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I Signori del mondo: L'Entità
I Signori del mondo: L'Entità
I Signori del mondo: L'Entità
E-book350 pagine4 ore

I Signori del mondo: L'Entità

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Info su questo ebook

In un mondo dove il potere e l'ideologia si scontrano in un gioco pericoloso di manipolazione e strategie occulta, il destino di intere nazioni è appeso a un filo. La storia ci porta in un vorticoso viaggio dagli Stati Uniti all'Europa, dall'Iran alla Cina, tessendo una trama intricata di rivoluzioni, guerre civili e infidi stratagemmi politici. In questo scenario, figure chiave come il rivoluzionario Ahmed, il manipolatore Van Gaal e il governatore Hui si trovano a confrontarsi in una battaglia per la supremazia dove ogni mossa può cambiare il corso della storia. Scopri in questo avvincente thriller politico un mondo dove la lotta per l'ideale di libertà si scontra con la dura realtà del potere.
LinguaItaliano
Data di uscita18 set 2023
ISBN9791221489484
I Signori del mondo: L'Entità

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    Anteprima del libro

    I Signori del mondo - Alasdair

    I

    L’Organizzazione

    1. Il giovane Gorman

    Nella grande tenuta della famiglia Gorman, situata a Preston Hollow, si stava svolgendo una importante riunione famigliare.

    Nello stupendo salone con il tetto a cupola di vetro affrescato di celeste, era riunito lo stato maggiore della dinastia Gorman. Erano in tutto sette persone.

    Al centro del salone, su d'una poltrona in stile Luigi XIV, sedeva il patriarca Benjamin, il figlio del fondatore dell'impero Gorman. Era un vecchio dai duri lineamenti del viso e lo sguardo tagliente, ancora straordinariamente arguto nonostante l'età avanzata.

    Vicino a lui sedeva il primogenito Timothy, un uomo sulla sessantina, statuario, con il viso placido e l'aria vagamente svampita. Al suo fianco c'erano la moglie Lisa ed i loro tre figli, Stacy, Bob e Brian. Dall'altro capo del tavolo, di fronte al vecchio, sedevano invece il secondogenito Ben, un signore dai modi distinti ma dal viso scialbo e suo figlio Derek, un tipo dalla imponente statura e di carnagione bruna.

    Nella tenuta di Preston Hollow, le riunioni allargate a tutti e sette i principali membri della famiglia erano un fatto inusuale e si tenevano nelle rare occasioni in cui il cui il vecchio Benjamin intendeva regolare questioni di particolare gravità.

    Tra i discendenti della dinastia Gorman, il più giovane, Brian, era colui che mostrava maggior inquietudine per l'improvvisa convocazione. Tutto in quella lussuosa villa era per lui fonte di ansia: l'immenso soffitto a cupola, l'imponente doppia scala di marmo con corrimano in foglie d'oro, le grandi colonne bianche in stile classico. Tutto quello sfarzo non faceva che ricordargli quanto fosse inadeguato innanzi ai membri più anziani della sua famiglia.

    Brian era considerato la pecora nera della dinastia Gorman, poiché rispetto ai suoi fratelli egli non aveva mai un ruolo attivo all'interno della gerarchia famigliare.

    Per evitare inutili sovrapposizioni di ruoli, il vecchio e autoritario Benjamin indirizzò arbitrariamente i quattro rampolli verso differenti formazioni culturali.

    L'irruento Derek, il maggiore ed il più combattivo fra i giovani, era stato istruito per diventare manager e fu chiamato ad affiancare i più anziani nella gestione dell'azienda di famiglia.

    Il mansueto e riflessivo Bob era stato avviato agli studi di legge ed era diventato avvocato della Gorman Corporation.

    Stacy era stata incaricata di affiancare la madre Lisa nella gestione delle attività filantropiche di famiglia.

    Per quel che riguardava Brian, invece, il vecchio patriarca aveva pensato di fargli intraprendere la carriera politica.

    Sin da ragazzino, il più giovane della famiglia aveva tutte le caratteristiche per riuscire ad accattivarsi il favore della gente: aveva una bellezza angelica, era spregiudicato e molto estroverso.

