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L’altra amante (Un thriller psicologico di Stella Fall—Libro 4)
L’altra amante (Un thriller psicologico di Stella Fall—Libro 4)
L’altra amante (Un thriller psicologico di Stella Fall—Libro 4)
E-book300 pagine3 ore

L’altra amante (Un thriller psicologico di Stella Fall—Libro 4)

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Info su questo ebook

Dopo che una madre quarantenne e divorziata viene trovata senza vita a seguito di una folle festa universitaria, l’agente speciale dell’FBI Stella Fall comincia a sospettare che si tratti di qualcosa di più di una semplice festa andata storta.

L’ALTRA AMANTE è il quarto libro della nuova serie di thriller psicologici dell’autrice debuttante Ava Strong, che si apre con L’ALTRA MOGLIE (Libro #1).

Mentre Stella scava più a fondo nel caso, tutto diventa sempre più complesso e confuso, fino a farla giungere ad un punto morto dopo l’altro. Stella deve usare la sua mente geniale per snocciolare le questioni fondamentali alla base del caso: perché la donna si trovava a quella festa? Chi la voleva morta? E perché?

L’assassino colpirà ancora?

Un thriller psicologico dal ritmo incalzante, con personaggi indimenticabili e pregno di una suspense che toglie il fiato, L’ALTRA AMANTE è il quarto libro della nuova affascinante serie che vi farà terrà inchiodati alle pagine fino a notte fonda.

Presto saranno disponibili altri libri della serie.
LinguaItaliano
EditoreAva Strong
Data di uscita16 giu 2022
ISBN9781094355030
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    L’altra amante (Un thriller psicologico di Stella Fall—Libro 4) - Ava Strong

    cover.jpg

    l’altra amante

    un thriller psicologico di stella fall—libro 4

    ava strong

    Ava Strong

    La nuova scrittrice Ava Strong è l’autrice della serie thriller di REMI LAURENT, che comprende sei libri (e altri di prossima uscita), della serie thriller di ILSE BECK, che comprende sette libri (e altri di prossima uscita) e della serie thriller carica di suspense psicologica di STELLA FALL, che comprende sei libri (e altri di prossima uscita).

    Un’avida lettrice e da sempre grande fan dei generi giallo e thriller, Ava ama avere vostre notizie, quindi sentitevi liberi di visitare il sito www.avastrongauthor.com per saperne di più e restare aggiornati.

    Copyright © 2021 di Ava Strong. Tutti i diritti riservati. A eccezione di quanto consentito dall’U.S. Copyright Act del 1976, nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, distribuitao trasmessa in alcuna forma o in alcun modo, o archiviata in un database o in un sistema di raccolta, senza previa autorizzazione dell’autore. Questo ebook è concesso in licenza esclusivamente ad uso ludico personale. Questo ebook non può essere rivenduto né ceduto ad altre persone. Se desidera condividere questo libro con un'altra persona, la preghiamo di acquistare una copia aggiuntiva per ogni beneficiario. Se sta leggendo questo libro e non l’ha acquistato, o non è stato acquistato esclusivamente per il suo personale uso, la preghiamo di restituirlo e di acquistare la sua copia personale. La ringraziamo per il suo rispetto verso il duro lavoro svolto da questo autore. Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, imprese, organizzazioni, luoghi, eventi e incidenti sono il prodotto della fantasia dell’autore o sono usati romanzescamente. Qualsiasi somiglianza con persone reali, vive o morte, è del tutto casuale. Immagine di copertina Copyright George Mayer, utilizzata sotto licenza da Shutterstock.com.

