Deep: (Sky Men Series #1)
Di Viola Lewis
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Info su questo ebook
Nate Turner, trentatré anni, pilota professionista della Winter Fly Company, sa cos’è il dolore, ma ha anche imparato ad ignorarlo, anestetizzarlo, evitarlo. Fuori nessuna emozione, dentro un’anima divisa in due. E finché rimane in superficie ha tutto sotto controllo, niente può sconvolgerlo o almeno è quello che crede.
«Non mi sfuggi, Hope. Fosse l’ultima cosa che faccio. Sei già mia, aggiungi soltanto un letto e io che affondo dentro di te…»
Hope Lawrence non ha affatto bisogno delle superficiali attenzioni del pilota più sexy e donnaiolo della compagnia per cui sogna di lavorare da sempre, perché lui sembra proprio essere la distrazione più sbagliata a cui dare retta. Concentrata sul suo futuro e in fuga dai propri demoni, Hope proverà in tutti i modi a non cedere a quella tanto pericolosa quanto insana attrazione. Ma se una persona fosse, allo stesso tempo, la malattia e anche la cura? Può qualcuno di così apparentemente superficiale, scavare così a fondo dentro di te, da riuscire a farti sentire di nuovo ogni singolo battito di cuore?
“Perché, ho come l’impressione, che Nate potrebbe essere il mio riscatto ma anche la mia dannazione.”
Fa il suo esordio in casa Dark-BrightLove (Pubme) Viola Lewis, con un romanzo che scava a fondo nelle paure, nei desideri, in quella parte di noi che abbiamo dimenticato, in quello che abbiamo rinunciato ad essere. Ma, a volte, quanto più in superficie proviamo a rimanere per non essere più feriti, tanto più l’amore ci costringe a toccare il fondo, solo per scoprire che forse è proprio da lì che abbiamo bisogno di ricominciare per tornare a vivere.
**La Sky Men Series è composta da tre romanzi autoconclusivi e completamente indipendenti.**
DEEP è il primo volume.
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Anteprima del libro
Deep - Viola Lewis
TRE STORIE – TRE AUTRICI – TRE PILOTI
Questa storia nasce da un progetto di scrittori al buio organizzato dalla casa editrice Pubme, collana Dark-Bright Love.
Un’idea, un post su una comune piattaforma social, un progetto editoriale che nasce come un gioco perché il fine di ogni libro della Sky Men Series ha lo stesso obiettivo: emozionare, creare momenti di pura evasione…
Al gioco si è unita la professionalità.
Fabiola e Flora, direttrici editoriali, hanno seguito e unito diverse figure: autrici, editor, grafico, modello… per creare un progetto a tutto tondo, dove alle parole si è aggiunta l’emozione.
Duro lavoro, risate, divertimento ma anche ostacoli. Perché i libri nascono da tutto ciò che ci circonda e arrivano giusto al cuore, proprio per questi motivi.
Un lavoro di squadra durato mesi e che ora è pronto ad essere assaporato da voi, lettrici, colonna portante della nostra passione.
Sappiate che questa prima pubblicazione non è la parte finale ma solo l’inizio…
Le storie sono tre. Le autrici anche. E tu stai solo per scoprire il primo pilota.
BUONA LETTURA
Pubblicato da © PubMe - Collana Dark-Brightlove
Progetto grafico:
https://www.facebook.com/AntonellaBagordoGraphics/
Foto: Shooting fotografico di Antonella Bagordo/ Modello: Giovanni Frontino
Editor: Deborah Fasola
Tutti i diritti riservati
Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi narrati sono il frutto della fantasia dell’autore. Qualsiasi somiglianza con persone reali, viventi o defunte, eventi o luoghi esistenti è da considerarsi puramente casuale.
Questo libro contiene materiale coperto da copyright e non può essere copiato, trasferito, riprodotto, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’autore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile (Legge 633/1941).
A te, mio dolce amore Lulù.
Abbiamo tutti bisogno di un ricordo,
ci tiene ancorati al passato,
e a volte il passato può fare del bene, altre volte può fare del male.
Viviamo con la consapevolezza che siamo spesso noi a decidere del nostro futuro.
Altre volte, invece, è tutto ciò che accade intorno a scegliere per noi.
E il viaggio più importante che possiamo intraprendere
non è quello alla ricerca di nuovi orizzonti,
ma quello di vedere attraverso nuovi occhi.