    Il giovane Gorman venne spedito al Winson College, in Pennsylvania. Dotato di brillante intelligenza, si laureò con buon profitto e fu eletto nel Parlamento federale del Texas ma quando venne il momento di mostrare le sue abilità dialettiche alla Camera dei Rappresentanti di Austin, Brian mandò all'aria i piani del vecchio patriarca Benjamin.

    Dopo appena due mesi si dimise dalla sua carica. Le prassi della vita politica texana lo irritavano tremendamente. Aveva lasciato il Texas e si era messo in viaggio per il mondo con la sua folta corte di amici e di piacenti donzelle. In più di un'occasione suo padre Timothy aveva minacciato di tagliargli i viveri per farlo rientrare nei ranghi. Ma ogni volta lo sfrontato Brian tornava a casa dalla madre e con la sua sfacciata eloquenza di figlio incompreso riusciva ad ottenere da lei le sufficienti risorse per continuare a fare la bella vita.

    Quando l'indisciplinato ragazzo compariva nella meravigliosa sala dal soffitto a cupola, i membri della famiglia esprimevano umori contrastanti.

    Oltre alla madre, anche Stacy e Bob erano sempre felici di vederlo. Erano molto legati a Brian. Gli volevano un gran bene, nonostante avesse tradito le aspettative del nonno. Entrambi non avevano mai nutrito rancore verso di lui per il suo esuberante stile di vita.

    Gli altri componenti della famiglia, invece, trattavano Brian con disprezzo, che esternavano senza commiserazione nelle rare occasioni in cui toccava loro l'incombenza di averlo di fronte.

    L'irriverente sorriso di Brian era sufficiente a far ribollire di rabbia il padre Timothy e il nonno Benjamin e risvegliare in loro la consapevolezza di aver miseramente fallito nel progetto di far di lui un uomo.

    Anche lo zio Ben non vedeva di buon occhio il nipote. E non certo perché quest'ultimo avesse tradito le autoritarie volontà del patriarca Benjamin. Semplicemente lo invidiava perché avrebbe voluto essere nei suoi panni. Anche lui, come Brian, era stato un ragazzo disubbidiente. Per sfuggire alle responsabilità che l'appartenenza ad una delle più facoltose famiglie d'America inevitabilmente comportava, si era rifugiato nei più insani vizi e nell'esistenziale dissolutezza. Ma il giovane Ben non era stato fortunato come Brian. Nessuno in famiglia aveva mai accettato il suo spirito libero. Il vecchio Benjamin era figlio di immigrati ucraini di religione ebraica, la moglie Kelly discendeva da una famiglia della ricca borghesia della Louisiana, di ferrea fede protestante. Con una tale discendenza, il dissennato stile di vita di Ben non poteva che aver breve durata. I genitori gli tagliato i viveri: dall'oggi al domani, Ben si era ritrovato senza un soldo. Rimasto solo, emarginato da tutte le persone che contavano nell'alta società texana, egli era tornato in famiglia per rimettersi in carreggiata. Si disintossicò dai suoi vizi, riprese gli studi e gli fu così permesso di affiancare il più assennato fratello Timothy nella gestione degli affari di famiglia.

    Anche Derek, il figlio di Ben, faceva parte della fazione famigliare che detestava Brian. La sua ostilità verso il mondano cugino aveva origini piuttosto recenti. Da ragazzini erano stati amici. Giocavano sempre insieme negli immensi giardini della tenuta di famiglia, ma quando crebbero, i loro destini irrimediabilmente si divisero. Derek assunse la direzione della raffineria di famiglia ad Anacortes, nello Stato di Washington. Brian si era smarrito gradualmente nel vortice del vivere senza regole. Fu allora che affiorarono i loro dissapori.

    A Derek piaceva un mondo affrontare a muso duro il degenerato cugino. Ogni volta che lo vedeva, lo ricopriva di insulti e non perdeva occasione di rinfacciargli il fatto che era un parassita, una persona indegna che faceva la bella vita alle spalle della sua famiglia. Brian non se la prendeva affatto. Anzi. Si divertiva a vedere agitarsi quell'uomo imponente mentre pronunciava contro di lui ogni genere di improperio. E, trionfante, gli rideva in faccia, come del resto aveva sempre arriso alla vita e preso in giro chi tentava di riportarlo sulla retta via.

