La Mediazione Familiare: Una Professione che richiede Arte: Gli Strumenti del Mediatore Familiare
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Anteprima del libro
La Mediazione Familiare - Maria Rosaria Sasso
© Pubblicato da Ventus
Marchio editoriale indipendente
Disponibile in rete e in libreria
https://ventuseditore.blogspot.com/
È severamente vietato riprodurre, in parte o nella sua interezza, il testo riportato in questo libro senza l’espressa autorizzazione dell’Editore.
Maria Rosaria Sasso – Roberto Ingravalle
La Mediazione Familiare
Una Professione che richiede Arte
Sommario
Prima parte di Maria Rosaria Sasso
Prefazione
Gli strumenti del Mediatore Familiare
Capitolo 1 - Lo Specchio
1.1 - Lo Specchio come strumento per la mediazione e per il Mediatore.
1.2 - Lo Specchio come strumento di lavoro.
1.3 - Specchio come facilitatore empatico dei Mediati
1.4 - Lo Specchio come dono e scambio tra Mediatore e Mediato.
1.5 - Riflessioni
Capitolo 2 - La Metafora
2.1 La storia di Carlo e Sara
2.2 La Storia di Luigi e Vincenza
Capitolo 3 - Dalla Supervisione alla Narrazione metaforica dei lavori
3.1 - Racconto dunque Sono: il bisogno di riconoscimento
Gruppo: Il pettine del Barbiere
Gruppo: La lampada di sale
Gruppo Margherita: Le regole del gioco
Gruppo del Sole: Lettura del mondo
Gruppo Primavera: Il filo d’oro
Capitolo 4 - Le Emozioni in Mediazione Familiare
4.1 - Il Cestino delle Emozioni
4.2 - Le emozioni secondo il mio sentito e quello di alcuni colleghi
4.3 - Il Dizionario delle Emozioni
Riflessioni
Conclusione
Ringraziamenti
Seconda parte di Roberto Ingravalle
Introduzione
Il mediatore
I colori
È una questione di colori
La fiaba in mediazione
C’era una volta…
Una fiaba: Soraya e Tamir
Riflessioni sulla fiaba e temi trattati: cerchiamo di capirli
Dal caos all’ordine
Dall’Entropia alla sintropia
Una fiaba: La scoiattolina abbandonata
Qualche osservazione
I miti familiari
Racconto dell’arancia
Una fiaba: Storia di una capra
I bambini durante la separazione
Una fiaba: Il paese delle due lune
Il dolore dei bambini
Rielaborare un testo e adattarlo alla situazione
Conclusioni
Prima parte
di Maria Rosaria Sasso
Ciao Roberto! Sei pronto per il nostro viaggio?
Io mi metto in cammino e ti porterò con me
nell'attesa di incrociare i nostri passi
e condividere pensieri ed emozioni.
A presto,
Maria Rosaria
Prefazione
«Il momento migliore per piantare un albero è vent’anni fa.
Il secondo momento migliore è adesso». (Confucio )
Sono al mio secondo lavoro di scrittura e ci tengo a precisare che non scrivo con la presunzione di essere una scrittrice, in quanto ho la consapevolezza di essere molto lontana dall’esserlo e dal potermi considerare tale, ma l’impulso di scrivere e lasciare traccia dei miei pensieri su carta sono sicura mi accomuni a un vero scrittore. Non scelgo di scrivere: è la penna che prende la mia mano quando sente di non poter perdere il momento creativo. Ci sono momenti in cui mi alzo anche di notte perché ho il bisogno di scrivere, come ci sono momenti in cui pur volendo non riesco perché la penna non si muove. Questo lavoro nasce dal desiderio di divulgare la Mediazione Familiare insieme al mio collega Roberto. Scrivere è stato naturale, unire i nostri pensieri è stato semplice. In ognuna di queste pagine ci siamo noi, semplicemente noi, ciascuno con le proprie modalità e il proprio sentire. Il mio lavoro è un piccolo viaggio tra gli strumenti e le emozioni del Mediatore Familiare, tutto ciò che ho riportato e condiviso è frutto della mia pratica e dell’esperienza accumulata nella Stanza di Mediazione Familiare. I nomi dei casi riportati sono frutto di fantasia.
