Garibaldi e Caprera: da rifugio a centro propulsivo di idee e azioni: Riflessioni a 140 anni dalla morte
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Molte sono le sfaccettature che caratterizzano Giuseppe Garibaldi. A 140 anni dalla morte dell’eroe dei due mondi, sono ancora tante le riflessioni che si possono fare in merito alla sua figura, consacrata a mito contemporaneo. Nel saggio Garibaldi e Caprera: da rifugio a centro propulsivo di idee e azioni, curato da Federica Falchi e Christian Rossi, si è deciso di analizzare, fra gli elementi che hanno caratterizzato la vita e l’azione del generale dei Mille, il mare e l’isola: non solo come luoghi fisici ma anche come topoi a cui ricorrere per indagare le origini del suo pensiero politico.
Il rapporto fra il Generale e il mare è oggetto del saggio di Andrea Spicciarelli La nave come veicolo di ideali ed educazione politica del giovane Garibaldi. La nave diventa luogo di incontro, germinazione e innovazione politica. Si indagano le esperienze e gli incontri che hanno caratterizzato gli anni giovanili di Garibaldi, alla scoperta delle radici del suo pensiero repubblicano e democratico.
Tra Inghilterra e Caprera, Roberto Ibba (I garibaldini e le ferrovie sarde), Christian Rossi (L’apparente imparzialità del Governo britannico e la spedizione dei Mille (1860 – 1861), Alice De Matteo (Da Caprera all’Europa. Federalismo e Rivoluzione tra il 1861 e il 1864), Emanuela Locci (Giuseppe Garibaldi. In trincea per i diritti delle donne) e Federica Falchi (Garibaldi e Caprera: un virtuoso connubio raccontato da The Times) analizzano, nei rispettivi contributi, il ruolo dell’isola come rifugio ma anche come laboratorio di idee e imprese: il rapporto con Mazzini, il movimento indipendentista italiano, la libertà, l’euguaglianza e la questione femminile.
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Anteprima del libro
Garibaldi e Caprera - Federica Falchi
Saggi Epoké
Federica Falchi, Christian Rossi (a cura di)
Garibaldi e Caprera:
da rifugio a centro
propulsivo di idee e azioni
Riflessioni a 140 anni dalla morte
edizioni epoké
ISBN 978-88-31327-32-9
©2022 Edizioni Epoké
Prima edizione: 2023
Edizioni Epoké. Via N. Bixio, 5
15067, Novi Ligure (AL)
www.edizioniepoke.it
epoke@edizioniepoke.it
Editing e progetto grafico: Noemi Eva Maria Filoni,
Edoardo Traverso.
In copertina: illustrazione di Alice Miglietta
Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere fotocopiata, riprodotta o archiviata, memorizzata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo – elettronico, meccanico, reprografico, digitale – se non nei termini previsti dalla legge che tutela il diritto d’autore.
Indice
Premessa
La nave come veicolo di ideali ed educazione politica del giovane Garibaldi
Andrea Spicciarelli
Direttore Ufficio Storico ANVRG
I garibaldini e le ferrovie sarde
Roberto Ibba
Università di Studi di Cagliari
Giuseppe Garibaldi. In trincea per i diritti delle donne
Emanuela Locci
Università degli Studi di Torino
L’apparente imparzialità del Governo britannico e la spedizione dei Mille (1860 – 1861)
Christian Rossi
Università degli Studi di Cagliari
Da Caprera all’Europa.
Federalismo e Rivoluzione tra il 1861 e il 1864
Alice De Matteo
Università degli Studi di Salerno
Garibaldi e Caprera: un virtuoso connubio raccontato da The Times
Federica Falchi
Università degli Studi di Cagliari
Gli autori
Premessa
In occasione della ricorrenza dei 140 anni dalla morte di Garibaldi, sono ancora tante le riflessioni che si possono fare in merito alla sua figura, consacrata a mito contemporaneo. In questo volume, si è deciso di analizzare, fra gli elementi che hanno caratterizzato la sua vita e la sua azione, il mare e l’isola, entrambi intesi non solo come luoghi fisici ma anche come topoi a cui ricorrere per indagare le origini del suo pensiero politico.