    Ora però, in quella difficile giornata, Brian non aveva alcuna voglia di ridere. Attorno a lui, nella vecchia villa di famiglia, avvertiva un clima di tensione contro la sua discussa persona. Una tensione che egli vedeva manifesta nei volti di coloro che lo avevano sempre sostenuto.

    Sua madre, che mai si era sottratta all'incombenza di difenderlo dalle ire dei membri più anziani della famiglia, pareva tormentata, tutt'altro che felice di avere al suo cospetto l'adorato figlio. Aveva un'aria preoccupata, assai rara da osservare sul viso di beata signora dell'alta società americana.

    Anche la sorella ed il fratello erano stranamente taciturni.

    Stacy era turpe. Il suo corpo secco ma energico si muoveva nervosamente ed i suoi occhi vivaci erano sfuggenti.

    Bob non era meno inquieto. Stava zitto, immoto nell'eleganza del suo impeccabile smoking, con un'aria assente, del tutto inconsueta per un uomo ironico e sagace come lui.

    Soltanto Derek era felice. Rideva fra sé e sé perché conosceva le ragioni dell'improvvisa convocazione di Brian e sapeva che da quella riunione il cugino non avrebbe avuto nulla per cui gioire.

    «Vi ho fatto convocare qui per risolvere una questione che da tempo attende di essere regolata» - disse solennemente il vecchio Benjamin. «Una questione che ti riguarda molto da vicino, Brian. Da troppo tempo sperperi il denaro della tua famiglia in modo indecoroso per alimentare il tuo riprovevole stile di vita. Se avessi avuto più voce in capitolo nel modo in cui trascorri le tue inutili giornate non avresti certo imboccato la via della dissolutezza».

    Il vecchio Benjamin inasprì i suoi granitici lineamenti, per nulla deformati dalla veneranda età e lanciò una severa occhiata di rimprovero alla nuora Lisa, che abbassò il capo mortificata.

    «Ti ho fatto venire, Brian, per offrirti un'ultima possibilità. Un'ultima occasione per intraprendere finalmente una vita degna. Ho in mente di affidarti un importante compito.

    Un'occasione di riscatto per risarcire la tua famiglia, che da tempo, fin troppo generosamente, ti mantiene».

    «Che hai in serbo per me, nonno?» - domandò ironicamente Brian. «Spero tu non abbia in mente di mandarmi a lavorare nella raffineria ad Anacortes. Derek sarebbe felice di trattarmi come uno schiavo...»

    Benjamin non si scompose. La sua imperturbabile severità impose a Brian di tacere e di ritornare immediatamente serio.

    «Nulla di tutto ciò, anche se senza dubbio meriteresti un simile destino. Sei un riprovevole fannullone e non hai combinato mai nulla di buono nella vita ma devo riconoscere che hai delle qualità. Sei estroverso, loquace e ti esprimi bene. Le giuste doti che d'ora in poi userai per renderti utile. Per te ho in mente un incarico di rappresentanza. Rappresenterai gli interessi della Gorman Corporation in un'esclusiva assemblea di ricchi uomini d'affari. Presenzierai a tutte le riunioni di questo consiglio, nessuna esclusa. Non dovrai fare altro che dirci di che cosa si discute. Non voglio discussioni. Non tollererò più intemperanze da parte tua».

    Derek scosse il capo incredulo. Sapeva che il vecchio Benjamin era un personaggio stravagante a cui piaceva scommettere sulle persone, ma mai avrebbe creduto che potesse affidare un ruolo di responsabilità a quell'idiota di Brian.

    «Non voglio mettere in discussione la tua autorità, nonno. Ma affidare il buon nome della famiglia a Brian mi sembra un pericoloso azzardo...»

    «Non posso darti torto, Derek» - disse freddamente il vecchio Benjamin. «Tuo cugino non merita incarichi di prestigio. Ma ogni discendente della mia dinastia ha il dovere di ricoprire ruoli di elevato status sociale. La mia prestigiosa stirpe non ammette gregari nelle sue fila. Chi non è grado di ricoprire un ruolo di responsabilità, chi non possiede l'attitudine al potere non ha diritto di stare con me al tavolo delle decisioni. Ed io ho bisogno di sapere se tu, Brian, sei ancora degno di essere un Gorman».

