Missing Mexico. I misteri di Isla Mujeres
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Anteprima del libro
Missing Mexico. I misteri di Isla Mujeres - Angelica Spano Manca
Capitolo I
Il display dell’itinerario mostrava che l’aereo aveva invertito la rotta. Sulla mappa si vedeva chiaramente una specie di fulmineo testa e coda. Susan si stropicciò gli occhi. Si, era chiaro: c’era stata una inversione di rotta. Si guardò intorno, tutti dormivano o fingevano. Qualcuno leggeva alla tenue luce della postazione della sua poltrona, ma nessuno sembrava essere interessato alla rotta e nessuno sembrava essersi accorto dell’evento. Eppure la mappa mostrava che la destinazione non era più Cancun, ma l’aereo era diretto a Cuba. Pensò subito ad un dirottamento, ma lungo il corridoio non c'era nessuno e la porta della cabina di pilotaggio era chiusa, mentre la luce verde della toilette indicava ‘available’.
Dal suo posto, però poteva vedere solo una parte dell’aereo, come sempre aveva scelto un seat lungo l’ala, dove poteva allungare le gambe e rimanere, per scaramanzia, vicino all’uscita di emergenza. Lo schermo era alla sua destra poco sopra il finestrino.
L’altra parte dell’aereo, quella della business class, le era occlusa e non vedeva più neanche le sue compagne di viaggio, che con ogni probabilità erano riuscite a sdraiarsi per dormire.
La loro bassa statura era un requisito eccellente per i lunghi viaggi, da quando le compagnie aeree avevano aumentato i posti a sedere, per motivi economici, lasciando solo spazi vitali, ai limiti della sopravvivenza.
Suonò il campanello delle hostess e in pochi minuti arrivò uno steward. Era ancora mezzo intontito, evidentemente era stato svegliato.
Il ciuffo biondo gli ricadeva sugli occhi verdi assonnati, la divisa, non perfettamente in ordine, lasciava intravedere la t-shirt bianca. Susan gli indicò il display con la nuova rotta e gli chiese dove fossero diretti. Lui rispose con un sorriso, ma sembrava poco interessato alla questione, disse che doveva andare a prendere gli occhiali.
Quando ritornò era molto più ‘professionale’.
Lo steward osservò il display da vicino. In effetti la rotta dell’aereo era stata invertita, stavano tornando indietro.
Esclamò qualcosa in Inglese, a denti stretti, tipo shit
o una parola simile e si allontanò commentando ad alta voce che neanche lui sapeva niente e che si sarebbe informato dal Comandante.
Si diresse verso la cabina di pilotaggio.
Susan cercò conforto nei volti degli altri passeggeri, ma quelli che non dormivano, leggevano o ascoltavano musica.
Cercò le sue compagne di viaggio, percorse tutto il corridoio della classe turistica e le trovò rannicchiate nelle poltroncine e dormivano come ghiri. No, sarebbe stata una inutile cattiveria, svegliarle e poi perché allarmarle? Forse il pilota aveva deciso di cambiare rotta per evitare il triangolo delle Bermuda
, dove anni addietro erano scomparsi decine di aerei nei cieli delle famose isole e forse, tutto sarebbe ritornato nel breve alla normalità. Non bisognava perdere la calma, anzi era necessario dormire, per recuperare energie per il giorno dopo, quando sarebbero atterrati a Cancun ed il Messico sarebbe stato ai loro piedi.
Lo steward si fece attendere.
C’è una inversione di rotta,
disse risoluto siamo diretti a Cuba per motivi tecnici. Niente di grave, a volte succede
.
Il cuore di Susan rischiò un piccolo infarto.
Cuba non era certo uno dei posti più tranquilli al mondo.
Il figlio di Fidel Castro aveva riorganizzato il Governo, ma dopo l’embargo imposto dagli Stati Uniti, la nazione era molto povera e il regime gestiva trasporti e commerci con l’estero con una normativa restrittiva. Ricordava ancora le telecamere nelle strade e nei parchi di Varadero e Matanzas e l’approccio con la bellissima isola non le aveva lasciato per niente la sensazione di libertà, che invece si respirava nelle altre isole caraibiche..
Aspettò l’atterraggio, leggendo un libro, non sapeva che ora fosse, si riaddormentò.
Siete pregati di prendere il vostro bagaglio a mano e le valigie. Non lasciate nulla a bordo, controllate i vs bagagli nelle cappelliere. Appena si fermeranno i motori, vi daremo disposizioni per scendere dall’aereo. Faremo una sosta tecnica, uno scalo, nel prossimo aeroporto
.
La voce della hostess. era calma e ferma, niente lasciava trapelare problematiche di rilievo. Il comandante aveva preferito non fare alcun annuncio, per non destare preoccupazione.
Quando i motori furono spenti, la voce del comandante comunicò in spagnolo, che erano costretti ad una sosta tecnica ed avrebbero impiegato solo il tempo necessario. La compagnia si scusava per l'inconveniente. Una hostess ripeté la comunicazione in Inglese e invitò i passeggeri ad uscire ordinatamente dall’ aeromobile.
Arrivati al portellone, l’hostess chiese ai passeggeri se fossero in transito o se quella fosse la loro destinazione. Quale destinazione?
