognata!

    Pazienza! Si sarebbe fermato nel bar sotto casa.

    Si vestì con jeans e polo di cotone, evitando giacca e cravatta perché era convinto che alla sua età fosse ancora presto per mascherarsi in quel modo. Non ne poteva fare a meno quando andava in udienza ma adesso le cause erano sospese per le ferie dei magistrati e, poi, si sentiva nell’aria che sarebbe stata una giornata calda.

    Sorrise al pensiero: "Va a vedere che questa volta l’omino ci ha preso!"

    Stava chiudendo la porta di casa quando il telefono squillò. Poteva essere Giovanni ma poteva anche essere la moglie e così rispose con voce neutra: – Qui casa Morelli, con chi parlo?

    Era l’avvocato Toppetta, proprio lui, il maestro, il rompipalle della domenica mattina che, dopo i saluti del caso, lo informò che era stato chiamato da un vecchio amico perché aveva saputo che il figlio Matteo era stato trovato morto. L’amico era andato in tilt e voleva che una persona di fiducia cercasse di capire cosa potesse essere accaduto.

    – Non me ne posso occupare e gli ho fatto il tuo nome – proseguì il legale. – Cerca di vedere cosa è successo e poi ne parliamo. Caro Totò, abbi pazienza. Lo so che ti stai godendo gli ultimi giorni di vacanza ma non gli potevo dire di no. Si tratta di Bertelli.

    – Quello della Farmaceutica Bertelli?

    – Proprio lui. Ci conosciamo da una vita ma in questi giorni sono bloccato dal nervo sciatico e non lo posso aiutare. Mi dispiace perché è un brav’uomo e ho pensato a te, che di queste faccende te ne intendi.

    Morelli si sentì messo nell’angolo e capì che non si poteva sottrarre. A modo suo era una persona generosa e, pur stando attento a non passare per fesso, sapeva essere riconoscente.

    Milena spesso gli rimproverava proprio questo: – Si stanno approfittando di te. Smettila di fare il giocatore che passa la palla agli altri. Tira in porta.

    Forse lei aveva ragione ma Totò era fatto in quel modo e in acqua a giocare la partita c’era lui. L’importante non era se tirare in porta o passare la palla ma vincere e questo, se lo diceva spesso, gli piaceva.

    Toppetta era anche vecchio, non solo anziano, e lui si arrese. Si limitò a chiedere: – Da dove inizio? Dove vado?

    – Gli hanno detto che il figlio Matteo è stato trovato vicino alla sua imbarcazione, nel porto turistico. Prova da quelle parti. Sei gentile e ti ringrazio.

    Totò, più che gentile, si sentiva come un birillo colpito in pieno dalla boccia.

    Controllò l’ora sul display del telefono: sì, erano quasi le nove e mezza, non le sei.

    Meglio andare sul posto.

    Appena scese in strada si accorse che non aveva l’auto e decise di servirsi del suo vecchio motorino. Non che gli dispiacesse dal momento che si era a fine estate e in quel periodo ne faceva uso, ma anche questo contribuì a indispettirlo.

    Ogni mattina si recava nel bar della signora Matilde – quello vicino lo studio legale – per la colazione, ma quel giorno non lo avrebbe potuto fare perché la sua amica ci teneva a santificare la domenica.

    Di lei si sarebbe potuto dire tutto tranne che fosse una pia donna ma, quanto a lavorare di domenica, nemmeno a parlarne. In quegli anni ci aveva discusso spesso e non una volta che fosse riuscito a capire la ragione, quella vera, che spingeva l’amica a rispettare il giorno festivo. Però, il cappuccino con il cornetto della signora Matilde era una delizia, specie alle nove del mattino!

    Dovette accontentarsi del bar sotto casa. Non era la stessa cosa ma non ebbe scelta.

    Aveva percorso una decina di metri quando si fermò.

    Non era certo di aver messo l’allarme che proteggeva casa e il solo dubbio, che lo avrebbe perseguitato per tutta la giornata, lo costrinse a tornare indietro.

    Viveva in un condominio abitato da persone benestanti e per questo nelle mire dei ladri. Avevano anche un portiere. Morelli non aveva mai capito a cosa servisse dal momento che non si sapeva dove fosse quando serviva. Ritirava la posta – questo era vero – ma spariva il sabato e la domenica mentre per il resto della settimana era introvabile.

    Dopo un paio di furti avvenuti nelle abitazioni dell’ultimo piano aveva deciso per un sistema di allarme. Una cosa seria, tanto che era collegato persino con la caserma dei carabinieri. Forse serviva a poco ma aveva l’effetto di farlo stare tranquillo e in ogni caso aveva abbassato il premio dell’assicurazione.