    L'angelico volto di Brian si illuminò di un beffardo sorriso.

    «Un vero peccato, cugino. Mi sarebbe tanto piaciuto lavorare per te ma per il buon nome della famiglia devo proprio rinunciare...»

    Bian si alzò dalla sedia e si inchinò al cospetto del nonno con accentuata teatralità. «Mi inchino a te, grand'uomo. In tutti questi anni non hai perso un granello di saggezza, nonostante cattivi consiglieri tentino continuamente di traviarti.

    La verità, nonno, è che Derek invidia la mia brillantezza. Lui sarà certo un grande manager. Non arriverà mai tardi alle riunioni, ma riguardo all'arte del saper vivere, beh, non credo che ne sappia molto. Colpa del troppo lavoro. Ti prendi troppo sul serio, cugino mio...»

    Derek sorrise laconico alle provocatorie esternazioni di Brian e non disse nulla, anche se in cuor suo avrebbe voluto alzarsi e prendere a schiaffi l'indisponente cugino.

    «Smettila, Brian» - esclamò Timothy con la medesima stizza che animava la sua svampita persona quando il figlio degenere si degnava di apparire al suo cospetto.

    «Non siamo qui per sorbirci la tua stucchevole ironia. Tuo cugino Derek non è in discussione. Lavora sodo e mai una volta è venuto meno ai suoi doveri. Al contrario di te, fallito che non sei altro. Non hai fatto altro che pensare ai fatti tuoi. Ma ora per te la festa è finita. Non avrai più aiuti da nessuno. Fine della storia...»

    Brian si voltò verso Derek e vide che quest'ultimo lo osservava con aria di gongolante rivincita. Prima di avere il tempo di dire qualcosa, sua madre Lisa gli afferrò il polso per indurlo diplomaticamente a zittirsi.

    «Sono sicura che Brian farà il suo dovere» - disse la donna con fermezza. «Dobbiamo avere fiducia in lui. State pure certi che non ci deluderà più. Ha voglia di riscattarsi. Dopotutto è un bravo ragazzo. Sono sicura che avrà l'umiltà di non sottrarsi alle sue responsabilità. Non questa volta. Si impegnerà al massimo e dimostrerà di sapersi sacrificare...»

    Brian sorrise forzatamente e senza gioia. Tutta la sua baldanza di ragazzo indisponente scomparve in un attimo. Le appassionate parole della madre rappresentavano per lui una sorta di cappio che inesorabilmente gli si stringeva attorno al collo.

    «D'accordo. Farò come vuoi, nonno. Sono a tua completa disposizione. Ti chiedo soltanto di concedermi qualche giorno. Attualmente risiedo al Fairmont Hotel a San Francisco.

    Il tempo di prendere la mia roba e sistemare qualche piccola faccenda...»

    «Domani» - sentenziò inflessibile il vecchio Benjamin.

    «Il tuo primo impegno sarà domani. Tuo zio ti fornirà le informazioni necessarie. Non ho altro da dirti».

    Brian si alzò nuovamente in piedi e sorrise ancora una volta con simulato entusiasmo. «Non vi deluderò, cari parenti. Farò come voi dite. Ora però sento l'esigenza di fumare. Ho bisogno di uscire all'aria aperta, se non vi dispiace».

    Detto ciò uscì in giardino. Bob e Stacy gli andarono dietro.

    Lo raggiunsero nel sontuoso padiglione che fungeva da salotto outdoor. Brian era pensoso, tutto solo ad osservare le aiuole di rose, le siepi di tassi e rincospermo e i cespugli di ortensie che circondavano il salotto.

    Bob tirò fuori dal taschino della sua elegante giacca un accendino d'oro e si accese una sigaretta. Ne offrì una a Brian, che cortesemente rifiutò.

    «Siamo giunti alla resa dei conti, a quanto pare» - disse Brian sorridendo vacuamente.

    «Già» - ammise Bob. «Stavolta il vecchio Benjamin non scherza. Ti vuole diseredare. Ho sempre ammirato la tua gran faccia tosta. Oggi hai avuto un'impudenza invidiabile. Ti sei seduto al tavolo con il vecchio senza un benché minimo timore. E non è cosa da tutti. Io, al tuo posto sarei stato molto nervoso. Nonostante tutti fossero contro di te, non hai mai perso la calma. Il nostro caro cugino Derek pensava di vederti soccombere. Ed invece è rimasto assai deluso. I miei complimenti...»