    LIBRI DI AVA STRONG

    UN THRILLER PSICOLOGICO DI STELLA FALL

    L’ALTRA MOGLIE (Libro #1)

    L’ALTRA BUGIA (Libro #2)

    L’ALTRO SEGRETO (Libro #3)

    L’ALTRA AMANTE (Libro #4)

    UN THRILLER DELL’AGENTE FBI ILSE BECK

    NON COME NOI (Libro #1)

    NON COME SEMBRAVA (Libro #2)

    NON COME IERI (Libro #3)

    UN THRILLER DI REMI LAURENT

    IL CODICE DELLA MORTE (Libro #1)

    IL CODICE DELL’OMICIDIO (Libro #2)

    IL CODICE DELLA MALVAGITÀ (Libro #3)

    INDICE

    CAPITOLO UNO

    CAPITOLO DUE

    CAPITOLO TRE

    CAPITOLO QUATTRO

    CAPITOLO CINQUE

    CAPITOLO SEI

    CAPITOLO SETTE

    CAPITOLO OTTO

    CAPITOLO NOVE

    CAPITOLO DIECI

    CAPITOLO UNDICI

    CAPITOLO DODICI

    CAPITOLO TREDICI

    CAPITOLO QUATTORDICI

    CAPITOLO QUINDICI

    CAPITOLO SEDICI

    CAPITOLO DICIASETTE

    CAPITOLO DICIOTTO

    CAPITOLO DICIANNOVE

    CAPITOLO VENTI

    CAPITOLO VENTUNO

    CAPITOLO VENTIDUE

    CAPITOLO VENTITRE

    CAPITOLO VENTIQUATTRO

    CAPITOLO VENTICINQUE

    CAPITOLO VENTISEI

    CAPITOLO VENTISETTE

    CAPITOLO VENTOTTO

    CAPITOLO VENTINOVE

    CAPITOLO TRENTA

    CAPITOLO TRENTUNO

    CAPITOLO TRENTADUE

    CAPITOLO UNO

    Un bagliore di luce esplose negli occhi di Mauro, ferendogli le retine e mandandolo in confusione. Il suo cervello era confuso e lo sentiva pulsare. Sbattendo le palpebre doloranti, si alzò incerto dallo spesso tappeto di lana, spostando il peso sulle sue mani e ginocchia incerte.

    Era stata una festa pazzesca. Da urlo! Fu colpito da un’altra ondata di mal di mare, e si lasciò cadere di nuovo, la lana era soffice contro la sua guancia. Il bagliore implacabile del sole mattutino che filtrava dalla grande finestra era troppo da sopportare. Aveva l’impressione che la testa gli sarebbe esplosa. Cosa avevano bevuto?

    Aveva perso il conto dopo l’ottava tequila oro. Era stato come bere nettare. Un nettare velenoso e malvagio, a quanto pare. Il suo stomaco si contrasse al ricordo. Aveva vomitato? Se lo aveva fatto, doveva essersi trovato da qualche altra parte, perché il tappeto sembrava a posto. Quanto sarebbe stato imbarazzante svegliarsi in una pozza del suo vomito, in questa casa così elegante?

    Sollevando di nuovo la testa, studiò l’enorme salotto e notò che la grande porta d’ingresso era aperta. Oltre la porta, sentì qualcuno che vomitava all’esterno, il suo stomaco fece uno spiacevole balzo empatico.

    Alain? chiamò. Sei tu?

    Dov’era il suo amico? Aveva bisogno di lui per tornare a casa. Possibile che Alain fosse andato via senza di lui? Con ansia, Mauro si alzò. Una serie di ricordi gli passarono per la mente. A un certo punto avevano giocato a sfidarsi. Proprio in quel salotto. Immaginò che la maggior parte dei danni erano derivati proprio da quel momento. Mauro non si tirava mai indietro quando gli lanciavano una sfida. Mai!

    All’improvviso riaffiorò uno strano ricordo, aveva bevuto uno shot dalla pancia abbronzata e piatta di una bella ragazza. Ricordò la pelle liscia e dorata, il luccichio di un piercing all’ombelico, la tequila che gli bruciava la gola, le urla di incoraggiamento degli amici.

    Cavolo!

    Guardandosi intorno, Mauro vide, con una certa preoccupazione, che il posto era un disastro.

    Al loro arrivo, lui e Alain erano rimasti stupiti dalle dimensioni e dalla vastità di quel posto così elegante in cui erano stati invitati. Beh, non proprio invitati. Un amico di un amico aveva detto che dovevano unirsi a loro perché c'era una grande festa, e tutti erano i benvenuti, e in più il bere era gratis e scorreva a fiumi. Ed era stato così. I suoi ricordi erano confusi, ma ricordava che gli era sembrato un hotel di gran classe.