Il rapporto fra il Generale e il mare è oggetto del saggio di Andrea Spicciarelli (La nave come veicolo di ideali ed educazione politica del giovane Garibaldi). In esso l’autore, ricorrendo alle ultime teorie storiografiche sulla nave come luogo di incontro, germinazione e innovazione politica, indaga le esperienze e gli incontri che hanno caratterizzato gli anni giovanili di Garibaldi, alla scoperta delle radici del suo pensiero repubblicano e democratico. Quello che emerge è la stretta connessione fra il suo essere marinaio e gli stimoli intellettuali e politici che lo condussero prima nell’alveo del sansimonismo e successivamente in quello del mazzinianesimo, corrente di pensiero della quale sposò non solo la dimensione attuale ma soprattutto quella fattuale: «È altamente probabile che, frequentando le taverne e i porti dei mari Mediterraneo, Nero e di Azov, il capitano Garibaldi avesse avuto ben più di un’occasione di incrociare esuli, rifugiati e protagonisti delle lotte politiche di svariati paesi […] D’altronde, per citare nuovamente Linebaugh e Rediker, Le autorità non potevano bloccare facilmente il flusso dell’esperienza collettiva, perché una città portuale era difficile da sorvegliare
. La nave, dunque, si rivela non solo il mezzo di comunicazione tra continenti, ma anche il primo luogo in cui i lavoratori provenienti da quei diversi continenti comunicavano
».
L’isola come rifugio ma anche come laboratorio di idee e imprese è, invece, l’architrave su cui si sviluppano le successive indagini. Nel saggio di Roberto Ibba (I garibaldini e le ferrovie sarde), il protagonista è il lombardo Semenza che, conquistato dalle idee indipendentiste, fu costretto a rifugiarsi a Londra dove entrò in contatto con Mazzini, del quale divenne amico, e con «gli esuli politici italiani». In tale consesso egli ricoprì l’importante ruolo «di finanziatore e organizzatore di raccolte fondi per le azioni mazziniane in Italia e per il sostentamento delle truppe garibaldine durante la terza guerra d’indipendenza». Il viaggio di Garibaldi nella capitale britannica permise, poi, a Semenza, di consolidare il rapporto con il Nizzardo con il quale negli anni successivi condivise l’amore per le isole sarde, viste da entrambi come luoghi con ampie possibilità di sviluppo.
La figura di Garibaldi funge, invece, da collante fra l’Inghilterra e il movimento indipendentista italiano nel saggio di Christian Rossi (L’apparente imparzialità del Governo britannico e la spedizione dei Mille, 1860 – 1861). Il Governo di sua Maestà, infatti, come «si evince anche da numerosi intercorsi epistolari tra il Generale, e gli esponenti del Governo britannico e dalla deferenza con la quale questi ultimi trattavano Garibaldi» mantenne un atteggiamento non ostile e «di apparente equidistanza […] nei confronti della spedizione dei Mille e dell’impresa progettata da Giuseppe Garibaldi anche in riferimento alla sua figura politica». Ciò era dovuto sia alla stima che il Generale si era conquistato durante il suo soggiorno a San Josè, sia ai rapporti che aveva instaurato con la casa regnante Sabauda, apprezzata dalla Corona perché aveva mostrato lealtà al Regno Unito, in occasione della guerra di Crimea. La tolleranza nei confronti dell’arruolamento di numerosi britannici nelle file garibaldine, a dispetto del Foreign Enlistment Act del 1819, è la prova più convincente che la neutralità di Londra fosse solo apparente.
