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Friulistan
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E-book340 pagine3 ore

Friulistan

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Info su questo ebook

Lo scrittore ha preso lo spunto per Friulistan studiando un fatto largamente sconosciuto accaduto durante la seconda guerra mondiale, quando alieni provenienti dalla Russia meridionale e dalle rupubbliche sovietiche asiatiche vengono inviati dal comando tedesco in Carnia, una zona alpina localizzata nella parte Nord-Occidentale della regione Friuli Venezia-Giulia.

Giuseppe coglie l'opportunità di descrivere, sia alcuni dei fatti più importanti per l'Italia che accaddero nel 1943, che quei russi (che erano principalmente cosacchi, ma anche kazaki, georgiani, ecc..): i loro vestiti, le loro armi, i loro animali, i loro usi e costumi, la loro vita in Carnia ed introduce altri gruppi antropologici romanzandoli.

Quella gente odiava il comunismo e venne inviata in Carnia (donne, vecchi, bambini e sacerdoti) per combattere i partigiani.

Come tutti i suoi volumi della collana Racconti tra Italia e Nuova Zelanda anche Friulistan è un breve romanzo storico nel quale l'autore inventa, in aggiunta agli eventi storici, fatti mai accuditi ma plausibili.

Il carattere principale della parte romanzata è Michael, un soldato neozelandese catturato dagli italiani in Libia, che, l'8 Settembre 1943, fugge dal campo di concentramento e si rifugia in Carnia, dove trova da vivere ed incontra Francesca.

Tra i due sboccia l'amore, ma Francesca diventa comunista ed il rapporto tra i due potrebbe incrinarsi; invece si rinsalda con vigore.

Giuseppe descrive come i carni si organizzano dopo l'8 Settembre in quanto là non ci sono né tedeschi né fascisti, ma tutto quello che hanno messo in piedi viene spazzato via dall'arrivo degli alieni alla stazione ferroviaria di Tolmezzo, la città più grande della Carnia, e dalla loro invasione e dal loro conseguente insediamento in quelle valli ed in quei paesi.

Friulistan termina con la fine storica della guerra in Carnia e coi fiori d'aroncio tra Michael e Francesca.

LinguaItaliano
Data di uscita28 lug 2022
ISBN9781005079932
Friulistan

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    Anteprima del libro

    Friulistan - Giuseppe Gallina

    Una soria d’altri secoli

    Prima Edizione 2022

    Giuseppe Gallina

    Smashwords Editore

    Copyright © 2022 Giuseppe Gallina

    All Rights Reserved - Tutti i diritti sono riservati

    Indice

    Frontespizio

    Licenza d’uso

    Giuseppe Gallina

    Dedica

    Ringraziamenti

    Gli altri libri dell’autore

    Prefazione

    Introduzione

    FRIULISTAN

    Titoli dei capitoli

    Citazione

    Note

    Licenza d’uso

    Questo ebook è concesso in uso per l’intrattenimento personale.

    Questo ebook non può essere rivenduto o ceduto ad altre persone.

    Se si desidera condividere questo ebook con un’altra persona, si deve acquistare una copia aggiuntiva per ogni destinatario.

    Se state leggendo questo ebook e non lo avete acquistato per il vostro unico utilizzo, siete pregati di acquistare la propria copia.

    Grazie per il rispetto al lavoro di questo autore.

    Giuseppe Gallina

    Giuseppa Gallina è nato a Lugo (in provincia di Ravenna, nella Romagna Nord-Occidentale, Italia) nel 1963.

    Durante gli studi universitari ha lavorato come perito agririo nel settore della zootecnia e, dopo avere conseguito la Laurea in Agraria presso l’Università di Bologna, ha continuato la sua opera nel settore zootecnico come consulente.

    Nel 1993 si è trasferito in Nuova Zelanda, un piccolo arcipelago insistente nell’Oceano Pacifico meridionale, dove tuttora vive e lavora ad Auckland, la città più grande del Paese situata nella parte settentrionale dell’Isola del Nord.