Gli strumenti del Mediatore Familiare
La Professione del Mediatore Familiare richiede Arte e non a caso lo abbiamo scelto come titolo del nostro lavoro.
Una volta inquadrato come artigiano-professionista, il Mediatore Familiare è definibile come colui che riceve, accoglie e inizia a immaginare, a fantasticare, inventare e soprattutto a cercare la strategia per poter rendere possibile il cambiamento. Come nella bottega del mastro, tutto ciò che gli arriva è sottoposto al vaglio della mediabilità per poter dare l’avvio a quella creatività propulsiva che porterà il materiale accolto a essere qualcosa di diverso. Il Mediatore sa che dipende da lui utilizzare uno strumento piuttosto che un altro e sa anche che deve calarsi in una storia che non è la sua ma lo diventerà in termini di riflessi emozionali. Tanti sono gli strumenti che ha nella sua cassetta degli attrezzi ma in questo lavoro mi soffermerò su due strumenti, in particolare e nello specifico su quelli che sono più nelle mie corde: lo Specchio e la Metafora.
Capitolo 1 - Lo Specchio
«Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto».
San Paolo, I Corinzi, 12;13.
Il Mediatore Familiare, come artigiano, è colui che con la propria creatività deve modificare il materiale che gli viene affidato. Ciò è qualcosa di molto prezioso perché è la vita delle persone che vivono e che stanno vivendo un conflitto, un disagio nella relazione, una difficoltà. Il Mediatore-artigiano diviene il contenitore di rabbia, delusione, fallimenti e sofferenze che dovranno essere trasformate per facilitare il cambiamento. Gli strumenti che utilizzerà, infatti, saranno quelli che agiranno sulle emozioni e per le emozioni. A seconda dei bisogni del mediato variano gli strumenti, ma la cosa certa e indiscutibile è che non potrà fare un buon lavoro se non sarà in grado di cogliere i veri bisogni, non potrà trasformare ciò che gli viene affidato se non utilizzerà lo strumento principe del mediatore: lo Specchio. Lo Specchio è infatti la possibilità per il Mediatore di accogliere e decodificare le emozioni per restituirle filtrate dal superfluo.
1.1 - Lo Specchio come strumento per la mediazione e per il Mediatore.
«Lo scultore produce le sue bellissime Statue intaccando le parti del blocco di marmo che non sono necessarie, si tratta di un processo di eliminazione del superfluo». (E. Hubbard)
In cerca di una definizione essenziale per comprendere come il Mediatore Familiare decodifichi le emozioni.
Se cercassimo definizioni, nel web o sui libri, che ci diano un’idea concreta di cosa faccia e di cosa si occupi il Mediatore Familiare troveremo sicuramente una miriade di informazioni, ma a mio avviso solo un Mediatore Familiare che vive la Stanza¹ che scotta
può raccontare cosa sia e cosa faccia. Secondo il mio punto di vista, risultato di tanti anni di esperienza, il Mediatore familiare è un artigiano-professionista. Deve accogliere la risorsa umana che si affida al suo intervento e, con tutta la sua competenza e creatività, accompagnarla al cambiamento proprio al pari di un pittore o di un sarto.
Il pittore all’origine del suo capolavoro ha una tavolozza bianca dove, pennellata dopo pennellata, sfumatura dopo sfumatura, darà vita ai suoi pensieri. Il sarto accoglie, invece, vestiti sdruciti e malandati per farli rivivere in un nuovo abito su misura. Allo stesso modo il Mediatore Familiare al pari di questi due artigiani accoglie le macerie umane, aiuta a decodificarle attraverso un viaggio nelle emozioni e accompagna i Mediati a re-inquadrarle per poter scrivere una nuova storia: una storia che non esclude il passato ma parte dal presente per poter essere riscritta all’interno di una nuova cornice. Una storia che se non avesse l’anima di un vecchio vestito sdrucito e malandato non potrebbe risultare ancora più preziosa. In base a questa visione si può, infatti, dire che il Mediatore Familiare come Artigiano è colui che lavora con le emozioni per arrivare ai bisogni, ai veri bisogni sottesi che solo quando si manifesteranno nella loro completezza potranno aprire un varco per la pacificazione. Il Mediatore-professionista è invece colui che con i propri strumenti, accompagnerà i suoi Mediati a raggiungere quegli accordi che soddisferanno entrambi, ma soprattutto decreteranno il cambiamento.