Chiese Susan. Ebbe un momento di vuoto. Cuba
. rispose. Sperava di aver diritto ad una domanda di riserva, ma i passeggeri spingevano e qualcuno le infilò il trolley tra le caviglie.
No transit
. Rispose. E così finì tra i Cubani. Avrebbe voluto che le rifacessero la domanda, con il senno di poi, ma ormai era time out
.
Scese dall’aereo, e attraversando la struttura semi mobile, arrivò insieme agli altri passeggeri in una grande sala d’aspetto No transit
.
I passeggeri potevano scendere dall’aereo da entrambi i portelloni, quindi le sue compagne di viaggio erano scese dalla parte posteriore, ma prima che venissero scortate verso la Sala Transiti, riuscì a vedere, che una di loro, la più giovane, veniva spinta su una sedia a rotelle in un altro locale, un’infermeria forse. Pensò ad un leggero malessere o a qualcosa di simile. Sicuramente stavano meglio di lei ed avevano risposto bene alla domanda: Destino?
Era mattina e le addette della Croce Rossa servirono la colazione, caffè caldo e brioches in busta sigillata. Era quello che ci voleva per rinfrancarsi un pò. Guardandosi intorno vedeva solo facce incredule e spaventate. Sembravano tutti caraibici, non riusciva ad individuare tratti somatici di italiani o europei. Cosa stava succedendo? Cercò di pensare ad altro, in attesa di comunicazioni ufficiali.
L’aereo, dopo 14 ore di volo, sarebbe atterrato a Cancun, ma la loro destinazione era Playa del Carmen nello stato di Quintana Roo.
Erano in tre, Susan e le sue giovani compagne, che avevano condiviso con lei gli obiettivi del viaggio: la passione per l’archeologia, per il folklore, le tradizioni e i costumi locali.
Il volo era diretto, e partendo da Roma alle 14,00 sarebbero arrivate a destinazione alle 12 del giorno successivo, ora locale.
Aveva preparato il maleton
, la valigia per lunghi viaggi, con ogni precauzione per il viaggio, in una terra alquanto inospitale, per chi non si muove con tour organizzati e dorme in hotel a 5 stelle. La borsa conteneva crème protettive per insetti tropicali, antinfiammatori e schermi solari al 90% e guanti e foulard e medicine contro dissenteria e infezioni di qualsiasi tipo, antivirali e quanto si potesse prevedere.
Conosceva il Messico, l’ostilità del clima non aveva segreti per lei, ma ogni territorio ha le sue peculiarità e nello Yucatan era facile trovare zone poco civilizzate. E soprattutto mai e poi mai avrebbe rinunciato alla sua sahariana color kaki, la sua divisa portafortuna, che oltretutto le stava molto bene, stretta in vita, metteva in rilievo i fianchi stretti, ma non ossuti. Era la testimone di tanti viaggi, tante missioni, tanti scavi, inseparabile compagna di avventure e scoperte. Il suo amico archeologo, Claude l’aveva conosciuta con quella mise, con la quale Susan l’aveva portato a conoscere i tesori degli ipogei del Mediterraneo dell’età del bronzo. Claude, era francese come lei, della Normandia e Susan l’aveva amato molto, ma i loro mondi erano troppo lontani, due rette parallele. Si erano visti raramente negli ultimi anni, in brevi flash di grande intensità. Claude chiamava Susan la mia Africa
e Susan ne era molto orgogliosa, sapeva di aver dato a Claude qualcosa di unico e irripetibile.
L’imbarco fu veloce, 350 persone si distribuirono ordinatamente nell’aereo.
Le sue compagne di viaggio si sedettero in coda, ma lei poteva vederle e salutarle. Nel resort, a Playa del Carmen avevano prenotato un bungalow triplo e avrebbero condiviso tutto, soggiorno ed escursioni comprese.
Sapevano dove andare, quali siti visitare ed avevano già quattro daily trips prenotate: siti archeologici, Piramidi Maya di Tulum, ed altri siti.
Sistemati i bagagli, le hostess e gli steward diedero le ultime raccomandazioni, e le informazioni sulla sicurezza e su tutti i servizi di bordo, compresi gli intrattenimenti.
Dopo circa 40 minuti dal decollo, le hostess servirono la cena: il solito contenitore di cartone con pasta improponibile, cetriolini e formaggio, roba per americani.
Sul volo Susan cominciava a pregustare le visite ai siti archeologici Toltechi e Maya. Nel suo precedente viaggio in Messico non era andata nello Yucatan, ma nel Jalisco e non aveva visto nessun sito di grande interesse archeologico.
Pensava che lo stupore e la meraviglia che avrebbe provato davanti a tanto splendore, sarebbe stato pari a quanto provato in Egitto di fronte alle Piramidi della Valle dei Re. Il viaggio sarebbe stato pesante, ma ne valeva la pena, era uno dei sogni della sua vita e neppure la compagnia era molto importante, aveva obiettivi culturali ben precisi, tutto il resto era un corollario.
La Croce Rossa passò nuovamente per distribuire i basket del pranzo. Erano tutti seduti su vecchi sedili, assolutamente non ergonomici
e molti passeggeri cominciavano ad avere mal di schiena. I più anziani si alzavano spesso per sgranchirsi le gambe, i giovani, ragazzi