    Ora, era ridotto uno schifo.

    La ragione per cui la luce era così forte era che il vetro della finestra era rotto. Attraverso il gigantesco buco nell'enorme finestra, il freddo sole mattutino lo illuminava come un occhio accusatore. Il vetro era sparso sul tappeto. Era fortunato a non essere svenuto sui cumuli di frammenti, pensò a disagio. Avrebbe potuto tagliarsi.

    Si controllò le mani, sembravano a posto. Però tremavano.

    Poi, guardandosi intorno, si rese conto della gravità della distruzione.

    Una gigantesca macchia rossa dominava l'immacolata moquette color crema. Una bottiglia di vino rotta giaceva lì vicino, la probabile colpevole. Più in là, sembrava che qualcuno avesse fatto cadere un enorme vassoio di snack e poi ci fosse caduto sopra. Beh, era possibile che fosse successo. Gelato fuso, panini schiacciati, lurida senape gialla e ketchup rosa creavano un folle effetto in stile arte moderna sulla metà della moquette che era sfuggita alla catastrofe del vino.

    Una delle sedie color crema giaceva su un lato, con il cuscino strappato a metà. Un’altra aveva la gamba rotta. Uno dei dipinti sulle pareti era strappato completamente, fino al supporto posteriore e c’erano alcuni buchi, veri e propri buchi, nell’intonaco intorno. Mauro ricordava vagamente che era stato il risultato di una complicata sfida che aveva coinvolto delle bottiglie di birra. Sul momento, non avevano visto i buchi, perché un precedente punteggio perfetto aveva frantumato quasi tutte le lampadine del lampadario in alto, che ora pendeva da un lato.

    Il cuore iniziò a battere più velocemente. Era una follia, una pazzia e non esisteva una rapida soluzione. Aveva bisogno di uscire di qui prima che un responsabile capisse cosa era successo. Sembrava che una banda avesse fatto irruzione.

    In un momento di speranza, Mauro prese in considerazione la possibilità che una banda avesse effettivamente fatto irruzione.

    Scosse la testa, un movimento di cui si pentì immediatamente quando il dolore acuto e pulsante si intensificò. E poi, il suo sguardo si posò su una forma nell’angolo che lo distrasse dalla sua miseria.

    Alain? Alain! Mauro si alzò a fatica, sorridendo alla vista dell’amico che era riuscito a collassare con la testa tra le braccia e il sedere per aria. Come ci era riuscito? Una risata sfuggì alle labbra secche di Mauro. Era una cosa di cui andare fieri.

    Per miracolo, il suo telefono era sopravvissuto alla nottata dentro la tasca della giacca. Mauro lo prese, deciso a catturare quel momento imbarazzante, ma poi ci ripensò. Sarebbe stato stupido conservare una testimonianza fotografica di quella casa. Dovevano uscire da lì senza farsi notare.

    Sempre che Alain fosse in grado di uscire a passo felpato. Un brivido di paura cancellò quella scintilla di divertimento che aveva provato.

    Alain non si muoveva. E se qualcosa fosse andato storto, forse era soffocato con il suo stesso vomito o aveva battuto la testa? Sembrava immobile. Stranamente, terribilmente immobile.

    Mauro cominciò a preoccuparsi che quella notte folle e selvaggia avesse avuto conseguenze terribili.

    Ehi, Al? Al? chiamò dolcemente.

    Non ci fu alcun movimento. Il suo amico non sembrava respirare affatto.

    Al! Preoccupato, Mauro gli afferrò la spalla e la scosse con forza. Al! Stai bene? Parlami. Stai bene?

    Lentamente, inesorabilmente, Alain si ribaltò dalla sua improbabile posizione semi-accovacciata. Cadde di lato, atterrando con un urto sulla spessa moquette.

    Sbatteva le palpebre, notò Mauro con grande sollievo. Sbatteva le palpebre come se la luce in arrivo fosse un’arma.

    Ehi, gemette, con voce roca. Si alzò in piedi a fatica e si guardò intorno.

    Dobbiamo andarcene da qui, disse, arrivando alla stessa conclusione di Mauro, molto più velocemente.