Viola
Sommario
Prologo
1
Nate
2
Hope
3
4
Hope
5
Nate
6
Hope
7
Nate
8
Hope
9
Nate
10
Hope
11
Nate
12
Hope
Nate
14
Hope
15
Nate
16
Hope
17
Nate
18
Hope
19
Nate
Hope
21
Nate
22
Hope
23
Nate
24
Hope
25
Hope
26
Nate
27
Nate
28
Hope
Epilogo
Nate
Hope
Due mesi dopo
Fine
RINGRAZIAMENTI
Prologo
Uno sparo.
È questo il ricordo più nitido che ho di quel maledetto giorno.
Un tonfo assordante che mi ha lacerato l’anima.
Una riprovevole, dannata aggressione che mi ha strappato via le persone che amavo di più al mondo.
Mia madre.
Mio padre.
Mia sorella.
Due uomini con un’unica intenzione: derubare una famiglia agiata come la nostra.
Un unico errore: non aver avuto il coraggio di proteggerli, non aver saputo agire, essere stato privato di ogni possibilità di difesa.
Ero soltanto un ragazzino, ma la colpa resta mia. Avrei potuto essere l’unico in grado di fare qualcosa, qualsiasi cosa pur di evitare la tragedia, eppure la disperazione in quella situazione di estremo pericolo mi ha condotto a essere inerme, sospeso fra la vita e la morte, preferendo l’unica strada più semplice: nascondermi e fuggire, nell’attimo stesso in cui mio padre me lo ha ordinato.
Il Comandante Ryan Turner se n’è andato così e, insieme a lui, la sua adorata famiglia.
Con un’unica eccezione.
Io, Nate Turner, all’età di diciannove anni, codardo e graziato dalla sorte, sono sopravvissuto a quell’aggressione mortale, ma non ne sono mai stato sollevato. Anzi.
Avrei preferito morire, pur di non sentirmi addosso il peso di un lutto che porterò con me fino al tramonto dei miei giorni.
È per questo che ho deciso di andarmene.
La mia vita non ha più uno scopo e non lo ha nemmeno rimanere in questa città.
Seattle non ha più nulla da offrirmi, o forse sono io che non ho più nulla da concedere al luogo in cui tutto ha avuto inizio e dove tutto è terminato.
La mia vita sarà un viaggio senza meta, uno di quelli per i quali ti prepari ma senza aspettative. Ho scelto di seguire la strada di mio padre, come lui avrebbe voluto. Entrerò a far parte del suo mondo e sono sicuro che ne trarrò beneficio.
Sì, intraprenderò una strada che mi strapperà dall’inferno che ho dentro, un percorso che forse mi terrà lontano da ogni cosa, che mi obbligherà a un senso di responsabilità, concedendomi un unico vantaggio.
Sopravvivere.
1
Nate
Merda
.
Sono già le nove quando riapro gli occhi e balzo dal letto in una camera di un hotel di lusso a Baltimora, città da cui dovrò decollare fra un paio d’ore.
Destinazione Boston, Massachusetts.
Soltanto un’ora di volo.
Mi fermerò per due giorni in questa meravigliosa città per poi ripartire, anche se non conosco ancora i dettagli per la seconda meta.
Mi metto a sedere sul letto scostando la coperta, porto una mano alla testa scompigliandomi i capelli e mi volto alla mia destra.
La bionda delle ventitré si è già dileguata e, forse, è principalmente sua la colpa del mio ritardo di questa mattina. È stata una nottata piena e rovente, letteralmente.
Le mie notti in solitudine sono ben poche, ma non è qualcosa che di certo mi dispiace.
I viaggi mi permettono di conoscere sempre gente nuova e le donne, be’, le donne subiscono il fascino della divisa.
E non solo quello.
A proposito.
Sposto lo sguardo verso la poltroncina che mi è di fronte e trovo lì la mia compagna di avventure, più o meno ordinarie, e più o meno indecenti. Le mie labbra si schiudono in un sorriso malizioso.
Allungo la mano verso il comodino, alzo la cornetta e chiamo la reception per prenotare un taxi che mi porterà in aeroporto.
«Sarà qui a breve, Mr Turner. La sua corsa sarà gentilmente offerta dalla nostra struttura».
«La ringrazio».
Riattacco e mi metto in piedi, dirigendomi verso il bagno.
Ho soltanto i boxer addosso, reduci della notte precedente.
Me ne libero ed entro nella doccia. Faccio scorrere l’acqua per un po’, fino a quando il getto diventa caldo e mi lascio travolgere dalla sensazione di pace che questa mi dona.