    Che ridere! Lui, figlio di un maresciallo dei carabinieri, che si preoccupava dei ladri!

    Fece bene a tornare indietro perché quella mattina aveva dimenticato di inserire l’allarme.

    Rimediò subito e poi si diresse verso la zona del porto turistico.

    Evitò di passare in studio perché non ci avrebbe trovato nessuno dei suoi collaboratori, a parte Giovanni che non s’era mai capito se ci dormisse anche in quel suo stanzino. Ma, Giovanni era anche un ex carabiniere e per di più della squadra di suo padre.

    Si diresse verso sud seguendo il lungomare.

    Sapeva che a quell’ora la spiaggia non è affollata perché i giovani fanno tardi la sera per la movida che anima la città e al mattino se ne stanno a letto per riposarsi dalle fatiche notturne. La città è allegra, piena di vita e i turisti se ne impossessano senza ritegno.

    Totò amava quel mare, la sua gente e la sola idea di poter scorrazzare con il motorino su quel litorale lo fece sentire ancora più giovane.

    Quella mattina il sole già riscaldava la città e il mare gli sembrò più azzurro del solito. C’era qualche sfumatura tra cielo e mare ma Totò non riusciva a coglierla perché si godeva il venticello di grecale che gli portava il sapore del mare.

    Un tempo avrebbe dovuto prestare attenzione alle biciclette perché a Pescara ce ne sono tante, a volte troppe, ma da un paio di anni il sindaco aveva fatto realizzare delle piste ciclabili. Non sempre tutto funziona bene perché c’è sempre qualche cretino che ha la pretesa di parcheggiare nel bel mezzo del percorso ma nell’insieme il sistema funziona.

    Il mare alla sua sinistra, le bici per conto proprio e le palme a fare da cornice.

    Lui annusava l’aria marina ed era contento.

    Accelerò al pensiero "prima arrivo e prima riparto".

    All’ingresso del porto turistico – situato a sud del fiume, tra gli edifici della Guardia di finanza e il cantiere navale – vide una pattuglia dei carabinieri.

    Conosceva il maresciallo Russo e si fermò per salutarlo.

    Pensò di non essere riconoscibile per il casco integrale ed era pronto ad alzare la visiera ma non fu necessario perché in quel medesimo istante il maresciallo lo salutò. – Salve, avvocato, oggi esce con la barca?

    – No. Mi interessa un certo Bertelli. Dove lo trovo?

    – Prenda la prima traversa a destra e poi vada dritto.

    – Mi toglie una curiosità?

    – Se posso – rispose Russo mentre faceva cenno ad un collega di farsi da parte per permettergli di andare oltre.

    Morelli: – Come ha fatto a riconoscermi con questo casco?

    Il maresciallo gli elargì un sorriso, che poteva essere di simpatia ma anche di sfottò, e gli rispose: – In tutta Pescara e provincia lei è il solo che ha un casco integrale color rosso con le saette gialle alla Spiderman, con la visiera scura, e va in giro con un motorino che fa pena solo a guardarlo per quanto è scassato. È un’abbinata vincente. Mi creda: vincente.

    L’avvocato Morelli incassò il colpo ma non desistette dal difendere la sua posizione: – Questo motorino potrebbe raccontare la storia della pallanuoto pescarese e della mia vita, ma oggi non ho tempo.

    Dopo i saluti proseguì secondo le indicazioni di Russo e si ritrovò dalle parti del molo sud, vicino al cantiere navale.

    Due auto della polizia gli fecero capire che era arrivato a destinazione.

    Legò il motorino e relativo casco ad un palo della luce con un lucchetto che avrebbe potuto difendere una gioielleria e si diresse verso alcune persone che stazionavano poco distanti.

    Riconobbe subito il dottor Tiepolo, il commissario capo del reparto investigativo, e notò tra i presenti la segretaria del suo studio legale, Mina. Bella ragazza, spiritosa e intelligente, soprattutto ben messa. Non l’aveva mai vista con quei pantaloncini corti e stretti che mettevano in risalto delle gambe da favola. Lavorava con lui da quasi tre anni e spesso si era fermato ad ammirarne la parte alta.

    Sì, una bella ragazza! Peccato che stesse nel suo studio perché aveva una regola cui non derogava mai: sul lavoro non si scherza e non si sballa.

    Fuori, dipendeva dalle circostanze!

    Anche Mina doveva averlo notato perché si staccò dal gruppo e si diresse verso di lui.

    – Mina, che succede?

    Lei: – C’è un morto.

    Morelli la guardò aggrottando la fronte. – Questo lo so. Dimmi qualcosa che non so.