    Sì, dobbiamo. Dobbiamo andare, ma prima dobbiamo darci una ripulita, disse Mauro.

    La sua giacca puzzava di whisky e i suoi capelli erano sporchi di ketchup. Il vino rosso che aveva macchiato il tappeto si era fatto strada anche sulla camicia di Alain, che era imbrattata di senape. Non era sicuro che uno dei due fosse in condizioni di guidare, ma sicuramente dovevano darsi una ripulita prima di tornare alla residenza universitaria.

    Il suo telefono vibrò. Guardando lo schermo, la realtà lo colpì come una doccia fredda.

    Abbiamo l’allenamento di calcio tra un’ora. Dobbiamo andarcene subito. L’allenatore Jacobs e i ragazzi ci staranno aspettando. Saremo in grossi guai con la squadra se arriveremo in ritardo. E non possiamo arrivare in questo stato. Ci chiederanno dove siamo stati.

    Mauro aveva visto come l’allenatore Jacobs trattava i giocatori che arrivavano in ritardo, con i postumi della sbornia o ancora ubriachi all’allenamento. Non aveva mai pensato che sarebbe stato uno di loro, fino a quella mattina.

    Barcollarono, come zombie, attraverso la stanza.

    Alain era nel panico.

    Sono sicuro che qualcuno ha già chiamato la polizia. Sento una macchina fuori, sibilò, facendo accelerare il cuore di Mauro.

    Il corridoio era disseminato di bottiglie di birra, alcune delle quali erano in frantumi. Attraversandolo in fretta, Mauro sbandò e quasi cadde scivolando in una pozza di birra.

    Ecco il bagno degli ospiti. Con impazienza, Mauro aprì la porta e, altrettanto velocemente, la chiuse quando la puzza di vomito si riversò fuori.

    Non ha un bell’aspetto lì dentro, borbottò, sentendo il vomito risalirgli in gola.

    Ok, è una casa grande. Ci saranno molti più bagni, incoraggiò Alain.

    Non abbiamo tempo! Mauro era terrorizzato. Il suo peggior incubo era diventato realtà. Se non li avesse presi la polizia, lo avrebbe fatto il loro allenatore quando sarebbero tornati al campus.

    Si precipitarono lungo il corridoio e aprirono la porta del bagno successivo. Lì, c’erano due ragazze stese in terra che russavano e bloccavano efficacemente la strada tra la porta e il lavandino.

    Credo di sentire un’altra macchina, disse Alain con voce tesa mentre si affrettavano a proseguire.

    Questo posto è completamente distrutto, disse Mauro.

    Sento davvero una macchina, Alain sembrava in preda al panico. Sul serio, questa volta. Sento le gomme che stridono sull’asfalto. Sarà la polizia che arriva. Te lo dico io.

    La cosa poteva mettersi male. Sarebbero potuti finire nei guai. Mauro aveva quasi ventuno anni. Mancavano solo pochi mesi. Ma se la polizia lo avesse visto ora, avrebbe avuto la prova evidente che aveva infranto la legge.

    Questo avrebbe significato problemi con i suoi genitori a casa in Cile. Poteva anche significare la fine del suo visto studentesco e lui non voleva pensare a quello che avrebbero detto.

    La camera da letto principale. Andiamo lì. È alla fine del corridoio, disse Alain, sembrando sollevato.

    Perché lì? chiese Mauro, affrettandosi dietro di lui.

    Perché quel tipo di ieri sera ha detto che nessuno doveva entrare lì dentro. Credo che volessero evitare di sporcare, dato che è la stanza dei genitori.

    Visto l’aspetto del resto della casa, Mauro non credevo che i genitori ne sarebbero stati grati. Comunque, non credeva neanche che lavarsi velocemente nel loro bagno avrebbe peggiorato le cose.

    Raggiunsero la porta e Mauro la aprì.

    Fissò in soggezione l’enorme stanza al di là. Il gigantesco letto a baldacchino era drappeggiato con tende color crema e oro e aveva una massiccia e soffice testiera. Mobili raffinati – un divano, un’ottomana, una toletta con una piccola e delicata sedia – completavano l’insieme.