È breve la sua durata ma è come se, ogni singola volta, riuscissi in questo modo a liberarmi per un po’ del dolore che domina i miei pensieri.
Esco velocemente, afferro l’accappatoio e mi ricopro, asciugandomi e tornando a indossare quegli abiti che mi permettono di sentirmi autorevole, che mi danno quell’autocontrollo necessario e che nascondono qualsiasi mia ipotetica debolezza.
Quella divisa che, non è soltanto tutto ciò che sono, ma anche il mio lasciapassare per sentirmi libero.
***
Mi ritrovo davanti l’ingresso del Baltimora Washington Airport, le porte si spalancano non appena mi avvicino.
Entro e penso a quando finalmente sarò atterrato a Boston e la mia prima tappa sarà in uno dei suoi poligoni con la mia fidata compagna.
Oltre al volo ho fatto del tiro a segno un’altra mia passione, perché ne ho bisogno. Ora però ho anche urgentemente bisogno di un caffè, devo ancora riprendermi dal risveglio brusco e sconvolgente.
Mi accorgo di un bar in fondo ad uno dei corridoi e mi dirigo in quella direzione.
Altri due colleghi siedono già a un tavolo, li vedo di spalle e, avvicinandomi, riconosco di chi si tratta.
Sorrido sarcastico perché noto con piacere che uno dei due cerca di sedurre la giovane barista che gli è di fronte.
Povero illuso, non sa ancora che è l’uomo e non il ragazzino a suscitare l’interesse nelle donne?
Credo che avrò i miei dieci minuti di divertimento.
«Vedo che anche i novellini tentano di farsi la loro strada. Non credevo che la divisa potesse darti così tanto fascino, Walker».
La mia voce che arriva alle loro spalle li sorprende.
Liam Walker, collega giovane ma sicuramente più in gamba rispetto a tanti altri veterani, si volta a guardarmi con ancora la tazza del caffè in mano e scoppia in una risata quando si accorge del mio sguardo rivolto alla ragazza in questione, che adesso si è allontanata.
«Caldo e bollente, eh?» chiedo quasi sottovoce, ridendo della sua battuta a doppio senso.
Perché è tipico di lui, senza ombra di dubbio. Ho imparato a conoscerlo per quei pochi voli che ci hanno accomunato finora e non posso immaginare una barista così sfrontata da provocare un ufficiale apertamente.
Non in questo luogo, quantomeno.
Quello che, invece, non mi dà l’impressione di essere altrettanto entusiasta del mio arrivo è Malik Moore, il temibile Comandante Moore.
Anche se di temibile, per quello che mi riguarda, ha ben poco. È un uomo di riguardo e, per questo motivo, gli porto il rispetto che merita, nonostante stia alzando gli occhi al cielo per via della mia presenza.
«Non ci provare, Turner. L’ho vista prima io! Sistemati meglio il ciuffo, la prossima volta!» irrompe Liam, mentre io e Moore ci scambiamo un’occhiata di sfida.
Mi guarda dall’alto in basso e la cosa m’infastidisce. Quella sua aria di superiorità mi dà la sensazione che mai niente e nessuno possano smuoverlo dal suo stato di dominatore.
Ne ho sentite sul suo conto, ma non mi faccio di certo intimidire dal suo potere.
«È sempre un piacere vederla, Moore» gli rivolgo un saluto allungando una mano e lui mi ricambia con una presa forte e decisa.
«Lo è anche per me» risponde, lanciandomi un breve sorriso di circostanza.
Nel frattempo, Liam si è preoccupato di far arrivare un altro caffè per il sottoscritto. Mi volto verso di lui, gli stringo la mano e con un’occhiata veloce fissiamo la ragazza che, dopo aver lasciato il caffè, questa volta si allontana definitivamente.
Mi accomodo al tavolo insieme a loro spostando una delle sedie, appoggio il cappello che tenevo fra le mani e sento la voce di Moore rivolgersi a entrambi.
«Allora, cosa ci fate qui voi due?»
Il suo motto per caso è ‘mai scomporsi’?
Me lo chiedo ogni volta che lo guardo negli occhi.
Comandante del cazzo.
«Io tra poco ho il colloquio per firmare il contratto con la Baltimora Airlines. Per ora come co-pilota, ma mi hanno assicurato che farò carriera in breve tempo. Con circa mille ore di volo potrei diventare Comandante, come sapete».
Liam è molto fiero del suo percorso, ogni sua parola trasuda entusiasmo e la voglia di fare che lo contraddistinguono.
