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Sette sataniche e psicosette: Dagli adoratori del diavolo ai "signori della mente"
Sette sataniche e psicosette: Dagli adoratori del diavolo ai "signori della mente"
Sette sataniche e psicosette: Dagli adoratori del diavolo ai "signori della mente"
E-book214 pagine2 ore

Sette sataniche e psicosette: Dagli adoratori del diavolo ai "signori della mente"

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Info su questo ebook

Il mondo delle sette. Drammatiche vicende di cronaca come il caso delle Bestie di Satana, annidate nelle brughiere del Varesotto, hanno svelato una realtà sconosciuta, popolata da gruppi e gruppuscoli, atomi, schegge in assoluta libertà. Se le sette non smettono di proliferare, di fare adepti, di conquistare corpi e menti, è perché c'è stato da parte loro un costante, puntuale adeguamento ai tempi. Oggi, infatti, è ormai consolidata la realtà delle psicosette, gruppi piramidali che reclutano soprattutto fra i giovani, prospettando prestigiose carriere da manager, grandi arricchimenti o miglioramenti personali. In questo libro Gabriele Moroni, storico inviato de «Il Giorno», impegnato da anni sul fronte del settarismo, ne esplora le nuove frontiere. Lo fa raccogliendo sul campo voci e testimonianze di studiosi, psicologi, inquirenti, ma anche quelle di chi ha vissuto dall'interno un’esperienza settaria ed è riuscito a uscirne, o di chi, dopo avere perduto un affetto caro, attratto e scomparso in questa oscura galassia, ha dedicato la vita a farla conoscere e contrastarla.
LinguaItaliano
EditoreDiarkos
Data di uscita7 dic 2022
ISBN9788836162550
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    Anteprima del libro

    Sette sataniche e psicosette - Gabriele Moroni

    SETTESATANICHE_FRONTE.jpg

    Gabriele Moroni

    Sette sataniche

    e psicosette

    Dagli adoratori del diavolo

    ai signori della mente

    Prefazione.

    Dal menticidio agli omicidi di massa. Criminologia delle sette.

    Isabella Merzagora, professore ordinario di Criminologia, Università degli Studi di Milano

    È più facile credere al male, ce n’è di più, si vede… se proprio devo credere a qualcosa, credo a quello che vedo di più.

    Dichiarazione di una delle assassine di suor Maria Laura Mainetti a Chiavenna

    Dietro le vicende di cui parla e scrive il criminologo ci sono le vittime, c’è il dolore. Lo studioso però questo dolore deve in un certo senso imbrigliarlo, tenerlo a freno, studiando il fenomeno e magari elaborando tipologie.

    Molte, infatti, le tipologie proposte dai criminologi,¹ anche in funzione della loro pericolosità, ma è interessante che Enzo Pace distingua le sette a seconda del grado di separazione dal mondo². Bryan Wilson distingue sette tipi di sette, uno dei quali è quello delle sette manipolazioniste³. Pure limitandoci alle sette sataniste sono proposte classificazioni che vedono quelle definite di satanisti acidi, che ricorrono a droghe, come le più pericolose e propense alla violenza⁴.

    Censimenti e allerte sono state formulate pure da parte istituzionale, in particolare a ridosso del Giubileo e dell’avvento del terzo millennio. Per esempio, la Relazione sulla politica informativa e della sicurezza (primo semestre 1998) presentata dal presidente del Consiglio dei ministri Romano Prodi; la Relazione sulla politica informatica e della sicurezza (secondo semestre 1999) presentata dal presidente del Consiglio dei ministri Massimo D’Alema; la Relazione sulla politica informativa e della sicurezza (secondo semestre 2000) presentata dal presidente del Consiglio dei ministri Giuliano Amato.

    Dal punto di vista della diffusione, un’informativa del Ministero dell’Interno censiva, già all’inizio del 2000, ben otto gruppi satanici: Bambini di Satana, Luce degli Inferi, Satanei Universale, Fratellanza della Luce Nera, Chiesa Nera Luciferina, Figli del Demonio, Setta del Laterano, Orgasmo Nero⁵.

    Le sette possono avere diversa pericolosità. Per cominciare, le cosiddette psicosette solitamente – ma non sempre – sono meno sanguinarie e interessate soprattutto al denaro.