Un’altra isola, Caprera, si svela, nel saggio di Alice De Matteo (Da Caprera all’Europa. I tentativi insurrezionali repubblicani nell’Europa mediterranea tra il 1861 e il 1864), come un punto di incontro privilegiato per i repubblicani che ambivano a organizzare e a sostenere le insurrezioni contro gli stati autocratici in Europa. Nello specifico, è dall’incontro fra Leonardo Sanchez Deus, giunto nell’arcipelago de La Maddalena nel 1863, e Garibaldi, considerato per carisma e idee la futura guida politica del movimento, che nacque «la strategia cospirativa che, messa in atto da lì a poco, coinvolse Spagna, Portogallo e Italia nel tentativo previsto per l’estate del 1864 di rovesciare l’ordine monarchico europeo».
Garibaldi, nel poemetto dedicato a Caprera, l’isola che aveva scelto come suo rifugio, la descrive come un luogo dove «Il sol concento/S’ode della bufera in questo asilo/Ove né schiavo né tiranno alberga». Per lui l’isola è un archetipo di libertà ed eguaglianza, due principi che, come ci svela Emanuela Locci nel suo saggio (Giuseppe Garibaldi. In trincea per i diritti delle donne), caratterizzano in senso assoluto il pensiero e l’azione del Generale anche riguardo alla questione femminile. Diversamente dagli uomini del suo tempo, infatti, Garibaldi riconosceva pari dignità alle donne sia sul campo di battaglia, avendo collaborato con diverse donne coraggiose i cui nomi l’autrice richiama, sia in ambito politico e civile. Fu il Generale, tra l’altro, a patrocinare l’ingresso delle donne nella massoneria con la creazione di logge miste, una novità che non fu però apprezzata e ribadita nei decenni successivi alla sua morte.
L’ultimo saggio (Garibaldi e Caprera: un virtuoso connubio raccontato da The Times) scritto da Federica Falchi, riassume, grazie allo spoglio degli articoli del Times, il rapporto fra Caprera e Garibaldi in tutte le sue sfaccettature. Se il Generale ha regalato all’isola una fama imperitura, Caprera ha costituito per Garibaldi una sorta di luogo edenico dove far convivere virtuosamente l’animo del combattente e dell’uomo comune.
È giusto, però, precisare che l’immagine fornita dal Times, seppur realistica, rivelava un fine politico perfettamente raggiunto: sostituire nel cuore degli inglesi il repubblicano intransigente Mazzini con l’Eroe dei due Mondi, che si era mostrato disponibile a collaborare con la monarchia Sabauda.
Federica Falchi e Christian Rossi
La nave come veicolo
di ideali ed educazione
politica del giovane Garibaldi
Andrea Spicciarelli
Direttore Ufficio Storico ANVRG
Molto si è detto e scritto – nonostante le lacune lasciate dallo stesso Eroe dei Due Mondi nei suoi scritti autobiografici – sulla formazione politica del giovane Garibaldi: ma, a partire dal primo centenario della sua morte, occorso nel 1982, si è (ri)cominciato a ragionare criticamente su ciò che poté e su ciò che certamente non poté influenzare il Nizzardo negli anni della sua prima maturità. Rimane un fatto, però: la sua esperienza marittima e i viaggi che affrontò, specialmente negli anni Trenta dell’Ottocento, favorirono la strada che avrebbe infine intrapreso il futuro Generale delle camicie rosse. Come difatti ricordano Peter Linebaugh e Markus Rediker nella loro fortunata opera I ribelli dell’Atlantico, riferendosi ai vinti della Rivoluzione inglese di metà Seicento, già dal XVII secolo «La nave divenne [...] tanto un motore del capitalismo sulla scia della rivoluzione borghese in Inghilterra, quanto un luogo di resistenza, un luogo verso cui e in cui le idee e le pratiche dei rivoluzionari sconfitti e repressi prima da Cromwell e poi da re Carlo fuggirono, si riformarono, circolarono e persistettero»¹.