    Sento delle voci, implorò Alain. C’è qualcuno qui. Te lo dico io!

    Rapidamente, si avvicinarono in punta di piedi alla finestra laterale e sbirciarono fuori.

    Mauro non riusciva a vedere il vialetto, ma fu decisamente sollevato di scoprire che quella che aveva pensato essere una finestra gigante era in realtà una porta a vetri scorrevole che per qualche ragione non era chiusa a chiave ed era parzialmente aperta. Così, dopo un lavaggio lampo, sarebbero potuti uscire da lì e attraversare la proprietà, percorrere il vialetto e arrivare fino alla strada dove era parcheggiata l’antica Ford di Alain.

    Rimettendo a posto la tenda, Mauro si affrettò a superare l’enorme guardaroba fino alla porta del bagno.

    Diamoci una ripulita e andiamo, disse, con la sensazione che il suo piano potesse salvarli entrambi. Se fossero stati davvero veloci, sarebbero arrivati in tempo per l’allenamento. Se fosse stato fortunato, non avrebbe vomitato a metà strada.

    C’è un cattivo odore qui, disse Alain, con tono preoccupato.

    Mauro non riusciva a sentire nessun odore, al di là della puzza fetida della camicia che indossava.

    La migliore idea sarebbe stata immergerla nella vasca, decise. C’era un’enorme casca in un angolo del bagno con una tenda che la copriva per metà.

    Si avvicinò in fretta e tirò indietro la tenda.

    E lei era lì.

    Lo fissava di rimando con i suoi occhi ciechi, erano spalancati e iniettati di sangue.

    Aveva la bocca aperta, le labbra prive di colore. La lingua ingrossata affiorava da esse, e la sua faccia era gonfia e di colore bianco verdastro. Delle ciocche di capelli biondi sporgevano dal bordo della vasca.

    Tra il suono delle sue stesse urla di panico, grida acute di puro terrore a cui faceva eco Alain, prese atto di quello spettacolo impossibile.

    Un cadavere nella vasca da bagno, disteso e morto.

    Un cadavere. Un corpo morto.

    Non era possibile, non era reale, doveva essere una specie di scherzo, non poteva esserci una donna morta qui. Mentre la fissava terrorizzato, un’oscurità vertiginosa minacciò di avvolgerlo e le sue ginocchia cedettero in modo allarmante.

    Poi Alain gli afferrò il braccio, facendolo sobbalzare.

    Dimenticando il bisogno di ripulirsi, si precipitarono in preda al panico verso la porta a vetri, gridando con orrore mentre uscivano e attraversavano di corsa il prato

    A Mauro non importava più verso quali problemi potessero correre.

    L’unica cosa che gli importava era andare lontano, molto lontano da quella faccia gonfia e senza vita con le labbra spalancate, che avrebbe tormentato i suoi incubi per gli anni a venire.

    CAPITOLO DUE

    Stella Fall fermò l’auto a noleggio e poi mise rapidamente il freno a mano mentre il suo piede tremante scivolava via dal freno. Lo sbattere della porta dell’auto suonò forte nel silenzio. Era tranquillo lassù in montagna. Il silenzio sembrava immenso, impenetrabile.

    Stava cavalcando un’onda di adrenalina. I suoi sensi erano tutti amplificati mentre rimaneva in piedi e guardava la piccola casa di legno. Era incastonata in un giardino sgangherato, ma curato, e sovrastata dalla foresta di pini alle sue spalle. Su entrambi i lati, si ergevano le montagne. La piccola città di Ouray era incastonata in una valle panoramica tra le cime scoscese della catena del San Juan.

    Finalmente era arrivata all’ultimo indirizzo conosciuto di suo padre.

    Un giorno, quando Stella aveva dieci anni, suo padre era andato al lavoro, spostandosi dalla fattoria fatiscente dove vivevano, al distretto di polizia del Kansas dove lavorava come detective.

    Non era più tornato a casa.

    Passati i giorni angoscianti e solitari della ‘scomparsa’, la speranza era svanita quando il caso si era trasformato in ‘presunta morte’, considerata la probabilità maggiore per diventare, alla fine, il verdetto ufficiale. Ma Stella aveva sempre sentito, con una certezza irrazionale, che suo padre era ancora vivo.