    Brian notò un ironico risolino sulle labbra di Bob, che lo stava bellamente canzonando.

    «Ti ringrazio per le belle parole. Ma ti confesso che sono io ad invidiare te» – disse Brian sinceramente malinconico. «Se avessi avuto un briciolo della tua rettitudine ora non sarei qui a subire i ricatti dei miei famigliari e la tua edulcorata ironia. Non ero affatto rilassato purtroppo. Se c'è una cosa che non sopporto è stare con le spalle al muro. Ma non posso lamentarmi. Tutti hanno una pessima considerazione di me. Ed è soltanto colpa mia. Di Derek me ne frego, ma di tutti gli altri...».

    Brian si avvicinò a sua sorella Stacy. Le accarezzò amorevolmente il viso e la frangia bruna. Poi la baciò su una guancia. «Sei preoccupata, ragazza mia. Ti preoccupi per il tuo fratello problematico. Ma non dovresti. Io me la cavo sempre».

    «E invece dovresti preoccuparti» - disse Stacy stizzita, voltando il capo dall'altra parte. «Questa volta non te la caverai facilmente. Papà ha giurato che non sgancerà più un soldo per te e bloccherà ogni fonte di credito per lasciarti all'asciutto. E neanche mamma potrà più aiutarti. Il nonno ha minacciato di diseredare anche me e Bob se scucirà anche un solo dollaro in tuo favore. Sono preoccupata eccome, Brian. Temo che se non ti darai una svegliata finirai male. Non te la caverai più come hai fatto in passato, infischiandotene di tutto e di tutti...»

    Brian si appoggiò mestamente alla balaustra della balconata e chiese a Bob una sigaretta.

    «I miei cari parenti fanno sul serio, stavolta» - disse Brian amareggiato. «Non hai torto, sorellina. Le tue preoccupazioni sono certo fondate...»

    «Direi più che fondate, Brian». La scialba figura dello zio Ben comparve nel padiglione. «Quella che ti viene offerta è l'ultima occasione per rimetterti in riga».

    Ben infilò la mano nella giacca e tirò fuori una busta bianca che mise nelle mani del suo esuberante nipote.

    «Domattina il nostro aereo privato ti condurrà a Washington. Non ti devi preoccupare di nulla. All'aeroporto troverai le persone giuste che ti condurranno nel luogo opportuno».

    «Chi dovrei incontrare esattamente?» - domandò Brian.

    «Persone potenti che appartengono ad un esclusivo club. Un club di cui la famiglia Gorman fa parte da molti anni. Quando sarai al cospetto degli uomini del club mostra loro la busta che ti ho dato e loro ti accetteranno come un loro pari. Fino a poco tempo fa ero io che interloquivo con loro per conto di tuo nonno. Una grande responsabilità pesa sulle tue spalle. La Gorman Corporation ha il dovere di essere degnamente rappresentata in questo esclusivo club. Ti auguro buona fortuna».

    Ben abbracciò paternamente Brian e per un momento il suo spento sguardo si animò di un fremito di sincero affetto verso il suo ribelle nipote.

    Brian ringraziò lo zio con tutto il finto entusiasmo che gli era possibile ostentare e lo vide andar via oltre le siepi e le aiuole impeccabilmente curate dai giardinieri di casa Gorman.

    Brian rimase nel giardino con i suoi fratelli per tutto il pomeriggio. Trascorse quasi tutto il tempo a maledire i misteriosi membri di quel fantomatico club di ricchi uomini d'affari, la cui maledetta mania di riunirsi gli avrebbe imposto di alzarsi presto il giorno dopo.

    2. Il club

    La mattina seguente Brian venne svegliato dai domestici alle sei in punto. Fece colazione da solo nella sala da pranzo vicino alla stanza della cupola e vestito con abiti di impeccabile fattura, provenienti dalle ben fornite guardarobe di villa Gorman, raggiunse la pista di decollo che si trovava in un terreno adiacente alla tenuta del vecchio Benjamin.