Fin da subito Giuseppe Garibaldi, figlio del padrone marittimo Domenico, fu stregato dal richiamo del mare: dopo essere stato affidato ad alcuni precettori, fu svezzato nel suo apprendistato navale dal capitano sanremese Angelo Pesante, comandante del brigantino Costanza (sul quale, avrebbe ricordato Garibaldi nelle sue Memorie, «con che diletto, io mi avventava al balcone per udire i loro popolari canti, gli armonici loro cori. Essi [i marini sanremesi, NdA] cantavano d’amore e m’intenerivano, m’innebbriavano, per un affetto allora insignificante»²). Su quel brigantino Garibaldi effettuò la sua prima traversata mediterranea (gennaio-luglio 1824) che da Nizza lo condusse fino al Mar d’Azov, toccando le città di Odessa e Taganrog (nella quale operava un consolato sardo per tutelare gli interessi della locale comunità italiana, presente in città fino ad inizio Novecento), dove si caricavano quintali di cereali nonché lana, rame, ferro, cera, cuoio per il mercato nazionale ed il commercio di commissione in cambio di pepe, caffè ed altri beni³. Erano questi – al netto delle incursioni piratesche di cui gli scafi dello stesso Nizzardo furono più volte vittime – anni di pace, dopo il convulso periodo delle guerre napoleoniche alle quali fece seguito una stabilità che permise la riapertura delle rotte mediterranee fino ai porti più remoti del Mar Nero e del Mar d’Azov⁴.
Ottenuta la patente di gran cabotaggio nel febbraio 1832, una licenza che permetteva di navigare in tutto il Mediterraneo ed oltrepassare lo Stretto di Gibilterra per toccare (a Nord) le coste europee fino al Baltico e (a Sud) quelle africane fino al Senegal, Garibaldi fu secondo sul brigantino Clorinda del capitano Simone Clary. Su questa, che fu la sua ultima esperienza giovanile di navigazione, sarà opportuno soffermarsi qualche istante. Il bicentenario della nascita dell’Eroe dei Due Mondi (2007) fu, al pari del primo centenario della morte, una fertile occasione di riflessione e ripensamento in particolare su alcuni aspetti precedentemente dati per assodati dalla storiografia garibaldina⁵. In particolare, Romano Ugolini ragionò sui silenzi dei memoriali e scritti autobiografici di Garibaldi e su come questi vuoti furono riempiti
– o ignorati – dai suoi primi e ben noti biografi, Giovan Battista Cuneo ma soprattutto Alexandre Dumas padre⁶. Quest’ultimo, che nel 1860 era già assurto alle glorie di romanziere (genere in cui la verosimiglianza la fa da padrona), dovette fare i conti con un buco
di ben trent’anni nel memoriale a cui si affidò – e in cui Garibaldi aveva narrato la sua vita fino a tutto il 1849 – che per la redazione della biografia di un cinquantatreenne era francamente inaccettabile. Già nel 1982 fu rimarcata l’inconsistenza della datazione al 1833 del primo incontro fra i due grandi del nostro Risorgimento, Garibaldi e Giuseppe Mazzini, nonché dell’ingresso del Nizzardo nella Giovine Italia favorita dal credente
di Taganrog (inizialmente – ed erroneamente – identificato da Jessie White Mario e Giuseppe Guerzoni nelle loro rispettive biografie) con il nome di un martire tra l’altro non ancora divenuto tale: Joseph Borrel, che sarebbe caduto solamente durante la spedizione in Savoia di inizio 1834⁷. Nondimeno, è interessante il seguente passaggio tratto dalla redazione definitiva delle Memorie dell’Eroe:
Amante appassionato del mio paese, sin dai primi anni, e insofferente al servaggio, io bramavo ardentemente iniziarmi ai misteri del suo risorgimento. Perciò cercavo ovunque libri, scritti che della libertà Italiana trattassero, ed individui consacrati ad