    Per molti anni ha professato, usando la lingua italiana, nei settori: turistico, come guida turistica; linguistico, come traduttore ed interprete; e didattico, come insegnante in corsi serali di italiano, di storia italiana moderna e contemporanea e di turismo in Italia.

    Successivamente ha lavorato per tre anni come support worker a sostegno di persone affette da moderato livello di schizofrenia, per poi decidere di ritornare docente conseguendo il diploma di insegnante di inglese come seconda lingua per studenti stranieri, professione che tuttora svolge.

    Oramai da decenni ama ferrasi sulla storia, principalmente, ma non esclusivamente, dell’Italia e della Nuova Zelanda, nonché, da qualche anno, ha iniziato a cimentarsi anche nello studio della storia dell’arte italiana. Ottiene tutte le sue conoscenze storiche sempre e solo studiando i dati pubblicati da quei ricercatori storici che, a loro volta, hanno studiato le prove documentali al riguardo di specifici argomenti.

    A torto o a ragione si considera essere un serio scolaro di storia.

    Lo scrittore, che si autodefinisce il romagnolo in Nuova Zelanda, viene invitato a conferenze al riguardo della storia italiana, a volte legata a quella neozelandese, tenute in biblioteche, club privati e durante festival.

    Giuseppe può essere contattato al seguente indirizzo email: giuggiola@xtra.co.nz.

    L’autore dedica

    Friulistan

    a sua nonna Nina,

    friulana delle valli del Natisone,

    che non potè mai conoscere.

    Ringraziamenti

    L’autore è riconoscente a: George Dibley, un amico di Auckland, per averlo coadiuvato nella ricerca dei dati storici; Mauro Bovoli, un amico di famiglia, per aver accettato di leggere criticamente lo scritto prima della sua pubblicazione; Paride Mainardi, vecchio amico di un suo vecchio amico lughese, per il suo continuo supporto e la sua continua supervisione su come usare il computer sempre meglio.

    Gli altri libri dell’autore

    Intrigo Internazionale

    Tainui a Trieste

    Un Prete Protestante in Romagna?

    Una Campana Suona nel Sud!

    Senza l’Euro e Senza l’Inquinamento

    (tutti i volumi sono facenti parte della collana intitolata Racconti tra Italia e Nuova Zelanda)

    Prefazione

    FRIULISTAN - Un nome artificiale che orecchia un’altra e ben nota provincia del mondo finita nel mirino delle tattiche per una interminabile guerra di portata globale. Appunto in questo lembo edenico di mondo nasce una situazione di conflitto con esiti decifrabili solo a posteriori attraverso i relitti che lascia sul terreno: testimoni eterogenei che inducono alla contemplazione della guerra come l’assurdità che domina la vita umana.

    In questo quadro distopico, nel Friuli di Giuseppe Gallina si manifesta con un senso compiuto solo la realtà quotidiana delle persone, la popolazione e dentro essa la coppia di protagonisti che si spende per sopravvivere al presente contaminato e realizzare l’unico futuro possibile: non a caso, Gallina rievoca per loro l’archetipo dei manzoniani Promessi Sposi.

    Ma perché il Friuli? Il fatto è che Giuseppe alla sua quinta fatica sente il bisogno di approdare alle sue lontane radici, a quel Friuli da cui proveniva sua nonna e di cui la famiglia aveva coltivato sempre un vivo ricordo. Ci torna con uno sguardo tra affettuoso e ironico, riconoscendo la caparbietà e dietro essa la schiettezza di cui anche lui si sente portatore; un legato al quale non ha mai voluto rinunciare anche a costo di scelte estreme come l’aver abbandonato l’Italia per cercarsi un nuovo nido dall’altra parte del mondo.

    Il primo personaggio sulla scena di questa storia friulana ha tenuto atteggiamenti liberi nei confronti del Governo e questi hanno finito per procurargli una trasferta agli antipodi del suo mondo: il confino in una isoletta in provincia di Trapani, estremo lembo meridionale dell’Italia. Levanzo diventa l’occasione per una relazione antropologica su una comunità di pescatori che conduce un’esistenza minimale ma sovranamente libera: relegati nell’isoletta dove non arrivano neanche i preti, hanno temperato il loro isolamento in una essenziale libertà interiore, libertà soprattutto dalle regole della società moderna fondata sul denaro e la carriera. Tutto l’episodio è rivissuto come un flash-back riaffiorato dal crollo del sistema politico e civile: siamo dopo l’Otto Settembre, dopo il collasso del regime di Mussolini. Ma la guerra continua.