    L'aereo era in pista, già pronto per partire. Era un velivolo charter di collaudata efficienza, su cui Brian aveva già viaggiato nelle occasioni in cui aveva fatto visita alla sua famiglia a Preston Hollow.

    Brian si sedette nei sedili in fondo all'aereo. Si infilò nelle orecchie le cuffie del suo ipod e attese rassegnato la fase di decollo. Aprì la valigetta che aveva con sé e osservò distrattamente la lettera che gli era stata consegnata dallo zio.

    Sulla parte anteriore della busta notò che era impresso un timbro di colore blu.

    Il timbro riproduceva il simbolo che rappresentava la sua potentissima dinastia: una grande lettera G, dal colore rosso e con gli angoli smussati.

    La famiglia Gorman proveniva da Kovel', una cittadina situata nell'Ucraina nord-occidentale. I suoi discendenti erano contadini di religione ebraica. La loro esistenza trascorse senza troppe preoccupazioni sino al 1881, anno in cui venne ucciso lo zar antisemita Alessandro II. Accusati di essere i responsabili del delitto, gli ebrei erano stati oggetto di una violenta persecuzione. Nei villaggi e nelle città ucraine esplosero ovunque sanguinosi pogrom. I discendenti della famiglia Gorman che erano riusciti a sfuggire alle persecuzioni lasciarono l'Ucraina.

    Alcuni di loro ripararono in Europa centrale, altri emigrarono in America. Fra i sopravvissuti che avevano tentato l'avventura nel Nuovo Mondo c'era Josif, il padre di Benjamin. Egli si era imbarcato in una delle tante navi che attraversavano l'Atlantico piene zeppe di migranti in cerca di fortuna e aveva raggiunto Ellis Island nell'autunno del 1882. Solo e senza un soldo in tasca, il giovane Josif si dovette dare da fare. Girò il nord America facendo i più umili lavori, sinché la casualità lo aveva condotto a Lexington nello stato del Kentucky. Qui aveva trovato lavoro come fattore nella tenuta di un ricco proprietario terriero di nome Adam Wellers.

    Wellers si affezionò non poco a Josif. Non ci mise molto ad accorgersi che il giovane aveva un’intelligenza fuori dal comune e gli permise di entrare in contatto con le eminenti personalità che frequentavano villa Wellers.

    Josif conobbe raffinati pensatori, esperti di finanza e uomini di azienda che gli fornirono le conoscenze per costruirsi una straordinaria carriera nel mondo degli affari.

    Alla fine dell'Ottocento, il settore petrolifero era uno dei comparti maggiormente in espansione negli Stati Uniti e Josif comprese che il petrolio avrebbe potuto essere la sua fortuna. Convinse Wellers ad entrare in società con lui nel settore dell'oro nero ed il ricco possidente gli fornì i capitali per acquisire una raffineria a Toledo, in Ohio.

    L'intuizione del giovane immigrato ucraino si era rivelata giusta. I capitali investiti quadruplicarono e tra il 1892 ed il 1896 i due soci si erano accaparrati tutte le raffinerie dell'Ohio.

    Nel 1897 il vecchio Wellers morì e Josif rimase l'unico proprietario della società, che aveva assunto ufficialmente la denominazione sociale Gorman Petroleum Corporation.

    Solo al comando della sua compagnia, il giovane uomo d'affari dimostrò appieno le sue doti di spietato squalo della finanza. Josif espanse i suoi affari anche in Texas e California. Non pochi proprietari di raffinerie avevano tentato di opporsi al suo rampante espansionismo ma erano stati miseramente spazzati via. Coloro che si rifiutavano di cedere le loro attività alla Gorman Petroleum subivano così tante minacce, intimidazioni e sabotaggi da essere costretti a vendere.

    Nei primi anni del Novecento, Josif era già il leader indiscusso dell'industria petrolifera americana. Nel 1910 la sua corporation aveva ormai dimensioni faraoniche. Occupava più di centomila addetti nelle raffinerie di Pittsburgh, Filadelfia e New York.

    Per meglio controllare il prezzo del petrolio, Josif creò un cartello in cui fece confluire le società che gestivano per lui la contorta rete di filiali con oleodotti e raffinerie.