    Per il vero, e lo si è scritto nel libro, fino al 1981 esisteva anche il reato che puniva con una pena da cinque a quindici anni – non bruscolini – chiunque sottoponesse una persona al proprio potere, «in modo da ridurla in totale stato di soggezione». Suggestivo quanto vago, e infatti nel 1981 la Corte costituzionale dichiarò la norma illegittima in quanto contrastante con il principio di tassatività.

    Qualcuno rimpiange l’articolo, e qualcun altro ha suggerito di introdurre nel nostro codice un reato che non presti il fianco a censure di incostituzionalità, c’è chi al riguardo ha proposto il reato di menticidio. Mi limito a osservare che l’unico – sì, l’unico – condannato per tale reato della storia della nostra Repubblica fu Aldo Braibanti, che si riteneva avesse reso due giovani in sua dipendenza psicologica, affascinandoli con le sue idee ispirate alla filosofia di Marcuse. Ma Andrea Pini ha sostenuto che fosse stato soprattutto un processo omofobico⁶. Uno dei ragazzi plagiati aveva forse una relazione con Braibanti, e fu rinchiuso dai famigliari in manicomio dove venne sottoposto a una serie di elettroshock. Quindi: norma sbagliata? O norma perfettibile ma male usata?

    In ogni caso, l’art. 643 del Codice penale non parla solo di infermità di mente della vittima, ma anche di deficienza psichica, termine desueto e fors’anche stigmatizzante, ma che saggiamente indica che per essere vittime non è necessario essere malati di mente. Certo, in taluni casi ci può essere un disturbo psichiatrico, ma anche senza che questo ricorra, chi di noi non ha attraversato momenti di confusione e scoramento, di bisogno di aiuto? «A me non può capitare» è una frase che non va detta, e piuttosto conviene esercitare quel minimo di accortezza – e di umiltà – che può metterci al riparo. Lo si dice nel libro: «A tutti può succedere, nell’arco della propria vita, di attraversare un periodo di difficoltà ed è in quei momenti di fragilità che si cerca aiuto, che ci si può imbattere nelle persone sbagliate».

    Gli ingredienti dell’adesione a una setta sono la completa sudditanza, che deve transitare per l’isolamento sociale e per la rescissione dai rapporti precedenti, l’esistenza di un capo carismatico, meglio se inviato da Dio (o dal demonio), l’imposizione di regole assolute e rigide, il controllo anche sulla quotidianità, sull’alimentazione, sulla vita sessuale e sentimentale degli adepti. Sono importanti soprattutto le dinamiche dell’isolamento, della rimozione dello spazio di privacy, dell’indottrinamento, dell’acriticità verso il leader, dell’induzione del senso di colpa in caso di dubbi o intenzione di allontanamento.

    Le testimonianze riportate in questo libro lo illustrano in modo efficace e tragico, si parla di condizionamento, manipolazione, stupro della mente, «più nulla è tuo, nemmeno i tuoi pensieri», si scrive.

    Le sette e i loro leader possono però fare anche di peggio: dalla circonvenzione si può passare all’induzione al suicidio, all’omicidio, all’omicidio di massa.

    Fra i casi più sconvolgenti in Italia ci fu, non troppo tempo fa, quello dei delitti commessi da adepti alle Bestie di Satana: sette i condannati per tre omicidi – commessi con una ferocia tale che la lettura della sentenza ha impressionato persino la criminologa – e un’induzione al suicidio. Anche in questo fatto, come riferito nella sentenza della Corte d’Assise d’appello di Milano del 2007, troviamo gli ingredienti riportati. Gli omicidi e l’induzione al suicidio («fallo da solo sennò lo facciamo noi e facciamo del male anche alla tua famiglia» si riporta la testimonianza nella sentenza) sono perpetrati dai più forti del gruppo per garantire il silenzio dei meno convinti, per punirne una del suo allontanamento dal gruppo. Uno dei capi «gli aveva spiegato», leggiamo sempre nella sentenza, «trattarsi di una setta satanica e che una volta entrati non si può più uscirne se non da morti». E ancora, i due capi «si vantavano della loro capacità di sottomettere i più deboli, sottoponendoli a umiliazioni e violenze».

