Grida nella notte
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Anteprima del libro
Grida nella notte - Patrizia Benetti
Il cacciatore di streghe
La pioggia era sempre più fitta. L’autunno stava lasciando il posto a un nuovo inverno li lasciò fuori dalla porta. Entrò, depose il fucile, si tolse di dosso la pelliccia di lupo e il cappello fradicio.
La casa era ghiacciata e silenziosa. Accese il fuoco. Pian piano la piccola catasta di legna sprigionò le prime fiamme giallo-arancio.
L’uomo prese una sedia e si accomodò davanti al camino.
Bobby, il suo vecchio cane, si era appena svegliato da un sonno profondo.
Dopo aver fatto le feste al padrone, sedeva ai suoi piedi.
Annibale fece fatica a staccarsi dal tepore del fuoco, ma doveva mangiare qualcosa. Era stata una giornata lunga e faticosa.
Sulla stufa c’era un tegame con carne e patate. Non restava che scaldare la cena.
Anche Bobby ebbe la sua parte e mangiò di gusto, tanto da lucidare la ciotola.
Gli occhi dell’uomo si posarono sulle foto di famiglia disposte sopra la credenza.
Com’era bella mamma!
Lunghi capelli neri, occhi chiari come il cielo a primavera.
Un sorriso malinconico sulle labbra rosate.
Un grigio pomeriggio di tanti anni prima, Amanda era uscita a cercare Giovannino e non era più tornata.
Il corpo della giovane donna fu trovato privo di vita in mezzo all’erba.
Una smorfia di sofferenza sul volto di un pallore mortale.
Del figlio minore, Giovanni, non c’era più traccia. Era stato inghiottito dalle mani nere di quel bosco maledetto.
Annibale, rimasto solo al mondo, decise che da grande avrebbe fatto il cacciatore di streghe.
Non aveva alcun dubbio: era colpa delle Janare che rapivano i bambini strappandoli all’affetto delle famiglie.
Maledette!
Pensò battendo un pugno sul tavolo.
Bobby ebbe un sussulto. L’uomo lo rincuorò accarezzandogli il lungo pelo rossiccio.
Bevve un goccio di caffè, quindi si spogliò ficcandosi sotto le coperte.
All’alba tornò al lavoro. Il cielo era incolore, ma non pioveva più.
Il cacciatore si recò in paese, in cerca di notizie, poi si diresse a passi svelti verso il grande bosco.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Il passato lo tormentava.
Di solito Annibale piombava in un sonno profondo.
Spesso si svegliava nel cuore della notte sudato, in preda agli incubi.
Tornava ai tempi tormentati dell’infanzia.
Nel pomeriggio mamma andava a lavorare al mercato e gli affidava Giovannino.
Mi raccomando Annibale, non perderlo di vista
.
Il primogenito annuiva col volto imbronciato.
Giovannino era chiassoso e vivace. Correva e cantava urtando i nervi del fratello maggiore.
Annibale rammentò il padre: un soldato, alto, forte, dal fisico robusto.
Partito per la guerra dopo la nascita di Giovannino, non era più tornato.
Era morto da eroe, su un campo di battaglia.
Mamma aveva pianto, poi si era rimboccata le maniche.
Aveva trovato un lavoro al mercato della frutta per mantenere i figli.
Partiva alle due del pomeriggio e tornava la sera intorno alle sette.
Annibale, ormai grandicello, non poteva più permettersi di andare a giocare coi coetanei. Doveva rimanere in casa ore e ore con il fratello.
Giovannino era spensierato e ribelle, Annibale colmo di rabbia e frustrazione.
Mamma aveva un pomeriggio libero: il giovedì. La domenica era festa.
Dopo la Messa e il pranzo Annibale raggiungeva gli amici al vecchio mulino e tornava prima che facesse buio.
Un maledetto venerdì di marzo, fatto di vento beffardo e sbatter di porte, Giovannino ricominciò con grida e gioiose scorribande.
Annibale però aveva un diavolo per capello e diede un sonoro ceffone al monello.
Il bimbo si portò una mano alla guancia rossa e dolorante, poi scoppiò in lacrime.
Annibale rincarò la dose dicendogli: ben ti sta, moccioso!
, quindi gli girò le spalle.
Scese un silenzio di tomba. Il fratello maggiore gioì e ne approfittò per fare un sonnellino. Aveva perso la cognizione del tempo. Si destò di scatto e si rese conto che era trascorsa un’oretta buona.
Il ragazzo guardò in ogni angolo della stanza e vide che era vuota.
Sentì una fitta improvvisa allo stomaco. Cominciò a correre per la casa urlando il nome del piccolo.
Giovannino non si trovava. Annibale vide la porta dell’entrata aperta e si sentì morire.
Perché sei fuggito? Ora che dico a mamma?
.
Grosse lacrime gli rotolarono giù dalle guance arrossate.
Corse fuori e continuò la disperata ricerca.
S’inoltrò nel bosco correndo come un matto. Inciampava nelle erbacce