    Aveva trascorso numerosi pomeriggi nel laboratorio del padre, a guardare gli attrezzi per la lavorazione del legno logori ma ben conservati che aveva usato, desiderando la sua tranquilla e forte compagnia e il suo sostegno, perché senza la sua influenza moderatrice, le tempeste della rabbia della madre erano ancora più distruttive.

    In seguito sua madre aveva ripulito il laboratorio, venduto gli attrezzi e chiuso a chiave la stanza che era stata un rifugio per Stella. Con il passare del tempo, i ricordi sbiaditi erano diventati tutto ciò che aveva di lui, fino a una sorprendente scoperta.

    Solo poche settimane prima, aprendo vecchie scatole, aveva trovato una cartolina, inviata dal Colorado dopo la scomparsa del padre. Stella era andata direttamente in Kansas per affrontare la madre. Quel viaggio era stato una perdita di tempo pieno di conflitti, ma da allora, stranamente, Rhonda Fall aveva ceduto e Stella aveva ricevuto un messaggio di risposta con questo indirizzo: 5 Wilderness Avenue, Ouray, Colorado.

    E ora era lì per cercare George Caleb Fall e svelare i misteri che circondano la sua scomparsa.

    Nel portafoglio aveva nascosto una delle rare fotografie che aveva di sé con suo padre.

    Stella aveva ereditato gli occhi blu ghiaccio e i capelli scuri da sua madre. Quei geni forti e intensi avevano sopraffatto i capelli castani e gli occhi nocciola del padre nonché i suoi tratti gentili e morbidi. Ma sperava ardentemente di aver ereditato la sua calma e il suo equilibrio, il suo approccio tranquillo e umile, piuttosto che le furiose tempeste della personalità di sua madre.

    Questa sembrava una casa umile. Un posto dove lui sarebbe stato felice di vivere.

    Il suo cuore accelerò quando vide la macchina parcheggiata nel vialetto. La vecchia Buick indicava che qualcuno era a casa. Non si era mai permessa di arrivare a visualizzare l'auto che suo padre avrebbe potuto guidare se fosse stato ancora vivo, ma se lo avesse fatto, sarebbe stata simile a questa.

    Stella deglutì, cercando di calmare i nervi. Non c’era più tempo per pensare o rimandare. La resa dei conti era arrivata.

    Si avvicinò alla casa e bussò alla porta d’ingresso.

    Aspettò, con la bocca asciutta e le orecchie tese mentre dei passi morbidi si avvicinavano. Era in preda a emozioni contrastanti, la speranza si scontrava con la paura.

    La porta si aprì e lei fissò gli occhi sorpresi di una donna dai capelli grigi, bassa e paffuta. Aveva della farina sulle mani e indossava un grembiule.

    Dall'interno della casa, Stella sentì l’odore caldo e ricco del pane in cottura.

    Buongiorno. Posso aiutarla? chiese curiosa.

    Sono… sono Stella Fall. Con disappunto, si accorse di non essersi preparata un discorso, né di avere pensato a come avrebbe gestito quel momento. Ora che era arrivato e suo padre non aveva aperto la porta, si sentiva spaesata.

    Sto cercando un uomo che si chiama George Fall. In realtà, è mio padre, ammise. Credo che questo sia il suo ultimo indirizzo conosciuto.

    La donna fece un’espressione incredula, ma Stella notò sollevata che non sembrava infastidita da questa strana presentazione.

    Tuo padre? Viveva qui? Quanto tempo fa?

    Sedici anni fa, disse Stella.

    La donna aggrottò la fronte. Siamo qui solo da cinque anni. Mio marito ha comprato questa casa quando siamo andati in pensione. Prima di allora, so che per un po’ è stata una proprietà abbandonata, il proprietario è morto senza eredi.

    Stella sentì una fitta al cuore. Un proprietario morto senza eredi? Non poteva essere vero.

    Sa chi era il precedente proprietario?

    La donna scosse la testa. "È stato mio marito a occuparsi della parte burocratica. Io sono solo che ha complicato le cose e rallentato la vendita. E ora mio marito non c’è. Oggi è

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