    Unica nota se non umoristica almeno grottesca: «Ha ritenuto in particolare la Corte di primo grado, con valutazione a posteriori, l’inidoneità ad apportare elementi decisivi della testimonianza di un frate esorcista, con l’argomento che nessuna rilevanza processuale e sostanziale avrebbe potuto assumere l’eventuale conclusione che il Monterosso [uno degli imputati] alla data dei reati contestati fosse vittima di possessione demoniaca, in quanto secondo il vigente sistema il vizio mentale idoneo per elidere o diminuire grandemente la capacità di intendere e volere ai fini dell’imputabilità e capacità processuale deve essere riconducibile a patologia comprovata da diagnosi medica. Insomma, non possiamo pensare all’aggiunta nel codice, al Titolo IV, Capo I sull’imputabilità, un articolo 88bis così concepito: Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per possessione demoniaca, in tale stato di mente da escludere la capacità di intendere e di volere».

    Si può anche arrivare alle stragi. Fra le più famose quella del 1969 a Cielo Drive, Los Angeles, dove i membri della setta suggestivamente chiamata The Family, guidata da Charles Manson, uccisero l’attrice Sharon Tate (in quel momento incinta e a sole due settimane dal parto) e altre quattro persone, il giorno seguente uccidendone altre due. Nel 1978 è la volta del massacro della Guyana in cui 911 membri del Tempio del Popolo si uccisero, ovvero furono indotti ad uccidersi, o furono uccisi (c’erano molti bambini fra le vittime). Nel 1994 nelle sedi dell’Organizzazione internazionale cavalleresca tradizionale solare si ritrovarono 53 cadaveri, alcuni vittime di suicidio, altri aiutati nella transizione a uno stato di superiore esistenza. Nel 1995 la setta Aum Shinrikyo diffuse gas Sarin nella metropolitana di Tokyo uccidendo dodici persone; in precedenza i settari avevano ucciso altre persone, fra cui un uomo che si prodigava per aiutare i genitori che cercavano di strappare i loro figli dalle grinfie della setta. Nel 1997, si suicidarono 39 persone della setta Heaven’s Gate ispirata al culto dei dischi volanti. Nel 2000, in Uganda, le vittime del gruppo della Restaurazione dei Dieci comandamenti di Dio furono centinaia; evidentemente il quinto comandamento non faceva parte del restauro.

    Tornando al punto delle motivazioni per le quali si aderisce a una setta, s’è detto della vulnerabilità, della fragilità in cui tutti noi ci possiamo trovare in taluni momenti di vita, e altri sono stati riportati dai diversi autori, fra cui il desiderio di ribellione e al contempo quello di appartenenza, la ricerca di un «contesto familiare sostitutivo». Per quanto mi riguarda vorrei citarne alcuni che forse non sono già stati proposti.

    Uno viene direttamente dalle teorie criminologiche, in particolare dalla teoria del legame sociale di Travis Hirschi. Invece di domandarsi perché si delinque, questo autore propone di chiedersi quali siano i fattori che impediscono il ricorso al crimine, e li individua nei seguenti: l’attaccamento (attachment) con altri significativi: i famigliari, gli amici, gli insegnanti e i compagni di scuola; l’impegno (commitment) in attività convenzionali, in istituzioni o nella comunità, che oltre a rafforzare il legame sociale tiene la persona occupata e restringe il campo delle opportunità illecite; il coinvolgimento (involvement) nelle mete socialmente approvate⁷.

    Ebbene questi fattori, anzi, questi bisogni li abbiamo tutti e li hanno in particolar modo i più giovani. Se il contesto in cui ci si trova non li soddisfa, ecco pronto il seduttore della setta a proporli.