Moore lo nota eccome, lo percepisco dalla sua espressione. Sta alzando un sopracciglio e voglio proprio vedere cosa avrà da ribattere adesso.
Abbasso lo sguardo verso l’orologio al mio polso.
Merda.
Oggi la giornata sta andando a farsi fottere, il tempo sembra inseguirmi e non darmi tregua.
«Io, invece, fra meno di un’ora ho un volo per Boston ed è meglio che non faccia aspettare il mio equipaggio. Serietà e sicurezza, è questo che ci si aspetta da un Comandante, non è così, Moore?»
Porto la tazzina alle labbra, sorseggio velocemente il mio caffè perché devo andare, ma non prima di aver sentito la sua risposta.
Mi metto in piedi e Liam segue i miei stessi passi.
Moore non mi guarda, finisce il suo drink per poi poggiare il bicchiere sul tavolo e alzarsi con estrema consapevolezza.
Continuo a vedere quest’uomo come un enorme giramento di coglioni. Sarei proprio curioso di sapere cosa ci sia dentro quella testa di cazzo che si ritrova, e quale sia il motivo di tanta spavalderia e ambiguità.
Si sistema la giacca, recupera il borsone e indossa gli occhiali da sole, che celano il suo sguardo freddo e distante.
«Sapete cosa penso, ragazzi? Che nonostante voi siate dei novelli, a tratti immaturi ed eccessivamente sbruffoni» si ferma per una brevissima pausa, durante la quale scorgo un sorriso compiaciuto e da presa per il culo. E non è solo una sensazione, lo sta facendo sul serio.
Una vocina nella mia testa cerca di trattenermi.
Nate, calmati, è un tuo superiore, non puoi permetterti di farti beffe di lui con i tuoi soliti modi.
Non è il caso. Non è il momento. Non con lui.
«Non potrei essere più fiero di voi. Avete le carte in regole per essere dei grandi piloti. Soltanto un’ultima cosa, però: se volete un consiglio, non lasciatevi distrarre troppo dalle gonnelle. A lungo andare, portano solo guai. Ma questo credo che lo sappiate già, non è così?»
Il suo intervento mi spiazza. Non mi aspettavo un complimento, tantomeno un consiglio. Uno di quelli che non è possibile accettare o seguire, però.
Ma è davvero uscita dalla sua bocca quella specie di predica? E tutte le storielle sul suo conto, allora?
Il Comandante del cazzo mi ha preso per un idiota. Forse continua a classificare anche me nella lista degli sprovveduti senza cervello.
Ma si sbaglia.
Oh, quanto si sbaglia.
Mi piacerebbe condividere lo stesso aereo con lui per insegnargli qualcosa sul mio conto, ma per lui i voli di linea sono soltanto un vecchio ricordo.
Non avrò questo immenso piacere, penso ridendo di me stesso.
«Ora, se volete scusarmi, New York mi aspetta con le sue bellezze e il suo fascino».
È così che ci congeda senza attendere una nostra replica, allontanandosi mentre io e Liam ci voltiamo nella stessa direzione per capirci qualcosa.
«Comandante, ci lascia così? È proprio da stronzi. Sempre così dannatamente saccente e strafottente» aggiunge sorridendo, posando una mano sulla mia spalla e dandomi dei colpetti ripetuti.
«Non hai ancora visto niente, Liam. Uomini come lui, tuoi superiori, ne incontrerai migliaia. Dovrai soltanto saperti difendere e farti valere. Il resto prendilo come insegnamento, ne avrai bisogno».
Gli sorrido e, nonostante io sappia quanta strada abbia ancora da fare, preferisco vederlo come un amico su cui contare e per il quale essere sempre presente.
Recupero un bigliettino dalla tasca della mia giacca e glielo passo.
«Prendilo. Chiamami se ne avrai bisogno. Anche se non dovesse trattarsi solo di lavoro, ma per esempio di una compagnia con cui condividere una bella scopata. Ti saluto, Walker. Buon viaggio».
Gli stringo la mano un’ultima volta, mentre lui sghignazza alla mia battuta.
«Per le scopate non ci contare, Turner. I nostri ciuffi sono troppo in competizione! Voglio piazza libera tutta per me, non mi piace condividere!»
Lo guardo un’ultima volta con un’occhiata furtiva e lasciva, e poi lo mollo così, voltandomi nel tentativo di riprendere il cappello poggiato alla sedia e affrettandomi.