    Gli sviluppi di questa materia clamorosa riemergono di continuo sul primo piano della narrazione (il presente) in cui il piano dei ricordi affiora a tratti; il fatto è che entrambi i piani hanno ragioni per emergere e prendersi il campo, perché il passato non è mai passato del tutto. Anche le vicende successive all’Otto Settembre che hanno segnato la svolta dell’Italia nella realtà contemporanea dopo vent’anni di isolamento vengono affrontate dall’Autore per vie insolite: ad esempio col tentativo di rivalutare un personaggio come Pietro Badoglio che non ha mai goduto della stima politica nazionale a destra come a sinistra.

    Piuttosto, dietro il mondo ancestrale della Carnia l’Autore vede quel crogiolo multicolore e multietnico che respira ad est esposto ad un continuo rimescolio politico, soprattutto da quando in questo territorio sconfinato che finisce in Asia si è accesa la Rivoluzione, quella liberal-socialista poi quella bolscevica che poi è entrata nel tragico balletto della guerra mondiale rompendo i vecchi steccati geo-politici.

    Dall’avamposto friulano Giuseppe osserva la storia che si affaccia ad ondate fin sulla soglia dell’Occidente; e tra le armate multietniche in campo ritrae una babele che sintetizza la realtà militare nei mesi risolutivi del conflitto mondiale. La realtà si sfaccetta come in un caleidoscopio inesauribile: tutte le componenti dello sforzo bellico sembra si siano date appuntamento in questo lembo già intatto dai furori del conflitto per uno scontro finale che in realtà non si verifica, perché la storia, comunque, va avanti a modo suo.

    Mauro Bovoli

    Introduzione

    "Gli uomini indossano le divise più disparate. In maggioranza hanno il copricapo dei cosacchi, berretto di pelo nero, con la parte superiore rossa, blu, verde. In testa al singolare corteo marciavano quattro cavalieri con il comandante, un principe forse, tutto vestito di nero su di un cavallo nero, ed era seguito da un plotone di giovani montati su pomposi cavalli. Sui primi carri erano i musicanti, 4 o 5 uomini con grandi tromboni. Fino alle 3 del pomeriggio durò la sfilata".

    Queste parole furono scritte da un testimone oculare dell’invsione cosacca della Carnia.

    Quando, circa due anni fa, l’autore è venuto a conoscenza di questo singolare evento storico, inizialmente non ci voleva credere (di informazioni-spazzatura al giorno d’oggi ce ne sono a bizzeffe), ma si è dovuto arrendere all’evidenza messa in luce dal conseguente studio dei dati storici inerenti a questo fatto.

    Il 20 Luglio 1944 gli abitanti della Carnia, una zona montuosa della parte Nord-Occidentale della regione Friuli Venezia-Giulia, videro arrivare, d’improvviso ed a loro totale insaputa, gente che sembrava venuta da un altro pianeta.

    Erano principalmente cosacchi, georgiani, armeni, azeri, kazaki, uzbeki, tagiki e turkmeni, cristiani e musulmani, fuggiti dall’odiata Unione Sovietica e trasferiti nelle valli carniche dalle autorità militari tedesche per proteggere la ferrovia del Brennero da possibili attacchi partigiani provenienti da Est. Quelle persone, vestite coi loro abiti tradizionali ed armate delle loro sciabole orientali, si stabilirono in quelle quelle valli per circa dieci mesi, non solo con donne, vecchi, bambini e coi loro sacerdoti, ma anche con i loro animali: cavalli di razze sconosciute, pecore, capre, qualche mucca e perfino cammelli e dromedari provenienti sia dalla Russia meridionale che dalla Siberia Sud-Occidentale (quella regione che gli antichi romani chiamavano Transoxiana e attraverso la quale transitava la via della seta) formata dagli stati del Kazakistan, Kyrghyzistan, Tagikistan, Turkmenistan ed Uzbekistan, tutte ex repubbliche sovietiche.