    Un altro fattore riguarda la sfiducia nella razionalità e nella scienza. Alcune delle sette fanno riferimento agli extraterrestri, a un raffazzonato sincretismo religioso, a tutto un ciarpame di irrazionalità di chi vorrebbe scorciatoie dalla fatica della ricerca e del pensiero, da chi non accetta l’autorevolezza della scienza, così come non accetta quella della Chiesa o dei genitori. Come di mia competenza, mi intratterrò brevemente su una certa perdita di autorevolezza della scienza. Tempi addietro – ma non molto addietro – si posero distinzioni fra una fisica tedesca e una fisica ebraica e persino una matematica ebraica, il che fece sì che fattucchieri dilettanti⁸ godessero della massima reputazione, e fisici premi Nobel come Einstein e Max Planck fossero liquidati come ciarlatani. Forse non fu un caso se il filosofo Hartmann già in epoca di Weimar denunciava la «malvagia pratica dei vaccini», dando poi luogo in epoca nazista alla nuova medicina germanica, anch’essa intesa alla promozione delle teorie antivacciniste e dell’astromedicina. E oggi? «Non è semplice individuare il momento esatto in cui conoscenze e competenze sono diventati concetti associati negativamente a una casta di intellettuali, rappresentanti dei poteri forti o di qualche lobby. […] Ci hanno fatto credere che con l’ignoranza al potere si potesse trovare una scorciatoia e dare un colpo alla élite, agli intellettuali e ai poteri forti»⁹.

    Anche qui, se la scienza (o la Chiesa, o la famiglia) hanno perso autorevolezza, c’è pronto chi è disposto a prenderne il posto. Anche qui «ci si può imbattere nelle persone sbagliate», come si dice nel libro.

    Infine, un motivo che può essere alla base della scelta settaria è quello che, parlando di genocidi e dello sterminio dei disabili¹⁰, ho definito idealismo pervertito. Non sempre si fa il male per amore del male, o, quantomeno, ci si racconta che si compie il male per buone ragioni, per una nobile causa insomma. Alla base di molti genocidi troviamo l’opinione che coloro i quali ci si accinge ad annientare siano una minaccia per la propria sopravvivenza, e quindi l’idea che le uccisioni di talune persone siano dovute. Questa convinzione serve non solo a tacitare la propria coscienza, ma addirittura a trasformare le atrocità commesse in azioni encomiabili.

    Per impegnare le persone nelle azioni estreme – buone o malvagie che siano – occorre fornire un’ideologia tale che ci si ritenga al servizio di uno scopo positivo e che ci si possa raccontare che il fine giustifica i mezzi. Inoltre, è molto difficile sottrarsi se quello per cui agisci è un ideale, se stai combattendo per una causa giusta.

    Non tutte le sette sono dedite all’adorazione di Satana, oppure ritengono il demonio una forza del bene (ingiustamente calunniato?).

    La Vey, fondatore della Chiesa di Satana, per esempio, fra i nove precetti della sua setta cita il fatto che Satana rappresenta l’indulgenza, la saggezza, la responsabilità. Alcuni millenaristi abbracciano una visione dualistica che demonizza chi non fa parte del gruppo, sì da giustificare la violenza contro costoro. Molti movimenti di ispirazione suprematista bianca, o nazisti tout court, ritengono di doversi difendere dall’invasione dei non bianchi (e già che ci sono degli ebrei) e non rifuggono dalla violenza anche diretta contro i membri del proprio gruppo considerati disertori¹¹.

    In Italia, Angelo Zappalà narra le vicende che videro coinvolti due gruppi e scrive: "Presentiamo di seguito due casi di omicidio, dove, paradossalmente, proprio l’intento di sconfiggere Satana e combattere il male conduce all’omicidio». «Avevamo il compito di compiere il bene per fronteggiare l’avanzata del male», dirà uno degli assassini¹². Di questo atteggiamento troviamo esempi anche nelle testimonianze riportate in questo libro: «La guaritrice disse che non si trattava di malattia, bensì di possessione demoniaca […]. Sosteneva che occorreva sferrare l’attacco finale contro il mekim, lo spirito diabolico; Ho scoperto la verità sull’esistenza di Dio e delle presenze negative».

    Quante persone siamo disposti a sacrificare per un futuro radioso? «Un’utopia è destinata a rendere tutti felici per sempre, quindi il suo valore è infinito. […] Quante persone sarebbe lecito sacrificare per raggiungere questo bene infinito?»¹³

    Sette sataniche

    e psicosette

    Introduzione

    Avevo iniziato a interessarmi di sette sataniche verso la fine degli anni Novanta per «Il Giorno», il mio giornale. Del fenomeno si erano già occupati sociologi, psicologi,

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