    Lo straordinario attivismo del giovane uomo d'affari aveva attirato l'interesse dell'opinione pubblica, preoccupata del fatto che una risorsa di nevralgica importanza quale il petrolio potesse finire nelle mani di un solo capitalista. Nel 1914 la Corte Suprema dichiarò illegittima la posizione dominante di Josif nel settore petrolifero e obbligò la Gorman Petroleum a smembrarsi in numerose società con un proprio, indipendente management.

    Lo smembramento della Gorman Corporation ebbe l'inaspettato effetto di aumentare il potere economico di Josif.

    Il valore azionario della Gorman Petroleum, seppur ridotta nelle dimensioni, era salita alle stelle ed il magnate del petrolio aveva acquisito quote di minoranza delle società appena sorte. Ed era rimasto di fatto il vero padrone della produzione petrolifera americana.

    Nel 1935 l'ormai novantenne Josif morì, lasciando la guida dei suoi affari all'unico figlio Benjamin, che da tempo si occupava delle attività filantropiche della famiglia.

    Il nuovo management si prodigò molto nell'espandere le attività estrattive al di fuori degli Stati Uniti. Negli anni cinquanta la Gorman Corporation aveva acquisito la Texas Oil, altro colosso industriale statunitense, che aveva pozzi e impianti per la raffineria in Indonesia ed una ben sviluppata rete commerciale che interessava ben oltre quaranta paesi.

    Un futuro radioso attendeva il pragmatico Benjamin. Grazie alla sua brillante leadership, per nulla inferiore a quella dell'illustre padre, la Gorman Corporation divenne leader globale nell'industria chimica legata alla raffinazione e incrementò le sue attività estrattive nel sudest asiatico, in Medio Oriente e nei paesi dell'America Latina.

    L'aereo di Brian atterrò nel primo pomeriggio all'aeroporto Reagan di Washington. Appena mise piede nel padiglione arrivi, Brian venne avvicinato da un uomo che lo chiamò per nome. «Buongiorno, Mister Gorman. Sono la persona che deve prenderla in consegna per conto di suo nonno Benjamin».

    Brian osservò lo sconosciuto. Era un tipo corpulento, non molto alto ma imponente, del tutto calvo, con un'espressione truce sul volto. Aveva tutta l'aria di essere un bodyguard. Nonostante la comprensibile curiosità, Brian non pose alcuna domanda allo sconosciuto. Come primo atto di sottomissione alla volontà famigliare, Brian decise di tacere e seguì l'uomo misterioso che lo fece accomodare su una Cadillac nera.

    «Ha fatto buon viaggio, mister Gorman?»

    «Sì, confortevole».

    «Mi chiamo Roy» - esordì l'uomo con sorprendente affabilità. «Ero l’autista di suo zio Ben. Piacere di conoscerla, mister Gorman».

    «Brian» - disse seccamente il giovane Gorman. «Chiamami Brian. Non amo troppo i formalismi».

    «Come desideri Brian. Sarò il tuo autista ufficiale, nonché onnipresente guardaspalle».

    Brian socchiuse gli occhi annoiato, senza interrogarsi minimamente sul significato delle enigmatiche parole pronunciate dal suo autista.

    «E così sia, Roy. Sarà divertente accondiscendere alla volontà di un manipolo di milionari annoiati dalla vita. Così vuole la mia potente famiglia ed io obbedirò. Mi siederò al tavolo di quell'esclusivo circolo di golfisti e fingerò di appassionarmi alle loro inutili divagazioni, fra mille sorrisi e complimenti...»

    La Cadillac di Brian si lasciò alle spalle l'aeroporto Reagan e si diresse verso nordest sino a raggiungere la Pennsylvania Avenue. Era giunto l'autunno e le chiome degli alberi ai lati della America's Main Street erano ormai ingiallite e quasi spoglie.

    Roy fermò l'auto ai bordi del marciapiedi e guidò Brian dentro un alto palazzo in mattoni rossi dalla facciata costituita da tre archi a volta e grandi finestre. Nella grande e luminosa hall del palazzo c'era un grande bancone con un segretario e due guardie preposte alla sicurezza. Roy si rivolse prontamente al segretario in tono asettico, quasi senza guardarlo in faccia. «L'ospite è

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