    Questo fatto conduce la mente a rammentare avvenimenti accaduti in ere passate come la profezia di Nostradamus, che durante il rinascimento scrisse più o meno: I cosacchi abbevereranno i loro cavalli nelle fontane di San Pietro. L’autore risponde che lì non ci arrivarono ma che l’acqua della Carnia dissetò i loro equini, ciò per evidenziare la veridicità di un’anacronistica, per quanto avvincente, invasione dell’Italia provenuta dall’Oriente a metà del XX secolo, dopo tempo immemorabile dalla penultima invasione dello Stivale venuta da Levante.

    Friulistan è il sesto breve romanzo storico dello scrittore che, come i precedenti, è basato su fatti corroborati da prove documentali nei campi della geografia, dell’edilizia, della storia, della filatelia, della zoologia, dell’antropologia, della religione, delle lingue, della politica e persino della moda.

    Come sempre l’autore ha ampiamente e ragionevolmente romanzato l’evento storico, facendo incontrare un prigioniero di guerra neozelandese, venuto volontario dalla fine del mondo e fuggito da un campo di concetramento, con una ragazza di montagna, rapita da una nuova ideologia nonché in cerca di una vita meno monotona, all’interno di un’invasione esotica, perpetrata da alieni provenienti dall’ignoto e derivata da un’esaltante speranza nata nelle steppe dell’Europa Orientale e nei freddi deserti dell’Asia Centrale, ma poi trasformatasi in un’infinita tragedia consumata in luoghi invivibili, per terminare il racconto con la gentile nota dei ... fiori d’arancio.

    Sullo sfondo della storia romanzata si vede, alla luce del sole, il periodo che, ad avviso dell’autore, costituì il momento più buio della storia d’Italia durante tutto il 20° secolo, caratterizzato dalla guerra civile, dalla confusione politica e dallo scontro tra eserciti stranieri, avvenimenti che ricordano un cliché già ampiamento rivisto nel passato italico e che non furono nemmeno indispensabili per la vittoria alleata in Italia ed in Europa; ma si vede anche, altrettanto chiaramente, una tanto inaspettata per quanto smagliante maturità politica del popolo italiano che, tra la guerra, la fame ed il crollo dei miti, chiarisce a sé stesso, con grande lungimiranza e lucidità, che vuole la libertà.

    Come in tutti i suoi libri, anche nel presente scritto la parte romanzata è figlia dei sentimenti dello scrittore, ed è per questo che ogni volume viene di lunghezza diversa e copre una gamma di argomenti più o meno vasta.

    A torto o a ragione l’autore si autodefinisce un amatore della scrittura artigianale.

    Questo breve romanzo storico coniuga politica, avventura, guerra, sentimenti, geografia, tradizioni, gastronomia, linguistica, ecc..., e narra due degli avvenimenti storici che coinvolsero italiani e neozelandesi insieme, ciò allo scopo di rinvigorire quel tenue legame esistente tra l’Italia, il Paese natio dello scrittore, e la Nuova Zelanda, la sua nazione d’adozione.

    L’autore segnala la parte storica, realizzata studiando i dati forniti dai ricercatori storici, nelle note in calce, mentre il racconto è sostanzialmente, ma non solo, romanzato.

    Gli eventuali lettori dei libri dello scrittore facenti parte della collana Racconti tra Italia e Nuova Zelanda, apprenderanno innumerevoli informazioni inerenti una vasta gamma di argomenti al riguardo di quel piccolo arcipelago localizzato nell’Oceano Pacifico meridionale, incluso gli usi ed i costui dei suoi abitanti, e per di più verranno a confrontarsi con eventi storici italiani presumibilmente non a tutti noti.

    FRIULISTAN

    Una Storia d’Altri Secoli

    Titoli dei Capitoli

    Capitolo 01 Un Idillio nel Purgatorio

    Capitolo 02 A Tripoli

    Capitolo 03 L’Olio di Roccia

    Capitolo 04 Primadonna!