    La ragazza, mentre si dirigevano verso gli altri, rispose: – Questa mattina il mozzo dell’imbarcazione "Il delfino" stava andando a bordo per preparare il natante in quanto il dottor Speziale, che ne è il proprietario, oggi voleva fare un’uscita con gli amici. Il dottor Speziale è il professore che ha operato mio padre e la moglie è la cugina del sindaco. Secondo me…

    La interruppe: – Puoi dirmi qualcosa del morto o ti dà fastidio?

    – Certo, scusi – continuò la ragazza, mentre si abbottonava la camicetta che nella parte alta si era aperta parecchio. – Dicevo che il mozzo ha visto vicino alla barca un qualcosa che sul momento non ha capito. Poco dopo ha realizzato che si trattava di un uomo e ha chiamato un suo amico, che ha avvisato quelli della vigilanza portuale. Ci hanno impiegato del tempo, ma alla fine ce l’hanno fatta a tirarlo su.

    – Dov’è adesso?

    Mina gli indicò un telo e aggiunse: – Lo hanno coperto in quel modo.

    Camminando, si erano avvicinati al telo e Morelli le chiese: – Lo conoscevi?

    – No, mi dispiace.

    – Buon giorno, avvocato – gli disse il dottor Tiepolo, che nel frattempo si era avvicinato e doveva aver sentito la domanda di Morelli perché esclamò: – Glielo dico io. È un pezzo da novanta e credo che avremo dei problemi.

    – Perché?

    Il commissario: – Quando uccidono uno con i soldi sono sempre grane. A nessuno interessa se ammazzano un poveraccio, ma quando fanno secco un riccone, allora, apriti cielo! Tutti ci mettono bocca e buona notte ai suonatori.

    Guardò serio il legale e seguitò: – Si tratta del figlio del commendator Bertelli, quello della "Farmaceutica Bertelli".

    L’avvocato non era interessato alle considerazioni sociologiche del dottor Tiepolo e non era lì per intavolare una discussione; oltre tutto, conoscendo Tiepolo, del tutto inutile. Era una brava persona, anche competente ma aveva – per come la pensava Morelli – almeno due difetti: era elegante a ogni ora del giorno e della notte, con giacca, cravatta e, se possibile, anche il cappello. Questo lo indispettiva perché lui, prima di indossare una cravatta, ci doveva pensare ore e ore, e non sempre si decideva.

    Poi, a scorno di tanta eleganza, il commissario portava dei capelli lunghi e legati con un laccio. Retaggio di quando era in servizio a Napoli – città dalla quale proveniva – nel reparto antidroga. Non era antipatico ma quella mattina Morelli era di luna storta.

    Si limitò a rispondere: – Grazie. Mi era stato detto e cercavo solo una conferma.

    – Come mai? – chiese il commissario.

    – Mi hanno telefonato dicendomi che potevo venire a dare un’occhiata. Disturbo?

    Il commissario non gli rispose e questo gli diede l’impressione che forse, e senza forse, stava disturbando.

    Non se ne preoccupò perché, se c’era un problema, quello era del dottor Tiepolo e lui non era disposto a fermarsi al primo ostacolo.

    Sarebbe stato da principianti e lui non lo era.

    Il commissario cercò di rimediare e, come accade in queste situazioni, fece peggio: – Adesso non è possibile salire a bordo perché c’è la Scientifica con l’ispettore Malavasi.

    – Stia tranquillo. Faccio il turista curioso ma non impiccione.

    Morelli non era capace di staccare gli occhi da quel telo. Nemmeno le tette di Mina riuscivano a distrarlo.

    Era quasi calamitato da quel fagotto poggiato sul molo. Una mosca si poggiò sul telo e si mise a passeggiare da desta a sinistra e viceversa, forse per decidere come entrare di sotto.

    Lì vicino un paio di agenti in divisa tenevano a distanza alcuni curiosi che cercavano di vedere e di sentire ma in ogni caso immobili sulle loro posizioni, intenti a scattare foto con i telefonini come se si trattasse di uno spettacolo.

    La mosca volò via, veloce, silenziosa e l’avvocato Morelli non riuscì a seguirne il percorso.

    Si girò verso Tiepolo e gli chiese: – Come mai il cadavere è ancora sul molo?

    Il commissario: – Non lo possiamo rimuovere fin quando non viene il sostituto di turno e ci autorizza. Deve arrivare anche il patologo. So che manca poco.

    Facendo il gesto di alzare il telo il legale esclamò: – Sarei contento se potessi dare un’occhiata a quello che c’è sotto. Posso?

    L’altro aggottò le sopracciglia, non gli rispose e lui capì che non poteva. Avesse avuto davanti un carabiniere avrebbe insistito ma Tiepolo apparteneva ad un’altra parrocchia e Morelli

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