Di volta in volta capirà quale strumento è necessario: se è lo Specchio, utile per esplicitare gli stati d’animo delle persone che gli si sono affidati; il genogramma, quando la matrice dei problemi affiora da rapporti conflittuali nella famiglia di origine e non; la mappa dei bisogni, per dare priorità ai bisogni urgenti; la metafora, se è necessario accompagnare i mediati attraverso storie parallele e analogiche per la visione distaccata dei propri problemi e di conseguenza alla comprensione del problema.
Ogni caso che il Mediatore accoglie e reputa mediabile è a sé e si presta a varie strategie lavorative. Le storie, le motivazioni, i bisogni, le emozioni a una prima lettura sembrano simili ma poi, incontro dopo incontro, l’artigiano comprende quale strategia mettere in campo per decodificare le emozioni e renderle più fruibili a entrambi.
L’atmosfera che si respira nella Stanza all’inizio, generalmente, non corrisponde al vero stato e ai vari bisogni del Mediato. La Stanza che scotta all’inizio di un percorso è piena di rabbia, sarcasmo, frustrazioni varie, rancori non sopiti, tristezza, malinconia, ma soprattutto distanze che metaforicamente sono dei muri dove è necessario costruire un ponte che fa intravedere la possibilità di un riavvicinamento. È in questa fase che il Mediatore deve raccogliere le risorse a sua disposizione e decidere la strategia da seguire. Quindi come un mago, ora artigiano ora professionista, deve togliere dal cilindro gli strumenti che intende utilizzare.
Certo c’è una scaletta, un percorso che generalmente viene intrapreso, ma è chiaro anche che non seguirà alla lettera uno schema: ogni manufatto è a sé e ogni storia merita di essere accompagnata secondo l’intuito e l’estro dell’esperto. Accogliere, elaborare, empatizzare per poter essere il facilitatore nel cambiamento che ci viene richiesto diviene l’obiettivo da condividere nella Stanza. Quello che accade al suo interno è simile a un gioco di squadra, dove ognuno ha le proprie aspettative e i propri obiettivi che devono però mirare a un interesse comune.
Un film che traduce questo mio pensiero è A beautiful Mind,² dedicato alla vita del matematico e premio Nobel John Forbes Nash Jr., in particolare mi riferisco alla scena Adam Smith va rivisto… (18’10’’ - 20’50’’). Sintesi:
Quattro brillanti giovani matematici sono in un Bar e stanno chiacchierando nel momento in cui entrano cinque ragazze, una bionda e quattro more. I ragazzi si concentrano sulla bionda, che è la più bella, e si scambiano battute come: «Ognuno per sé», «Vediamo chi esce con la bionda», ecc. Ripropongono in questo modo, sotto forma di battuta, la legge di A. Smith che afferma, all’incirca, che la ricerca del profitto personale porta un vantaggio per tutti.
Il protagonista, Nash, ha una folgorazione che lo porta a formulare una nuova teoria: «Se tutti ci proviamo con la bionda alla fine lei dirà di no, a quel punto ci proveremo con le sue amiche, ma anche loro ci diranno di no perché a nessuno piace essere la seconda scelta», spiega agli amici.
In questo caso la ricerca del profitto individuale si trasforma in un danno per tutti, «se invece ci concentriamo sulle amiche, ognuno su una in particolare, perdiamo la bionda che è la più bella, ma loro saranno più disponibili perché si sentono preferite a lei e noi otteniamo il nostro scopo che è uscire con una ragazza
». In questo modo concertare un piano migliora il profitto di tutti.
Ora se questo concetto viene traslato nella Mediazione familiare diventa facile capire che ogni qualvolta si riescono a decodificare i bisogni che si celano dietro le emozioni e gli obiettivi individuali è necessario concertare le risoluzioni al problema, in modo che il gioco