    Capitolo 05 Sabbia, Mosche e Sentimento Nazionale

    Capitolo 06 Bi’r al Ghubi

    Capitolo 07 La Cattura del Kiwi

    Capitolo 08 Miracoli ed Imprecazioni

    Capitolo 09 Il Giorno Più Corto

    Capitolo 10 Dall’Ignavia alla Scelta

    Capitolo 11 Robespierre

    Capitolo 12 I Primi Partigiani

    Capitolo 13 Il Volo del Kiwi

    Capitolo 14 Un Kiwi in Mezzo al Vino

    Capitolo 15 Solo l’Italia Può!

    Capitolo 16 Instrument of Surrender of Italy

    Capitolo 17 Condizioni Aggiuntive di Armistizio con l’Italia

    Capitolo 18 Ambiguo, Controverso, ma ... Lasciò un Bel Segno

    Capitolo 19 Da una Cantina ad una Porcilaia

    Capitolo 20 Un Kiwi nella Neve

    Capitolo 21 Una Verità Nascosta

    Capitolo 22 Invisibili Ma Invincibili

    Capitolo 23 Alpenvorland und Adriatisches Kustenland

    Capitolo 24 Il Mondo Sottosopra

    Capitolo 25 Guerra e Pace

    Capitolo 26 Un Mezzo Zibaldone

    Capitolo 27 I Due Colombi

    Capitolo 28 Sovetskih Tovarishch in Carnia?!

    Capitolo 29 Il Faro della Civiltà

    Capitolo 30 Le Cicogne Fanno il Nido

    Capitolo 31 Uno Scherzo da Prete

    Capitolo 32 La Fine del Mondo!

    Capitolo 33 Mamma, Arrivano li Turchi!

    Capitolo 34 Kosakenland in Italien

    Capitolo 35 Renzo e Lucia

    Capitolo 36 Più Mondi a Confronto... in Carnia!

    Capitolo 37 Odio Orientale ... nell’Europa Occidentale!

    Capitolo 38 La Fine di una Storia d’Altri Secoli e ... Renzo E Lucia

    "Mi potrai strappare la vita,

    ma non mi deruberai mai della mia libertà"

    Autore sconosciuto

    1

    UN IDILLIO NEL PURGATORIO

    Michael riceve la palla vicino alla sua linea di meta e, immediatamente, scatta in avanti zigzagando tra la debole difesa italiana, i giocatori della squadra locale riescono solo a toccarlo, raggiungendo, in soli 10 – 15 secondi al massimo, la linea di meta avversaria e, con un bel tuffo in aria per la gioia, deposita la palla ovale per terra oltre la linea di meta italiana, situata a quasi 80 m dalla sua¹ e che delimita il campo da rugby ricavato nel prato all’interno del filo spinato.

    Nel Giugno del 1943 era da circa un anno e mezzo che i militari italiani di guardia si allenavano a giocare a calcio e a rugby coi neozelandesi² e con gli australiani prigionieri di guerra, catturati dalle truppe dell’Asse in Nord Africa ed alloggiati in due campi di concentramento attigui, localizzati tra Udine e Gemona del Friuli, nella parte nord-orientale della pianura veneto-friulana, confinante con il fiume Tagliamento ad Ovest e con le prealpi Giulie ad Est.

    I rapporti tra gli italiani e quei soldati provenienti da down under, come dicono loro, cioè dalla fine del mondo, come si dice in italiano, erano sempre stati cordiali³, e dai primi del 1943 i controlli all’interno dei campi si erano persino affievoliti.

    Ciò era causato dalla carenza di personale militare⁴, e il controllo notturno, che avveniva ad orari sempre diversi, era stato affidato ad un ragazzo di 17 anni, di nome Claudio proveniente dal vicino villaggio di Tarcento. Il suo compito era solamente quello di toccare i piedi o le gambe dei prigionieri a letto, uno per uno, per accertarsi che non mancasse nessuno. A volte i militari rispondevano proferendo sempre le due stesse parole: la prima che Claudio non capiva e la seconda la cui fonetica in italiano era of; non ci voleva la scala per evincere che non fosse un complimento⁵.