Il mio volo partirà a breve e devo ancora visionare tutti i dettagli della partenza.
Ma, un momento.
Che fretta c’è?
Non sono forse io il Comandante dell’aereo?
Oh, sì.
Il Comandante sono proprio io.
2
Hope
«È mai possibile che tu riesca a fare tardi anche oggi che abbiamo un volo che ci aspetta?»
«Un volo che aspetta te e non me, mia cara. Torni da sola a casa, io resto qui!»
La sua risata riesce a trasmettermi tutto il suo entusiasmo.
Da quando è tornata, Taylor è la persona più felice del mondo. Non che a Boston non lo fosse, ma far ritorno dai propri cari e nel luogo in cui si è cresciuti, è tutt’altra storia.
Io e Taylor ci siamo conosciute anni fa alla Boston University e, da allora, non ci siamo più separate.
Sono trascorsi solo due anni da quando abbiamo smesso di frequentare i corsi, ma la nostra amicizia ha continuato a vivere, nonostante appartenessimo a città diverse.
E, infatti, proprio oggi, mi ritrovo a viaggiare da una città all’altra solo per vederla e stringerla, perché a volte non riesco a starle lontana.
«Quanto ti piace sottolineare che mi lasci un’altra volta da sola, abbandonata e affranta in quella città?» piagnucolo, beffandomi di lei.
So quanto soffra nel lasciarmi andare, ma so anche quanto sia felice qui con l’uomo che ama.
«Hope, ti prego… non farmi sentire in colpa, perché prendo il volo insieme a te e mando a ‘fanculo tutto, lo sai, vero? Ne sono capace, non mi credi?» mi sorride come se facesse sul serio, mentre io la spintono verso l’uscita dell’aeroporto dove stiamo per salutarci, con un immenso vuoto dentro, che tentiamo entrambe di celare.
«Taylor, non fare promesse che non puoi mantenere. Devi organizzare un matrimonio, come potresti mollare tutto? Oddio, vorrei davvero che mi seguissi, ma non potrei mai essere così egoista. Devi costruire la tua felicità e non sarò di certo io a rovinarti i piani. Verrai a trovarmi tutte le volte che vuoi, però, quando sarai un po’ più libera, non è così?» le chiedo sicura, perché scommetterei qualsiasi cosa sull’importanza del nostro legame.
Non può essere paragonato a nulla.
«Certo, lo farò ogni volta che posso, non siamo poi così distanti, un’ora di aereo e sono da te, no? Chi ci ferma!»
Dopo quella battuta commossa, lei mi viene vicino e mi stringe di nuovo in un abbraccio che, stavolta, sembra interminabile.
«Abbi cura di te, Hope, e chiamami non appena atterri. Non farmi stare in pensiero».
«Ci sentiamo non appena sarò a casa. Ti voglio bene, amica mia».
«Ti voglio bene anch’io».
È così che la congedo, salutandola con un gesto della mano, non appena sono lontana dal suo abbraccio.
Ed eccomi qui, davanti a quest’immenso aeroporto al quale non mi sono ancora abituata.
È difficile farlo quando non si è soliti viaggiare, anche se lo si vorrebbe tanto.
Ho trascorso la mia intera vita a Boston, in ventisei anni ho fatto solo qualche viaggetto di poco conto quando ero ancora una bambina o quando, come adesso, sono tornata da Taylor.
Ma questi spostamenti non fanno testo.
Eppure, il mio più grande sogno, è sempre stato quello di far parte di questo mondo. Del mondo dei viaggi, degli aerei, del cielo.
L’università è servita a questo, più che altro.
Ho seguito i corsi di lingue proprio perché amo comunicare, scoprire posti nuovi, amo la vita in generale, o almeno fino a poco tempo fa era così.
Avrei voluto intraprendere questa carriera, diventare un’hostess di volo, una di quelle che spesso si vedono nelle grandi compagnie, ma credo che non accadrà mai.
Forse non ho i requisiti adatti o, magari, non sono proprio io abbastanza. Dovrò accontentarmi del mio semplice lavoro al bar, un’abitudine per me, ormai.
E poi chissà… magari, prima o poi, girerò anche il mondo.
Adesso invece mi sembra di sentire mia madre strillare: «Vai, Hope, che aspetti? Non saremo né io né tuo padre a privarti di una vacanza. Ti meriti questo e altro, bambina mia. Ci hai sempre dato grandi soddisfazioni e questo è l’unico modo che abbiamo per farti capire quanto desideriamo