    C’era poco da mangiare⁶, anche per gli italiani, ed i loro mugugni si sentivano lontano un chilometro, mentre non sentivi mai un kiwi, od un aussie, lamentarsi.

    Una bella differenza di mentalità!

    La fame, una guerra mai capita⁷ e oramai persa, la patria invasa dal nemico, i problemi coi tedeschi, i bombardamenti aerei, i prigionieri in giro per il mondo, i morti congelati⁸, l’Inferno Bianco (la ritirata di Russia), le difficoltà per il riscaldamento urbano e la cronica scarsità di carburante, avevano scaraventato la popolazione in un purgatorio dove scontava gli errori del regime.

    Perché s’è messo in questa guerra? Si stava pur bene!, ripeteva e si ripeteva la gente, con un atteggiamento palesemente critico verso l’amato Duce che glie l’aveva fatta grossa.

    Ma gli italiani non avevano la più pallida idea che il paradiso doveva attendere e che, di lì a poco, sarebbero caduti dalla padella del purgatorio nella brace degli inferi.

    2

    A TRIPOLI

    Il titolo di questo capitolo è tratto dal titolo di un brano musicale patriottico, composto da Giovanni Corvetto, comunemente chiamato Tripoli Bel Suol d’Amore, che debuttò l’8 Settembre 1911 al Teatro Balbo di Torino e venne cantato dalla cantante romagnola Alessandra Drudi, nata a Cotignola (Ravenna) nel 1878 e scomparsa a Villa Verrucchio (Rimini) nel 1961.

    La canzone era stata scritta per propagandare l’imminente guerra italo-ottomana, finalizzata alla conquista della Libia ed iniziata il 29 Settembre 1911⁹.

    La Drudi, causa le modeste condizioni economiche della sua famiglia, da piccola era stata affidata alle cure delle suore del Collegio Don Morelli di Lugo di Romagna (Ravenna), dove aveva avuto la possibilità di studiare e dove fu in grado di far sentire la sua bellissima voce.

    A Tripoli fu il suo più grande successo, le aprì le porte ad una brillante carriera e nientemeno che Gabriele d’Annunzio forgiò per lei il nome d’arte di Gea della Garisenda: Gea, presumibilmente attinto dal nome greco della dea primordiale della Terra; Garisenda, probabilmente desunto dal nome di una delle due torri di Bologna¹⁰, dimenticando che la Druri era romagnola.

    Il Vate fu forse stimolato a coniare cotanto nome d’arte dal fatto che la cantante, quell’8 Settembre, eseguì il brano coperta solamente dal Tricolore; comportamento all’epoca tanto audace quanto inaudito.

    Il Testo di A Tripoli

    Sai dove s’annida più florido il suol?

    Sai dove sorride più magico il sol?

    Sul mar che ci lega con l’Africa d’or,

    la stella d’Italia ci addita un tesor.

    Ci addita un tesor!

    Tripoli, bel suol d’amore,

    ti giunga dolce questa mia canzon!

    Sventoli il tricolore

    sulle tue torri al rombo del cannon!

    Naviga, o corazzata:

    benigno è il vento e dolce la stagion.

    Tripoli, terra incantata,

    sarai italiana al rombo del cannon!

    A te, marinaro, sia l’onda sentier.

    Sia guida Fortuna per te, bersaglier.

    Và e spera, soldato, vittoria è colà,

    hai teco l’Italia che gridati:Va’!

    Tripoli, bel suol d’amore,

    ti giunga dolce questa mia canzon!

    Sventoli il tricolore

    sulle tue torri al rombo del cannon!

    Naviga, o corazzata:

    benigno è il vento e dolce la stagion.

    Tripoli, terra incantata,

    sarai italiana al rombo del cannon!

    Al vento africano che Tripoli assal

    già squillan le trombe,

    la marcia real.

    A Tripoli i turchi non regnano più:

    già il nostro vessillo issato è lassù.

    Tripoli, bel suol d’amore,

    ti giunga dolce questa mia canzon!

    Sventoli il tricolore

    sulle tue torri al rombo del cannon!

    Naviga, o corazzata:

    benigno è il vento

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